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Pietro Metastasio La clemenza di Tito IntraText CT - Lettura del testo |
Annio e detti.
ANN.
Amico,
Cesare a sé ti chiama.
VIT.
Ah! non perdete
Questi brevi momenti. A Berenice
Tito gli usurpa.
ANN.
Ingiustamente oltraggi,
Vitellia, il nostro eroe: Tito ha l’impero
E del mondo e di sé. Già per suo cenno
Berenice partì.
SES.
Come!
VIT.
Che dici!
ANN.
Voi stupite a ragion. Roma ne piange
Di meraviglia e di piacere. Io stesso
Quasi nol credo; ed io
Fui presente, o Vitellia, al grande addio.
VIT.
(Oh speranze!)
SES.
Oh virtù!
VIT.
Quella superba
Oh, come volentieri udita avrei
Esclamar contro Tito!
ANN.
Anzi giammai
Più tenera non fu. Partì; ma vide
Che adorata partiva, e che al suo caro
Men che a lei non costava il colpo amaro.
VIT.
Ognun può lusingarsi.
ANN.
Eh! si conobbe
Che bisognava a Tito
Tutto l’eroe per superar l’amante.
Vinse, ma combatté. Non era oppresso,
Ma tranquillo non era; ed in quel volto,
Dicasi per sua gloria,
Si vedea la battaglia e la vittoria.
VIT.
(E pur forse con me, quanto credei,
Tito ingrato non è). (a parte a Sesto) Sesto, sospendi
D’eseguire i miei cenni. Il colpo ancora
Non è maturo.
SES. (con isdegno)
E tu non vuoi ch’io vegga...
Ch’io mi lagni, o crudele...
VIT. (con isdegno)
Or che vedesti?
Di che ti puoi lagnar?
SES. (con sommissione)
Di nulla. (Oh Dio!
Chi provò mai tormento eguale al mio?)
VIT.
Deh! se piacer mi vuoi,
Lascia i sospetti tuoi;
Non mi stancar con questo
Molesto dubitar.
Chi ciecamente crede,
Impegna a serbar fede;
Chi sempre inganni aspetta,
Alletta ad ingannar. (parte)