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Antonio Ghislanzoni
L'arte di far debiti

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SCENA XI.

 

Tommaso ansante, e detti.

 

TOMM. - Ah! siete qui...! Clementina...! va!... disponi...! A momenti verrà da noi l'avvocato Cavillo... L'ho invitato a far colazione (dandole una chiave) Metti in tavola le posate d'argento e tutto il mio ricco servizio di porcellane....

CLEM. - Tu... dici?....

TOMM. - Che hai? perchè tremi: sarebbe accaduta qualche disgrazia?

CLEM. (gettandosi ai piedi di Tommaso) Gli è che quelle posate....

GIAC. - Clementina...! Tu piangi!

TOMM. - Mi avrebbero rubata quella poca grazia di Dio?....

CLEM. - No... padre!... perdono! Io credeva che trattandosi di lui....

TOMM. (con ira) Sciagurata!... Vuoi tu dunque parlare...?

GIAC. (trattenendo Tommaso) Calmatevi!.... Sentiamo! (con dolcezza a Clementina) Che è dunque avvenuto di quelle posate?

CLEM. - Sapendo che eri malato, che avevi bisogno di denaro... ho creduto far opera buona portandole al Monte....

GIAC. (con trasporto) Tu... Clementina...!

TOMM. - Ah! lad....

GIAC. (abbracciandola) Angelo mio, sarebbe vero...? E il denaro che mi hai mandato...?

CLEM. - Era appunto il ricavo netto... di quelle posate....

GIAC. - Nobile cuore!... anima generosa e sublime...!

TOMM. Ah! la... scia che io pure... mi congratoli, che io pure....

 

 

 




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