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Pietro Metastasio
La clemenza di Tito

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SCENA DODICESIMA

 

Vitellia, poi Publio

 

VIT.

Vedrai, Tito, vedrai che al fin sì vile

Questo volto non è. Basta a sedurti

Gli amici almen, se ad invaghirti è poco.

Ti pentirai...

PUB.

Tu qui, Vitellia? Ah! corri:

Va Tito alle tue stanze.

VIT.

Cesare! E a che mi cerca?

PUB.

Ancor nol sai?

Sua consorte ti elesse.

VIT.

Io non sopporto,

Publio, d’esser derisa.

PUB.

Deriderti! Se andò Cesare istesso

A chiederne il tuo assenso.

VIT.

E Servilia?

PUB.

Servilia,

Non so perché, rimane esclusa.

VIT.

Ed io...

PUB.

Tu sei la nostra Augusta. Ah! principessa,

Andiam: Cesare attende.

VIT.

Aspetta. (Oh dèi!)

Sesto ?... (Misera me!) Sesto?... (verso la scena) È partito.

Publio, corri... raggiungi...

Digli... No. Va più tosto... (Ah! mi lasciai

Trasportar dallo sdegno). E ancor non vai?

PUB.

Dove?

VIT.

A Sesto.

PUB.

E dirò?

VIT.

Che a me ritorni;

Che non tardi un momento.

PUB.

Vado. (Oh, come confonde un gran contento!) (parte)

 

 

 




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