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Pietro Metastasio La clemenza di Tito IntraText CT - Lettura del testo |
Annio e poi Servilia
ANN.
Non ci pentiam. D’un generoso amante
Era questo il dover. Se a lei che adoro,
Per non esserne privo,
Tolto l’impero avessi, amato avrei
Il mio piacer, non lei. Mio cor, deponi
Le tenerezze antiche. È tua sovrana
Chi fu l’idolo tuo. Cambiar conviene
In rispetto l’amore. Eccola. Oh dèi!
Mai non parve sì bella agli occhi miei.
SERV.
Mio ben...
ANN.
Taci, Servilia. Ora è delitto
Il chiamarmi così.
SERV.
Perché?
ANN.
Ti scelse
Cesare (che martìr!) per sua consorte.
A te (morir mi sento!), a te m’impose
Di recarne l’avviso (oh pena!), ed io...
Io fui... (parlar non posso)... Augusta, addio!
SERV.
Come! Fermati! Io sposa
Di Cesare! E perché?
ANN.
Perché non trova
Beltà, virtù che sia
Più degna d’un impero, anima... Oh stelle!
Che dirò? Lascia, Augusta,
Deh! lasciami partir.
SERV.
Così confusa
Abbandonar mi vuoi? Spiegati, dimmi:
Come fu? per qual via?...
ANN.
Mi perdo s’io non parto, anima mia.
Ah! perdona al primo affetto
Questo accento sconsigliato:
Colpa fu del labbro, usato
A chiamarti ognor così.
Mi fidai del mio rispetto,
Che vegliava in guardia al core;
Ma il rispetto dall’amore
Fu sedotto e mi tradì. (parte)