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Pietro Metastasio
La clemenza di Tito

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SCENA QUARTA

 

Servilia e Publio

 

SERV.

Publio, che inaspettato

Accidente funesto!

PUB.

Ah, voglia il Cielo

Che un’opra sia del caso, e che non abbia

Forse più reo disegno

Chi destò quelle fiamme!

SERV.

Ah! tu mi fai

Tutto il sangue gelar.

PUB.

Torna, o Servilia,

A’ tuoi soggiorni e non temer. Ti lascio

Quei custodi in difesa, e corro intanto

Di Vitellia a cercar. Tito m’impone

D’aver cura d’entrambe.

SERV.

E ancor di noi

Tito si rammentò?

PUB.

Tutto rammenta;

Provvede a tutto; a riparare i danni,

A prevenir le insidie, a ricomporre

Gli ordini già sconvolti... Oh, se il vedessi

Della confusa plebe

Gl’impeti regolar! Gli audaci affrena;

I timidi assicura; in cento modi

Sa promesse adoprar, minacce e lodi.

Tutto ritrovi in lui: ci vedi insieme

Il difensor di Roma,

Il terror delle squadre,

L’amico, il prence, il cittadino, il padre.

SERV.

Ma, sorpreso così, come ha saputo...

PUB.

Eh! Servilia, t’inganni:

Tito non si sorprende. Un impensato

Colpo non v’è, che nol ritrovi armato.

 

Sia lontano ogni cimento,

L’onda sia tranquilla e pura,

Buon guerrier non s’assicura,

Non si fida il buon nocchier.

Anche in pace, in calma ancora,

L’armi adatta, i remi appresta,

Di battaglia o di tempesta

Qualche assalto a sostener. (parte)

 

 

 




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