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Felice Venosta
Il martirio di Brescia: narrazione documentata

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V

 

L'alba del lunedì, 2 aprile, rischiarando le opere della notte e destando alle usate cupidigie le soldatesche, crebbe orrore allo spettacolo della violata città e terrore negli abitanti. Quei pochi che si attentarono ad uscire delle case, inermi e in atto di supplichevoli, venivano minacciati, percossi, rubati; parecchi che recando il fucile disarmato ed arrovesciato verso terra s'avviavano al Municipio per liberarsene, furono in sull'atto fucilati, loro valse pregare e chiamare in testimonio Dio e i patti della resa. Per il che tutti, aspettando il saccheggio e la morte, stavano come la notte innanzi, rintanati ed agonizzanti. Non uscio, non bottega, non finestra aperta, se non dove divampavano gl'incendi, o dove erano entrati i saccomanni. Quasi in nessun luogo delle muraglie si potevano fissare gli occhi, senza vedere solco di palla o di scure, traccia di fuoco o macchia di sangue.

«Per le vie, narra il Correnti, smosso e spezzato il lastrico di granito, sconvolto l'acciottolato, mura squarciate dalle bombe, tetti crollanti, avanzi di barricate, che alle materie ricche talora e gentili di cui erano composte, e alla fretta con cui poi erano state atterrate e disperse ancora serbavano indizio del primo entusiasmo e dell'ultimo spavento; scarchi di stoviglie e d'arredi rotti e sperperati come dalla pazza furia d'un turbine; e qua e cadaveri di Bresciani e di soldati già da molte ore insepolti; e talora gruppi di donne e di fanciulli accovacciati in qualche angolo remoto, fissi, muti, istupiditi, i quali dando immagine della morte dell'anima, erano più strazianti a vedere che i cadaveri. Gli incendi duravano tuttavia, e minacciavano di stendersi a tutta la città; le violenze dei soldati cessavano

Il Municipio domandò in carità che gli venissero restituite le macchine idrauliche, che come nobile trofeo di guerra, avevano nel 31 gli Austriaci menate via, e le ottenne. Domandò una guardia pel palazzo di città e pei suoi impiegati, che più fiate erano stati bistrattati dai soldati e perfino dagli ufficiali; e anche questo gli fu consentito. Allora si cominciò a rifiatare e a dare qualche provvedimento. Ma troppo più facile era frenare gli incendi, che ammansare gli inferociti vincitori, massime con animiripugnanti alla viltà delle supplicazioni come sono i Bresciani; e con quel soprarrivare ad ogni ora di nuove truppe, le quali si sguinzagliavano per la città cavando da tutto pretesto di forzare le porte e d'insanguinare le mani. Così alcuni, da più giorni rimbucati per le cantine, furono allora malconci o morti. i generali, gli ufficiali superiori si mostravano solleciti dell'onore o dell'umanità, se appena se ne eccettuino alcuni pochi. E tra questi vogliamo menzionare il colonnello Jellachich, il quale volle mostrarsi, fra compagni, umano. Narrano ch'egli, udendo minacciata da' suoi la chiesa di sant'Affra, ove si erano ricoverate molte donne, accorresse a guardia della soglia, che la religione avrebbe mal difesa, e vi rimanesse supplicando finchè i suoi non furono passati oltre. Anche parecchi altri ufficiali, che nel verno avevano avuta le stanze in Brescia, accorsero per salvare dal sacco le case degli ospiti. Ma l'Haynau non diè segno alcuno che il valore, la sventura e l'aperta giustizia della causa avessero ammollito la sua ferocia; sicchè parve piuttosto aver l'animo di vendicarsi che a vincere e a governare.

Quel lunedì, quasi per sopraggravare i dolori dei Bresciani, la Jena mandò fuori un bando con cui multava la provincia di sei milioni di lire, e la città, due volte ribelle, d'una tassa di trecento mila lire destinate a compenso e premio degli ufficiali. Poi il comando della città affidò al tenente maresciallo Appel, il quale alle due pomeridiane entrò in Brescia alla testa del terzo corpo di armata, composto di venti battaglioni con cavalleria e cannoni, borioso di essere stato vincitore a Novara, e chiedente con ansia che quella sua gloria gli fosse pagata in licenza ed in sangue!

Il Sangervasio ed i suoi due assistenti accorsero a lui, sebbene non fosse senza loro pericolo, e modestamente ricordarono all'Appel, essersi la città data sotto fede che si sarebbero rispettati gl'imbelli, i rassegnati e gli inermi; epperò pregavano che si frenasse la licenza militare, che le porte e le vie della città si liberassero ai commerci, e che anche nel punire non si procedesse più a capriccio e a furore de' soldaiti. Aspramente rispose Appel: «Non essere tempo di misurati consigli, ma di rigida giustizia; i municipali non a parlar di patti e a muover querele, ma pensassero invece a dargli in mano i capi-popolo, o a denunciarglieli; a far subito sparire ogni traccia delle infami barricate, a riaprir le botteghe, a rassettare il selciato. Conceder loro per questo un termine di 6 ore, e facoltà di usar coi renitenti la forza e le pene; badassero però che anch'essi colla forza e colle pene sarebbero stati astretti a compiere l'ufficio loro

Così li accommiatò minacciando. Poco dopo il Sangervasio, avuto per indizi e per avvisi, certezza, che volevano arrestarlo, dovette trafugarsi fuor di città. Rimasero i due suoi colleghi, i quali con bandi e con messi sollecitarono i bottegai a riaprire i loro fondachi, mostrando come quella chiusura irritasse il nemico e offrisse pretesto d'usare violenza. Ma più di questi conforti valse il pensiero di assoldare sentinelle e postarle a guardia delle botteghe, frenando così colla religione della disciplina quelle orde ubbriache di sangue.

Intanto alla tumultuaria carnificina, succedeva, nuovo argomento di terrore, la carnificina ordinata. Svanera e Siccardi, famosi sgherri di polizia, appena liberati dalle prigioni, ove il popolo aveva loro perdonato la vita, entrarono in caccia: e quanti si fossero in voce o di più caldi amatori della patria, o di più intrepidi al fuoco venivano fiutati, cercati, e, se per loro mala ventura presi, erano nel giro di poche ore tratti in castello o nelle caserme, bastonati, martoriati, e infine fucilati e buttati nelle fosse o sotto i bastioni, ove per più giorni se ne lasciavano insepolti i cadaveri, affinchè servissero di salutare terrore.

Mal si potrebbe dire quanti a questo modo mancassero; ma la fama li reca presso ad un centinaio. Infine tre giorni dopo, alle reiterate supplicazioni del Municipio, il tenente maresciallo Appel promise, e gli parve clemenza, che «da quel in avanti nessuno più sarebbe passato per l'armi senza i soliti processi.» Tanto s'erano gli animi spaventati, e le menti alterate che, parve un beneficio il tornare alle enormezze de' giudizi marziali.

«E veramente, scrive il Correnti, in questo fatto di Brescia, quasi come in ultimo schianto di tutte le passioni buone e malvagie che si erano andate ingrossando durante la guerra italiana, trasmodò per modo l'umana natura così in bene, come in male, da toglier fede a chi debba narrarne con tocchi rapidi e riassuntivi

Che i soldati austriaci, anzichè infrenati, venissero eccitati dai capi a incrudelire spietatamente contro gli abitanti, possiamo chiarircene leggendo la relazione dell'atroce Haynau. «Quando io vidi, scrive egli, che già moltissimi dei nostri erano caduti, e che per la tempesta incessante delle bombe, per l'assalto generale s'allentava il furore dei cittadini, che duravano pertinaci alle difese, diedi mano gli estremi argomenti di guerra, comandando che più non si ricevessero prigioni, e che in sull'atto si facesse macello di quanti fossero presi coll'armi indosso, e le case, ove si trovasse contrasto, venissero arse e spianate.» Quest'era la legge di guerra del tenente maresciallo austriaco; ed egli stesso poi confessa che i soldati nel calore del fatto trascorsero più oltre, e diedero in eccessi. Pensino i nostri lettori di qual natura saranno stati questi eccessi, se tali parvero al truculento Haynau. E un tal uomo, chiamato dall'austriaco imperatore suo benemerito, veniva dal medesimo mandato tosto dopo a rizzare le pericolanti sorti dell'impero in Ungheria; e come sotto le mura di Brescia, pur quivi il suo cuore fu chiuso ad ogni senso di pietà16.

Comechè la sfrenata licenza dei soldati avesse per modo inorriditi i cittadini, che non pochi si precipitarono alla fuga da incredibile altezza, o cercarono morte più riposata buttandosi sulle armi nemiche, tuttavia, anco in mezzo allo spavento ed al furore che suole aizzare gli uomini, si vide sempre segno della forte ed amorevole natura del popolo bresciano.

Alle famiglie cacciate dalle loro case e raminghe per le vie, ai fuggenti, ai proscritti non furono mai chiuse le porte dai cittadini, quantunque non si potessero aprire senza pericolo di vedere irrompere dietro gli inseguiti i persecutori. Anzi in quei nefasti pareva che niuna altra gloria conoscessero i Bresciani e niun'altra consolazione volessero se non quella d'ospiziare qualche Martire della patria; e molte famiglie, che prima erano sembrate tiepide alle speranze, si mostrarono ferventi ai pericoli colla carità. E se ne videro esempi notabili anche nel saccheggio. Imperocchè avendo i soldati aperto delle loro ruberie un mercato fuori di porta Torrelunga intorno al Rebuffone, molti accorsero a comperare, fingendo d'esservi tirati dall'ingordigia del buon prezzo in cui quegli oggetti erano venduti17; e acquistato che avessero alcun che andavano cercando i danneggiati e a loro restituivano il mal tolto. E fra gli altri moltissime robe ricomperò e diligentemente restituì una ostessa, che, come bella e giovane, era stata dai soldati trascinata fra le prede, e che, senza lasciarsi avvilire dalla vergogna e dal dolore, volse la sventura propria in soccorso de' suoi fratelli.

«E certo, scrive il Correnti, a frenare gli animi indomiti più valse la pietà, che la paura. E pur troppo spesso nelle case del popolo gli uomini dopo avere per carità delle donne e dei figli patito alcun tempo l'oltracotanza dei nemici, vinti ad un tratto da qualche più acerba trafittura, riafferravano le armi e morivano vendicati. Spesso anche i cittadini, che da più ore s'erano abbarrati nelle loro case, uscirono fuori di nuovo ai pericoli per soccorrere feriti, od accorrere agli incendi. Perchè è da notare che anche in questo estremo i Bresciani sdegnosamente rifiutarono che gli stranieri mettessero mano a soccorrere la città dopo averla rovinata; ed una volta che i soldati fecero vista di mescolarsi coi cittadini per combattere le fiamme che minacciavano d'incenerire tutto un quartiere, furono accolti con imprecazioni e con atti di orrore, sicchè dovettero restarsene

Dieci giorni durò Brescia in sull'armi, spesso vincente e non vinta affatto se non colle insidie. Caso unico negli annali guerreschi, ove, si pensi che la città, popolata, come abbiamo più sopra notato, di soli trentacinque mila persone d'ogni sesso e d'ogni età, aveva confitto nei fianchi il castello devastatore, e di più in sulle porte l'oste nemica, che crescendo man mano, in sull'ultimo toccava le venti migliaia di soldati stanziali. A questi appena appena si opposero due in tre migliaia di fucili in mano di cittadini e di valligiani nuovi tutti alla guerra, se ne togliamo le bande dei disertori; il resto sassi, tegole, coltelli. Lontani i patrioti più autorevoli, lontana tutta la gioventù più animosa e più esperta dell'armi, scarso l'erario, le mura indifese, non un cannone, un nodo di milizie regolari, un ufficiale di esperienza, col quale consigliarsi. E nondimeno o sul campo, o di ferite negli ospitali morirono 1514 nemici; e fra questi un tal numero d'ufficiali, da provare qual fosse l'accanimento nel combattere e il terrore del soldato, a muovere il quale, dopo ch'ebbe assaggiato di che sapessero i Bresciani, bisognarono stimoli di fieri castighi, di insolita emulazione e d'infami promesse. Fra i morti 30 ufficiali, tre capitani, un tenente colonnello, due colonnelli e il generale Nugent. Nel giorno 17 gli Austriaci contavano ancora più di seicento feriti nei tre ospitali.

Più fiate il castello saettò l'incendio e la morte sulle case cittadine, delle quali trecento furono consunte dal fuoco, o guaste; e il danno passò i dodici milioni di lire. Piovvero mille seicento bombe e palle: alcune di pietra, le quali, furono dal Leshke gettate per sordidezza. I vincitori, non contenti alle multe, ai danni dell'incendio ed alle tasse di guerra di sei milioni e mezzo, mandarono al Municipio la polizza dei proiettili e della polvere, chiedendo che la città ne pagasse le spese.

I circa seicento Bresciani che morirono (e più di metà furono donne, fanciulli o inermi presi e martoriati a furore, ovvero assassinati dai giudizi militari a dispetto delle condizioni della resa) furono spazzati via alla rinfusa; e di molti non si trovò il nome o il cadavere.

Consci d'aver dato al mondo un magnanimo esempio, i Bresciani non ruppero al fiero colpo in discordie e in calunnie. E sì che avrebbero potuto con troppa apparenza di ragione dirsi tratti in errore da coloro, che, promettendosi miracoli dall'esercito piemontese, avevano mosso quella pratica esiziale. Ma all'incontro, ricordandosi soltanto che le speranze erano state comuni, e abborrendo dal volgere, secondo il capriccio della fortuna, in colpa ed in biasimo quello che prima a tutti pareva merito e lode, non pensarono neppure un momento a gridare traditori, quelli che l'Austriaco cercava a morte. Anzi tutti d'accordo e principalmente i macellai e gli operai minuti, s'adoperavano anco col rischio di vita, a trarre fuori delle porte e a calare giù delle mura i più noti autori della sommossa, quelli stessi che i sobbillatori e le spie dell'Austria con quell'arte vecchia, che pur troppo, anco in questi venne posta in opera per gettare scissura fra noi, accusavano al popolo come macchinatori delle sciagure che aggravavano su Brescia. Onde l'Haynau e l'Appel, per vigili che stessero, non ebbero in mano altro che uomini, i quali non avevano preso parte alcuna a preparare o a dirigere i fatti. Ciò non tolse ai due generali d'incrudelire e allora, e poi; come mostrò l'infame processo del luglio, pel quale dodici popolani, quando già tutta Italia era prostrata e quattro mesi erano corsi sul primo furore delle vendette, furono sentenziati a morire della morte dei ladri. Dodici forche furono rizzate in fila sui baluardi al cantone Mombello in vista dei Ronchi, della città e di quella porta di Torrelunga, ove tante volte i Bresciani avevano con liete grida invocato il Dio della libertà e della vittoria.

 

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Fra un popolo di cotanto eroismo, come quello di cui abbiamo narrato le gesta, non mancarono uomini vili, che cercarono di disonorarlo col mostrare al mondo come esso si trovasse pentito della fatta rivoluzione e che a questa fosse stato travolto soltanto da pochi pazzi, andando, dietro proposta del famigerato Zambelli, in commissione a Vienna per impetrar grazia dall'Imperatore. I Bresciani non potendo protestare altamente contro l'illegale atto, vollero gli emigrati della vinta ma non doma città, residenti in Isvizzera, pubblicare lo scritto, che qui riportiamo, il quale fa conoscere come la sventura non aveva potuto avvilire i petti bresciani.

 

PROTESTA.

 

..... l'8 giugno 1849.

 

«Perchè una Commissione rappresenti legalmente ed equamente una nazione, in ispecial modo quando si tratta del suo onore, non solo deve averne da essa il mandato, ma deve inoltre essere coscienziosamente persuasa che il di lei voto è quello della massa, giacchè senza il primo requisito, la Commissione sarebbe illegale nella sua rappresentanza, senza il secondo, il di lei operato sarebbe iniquo. Ora la Commissione, composta dei cittadini bresciani Giovanni Zambelli, Faustino Feroldi e Camillo Palusella, partita da Brescia per Vienna a riconoscere l'imperatore fanciullo Francesco Giuseppe I, ed impetrar grazia da lui per averlo offeso colla rivoluzione, mancherebbe di entrambi questi requisiti, e perciò la si dichiara illegale ed iniqua

«È illegale, perchè, non solo la Congregazione provinciale che la nominò, dietro proposta del famigerato austriacizzante Zambelli, non poteva avere, aveva facoltà di rappresentare il principio nazionale, perchè affatto indipendente dalle mansioni relative alla sua istituzione, ma perchè ancora i pusillanimi cittadini che componevano quella Congregazione non potevano emettere un libero voto sotto la diretta influenza delle baionette austriache, pronte a ferire ove diversamente si fossero espressi

«È poi iniqua la commissione, perchè il voto della nazione assolutamente contrario al di lei mandato. E ciò chiaro si appalesa dalla generale rivoluzione del passato anno, riprodotta non ha guari dai Bresciani colla più disperata resistenza, dimostrando in tal modo che fra essi e gli Austriaci non v'ha più transazione, ma che si tratta di vita o di morte; e si manifestò inoltre colla universale riprovazione che susseguì alla nomina della Commissione stessa.»

«In vista di ciò, gli emigrati bresciani, interpreti del vero sentimento della nazione, e come i soli che possano liberamente esprimerlo

Protestano altamente in faccia ai popoli d'ogni nazione contro l'operato qualsiasi della Commissione bresciana diretta a Vienna allo scopo di patteggiare vilmente coll'imperatore fanciullo Francesco Giuseppe I, per essere stata la Commissione istessa illegalmente costituita, e per essersi assunto un mandato contrario al voto della nazione;

Dichiarano e sostengono che la provincia di Brescia non perde punto del suo onore nazionale per il fatto illegale ed iniquo della Commissione stessa;

Manifestano la più sentita disapprovazione contro la Congregazione Provinciale, che per vigliacca condiscendenza agli aggressori della nostra patria si lasciò indurre alla nomina di quella Commissione;

Abbandonano all'esecrazione universale gli individui componenti la Commissione, per avere rinnegata la loro patria, cercando di stuprarne l'onore, che i loro concittadini reserobello col proprio sangue

 

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Gli uomini che hanno fede soltanto in ciò che vedono e che toccano; quelli la cui religione è materia e calcolo, tanto che vorrebbero gettare ghiaccio e chiudere un abbaco fin dentro al divampante cuore del popolo; i pochi di spirito che vorrebbero le rivoluzioni misurate a compasso e che presumerebbero fare l'economo agli slanci popolari, questa gente, che è quanto codarda, altrettanto inetta a capire i grandi problemi dell'umanità, nella caduta di Brescia non vide che quello con cui finiscono le vittorie austriache: oro espilato e vittime massacrate. Il popolo per lo contrario scôrse nel mezzo delle grandi rovine della patria, il grande compenso; misurò le sue forze, sentì la sua potenza, acquistò la sicurezza per l'avvenire; e, superbo della sua opera, per dodici anni nudrì ed espresse un sempre crescente odio allo straniero. Noi teniamo poi per fermo che abbia di molto operato sul cuore non solo dei Bresciani, ma di tutte le genti italiane, lo spettacolo d'un popolo che si dibatte per dieci non interrotti colle smisuratamente superiori forze nemiche, e l'un di più che l'altro progredisce nella disperata lotta, e cade schiacciato soltanto dallo sterminato numero, ma pur contando, sopra una delle sue, dieci delle vittime nemiche. La grandezza delle tradizioni e degli esempi hanno sempre gran parte nella riabilitazione dei popoli. Le rivoluzioni di Brescia, di Milano, di Bologna e delle altre città italiane s'ebbero i loro frutti; ne scorgiamo il genio in tutti que' portentosi avvenimenti che vennero succedendosi ne' giorni dell'oggi; e quella fiamma di cui tutta Italia è invasa, la chiamiamo fulgidissima favilla di quelle rivoluzioni.

Concluderemo dicendo che i dieci giorni di Brescia verranno mai sempre ricordati ad onore perpetuo di quella generosa città, ad infamia perenne de' suoi scellerati carnefici.

 

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Le ossa delle vittime dell'insurrezione bresciana inonoratamente sepolte dall'austriaca vendetta, vennero ricuperate dietro accurate indagini d'una Commissione istituita da quel Municipio, e, come cosa santa, con trasporto d'amore, collocate nel pubblico cimiterio.

La mesta e solenne cerimonia del trasporto delle ossa, ebbe luogo il aprile 1861. Meglio che alla nostra parola a descriverla, noi diamo luogo ad una peregrina narrativa che il bresciano scrittore Federico Odorici gentilmente ci inviava:

«Alcuni scheletri dissepolti nell'ultimo recinto del castello, e che si tennero dapprima miserande reliquie di fucilati del 1849, furono causa di più minute ricerche. Perchè destatasi dal fatto l'attenzione del Municipio e del Circolo Nazionale, una Commissione da quest'ultima eletta, ritrovate quell'ossa di lunga mano più antiche, fu dal Circolo incaricata della indagine di altre, che veramente sapevansi colà disperse, di molte vittime cadute nell'eroica resistenza, che apprese al Leshke ed all'Haynau di che sapessero l'armi nostre.

«Rinvenuti i luoghi che la pietà cittadina aveva già designati come deserte sepolture di quegli assassinati, la nostra Giunta delegava (13 marzo) il conte Gerolamo Fenaroli, il dottor Lodovico Balardini, l'ing. Bortolo Peroni e Federico Odorici, perchè sopravvedessero al disterramento ed al trasporto nel patrio cimiterio dei martiri della nostra indipendenza.

«La disumazione fu principiata in castello il 19 marzo nella cannoniera sotto il torrione così detto dei Francesi. Vi si rinvennero quattro cadaveri barbaramente fracellato il cranio da gravi pietre scagliate loro prima ancora che la terra ne li coprisse. L'una di quelle vittime sembra non spirasse che a quest'ultimo colpo di tedesca rabbia, perchè ci apparvero spalancate le mascelle e schiacciata la fronte sotto il largo sasso. Il poveretto, nelle prime esultanze della rivolta, poneva all'abito bottoni dorati del 1797 recanti il moto Guardia Nazionale Bresciana, e quel moto fors'anche gli costò la vita.

«Il giorno appresso venivano dissepolte l'orsa dei fucilati lungo gli spaldi del Ravarotto. In quattro fosse, così com'erano rimescolati alla rinfusa, e nelle strane guise in cui giacquero, buttativi dentro dall'ira croata, emersero le reliquie di trentadue cadaveri: fu cuore dei presenti a quell'orrida scena, che non fremesse di sdegno e di pietà. - Era austriaca sepoltura.

«Per quanto difficile riuscisse alla Commissione discernere ed appartare gli scheletri, una scarpa ed una fibula da prete additarono quello di Andrea Gabetti, come una suola di femminile calzatura e l'ossa delle pelvi designavano i resti d'una donna massacrata coi dodici che nel tumulo rasente alla cinta di S. Giulia furono rinvenuti. Nessun indizio positivo distingueva del resto di tanto salme, quella di Francesco Canobio, mitissima ed innocente creatura; di Pietro Venturini, che terrore de' suoi carnefici, moriva imprecando alla tedesca immanità; di Cesare Nullo, che ferito com'era, fu colà trascinato perchè le palle nemiche troncassero nel fiore delle speranze una giovane vita.

«Se i due comaschi ciotolai, giustiziati nelle fosse del castello a destra dell'ingresso, furono tosto rinvenuti, più difficili tornarono le indagini nella Rocchetta di S. Chiara, dove soltanto al terzo si discopersero le spoglie di Pietro Boifava, Sotero Bresciani, Dionisio Donabini, Filippo Franzoni, mentre nel piano di fronte ai magazzeni del Forno di Castello, a rintracciarsi le reliquie del prete Attilio Pulusella e di Luigi Usanza, riuscirono vane investigazioni più rigorose ed insistenti.

«Terminato quel triste ufficio che allo squallore di profana terra toglieva i resti di tanti martiri della bresciana libertà, la Giunta Municipale annunciava la pompa del trasporto, mentre la Commissione volgevasi con altro appello a tutte le classi lavoratrici: a quella massa potente dai terribili commovimenti, che nelle grandi sventure sostenne frequenti volte le nostre sorti, e sempre la dignità del nostro nome. E quell'appello fu inteso; e più di due mila popolani accorsero dimandando al Circolo Nazionale i moti e le bandiere dell'arti.

«La funerea cerimonia doveva compiersi al di aprile, ricorrenza gloriosa della nostra insurrezione, cui le attonite città chiamarono salvatrice dell'avvenire. Quel mattino volgeva mesto e piovoso; ma l'onda dell'affluente moltitudine, lo spiegarsi delle bandiere e il divisarsi a lutto delle contrade dava imponente aspetto di popolo chiamato ad un convegno fraterno, d'altro compreso che del compimento di una sacra ed antica promessa.

«La Guardia Nazionale sfilata nella piazza del Duomo, e nella via di Broletto le ventinove Corporazioni dell'arti aspettavano il convoglio che lentamente si avvicinava, e che arrestatosi di fronte alla cattedrale, cessato il rito con cui la religione saluta le ceneri dell'uomo, s'era messo nel centro del grave corteggio, per modo che, precedute dai nostri Bersaglieri e da una banda musicale, venivano l'arti schierate a compagnie, distinte dalle loro bandiere; poi gli animosi Garibaldini; e recante l'impresa, di cui ben presto non avrà più bisogno:

 

«V'aspettan frementi

«Le oppresse città»,

 

la veneta Emigrazione, e dietro ad essa le singole rappresentanze dell'arti e delle industrie provinciali.

«Era il convoglio come di ricco mausoleo. Otto genii, colle faci arrovesciate, seduti appiè del monumento, erano simboli del nostro dolore. Sovr'alta base decorata dell'armi sabaude e cittadine, fiancheggiata dalle italiche bandiere e di funerei vasi, era l'urna dei martiri. Il Bresciano lione posava sull'urna e gli sedeva sul dorso mestamente raccolta la immagine di Brescia, che fiera de' suoi martiri porgea, spezzate per essi, le catene dell'antica servitù. Quattro consiglieri della città ed altrettanti ufficiali della guardia cittadina reggevano i cordoni del feretro, che, trascinato da sei cavalli coperti di gramaglie, cui moderavano vestiti a lutto sei palafrenieri, traspariva da un ampio velo che leggermente ne l'avvolgeva. Ai lati del monumento leggemmo le paroleVittime della patria libertàCaddero senza vanto ma da forti. Dietro al carro procedeva col Sindaco l'intero Corpo municipale, e col governatore l'altre civili e provinciali rappresentanze, quelle dei Circoli, del Commercio, della pubblica Istruzione, dei molti Comuni del piano e delle valli, accorse volonterose al commovente rito; mancarono sacerdoti che dividessero con noi quest'ultimo saluto ai fratelli caduti. Sei bande musicali empievano frattanto di mestissime armonie le contrade silenti, eppur stipate di popolo, mentre dalle finestre cadevano fiori in sulla tomba, e più d'un volto immoto su di lei, come di vinti dalla piena di commozioni profonde, si rigava di pianto. Il corteggio era chiuso dall'intera Legione della Guardia Nazionale.

«Tra le bande Musicali quella di Breno attrasse i nostri sguardi. La ricca e fantastica sua divisa di velluto nero a candidi cordoni, armonizzava colla mestizia della pompa; se non che la breve tunica stretta al fianco da una sciarpa azzurra che dall'un capo libera scendeva, e un non so che di spigliato ritraente del bersagliere, le dava carattere alpigiano ch'era nuncio dei luoghi da cui veniva, i quali a noi per secoli congiunti di lingua, di costumi, di glorie e di sventura, a noi tolti sul principiare del secolo, ridati ora dalle sorti mutate, riconsacravano in quel giorno, dodici lustri, sull'ossa dei nostri martiri la fratellanza antica.

«Giunto il convoglio di fronte al camposanto, il cui viale era messo a cippi ed are e serti di fiori, o confaloni divisati a corruccio, ritrovò già sfilate a riceverlo le compagnie dell'arti, mentre la Guardia Nazionale col tuono delle artiglierie e coi fuochi di fila egregiamente riusciti, ne salutavano l'arrivo.

«Finalmente, dall'alto della tribuna, suonò poderosa la parola del nostro Salvoni, che trasfuso negli animi commossi l'entusiasmo del suo, vi destò sentimenti ed affetti, a ciascuno dei quali rispose un palpito dei nostri cuori. E quando facevasi promettitore, che la virtù dei figli sarebbe stata degna dell'olocausto dei padri, lo giuriamo, gridò una voce solitaria emersa dalla calca; e il forte grido corse vibrato per la vasta moltitudine come un eco solenne e per poco la sacra dignità di quell'istante non fu vinta dal prorompere impetuoso d'una di quelle manifestazioni, che nei popoli concitati hanno sempre un non so che di sublime e di tremendo.

Sulla porta del tempio, dettata dal conte Lechi, era la bella epigrafe:

 

RITI SOLENNI

PER L'INUMAZIONE DELLE OSSA DEI NOSTRI FRATELLI

CHE L'AUSTRIA RABBIA

ASSASSINÒ E SEPPELLÌ A GUISA DI BELVE

IN POCA TERRA

SCAVATA DALLE MANI STESSE DEI MISERI.

 

——

 

DIO VINDICE E LIBERATORE

CHE NELLA TUA MISERICORDIA

BENEDICI AI POPOLI REDENTI

ACCOGLI LE PRECI E LE LACRIME DEI BRESCIANI

PER QUESTI MARTIRI

CHE NELL'AGONIA IMPLORAVANO QUELLA GIUSTIZIA

CHE CI DIEDE ALFINE UNA PATRIA.

 


 

MARTIRI DI BRESCIA

 

——

 

Brescia nel 1836, colpita dal flagello del cholera, erigeva piamente nel suo cimitero un cenotafio comune, ove tutte sono ricordate le vittime del contagio; noi siamo sicuri che, non andrà molto, essa porrà una colonna votiva a commemorazione dei Martiri suoi. Frattanto con religioso sgomento qui trascriviamo i nomi che si sono potuti ricavare. Alle vittime ignote, che non hanno lasciato che un brano di cadavere irreconoscibile, e forse un'angoscia segreta in qualche umile cuore, provvegga la giustizia di Dio!

 

1.      Albertani Angelo, di Brescia, massacrato.

2.      Anderloni Faustino, id., d'anni 45, massacrato

3.      Angeli Andrea, idem, d'anni 62, agricoltore, massacrato.

4.      Apostoli Tommaso, idem, morto all'ospedale per ferita di bomba.

5.      Archetti Domenico, idem.

6.      Arrighini Federico, idem, morto per ferite.

7.      Arrighini Rosa, idem, d'anni 30, cucitrice, ferita in sua casa, poi morta.

8.      Baronio Pietro, idem, d'anni 40, cuoco, preso e fucilato in castello.

9.      Bassi Pietro, idem, d'anni 15, preso e fucilato in castello.

10.  Beccaguti Vincenzo, idem, d'anni 52, massacrato.

11Bellini Giovanni, idem, d'anni 48, cuoco, morto all'ospedale per ferite.

12.  Berardi Pietro.

13.  Bernasconi Antonio, idem, d'anni 38, muratore, massacrato dai soldati in cantina.

14.  Berti Bortolo, idem, d'anni 48.

15.  Bertolani Antonio, idem, d'anni 51, muratore, ucciso.

16.  Bertolani Giuseppe, idem, d'anni 27, muratore, figlio del suddetto, ucciso.

17.  Bertolani Giuseppe, idem, d'anni 25, muratore, figlio del suddetto, ucciso.

18.  Bertua Giovanni, idem, d'anni 48, oste, preso in sua casa e fucilato sugli spalti dai soldati.

19.  Bettini Marco.

20.  Boggiani Faustino.

21.  Bonata Pietro, idem, d'anni 20, morto per ferite all'ospedale.

22.  Bonduri Andrea, idem, d'anni 39, prestinaio, ucciso in sua casa, ammogliato e padre di tre teneri figli.

23.  Bonfanti Gio. Battista, idem, d'anni 49, sarto e possidente, massacrato dai soldati che invasero la sua casa.

24.  Bonservi Giovanni, di Milano, d'anni 57, indoratore, morto per ferita al braccio sinistro.

25.  Braga Pietro, di Brescia, d'anni 15, ucciso dai soldati.

26.  Bracchi Carlo, idem, d'anni 32.

27.  Bresciani Angelo, idem, d'anni 29, ucciso dai soldati.

28.  Bruschi Giuseppe, morto all'ospedale per ferite.

29.  Buffi Gio. Antonio, idem, d'anni 49, calzolaio.

30.  Calabi Carlo, idem, d'anni 35, negoziante israelita, morto per ferite.

31.  Calzavelli Margherita, idem, d'anni 70, uccisa dai soldati.

32.  Capellini Giovanni, idem, morto per ferite.

33.  Carobi Pietro, idem, d'anni 67.

34.  Cassamali Giuseppe, morto per ferite.

35.  Chiodo Pietro, di Bedizzole, d'anni 25, farmacista, morto in combattimento.

36.  Chiodo Gio. Battista, idem, d'anni 20, studente, fratello del suddetto, ferito in ambe le braccia, ed amputato che ne moriva.

37.  Cominardi Vincenzo, morto all'ospedale per ferite.

38.  Conti Gaetano, di Brescia, d'anni 39.

39.  Corsetti Antonio, di Gargnano, d'anni 18, studente, morto in combattimento.

40.  Costa Giacinta, di Brescia, d'anni 88, uccisa dai soldati.

41.  David Carlo, idem, d'anni 46.

42.  Duina Gio. Battista, idem, d'anni 46, ucciso dai soldati.

43.  Eretico Gio. Battista, d'anni 56.

44.  Ferrari Luigi, idem, morto all'ospedale per ferite.

45.  Ferretti Giuseppe, idem, d'anni 17, vetturale, ferito in fronte da una palla e morto.

46.  Filippi Andrea, d'anni 60.

47.  Fogliata Gio. Battista, morto all'ospedale per ferite.

48.  Francinelli Pietro, idem, d'anni 48, ucciso dai soldati.

49.  Franzoni Benedetto, idem, d'anni 29, macinatore.

50.  Franzoni Gio. Battista, idem, d'anni 31, agente di negozio.

51.  Gabaglio Fedele, idem, d'anni 66, muratore, massacrato dai soldati nella sua cantina dove si era nascosto.

52.  Gabaglio Francesco, idem, d'anni 24, massacrato come sopra.

53.  Gabetti Andrea, di Urago Mella, d'anni 41, sacerdote, prese inerme a porta Torrelunga e fucilato il aprile in castello.

54.  Gazzoli Pietro, di Volta Bresciana, d'anni 35, agricoltore.

55.  Genovesi Girolamo, morto all'ospedale per ferite.

56.  Gherber Alberto, svizzero, d'anni 19, cameriere, gettato dalla finestra dai soldati che ne invasero la casa, moriva.

57.  Gigalini Gio. Battista, di Brescia, d'anni 29, barbitonsore.

58.  Giacomini Francesco, idem, d'anni 32.

59.  Giuliani Giuseppe, idem, sarto, colpito da una bomba, moriva.

60.  Godi Giovanni, idem, d'anni 39, ucciso dai soldati.

61.  Grassi Giovanni, idem, d'anni 32, prestinaio.

62.  Guerrini Cesare, idem, d'anni 23, dottore in legge, ferito al ginocchio in combattimento, fu amputato, e moriva.

63.  Guerrini Paolo, idem, morto all'ospedale per ferite.

64.  Guerrini Carlo, idem, d'anni 44.

65.  Inselvini Gio. Battista, idem, d'anni 32, oste.

66.  Lecchi Benedetto, idem, d'anni 72, falegname, massacrato in sua casa.

67.  Locatelli Francesco, idem, d'anni 68, ucciso dai soldati.

68.  Longhi Innocente.

69.  Lovatini Temistocle, idem, d'anni 19, studente, ferito, fu fatto prigioniero e fucilato.

70.  Lumieri Giovanni, idem, d'anni 40, sensale.

71.  Maffezzoni Giuseppe, idem, d'anni 66, domestico, ucciso dai soldati.

72.  Marti Giuseppe, d'anni 55, agricoltore.

73.  Mazza Angelo, idem, d'anni 22, argentiere.

74.  Mazza Faustino, idem, d'anni 77, sacerdote, venne abbruciato dai soldati.

75.  Mayer Carlo d'anni 32.

76.  Melchiori Rosa, idem, uccisa dai soldati.

77.  Micheli Pietro, idem, d'anni 40.

78.  Mottinelli Lorenzo, idem, d'anni 57.

79.  Mostacchini Antonio, idem, oste, ucciso dai soldati in sua casa.

80.  Ninzola Luigi, idem, d'anni 31.

81.  Novelli Giuseppe, idem, morto all'ospedale per ferite.

82.  Nullo Cesare, idem, d'anni 24, negoziante, ferito, fu fatto prigioniero e fucilato.

83.  Onofrio Gio. Pattista, idem, d'anni 30, possidente, ferito nella coscia destra, moriva.

84.  Paderni Giuseppe, idem.

85.  Fari Alessandria, idem, incendiata.

86.  Parolari Luigi, idem, d'anni 28, negoziante di biade, martoriato ed ucciso in sua casa.

87.  Parzani Andrea, idem, d'anni 56, canestraio, morto di ferite ricevute in combattimento.

88.  Pasotti Felice, idem, possidente, prestinaio, uscendo da città il giorno dopo le ostilità, venne ucciso dai soldati, che lo spogliarono di alcune migliaia di lire, nella partizione delle quali essendo nato contrasto col loro ufficiale, lo uccisero.

89.  Pasqualigo Gaetano, idem, d'anni 65, giornaliere.

90.  Pedrini Barbara, idem, d'anni 65, cucitrice, uccisa dai soldati.

91.  Pellegrini Santa, idem, d'anni 65, abbruciata.

92.  Pelizzari Bortolo, idem, d'anni 66, ucciso dai soldati.

93.  Perati Pietro, idem, morto all'ospedale per ferita di bomba.

94.  Patiroli Giacomo, idem. d'anni 68, patinista, colpito da fucilata uscendo di casa.

95.  Perlotti Faustino, morto all'ospedale per ferite.

96.  Peroni Bortolo, idem, d'anni 61, possidente ed oste, martoriato e ferito venne gettato dalla finestra dal piano della sua casa, alla quale i soldati diedero fuoco dopo saccheggiata.

97.  Peroni Pietro, idem, d'anni 27, figlio del suddetto, martoriato some sopra.

98.  Piazza Luigi, d'anni 60, giornaliere.

99.  Pini Giacomo, d'anni 60.

100.      Prina Giacomo, morto all'ospedale per ferite.

101.      Radici Serina, idem, d'anni 42, moglie del direttore del collegio Guidi; invaso il collegio dai soldati, venne uccisa con 10 alunni dell'età dagli 8 agli 11 anni.

102.      Ragni Giovanni, idem, morto all'ospedale per ferite.

103.      Ragni Bortolo, idem, morto all'ospedale per ferite.

104.      Ragni Faustino, idem.

105.      Rienzi Antonio.

106.      Ronchetti Pietro, morto all'ospedale per ferite.

107.      Ronchi Gaetano, ferito sulle mura da una palla in fronte, moriva.

108.      Rubini Francesco, idem, d'anni 13, studente nel collegio Guidi, ucciso dai soldati.

109.      Sandri Giacomo, idem, d'anni 50, ucciso dai soldati.

110.      Sandrini Andrea, idem, d'anni 37, vetturale, ferito, moriva all'ospedale.

1.      Serafini Paolo, d'anni 37.

2.      Servergnini Paolo.

3.      Sigalini Francesco, d'anni 41.

4.      Squassini Luigia, idem, d'anni 24, cucitrice, ferita dai soldati in sua casa e poi morta.

5.      Tavelli Michele.

6.      Tavelli-Lubbi Teresa, idem, d'anni 17, sposa da mesi, uccisa dai soldati.

7.      Tedeschi Cesare, d'Adro, possidente prigioniero, fu fucilato.

8.      Tisi Giuseppe, di Gargnano, d'anni 36, maiolino, morto in combattimento.

9.      Tosi Massimiliano, di Brescia, morto all'ospedale per ferite.

10.  Tosini Giorgio, idem, d'anni 70, calzolaio, ferito da bomba, moriva.

11Trenchi Beniamino, idem, morto all'ospedale per ferite.

12.  Trentini Giovanni, idem, d'anni 64, ucciso dai soldati.

13.  Valsecchi Luigi, morto all'ospedale per ferite.

14.  Vanini Luigi, d'anni 45.

15.  Ventura Luigi, idem, morto all'ospedale per ferite.

16.  Venturini Pietro, idem, d'anni 63, fu preso inerme in casa sua, condotto in castello e fucilato.

17.  Vicentini Gio. Battista, d'anni 70, ucciso dai soldati.

18.  Vicentini Pietro, d'anni 50, ucciso dai soldati.

19.  Vicentini Luigi, d'anni 35, ucciso dai soldati.

20.  Vimercati Ulisse, d'anni 18.

21.  Vonong Carlo, Ungherese, d'anni 40, si battè da prode, e moriva in combattendo.

22.  Zambelli Teresa, di Brescia d'anni 73, madre del direttore Guidi, massacrata in sua casa.

23.  Zamboni Catterina, maritata Fava, idem, morta per ferita di bomba.

24.  Zatti Costantino, idem, morto all'ospedale per ferite.

25.  Zatti Paolo, idem, morto all'ospedale per ferite.

26.  Zima Carlo, idem, d'anni 26; fabbricante di carozze, abbruciato vivo con un croato.

27.  Frate Arcangelo, idem, d'anni 75, P. Francescano, ucciso da un croato in sua casa.

 

 

Oltre ai sunnominati si debbono aggiungere:

 

a)    Diciassette morti trovati in parrocchia Santa Maria Calchera, non riconosciuti.

b)   Altri tre, i cui cadaveri mutilati si rinvennero nell'orto del Dazio porta Turrelunga, e che non erano riconoscibili, e fra cui forse quello del povero Taglianini.

c)    Venti individui Bergamaschi appartenenti alla legione Camozzi stati rinvenuti morti in casa Caldera nel comune di Fiumicello; nel territorio del qual comune furono pure trovati altri quattro individui appartenenti alla stessa legione.

d)   Altri 16 individui della stessa legione, dei quali 11 Bergamaschi, 5 della provincia bresciana, che fatti prigionieri e condotti in castello, furono fucilati.

e)    Il 5 aprile 1849 furono sepolti altri 29 individui morti nei combattimenti del 30 e 31 Marzo, e aprile, i quali vennero raccolti nella fossa della città tra porta Torrelunga e il Casino della Polveriera.

 

Al numero risultante dal presente quadro ve ne sarebbero da aggiungere molti altri, che venivano nei giorni del trambusto seppelliti dai cittadini, ed altri sotterrati dal militare all'insaputa del civile.

 

In occasione del disterramento praticato nel 19 marzo 1861, venivano riconosciuti gli scheletri de' seguenti generosi Martiri

1. Boifava Pietro, vero sacerdote del Vangelo.

2. Bresciani Sotero.

3. Canobio Francesco, giovine elettissimo per molte virtù cittadine.

4. Donabini Dionisio.

5. Franzoni Filippo.

 

In questo martirologio non dobbiamo dimenticare i nomi di:

 

1. Pulusella Attilio.

2. Usanza Luigi,

fucilati dall'ira austriaca prima dell'eroica difesa.

 

Nomi dei 12 individui stati appiccati, 6 il giorno 9, e gli altri 6 il susseguente giorno 10 luglio per aver preso parte alla insurrezione di Brescia: ciò per sentenza del Consiglio di guerra radunatosi per ordine dell'I.R comando dell'armata d'Italia.

 

Maccatinelli Pietro, detto Cicca di Brescia, d'anni 31, nubile, macellaio.

Rizzi Costantino, detto Pitanzini, idem, d'anni, 31, ammogliato e padre, tintore,

Bianchi Vincenzo, di Pavia, d'anni 26, nubile, orefice.

Gobbi Bortolo, di Lumezzane, provincia di Brescia, d'anni 19, nubile, calzolaio.

Conegatti Gaetano, di Brescia, d'anni 38, nubile, tintore.

Dall'Era Giovanni, detto Gobbo, idem, d'anni 27, nubile, macellaio.

Avanzi Giovanni, detto Pestaos od Inoci, idem, di anni 46, vedovo con due figli, calzolaio.

Zanni Napoleone, idem, d'anni 29, nubile, muratore.

Zanini Pietro, di Villanova, provincia di Brescia, di anni 45, ammogliato e padre, fruttivendolo.

Zanini Pietro, detto Peteo di Brescia, d'anni 30, nubile, fruttivendolo.

Zappani Francesco, di sant'Eufemia, provincia di Brescia, d'anni 31, nubile, falegname.

Maggi Bonafino, detto Barabba, di Milano, d'anni 30, nubile, macchinista.

COMANDO DEL TERZO CORPO D'ARMATA

 

Brescia, 21 dicembre 1813.

 

All'Inclita I. R. Delegazione Provinciale.

 

Sembra essere intenzione di un certo partito di dar a divedere il proprio malcontento intorno allo stato attuale delle cose col non frequentare, in maniera come concertata, le rappresentazioni teatrali. Affinchè non vi abbia nemmeno l'apparenza, che gli impiegati di queste II. RR. cariche civili e della città, i quali pur ricevono il loro onorario dallo Stato, convengano in così semplici e frivole dimostrazioni col non andare al teatro, si dovrà significare ai medesimi, giacere nella natura della cosa che tutti i pubblici impiegati abbiano ad abbonarsi alle rappresentazioni teatrali che stanno per aver luogo, ed in quanto non vi si oppongano forti impedimenti frequentare eziandio il teatro, per non figurare siccome prendenti parte a quelle meschine dimostrazioni.

 

Haynau, tenente maresciallo.

PROCLAMA

 

L'avviso stato pubblicato in questa città il 6 passato settembre prescriveva che tutti gl'individui presso i quali si fossero trovati oggetti militari di qualsiasi specie appartenenti a truppe austriache, ovvero a quelle di altre potenze, od a corpi franchi formatisi sotto il passato governo provvisorio, erano obbligati a farne immediata notificazione a questo I. R. comando sotto comminatoria che qualora si fossero in seguito trovati simili oggetti non notificati i detentori sarebbero stati trattati secondo le vigenti leggi militari.

Malgrado ciò si scopersero ora diversi magazzini chiusi sotto chiave, con iscienza di questa municipalità, nei quali trovansi accumulate considerevoli quantità di monture e di effetti d'armatura d'ogni specie in parte già perfezionati, ed in parte ancora in materiali, non solo di ragione dell'Austria, ma anche di altre potenze estere.

Questo accumulamento di sì rilevante numero di forniture militari, che per essere durato quattro mesi, deve dirsi operato a disegno, è tanto più inescusabile e colpevole, in quanto che partì dalla prima autorità della città, alla quale non essendo ignota l'esistenza dei suddetti magazzini, correva già obbligo per suo dovere d'ufficio di farne la notificazione, e la consegna anche senza il preciso avviso di sopra enunciato.

La sleale occultazione di tanta ragguardevole quantità di monture ed effetti di armatura austriaca tolta all'I. R. militare non poteva essere ignota neppure agli abitanti della città, il che non fa che confermare di nuovo lo spirito ostile, in cui questa stessa città continuamente persiste. Anche lo scoprimento di fucili carichi nascosti appartenenti alle truppe austriache verificatosi in occasione dell'incendio non è guari quivi scoppiato, è un'altra prova della cattiva disposizione di questi abitanti.

Tali fatti, e la conservazione dei magazzini ripieni di effetti militari non fanno fede di sentimenti leali e di pacifiche tendenze, e non possono trovare spiegazione se non se nella speranza che si nutre di rimettere all'occasione gli effetti medesimi ai nemici dell'Austria.

Per queste misure di alto tradimento, e per l'opposizione che si manifesta in ogni occasione contro il legittimo I. R. governo, la città di Brescia, ad ammonizione ben anco delle altre città che fussero dello stesso spirito, viene multata della somma di austriache lire 520.000, alla quale dovranno contribuire in ragione del rispettivo scotato d'estimo tanto i proprietari di una o più case in Brescia coll'aggiunta della cifra d'estimo della possidenza che potessero avere in provincia, quanto coloro che avendo soltanto regolare domicilio in questa città di Brescia possedessero beni immobili nel territorio bresciano.

La quota parte dei singoli contribuenti dovrà essere versata pel giorno 21 del prossimo venturo febbraio al più tardi nella cassa dell'esattore comunale di Brescia sotto la comminatoria ai morosi dell'immediata esecuzione forzosa.

L'I. R. Delegazione provinciale resta incaricata della pronta e puntuale esecuzione del presente proclama.

Brescia, 4 gennaio 1849

Il comandante l'I. R. Corpo d'armata

I. R. ten. Maresciallo Haynau

 

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NOTIFICAZIONE

 

Egli è un fatto comprovato dalle investigazoni praticate che la recente diserzione, la quale va sempre più estendendosi, dei già disertori del reggimento conte Haugwitz, rientrati in seguito al perdono generale, è indotta principalmente dalle insinuazioni dei loro parenti ed amici, i quali, dal canto loro, sono a ciò eccitati da malevoli ed ingannevoli dicerie di ogni maniera, che loro danno ad intendere i male intenzionati: ed è pur cosa di fatto che cotali disertori si trattengono nel circondario dei comuni, e che anzi vengono da questi sussidiati.

Allo scopo di porre possibilmente un argine a questo procedere ostile, il quale, nella maggior parte dei casi, non può dai comuni ignorarsi, si fa noto colla presente, che quel comune nel cui territorio trovasi il disertore, qualora non avesse a consegnare il medesimo entro il termine che gli verrà fissato, dovrà pagare la multa di austriache lire 500.

Nelle stesse pene incorrerà pure quel comune in cui venga colto il disertore in qualsiasi altro modo, e questi deponga d'essersi trattenuto in esso comune senza essere stato dal medesimo notificato e consegnato.

La famiglia di un tal disertore dovrà inoltre fornire al detto reggimento un individuo idoneo preso dal seno della medesima, e quando questo non vi fosse, dovrà provvedere il comune per la presentazione di un altro soggetto, da prendersi dal comune stesso, il quale rimarrà presso il reggimento qual supplente del disertore sino a che quest'ultimo sarà ricondotto ad esso reggimento. Qualora il disertore avesse esportate in questa rinnovata di lui evasione effetti di montura ovvero d'armatura, il comune rispettivo dovrà pure presentarne l'indennizzo giusta l'ordine che al medesimo sarà per pervenire.

Quel comune, il quale, cinque giorni dopo che gli sarà stata partecipata la relativa condanna, che non avrà versata la multa che si sarà tirata addosso nella maniera suindicata, ovvero il rimborso presso il commissario distrettuale, cui appartiene per l'ulteriore trasmissione all'imperiale regio comando del terzo corpo d'armata, sarà punito col doppio importo della multa stessa, e verrà inoltre colà spedito un corrispondente distaccamento di truppa per l'esecuzione, il quale vi si tratterà a spese del comune, e con l'aggiunta di una lira austriaca al giorno fino a che la somma di detta multa sarà soddisfatta.

Per quei comuni poi, i quali, persistendo nella resistenza, daranno a conoscere con ciò la continua loro disposizione ostile, verrà proceduto contro di loro ad altre più severe misure militari.

La presente notificazione dovrà esser letta in ciascun comune dal parroco al pubblico raccolto nella chiesa, per tre giorni, fra i quali dovrà cadere una domenica, e dovrà inoltre essere affissa al locale del comune e partecipata dalla deputazione comunale a quella famiglia in ispecie alla quale appartiene l'uno o l'altro dei disertori.

Brescia, 15 gennaio 1849.

Haynau.

 

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NOTIFICAZIONE

 

Essendo avvenuti ripetutamente nell'intervallo di questi ultimi quattro giorni gravi eccessi a perturbare la quiete, quali sarebbero uno sparo d'arma carica a palla stato diretto il 15 corrente contro la quasi caserma in casa Cazzago, ed una sassata lanciata da una casa il giorno 18 pure corrente contro una pattuglia, nella quale occasione si ebbe perfino l'ardire di insultare e scagliar sassi non solo contro i singoli soldati tranquilli, che passavano a caso, ma ben anche contro le pattuglie mandate a ristabilir l'ordine e la quiete, così allo scopo di mantenere sì l'uno che l'altra, trovo di ordinare quanto segue:

Sono severamente proibite le adunanze di ragazzi e giovinetti adulti, che hanno luogo, a quel che sembra, non senza scopo, sui bastioni, i quali ragazzi, mediante giuochi clamorosi, attirano numerosi spettatori, gran parte dei quali si compone di persone che approfittano di quest'occasione per provocare in modo petulante il militare. Qualora in onta a tal divieto avesse a rinnovarsi un cosiffatto scandalo saranno sottoposti al meritato castigo non solo i ragazzi che verranno arrestati, ma saranno severamente puniti i loro genitori, ed in mancanza di questi i parenti, ovvero le persone incaricate della sorveglianza dei medesimi, correndo loro obbligo di curare che simili fanciulli oziosi non vengano sedotti a cattivi fini.

All'intento però di meglio ovviare in avvenire simili perturbazioni della quiete, introdotte a disegno, costituisco in pari tempo solidariamente responsabile quel circondario della città, in cui avesse a verificarsi un inconveniente di tale natura, ed impartisco parimente l'ordine che all'evenienza di simili casi venga immediatamente colà acquartierata per l'ulteriore mantenimento dell'ordine una divisione, ovvero a norma delle circostanze un intiero battaglione, per le cui competenze di tappa durante tutto il tempo di questa occupazione militare dovrà provvedere il corrispettivo circondario, il quale dovrà pagare inoltre una multa di austriache lire 5000. Ciascuna casa, dalla quale venisse gettato un sasso, qualora non venga consegnato il colpevole, dovrà essere sgombrata intieramente entro 24 ore, e sarà ridotta a caserma a spese del circondario della città, e come tale subito occupata dal militare, ovvero rivolta ad altro uso.

Si ricorda da ultimo, che il gettar sassi contro le pattuglie porta con , secondo la legge marziale, la stessa pena della resistenza a mano armata.

Nel caso che queste sassate partano da un assembramento di persone, le pattuglie hanno ordine di rispondere a cotali attacchi con una scarica a palla.

Le vittime colpevoli od innocenti, che in conseguenza di ciò rimanessero colpite, dovranno ascriversi a sola colpa degli autori di un tale conflitto.

Brescia, i febbraio 1849.

L'I. R. comandante del Corpo d'armata.

Tenente maresciallo Appel.

 

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14-24

 

I. R. INTENDENZA PROVINCIALE DI FINANZA

 

Brescia, 6 marzo 1849.

Con sommo mio dispiacere mi viene oggi partecipato da S. E. il tenente maresciallo barone di Appel, comandante il terzo corpo d'armata, che alcuni degli impiegati di Finanza si permettono di indossare distintivi anti-politici tendenti a dimostrazioni contro l'attuale ordine di cose, come sarebbero abiti di velluto, stivali rossi e cappelli così detto alla Calabrese, all'Ernani, alla Profuga ecc., ecc.

Non potendosi tollerare, massime nei pubblici impiegati, i quali anzi dovrebbero servire di buon esempio agli altri abitanti, il rimarcato abuso, siccome scandaloso ed ostile all'attuale governo, così d'ordine della prelodata S. E. diffida tutti i signori impiegati a smettere in giornata i suddetti distintivi, perchè in caso contrario dovranno a stessi imputare le severe misure delle leggi militari da cui sarebbero impreteribilmente colpiti i renitenti, contro le quali non varrebbe al certo l'opera mia in loro favore.

E perchè nessuno degli impiegati da me dipendenti abbia ad allegare ignoranza di queste determinazioni, i signori capi d'uffizio trarranno copia della presente sulla quale dovranno essere riportate le firme di tutti gli impiegati addetti all'ufficio rispettivo, e me la rassegneranno in giornata e prima della scadenza dell'ora d'ufficio.

I dirigenti poi dell'ufficio medesimo saranno ritenuti responsabili dell'inesecuzione della stessa.

Pagani

 

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MUNICIPIO DI BRESCIA.

 

AVVISO

 

Una rappresentanza di cittadini per la difesa della patria ha nominato un Comitato apposito, composto dei seguenti:

Ingegnere professore Luigi Contratti,

Dottore Carlo Cassola.

«Cittadini, il vostro amore per la patria è conosciuto, ed ora è il tempo di darne una luminosa prova; avvicinatevi al Comitato, che fissa la sua residenza nel locale del Teatro, ed attendete da lui direzione ed ordine.

Brescia, 24 marzo 1849.

Per il dirigente Sangervasio

 

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IL COMITATO DI PUBBLICA DIFESA.

 

Elegge e nomina in via d'urgenza le seguenti Commissioni:

Per l'organizzazione della Guardia nazionale, con incarico di sorvegliare l'esatto adempimento del servizio e la distribuzione delle relative paghe:

I signori ingegnere Domenico Buizza,

Dottor Pietro Buffali,

Ingegnere Camillo De-Dominici,

Dottore Carlo Tibaldi;

Per l'acquisto delle armi e munizioni:

I signori Vincenzo Grassi,

Serafino Volponi,

Giovanni Micheloni,

Zaccaria Premoli;

Per la distribuzione delle armi e munizioni:

I signori ingegnere Pietro Pedarali,

Ragioniere Alessandro Usardi.

Le summentovate Commissioni avranno residenza nel locale del Teatro.

Dall'Ufficio, 24 marzo 1849.

I membri del Comitato

ContrattiCassola.

 

 

 

IL COMITATO DI PUBBLICA DIFESA.

 

Brescia, 29 marzo 1849.

I sottoscritti, stati eletti per provvedere alla difesa della patria, nell'accettaregrave incarico confidano che i cittadini i quali diedero già tante belle dimostrazioni di amor patrio vorranno concorrere con tutta l'energia di cui sono capaci, a sostegno di una così santa causa.

Frattanto si invitano tutti coloro che possiedono uno schioppo e che non fossero ancora organizzati in pattuglie, a presentarsi oggi alle ore dieci antimeridiane alla caserma nel Teatro, ove si dirigeranno alla Commissione già nominata per l'organizzazione e pagamento della Guardia nazionale, avvertiti che a coloro che traessero i mezzi di sussistenza dal giornaliero lavoro verrà corrisposta la mercede di lire 1,50.

 

Cittadini!

 

Nessun privato interesse, nessun timore vi trattenga dall'accorrere alla chiamata, e considerate quale infamia piomberebbe su quelli che non si prestassero in momenti tanto decisivi per la salute della patria.

Unione - Costanza - Coraggio.

CassolaContratti

 

 

MUNICIPALITÀ DI BRESCIA

AVVISO.

 

La rappresentanza Municipale di questa città trovasi necessitata a dover provvedere ai mezzi di pubblica sicurezza e difesa, la quale venne ieri affidata ad un Comitato composto dei signori ingegnere Luigi Contratti e dottore Carlo Cassola.

Trattasi di confermare nel Comitato medesimo ogni relativo potere di somministrare i mezzi ad agire nell'importantissimo ed urgente mandato.

Il rappresentante Municipale a questa scopo, e per essere appoggiato al voto della popolazione, invita tutti i possidenti e censiti, negozianti ed esercenti arti liberali della città, e quelli ancora della provincia che si trovassero, a recarsi oggi alle ore quattro pomeridiane nel palazzo Municipale della Loggia per deliberare sopra così importante oggetto.

Brescia, dal Civico Palazzo, il 25 marzo 1849.

Per il dirigente Sangervasio.

 

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COMITATO DI PUBBLICA DIFESA.

CIRCOLARE.

Ai reverendi Parrochi

della città e campagna della provincia di Brescia.

 

Sacerdoti! A voi, che tanta influenza, pel sacro vostro ministero, avete sulla popolazione, è giunto il momento dell'opera vostra.

Il sole della nostra indipendenza aveva già rischiarato il nostro bel paese l'anno scorso, e poscia offuscatosi, ora comincia a mostrarsi più bello, ed a lasciarne scorgere speranze, e speranze fondate di libertà ed indipendenza dello straniero.

Ma non basta l'affidarsi all'esito di una battaglia fra le due armate, che delle notizie avute è a noi favorevole; è necessario che anche la popolazione lombardo-veneta dia mano contro il comune nemico, contro lo straniero, e mostrandosi e lui imponente ed infesta, agisca sul morale di truppe preste alla diserzione, e poco vogliose al combattere, come le italiane e le ungheresi, e sia al nemico di danno, o col scemarlo di numero, o col rendergli difficile il provvigionarsi, e le operazioni militari nel caso specialmente di una ritirata ai loro nidi.

Brescia e Bergamo hanno di già dimostrato di essere comprese di queste massime, hanno di già inalberata la bandiera della rivoluzione, e dimostrato all'austriaco cha non aspettavamo che il segnale per armarsi e difendere col loro sangue e colla loro vita quanto si ha di più caro dopo Dio; la nostra patria.

Ora a voi si indirizza questo Comitato di pubblica difesa, a voi, ministri di un Dio giusto, onnipotente e che vuole mantenuti agli uomini i diritti che a lui concesse col dare un'anima, un pensiero libero, una patria, affinchè col vostro carattere sacro alla popolazione abbiate a secondare lo spirito d'indipendenza che così bene si ebbe già a manifestare in questa città ed in alcuni paesi. solo è Ufficio il secondare, ma se siete veri patrioti dovete eccitare la popolazione, far conoscere ad essa il debito verso la patria. Ma i giovani specialmente accorrino alla caserma ed alla città, che quivi sarà loro dato un fucile, un'arma, onde con essa dar prova del loro amor patrio; pronti i cittadini a dividere seco loro il pane ed i pericoli.

Sì, voi dovete parlare, voi dovete col crocifisso in mano gridare l'allarmi, voi dovete far conoscere colle vostre influentissime parole come si deve amare la patria, e quanto deve farsi per essa contro lo straniero.

Se compirete quest'ufficio, Dio nella sua giustizia vi benedirà, la patria ve ne sarà grata, la storia, parlerà di voi, la vostra coscienza ed il vostro cuore saranno tranquilli. Guai a voi se non lo compirete, guai per la vostra coscienza e per la esecrazione dei vostri concittadini e congiunti.

Brescia, 25 marzo 185918.

I membri del Comitato

Contratti - Cassola.

 

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COMITATO DI PUBBLICA DIFESA.

 

Brescia, il 26 marzo 1849.

Questo Comitato avrebbe intenzione di formare una guardia di arditissimi bersaglieri, ai quali verrebbero affidate importantissime operazioni di difesa ed offesa.

Si invitano pertanto tutti coloro che avessero il coraggio e l'attitudine per appartenere a questo corpo distinto a presentarsi nella caserma del Teatro alle dodici meridiane d'oggi, ove verranno debitamente organizzati e si assegneranno loro le relative incombenze.

 

Giovani Bresciani!

 

L'ora è scoccata in cui potrete mostrare all'Italia che il nome di prodi che avete ereditato dai vostri maggiori sapete conservarlo immacolato, e farete conoscere all'ostinato nemico quali cuori questo sole arista riscaldi.

Unione - Costanza - Ardire.

Cassola - Contratti.

 

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IL COMITATO DI PUBBLICA DIFESA.

 

AL POPOLO BRESCIANO.

 

Brescia, 28 marzo 1849.

Il 27 marzo di Brescia sarà trasmesso ai posteri del paro coi più gloriosi giorni che rifulsero a Milano e Palermo durante la lotta per l'indipendenza italiana.

Nel precedente giorno 26 un'armata nemica presentavasi nelle vicinanze della città. Alla Commissione di tre distinti cittadini, speditagli contro a Sant'Eufemia per conoscere quali fossero le sue intenzioni, imperiosamente rispondeva che gli si dovevano aprire le porte e consegnare i prigionieri di guerra.

Il Comitato di difesa allora, dopo aver consultato il voto del popolo, rescriveva quanto segue:

 

Al comandante le armate austriache

nelle vicinanze di Brescia.

 

Abbiamo comunicato ai cittadini la vostra risposta, ed il popolo in massa ha respinto con indignazione le vostre proposte, proclamando che si deve vincere o morire, e che la città è pronta a resistere finchè sia ridotta in cenere. Nulla noi aggiungiamo alla potente voce del popolo, e ci siamo perciò determinati di sostenere con tutti i mezzi che abbiamo in nostro potere qualunque assalto.

Signore! Non confidate troppo nelle vostre forze; perchè la massa popolare di una città agguerrita non si vince che con un imponente esercito. Pensate che le vostre truppe saranno massacrate sotto le mura di questa città, e quindi quale responsabilità attirerete sul vostro capo con un progetto disperato.

Pensate inoltre che al principiare delle ostilità contro Brescia tutti i prigionieri e gli ammalati che abbiamo in nostro potere sarebbero massacrati dal furor popolare.

Il Comitato di pubblica difesa

Cassola - Contratti

 

Ieri giorno il comandante nemico minaccioso si presentava davanti alla città, ed il popolo bresciano, fermo nelle sua promesse, avrebbe senza dubbio effettuato lo sterminio delle sue truppe, se prudentemente non le avesse salvate colla ritirata.

Cassola - Contratti.

 

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COMITATO DI PUBBLICA DIFESA.

 

Brescia, 26 marzo 1849.

 

LA PATRIA È IN PERICOLO.

 

Ora è il momento, o Bresciani, di agire e di far conoscere che le vostre promesse non furono millanterie. Gli armati accorrino davanti al Teatro per ricevere le destinazioni. Chi non ha armi, le donne, i vecchi, i ragazzi, si adoprino a costruire barricate alle porte della città. Uniamo le forze, e difendiamoci. Non si tratta che di duemila uomini con due pezzi d'artiglieria, quasi tutti italiani. All'armi, all'armi.

UnioneCostanza - Ordine.

Cassola - Contratti.

 

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COMITATO DI PUBBLICA DIFESA.

 

Brescia, 26 marzo 1849

 

Allo scopo che i cittadini abbiano cognizione degli eventi della guerra, si pubblica il seguente bollettino piemontese, or ora pervenuto.

 

Bollettino piemontese.

 

Il nemico ebbe l'audacia d'inoltrarsi sul nostro suolo; battuto da tutte le parti, tenta inutilmente ritirarsi al corpo.

La nostra vittoria è di diecimila tra morti e feriti, e quattromila prigionieri.

Un corpo di quindicimila uomini è separato dal maggior corpo austriaco, e tenta invano di riunirsi.

Dal Campo.

Chrzanowski.

 

Cittadini!

 

A fronte di tali vittorie riportate dai nostri prodi, vorrete voi gettare incancellabile macchia d'infamia sulla nostra città col cedere in faccia ad un piccolo distaccamento, che certe notizie dicono minore di duemila uomini? Quando i generosi figli di Brescia che combattono per noi in Piemonte ritorneranno in patria a raccontare le loro prodezze, come potrete nascondere la vostra viltà se mostraste loro delle catene? Il Comitato di difesa ha deciso di vincere o morire. Lo abbandonerete voi? Ah no! Brescia non smentirà il suo nome di città eroica.

All'armi adunque, alle barricate.

Ordine - Costanza - Ardire.

CassolaContratti

 

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COMITATO DI PUBBLICA DIFESA.

 

Brescia, 26 marzo 1849.

Popolo bresciano,

Pare che il nemico non abbia avuto il coraggio di affrontarci durante il giorno per non far conoscere la sua debolezza. Forse potrebbe tentare un assalto nella vegnente notte, nella lusinga che, spiegando all'improvviso un vivo fuoco dall'esterno della città di concerto col bombardamento da parte del castello, fra le tenebre della notte, possiate essere atterriti ed abbandoniate la difesa. Quanto s'inganni però ce lo comprova l'entusiasmo che scorgiamo in tutti i cittadini pronti a vincere o morire. Voi siete già a prova di bomba, perchè finora il bombardamento non eccitò che allegria ai cittadini. I nemici esterni non oltrepassano i seicento.

Interpreti perciò del voto universale, li sfidiamo a qualunque ora. Poco importa che la nostra vittoria sia rischiarata dal sole o dall'illuminazione della città.

Comprenderanno pertanto i cittadini che necessita che a tutte le finestre verso strada sieno esposti i lumi.

In questo momento ci è giunto un proclama del generale insurrezionale Camozzi, il quale annuncia che la città di Bergamo ha di già ottenuta vittoria del presidio nemico. Domani sarà qui in nostro sussidio. I Bergamaschi usarono di ogni mezzo di difesa; sassi, tegole ed altri effetti venivano scagliati dalle finestre e dai tetti. Sarete voi meno di loro? No, per Dio! Brescia sceglierebbe la tomba in confronto del disonore. Secondate pertanto gli sforzi del Comitato, e la città sarà salva.

Unione - Costanza - Ardire.

Cassola - Contratti

 

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MUNICIPALITÀ DI BRESCIA.

 

AVVISO.

 

Seduta del Consiglio comunale

del giorno 27 marzo 1849, ore 10 antimeridiane.

 

La suprema necessità di conservare la sicurezza delle persone e delle sostanze di questa città dopo chè le autorità superiori hanno abbandonato l'esercizio delle loro attribuzioni, lasciandola sprovveduta, in onta alle fatte istanze d'ogni guarnigione, difesa e tutela, ha indotto il sig. dottor Girolamo Sangervasio col concorso di un'eletta di cittadini convocati a tale scopo a domandare parte dei poteri e lui conferiti dall'avv. Saleri ad un Comitato composto dei signori Luigi Contratti e Carlo Cassola affinchè provvedessero alla difesa della patria nell'urgenza delle circostanze. I sopravvenuti avvenimenti, i bombardamenti tre volte ripresi sulla città e la vicinanza di un corpo di milizia imperiale hanno suscitata nel popolo la massima esacerbazione, ma l'indole generosa della popolazione ci ha salvati fin qui dalle estremità della guerra conservando incolumi gli stessi ammalati militari lasciati alla sua protezione. Continuando però il pericolo, ed il governo della cosa pubblica trovandosi tuttavia concentrato nel solo Municipio, e l'unica forza del popolo armato, l'adunanza dei consiglieri comunali e di altri cittadini in numero di 38 convocatisi in questo stesso giorno ha deliberato ad unanimità quanto segue, ed ha votato la pubblicazione del seguente

 

PROCESSO VERBALE.

 

Attesa la necessità imperiosa di provvedere straordinariamente alla sicurezza delle persone e delle cose, resta conservato interinalmente nel signor dott. Girolamo Sangervasio ogni potere già conferito al benemerito avvocato Saleri, compresa la facoltà di aggregarsi quelle persone che più credesse opportune con pieno mandato di avvisare al miglior possibile andamento della cosa pubblica, anche costituendo un corpo armato nazionale che come in altra epoca ha meritato l'universale encomio, così anche negli attuali bisogni si presti munito delle armi necessarie tanto lasciate dal militare, quanto provvedute o da provvedersi al di fuori; è approvata ad unanimità ogni misura sin qui attuata dal signor Sangervasio sottentrato alla dirigenza municipale per i poteri trasmessi dal consiglio 22 marzo corrente, oltre a quelli straordinariamente attribuitegli in questo giorno, e nel mentre si votano i ringraziamenti ad esso Sangervasio ed al Comitato di pubblica difesa, si lascia allo stes-so Sangervasio di avvisare al completamento degli uffici dipendenti per tutte le misure ch'egli crederà nel caso così pure alla provvista dei mezzi e relativa esecuzione.

Per estratto conforme

il f. f. del Presidente dei consiglio

Antonio Basiletti.

 

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IL COMITATO DI PUBBLICA DIFESA.

 

Brescia, il 27 marzo 1849

ore sei e mezza pomeridiane.

 

Cittadini!

 

Il vostro nome alla posterità è assicurato. Voi vi difendeste da leoni. Il nemico trovasi nell'avvilimento perché gli imponenti mezzi di guerra coi quali credeva atterrirvi non hanno fatto che accrescere il vostro entusiasmo. Ormai ha consumati tutti i suoi mezzi guerreschi, e quindi non dovete far altro che dar compimento alla vittoria nello stesso modo che l'avete incominciata.

Italia tutta farà plauso a tanta prodezza.

Ordine - Costanza - Unione.

Cassola - Contratti

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COMITATO DI PUBBLICA DIFESA.

 

Brescia, 27 marzo 1849.

Mentre l'entusiasmo patriotico predomina la mente ed il cuore di questa generosa popolazione, pur troppo alcuni vermi malnati, calpestando ogni dovere sociale, osano in questi momenti sacri alla patria commettere il più abbominevole fra i delitti, quello cioè di violenza alle persone allo scopo di impadronirsi delle sostanze. Se pertanto da una parte il Comitato di difesa va superbo di trovarsi in circostanze da prestarsi alla salvezza di sì eroica popolazione, conosce, dall'altra, gli obblighi che si trovano inerenti al suo difficile incarico; e perciò, mentre fa plauso alla massa dei cittadini che fanno onore alla loro patria con azioni generose, ha determinato di adottare le misure più rigorose contro questi esseri indegni del nome bresciano.

 

SI DECRETA QUINDI:

 

Tutti quelli che verranno colti in flagrante delitto di rapina saranno assoggettati ad una Commissione di giudizio statario e condannati alla pena di morte colla fucilazione.

Allo stesso giudizio ed alla stessa pena verranno assoggettati anche coloro a carico dei quali sarà provato lo spionaggio a favore del nemico.

Tale Commissione di giudizio statario viene composta dei seguenti cittadini:

Contratti Luigi

Cassola Carlo.

Prestini Giambattista.

I buoni cittadini faranno eco senza dubbio a questa misura straordinaria di giustizia, e la loro approvazione basta ai sottoscritti.

Cassola - Contratti

 

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COMITATO DI PUBBLICA DIFESA.

 

Brescia, 28 marzo 1849

AVVISO.

Attesa la rinuncia del cittadino Prestini Giambattista al posto assegnatogli nella Commissione di giudizio statario, nominata con decreto a stampa di ieri giorno, gli si sostituisce il cittadino Ulisse Marinoni, e perciò tale Commissione viene composta dei seguenti cittadini;

Contratti Luigi.

Cassola Carlo.

Marinoni Ulisse.

I membri dei Comitato

Cassola - Contratti.

 

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CITTADINI!

Chiamato dalla confidenza vostra in questi gravissimi tempi alla direzione della cosa pubblica, io non potei soffermarmi a considerare quanto le mie forze fossero insufficienti a tanto peso; amore pel mio paese e i vostri incoraggiamenti mi spinsero a continuare nel cammino; volontà ferma, intenzione pura, piena fiducia in voi, ecco ciò che importa al grande lavoro, cui tutti ora ci stiamo travagliando. L'affetto e la persuasione che mi avete dimostrato sono già largo compenso alle mie fatiche. Uniti nell'impresa il pericolo non saprà disgiungerci mai. Le angoscie della patria cesseranno fra breve, io ne sono certo, perché voi, i quali sapeste già eroicamente difenderla, siete degni di possederla libera e gloriosa.

Brescia, 28 marzo 1849.

Il dirigente interinale del Municipio.

Sangervasio.

 

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LA DIRIGENZA DEL MUNICIPIO DI BRESCIA.

 

DECRETA

 

Tutti i venditori di commestibili di prima necessità, come pure le farmacie, droghierie ed i caffè dovranno secondo l'uso restare aperte onde prestarsi immediatamente al pubblico bisogno. Quelli che non eseguiranno tale ingiunzione saranno multati ed anche puniti a norma delle circostanze.

Brescia, 28 marzo 1849.

Il dirigenteSangervasio.

 

 

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LA DIRIGENZA DEL MUNICIPIO

 

DECRETA

 

Tutte le case della città devono essere illuminate per tutta la notte fino a nuovo avviso. E siccome tale misura voluta imperiosamente dalle circostanze non è stata in parte eseguita malgrado le ordinanze del Comitato di difesa, così ogni proprietario ed inquilino si ritiene solidariamente obbligato a tale ingiunzione, ed alle pene o multe pecuniarie che saranno applicate in caso di mancanza.

Brescia, 8 marzo 1849.

Il dirigente - Sangervasio

 

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COMITATO DI PUBBLICA DIFESA.

 

Brescia, 28 marzo 1849,

 

LE BARRICATE.

 

Questa felice istituzione dei popoli per fiaccare la potenza di forze materiali, diabolicamente congegnate a ruina della società, deve essere non solo conservata, ma migliorata.

Frattanto pensiamo noi a trar profitto degli importanti vantaggi di tale istituzione.

Le guardie nazionali si lagnano ed a ragione, al vedere tanti individui colle mani in mano, e che non hanno altra scopo se non quello di appagare la propria curiosità, raccogliendo notizie, mentre ad esse tocca vegliare giorno e notte per la causa comune. Nessuna scusa che valga possono addurre i neghittosi in questi momenti d'azione. Chi non ha armi può prestare colle braccia importante sussidio; le barricate li aspettano. Chi non ha forza di braccio, avrà una voce per incoraggiare, mani per apprestar cibi ai lavoranti, cuore per offrir loro ricovero ove ne avessero di bisogno.

Tutti i cittadini adunque devono prestare qualche sussidio alla causa, e guai agli inerti.

Cassola - Contratti

 

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COMITATO DI PUBBLICA DIFESA.

 

Per evitare qualunque disordine dell'uso della forza armata, e per moderare l'ardore sfrenato di alcuni che anelano di battere il nemico, lo che può portare delle sinistre conseguenze, si ordina che nessuno possa intraprendere qualsiasi impresa fuori di città, senza avere riportati l'assenso del Comitato di difesa.

Brescia, 29 marzo 1849.

Contratti - Cassola

 

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COMITATO DI PUBBLICA DIFESA.

 

Brescia, 29 marzo 1849.

Non avendo avuto compimento la sistemazione della guardia nazionale colla convocazione seguita nelle parrocchie al mezzogiorno d'oggi, si ordina che tale convocazione dovrà rinnovarsi nel giorno di domani 30 marzo, alle ore dodici del mezzodì.

A tale convocazione dovranno intervenire indistintamente tutti coloro che sono domiciliati in città, sia che abbiano armi proprie od armi avute dal Comitato, e sia che ricevino soldo o che si prestino gratuitamente, non avuto riguardo alle antecedenti iscrizioni. Tutti quelli che si troveranno in servizio nell'ora prefissa, faranno pervenire alla parrocchia i loro nomi colla indicazione della compagnia a cui appartengono.

Nessuno manchi per compire un ordine che tanto deve giovare alla patria.

Contratti - Cassola

 

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COMITATO DI PUBBLICA DIFESA.

 

Brescia, 31 marzo 1849.

Riesce spiacentissimo il vedere quasi tutte le porte delle case chiuse quando la prode Guardia Nazionale di città e di provincia sta respingendo il nemico alle barricate. Come mai ponno esistere esseri dominati da tanto egoismo e privi d'ogni sentimento amorevole verso i suoi simili, da chiuder loro le porte in faccia mentre espongono il loro petto alle palle nemiche per la comune causa dell'indipendenza ed impedire così ad essi un rifugio, nel caso che esuberante forza d'impeto nemico, superata qualche barricata, portasse la guerra nelle contrade? Guai a quel cittadino che, dopo la pubblicazione del presente, non aprisse il portello non solo, ma anche gli usci degli appartamenti onde i nostri prodi possano all'evenienza ripararvisi ed offendere il nemico dalle finestre. Colui sarebbe dichiarato traditore della patria, ed oltre l'esecrazione universale, verrebbe da apposita commissione condannato al pagamento di una gravosa multa.

Si ripromette il Comitato che chi racchiude in petto cuore bresciano non vorrà contravvenire a tale ordine.

Contratti - Cassola.

 

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MUNICIPALITÀ DI BRESCIA.

 

AVVISO.

 

Brescia, 29 marzo 1849.

Il dirigente della municipalità di Brescia in forza dei poteri attribuitigli dall'adunanza del Consiglio comunale e dei cittadini convocati nel 27 febbraio 1849, giusta quanto stato proclamato con avviso municipale:

 

DECRETA

 

Tutti gli ufficii tanto amministrativi, quanto giudiziarii restano pienamente confirmati nelle loro attribuzioni e nello stesso modo con cui sono attualmente costituiti; essi dipendono immediatamente dalla dirigenza del municipio.

Tutti gli impiegati addetti agli ufficii medesimi dovranno prestare il loro servizio.

Il dirigente Sangervasio.

 

 

MUNICIPIO DI BRESCIA.

 

Visto l'urgenza di provvedere a che gli affari giudiziarii non soffrano pregiudizio dalle attuali condizioni politiche locali, interpellato anche il potere giudiziario:

Il dirigente del Municipio in vista delle attribuzioni conferitegli,

 

DECRETA:

 

Resta sospesa la decorrenza di tutti i termini giudiziarii tanto prescritti dal regolamento generale sul processo civile, quanto dal giudice a datare dal giorno 23 marzo fino a nuova disposizione.

Le rate ed altri effetti cambiari scadenti col giorno 30 e 31 marzo corrente restano in proroga fino a tutto il prossimo venturo aprile, e quelle scadenti dal al 10 aprile prossimo venturo restano prorogate pel lasso di 8 giorni, salvo le successive disposizioni che saranno del caso.

Dal civico Palazzo, 26 marzo 1849.

Il dirigente Sangervasio,

 

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CITTADINI!

 

Il Comitato di pubblica difesa, intento al bene dei poveri di questa città, essendo in questi momenti interrotti i mezzi di sussistenza, ha emesso dei Boni che vennero consegnati ai parrochi e curati delle singole parrocchie, i quali conosciuti i più e i meno bisognosi dispenseranno a questi i detti Boni, che i fornai hanno l'ordine di estinguere.

Brescia, 29 marzo 1849.

CASSOLA - CONTRATTI.

 

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IL COMITATO DI PUBBLICA DIFESA.

 

Brescia, 29 marzo 1849

Per meglio facilitare la difesa della patria si ordina: Chi venderà fucili ricevuti dal Comitato sarà arrestato, e secondo le circostanze aggravanti potrà anche venir fucilato. Chi compra tali fucili sarà arrestato e condannato alla multa di lire 100 per ogni fucile. Chi ha arme da fuoco senza farne il debito uso a pro della patria, sarà arrestato e le armi saranno confiscate e subirà altresì una multa da determinarsi. Chi non sa usare le armi da fuoco dovrà consegnarle al Comitato di difesa per la distribuzione, salva la restituzione a suo tempo, altrimenti sarà arrestato e multato.

Contratti - Cassola.

 

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IL COMITATO DI PUBBLICA DIFESA.

 

Brescia, 28 marzo 1849.

Dietro proposta di molte guardie nazionali si ordina ai principali alberghi e caffè di questa città di lasciar aperte le botteghe durante la notte, così in caso di attacco del nemico si proibisce che si chiudano le botteghe e le porte delle case, delle quali ultime si dovrà almeno lasciar aperto il portello. Non si pone dubbio che questi ordini saranno puntualmente eseguiti.

Cassola - Contratti

 

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IL COMITATO DI PUBBLICA DIFESA.

 

Brescia, 29 marzo 1849.

S'invitano tutti i cittadini a portarsi colle proprie armi alla rispettiva parrocchia per eleggersi un capo. Ogni parrocchia avrà un capitano il quale dividerà sotto di i soldati in tante compagnie di 30 uomini per ciascheduna con un capo.

 

Bresciani!

 

Voi che fino ad ora deste tante luminose prove di buon volere, voi sarete per approvare questa deliberazione, e quindi vi stabiliamo per tale riunione l'ora di mezzogiorno.

Viva l'Italia! Viva l'Indipendenza!

CassolaContratti.

 

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IL COMITATO DI PUBBLICA DIFESA.

 

Brescia, 28 marzo 1849.

 

Il Comitato di pubblica difesa conoscendo che alcuni dell'armata austriaca disertano e girano senza nome, ha deliberato che tutti quei disertori che si presenteranno allo stesso Comitato con fucile saranno premiati colla somma di correnti lire 50. e saranno altresì protetti e giornalmente sussidiati colla paga di lire 1 50.

Contratti - Cassola.

 

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CASTELLO DI BRESCIA.

 

Li 31 marzo 1849, ore 9 antimeridiane.

Notifico alla Congregazione municipale ch'io alla testa delle mie truppe mi trovo qui per intimare alla città di rendersi tosto e senza condizione. Se ciò non succederà sino oggi a mezzogiorno, se tutte le barricate non sono intieramente levate, la città sarà presa d'assalto e saccheggiata, e lasciata in balìa a tutti gli orrori della devastazione. Tutte le uscite della città verranno occupate dalle mie truppe, ed una resistenza prolungata trarrà seco la certa rovina della città.

Bresciani! voi mi conoscete, io mantengo la mia parola.

Il comandante delle truppe

stanziate all'intorno alla città di Brescia

il tenente maresciallo

Haynau.

 

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ORDINE DEL GIORNO.

 

Italiani, sì Piemontesi che Lombardi, voi siete valorosi e degni figli d'Italia.....! Voi vedeste il nemico ed egli fu vinto, ora ritornerete colle vostre stesse mani a piantare il vessillo tricolore sull'Adige, lo vedrete, ve lo assicuro, sventolare sulle rive dell'Isonzo.

CHZARNOWSKY.

 

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BOLLETTINO.

Il giorno 25 Radetzky proponeva un armistizio che fu rigettato dal valente Chzarnowsky. Il giorno 25 due divisioni, 24,000 uomini, avanzavansi baldanzosamente sul ponte della Sesia inseguendo piccol corpo di piemontesi in finta ritirata. Appena da una di queste divisioni fu passato il ponte già minato, questo balzò, dividendo così l'armata austriaca. Le divisioni ora trovansi al cospetto di 40,000 uomini comparsi quasi per incanto: s'impone la resa. La divisione rifiuta, e le nostre artiglierie fulminano da ogni lato. I nostri soldati assalgono il nemico di fianco alla baionetta. I Tedeschi si avvoltolano nella polve lasciando nude le fila. Radetzky vedendo irreparabile una sconfitta, innalza bandiera bianca intanto che la predetta divisione deponeva le armi. Dopo breve ma franco parlamento fu conchiuso l'armistizio in questi termini:

Radetzky sgombrerà subito il Lombardo col restante dell'armata ritirandosi Veronetta oltre l'Adige.

Il Lombardo verrà immediatamente occupato dalle truppe sarde.

Restituzione di tutti i prigionieri Piemontesi e Lombardi.

Detenzione dei prigionieri Tedeschi in Piemonte.

Rispetto alle vite ed alle proprietà d'ogni provincia lombarda.

Sull'Adige nuovi trattati riguardo al Veneto.

 

Cittadini!

 

A tali notizie non occorre far comenti per destare entusiasmo. Rispettiamo i patti del grande Chzarnowsky e quindi tregua coi nostri nemici. Se però fossimo assaliti, imitate i nostri fratelli che si trovano in Piemonte.

Firmati - CASSOLA - CONTRATTI.

ESTRATTO DEL RAPPORTO

 

DEL FELD MARESCIALLO HAYNAU

 

sulla presa di Brescia comunicata a Radetzky.

 

«Non dubitando che a V. E. saranno noti gli avvenimenti in ed all'intorno di Brescia fino al 30 marzo a. c. comunicati col mezzo dell'I. R. comando militare L. V. mi affretto ad umiliare a V. E. la relazione dell'attacco e sottomissione di questa ribelle città intrapreso nel giorno 31 marzo e 1 aprile.

Fino al 30 marzo la brigata del generale Nugent si era accontentata di minacciare la città dalla sola parte del borgo di sant'Eufemia, e non aveva potuto fino allora mettersi in comunicazione col castello.

Quando nella notte dal 29 al 30 mi pervenne la notizia che la ribellione in Brescia prendeva maggiormente vigore, nel giorno 30 mi portai da Padova a Verona fino sant'Eufemia, presi tutte le disposizioni per spedire alcuni corpi di truppe, come anche pel rinforzo della guarnigione a Verona, ed ordinai che sul giorno 31 in unione alla brigata Nugent concentrata a sant'Eufemia si dovesse compiere il blocco della città ed operare l'assalto sopra le cinque porte ad un tempo.

La detta brigata consisteva nel 1. battaglione di Confinali Rumeni del Banato, 2. battaglione del reggimento arciduca Baden, due divisioni del Ceccopieri, uno squadrone di cavalleggieri Lichtenstein, e quattro pezzi di cannone: dassi in tutto 2300 uomini e 50 cavalli.

Ad onta di così piccol forza di truppa io non dubitava dell'esito, si poteva ritardare più oltre l'attacco poichè gl'insorgenti ricevevano dai colli continui rinforzi. Nel giorno 31 in sull'aurora venne operata la circuizione col mezzo di cinque colonne in modo che erano occupate le cinque strade che conducono alla città, e minacciate le cinque porte.

Io condussi meco il primo battaglione del Baden attraverso al declivio dei colli, facendolo entrare in castello per la porta esterna. Tutte le indicate colonne dovettero mettersi alle rispettive posizioni lottando cogli insorgenti in modo che ebbimo un morto e quattordici feriti. Sebbene una dirotta pioggia rendesse difficile l'operazione, venne d'altra parte favorita dalla nebbia. Verso il mezzogiorno era compiuto il blocco della città nella quale dominava il popolo e la perfetta anarchia.

Io feci conoscere alla città che mi trovava in castello, e che con apposita notificazione le intimava la resa.

Alle 11 ore comparve una deputazione della città, la quale facendo conoscere l'impotenza dell'autorità municipale e della parte ben intenzionata dei cittadini a dominare la ribellione, tenne contemporaneamente un linguaggio che provava come i ribelli non volessero in alcun modo conoscere il loro delitto: anzi versassero nella pazza idea di trovarsi sopra un terreno legale difendendo la città contro le truppe imperiali poichè erano incominciate le ostilità tra il Piemonte e l'Austria.

La deputazione chiese una dilazione fino alle 2 ore dopo mezzogiorno, essendo quel tempo assolutamente indispensabile per muovere gl'insorgenti a deporre le armi. Concessi la dilazione sempre sperando che i ribelli rinunciassero al pazzo proposito della difesa.

In luogo della risposta alle due ore pomeridiane venne suonato a stormo con tutte le campane della città, e si diresse sopra il castello un fuoco non interrotto dalle fila delle case che circondano il castello, dalle torri e dai tetti.

Io temporeggiai volontariamente il termine fino a 4 ore dopo il mezzogiorno, ma vedendo che la ribellione si faceva più forte, feci aprire il fuoco dal castello sulla città, ed incominciai l'assalto sopra tutti i punti.

Siccome io non aveva che 4 pezzi di cannone alla porta Torrelunga, e tutte le entrate fortemente barricate, non si potè a prima giunta penetrare che per questa porta.

L'attacco di essa venne facilitato da una divisione di riconvalescenti che io feci partire dal castello sotto la direzione del tenente Imeresk, prendendo la via dei Bastioni, disperdendoli in modo di operare di fianco sulla barricata della porta medesima.

Il tenente Imeresk eseguì l'attacco con distinta bravura e gl'insorgenti al primo giungere furono dispersi dalla barricata in modo che la colonna esterna del generale Nugent potè penetrare per questa porta nella città. Contemporaneamente feci uscire dal castello il battaglione Baden ordinando di assalire anche da quel lato la città.

Allora cominciò un combattimento micidiale il quale dagl'insorgerti venne condotto da barricata a barricata, da casa a casa, colla massima ostinazione: io non avrei giammai creduto che una causa così cattiva potesse essere sostenuta con tanta perseveranza. Ad onta di questa disperata resistenza, sebbene l'assalto non si potesse effettuare che in parte e con forti cannoni le nostre brave truppe sotto grave perdita con eroico coraggio occuparono una fila delle prime case; ma siccome tutte le colonne non poterono ad un tempo penetrare nella città, comandai sul far della notte di sospendere ogni progresso nell'assalto e di mantenere soltanto le parti conquistate.

Il combattimento durò sino a notte inoltrata. Al primo aprile sul far del giorno si rinnovò il suono delle campane a stormo ancor più forte che nel giorno prima, e la pugna cominciò dalla parte degli insorgenti con ancor maggior accanimento.

Io feci aprire subito un terribile bombardamento sulla città e ricominciare l'assalto. Attesa la grave perdita che avevamo di già sofferta, l'ostinazione ed il furore del nemico, si dovette procedere alla più rigorosa misura, comandai perciò che non si facessero prigionieri, e fossero immediatamente massacrati tutti coloro che venissero colti coll'arma alla mano; le case da cui venisse sparato, incendiate, e così avvenne che il fuoco già incominciato parte ad opera delle truppe, e parte dal bombardamento si appiccò in parecchi luoghi.

Le nostre truppe fecero a poco a poco progressi, poichè non si poteva avanzare che di posto in posto, essendo la forza disponibile troppo poca per una città così estesa, e colle contrade così strette. A poco a poco mediante assalti di fianco furono prese ed occupate le porte s. Alessandro, s. Nazaro, e finalmente in sulla sera anche la porta s. Giovanni, e in quella misura sgombrata la città dagl'insorgenti che in maggior parte tentarono fuggire per le mura. Essi furono serrati nell'angolo tra s. Giovanni, e porta Pile. A quattro ore dopo mezzogiorno entrava in città un battaglione di confinali del Banato ed una batteria di mortai che io aveva fatto pervenire il primo da Verona, la seconda da Mantova.

Il suddetto battaglione venne tosto impiegato a sollecitare la resa della città, e siccome la resistenza dei ribelli a poco a poco cedeva, così le nostre truppe a 6 ore pomeridiane erano già in possesso della città non solo, ma avevano anche ristabilita la quiete.

La nostra perdita in questo ostinato e micidiale combattimento che durò dalle 4 pomeridiane del 31 marzo fino a cinque ore dopo mezzogiorno del aprile fu considerevole. Non posso per ora spedire un quadro preciso e particolareggiato, però debbo umilmente annunciare che il generale Nugent è stato ferito alla noce del piede in modo che gli si dovette farne l'amputazione; che il colonnello conte Favancourt comandante in sua vece alla testa delle sue truppe ebbe una palla attraverso il petto e morì poco dopo; che il tenente colonnello Milez, dello stesso reggimento Baden, cadde gravemente ferito e dagli insorgenti poscia massacrato, e la sua salma mutilata. In tutto, la perdita dovrebbe ammontare in morti a 5 o 6 ufficiali e 480 uomini, in feriti a 10 o 12 ufficiali, e più che 430 uomini, avrò l'onore di comunicare a suo tempo la precisa distinta di queste perdite. Quella degli insorgenti non si può stimare; però si sono trovati in molti luoghi quantità di cadaveri.

Tutte le truppe, i loro ufficiali alla testa, hanno combattuto con straordinario valore, e il loro contegno merita la più grande riconoscenza.

Se questo lungo ed ostinato combattimento non trascorse senza eccessi in tali circostanze, ciò non si può evitare anche colle truppe meglio disciplinate.

Io mi darò somma cura di ristabilire nella città l'ordine e la legge, e non ritornerò colle mie truppe se non quando l'avrò consegnata al feld-maresciallo barone Appel, il quale deve entrare in Brescia al giorno 2 aprile. Tengo frattanto occupate le porte con forte guarnigione, e non lascio uscire alcuno per ottenere possibilmente l'arresto dei capi della rivolta.

In prova dello spirito che dominava nella città unisco alcuni proclami emanati dall'autorità19.

B. HAYNAU.

 

———

 

PROCLAMA.

 

Partite le Imperiali Regie truppe pel Ticino, la città di Brescia con baldanza insolente si mise in ribellione, usò violenze agli II. RR. Militari qui rimasti, imprigionandoli e maltrattandoli, si armò e ammise entro le sue mura masnade armate della provincia e fece tutti i preparativi ed una difesa ostinata contro l'I. R. Militare.

Invece che il terrore di un bombardamento l'avesse indotta di desistere dal suo procedere insensato e di ritornare al suo dovere, s'organizzò nella città la resistenza sotto la direzione d'un apposito - Comitato di pubblica difesa - e colla diffusione delle notizie le più assurde di sventure sofferte dall'armata imperiale, s'eccitò ad una perseveranza generale e pertinace. Sono accorso per domare la città ribelle e di punirla per la ripetuta sua ribellione verso l'I. R. Governo.

Non ostante la prolungazione di due ore chieste e da me accordata, il termine posto alla città per la sua resa a discrezione, non servì ad altro, che di vieppiù fortificare la difesa della città coll'erigere di nuove barricate, e il termine scorso fu annunziato con un generale suonar a stormo.

Nulla di meno ritenni ancora per alcune ore gli ordini per l'assalto della città, nell'aspettativa che questa desistesse dal suo procedere insensato.

Poichè dopo un breve bombardamento, fatto come avvertimento, non si eseguì ancora la sommissione, la città dopo una resistenza disperata fu presa d'assalto dalle valorose mie truppe.

Eccitati dalla micidiale lotta nelle contrade alla più grande esacerbazione, nulla di meno essi non fecero sentire alla città tutti gli orrori di una presa d'assalto.

 

SI PORTA A GENERALE COGNIZIONE:

 

Quattro ore dopo la pubblicazione di questo Proclama, tutte le armi e munizioni d'ogni sorta devono essere portate al Municipio, e consegnate all'I. R. Militare.

Dove scorso il termine accordato per l'impunita consegna delle armi, si trovassero, praticando visite domiciliarie, delle armi o munizione di qualunque sorta il loro proprietario, o se questo non venisse trovato, il proprietario della casa o il suo agente sarà fucilato.

Tutte le barricate sono tosto da levare, e il selciato deve essere rimesso come era prima, dove questo non succede sino oggi alle cinque ore di sera, e talmente che le traccie non sieno riconoscibili, le case private che vi confinano pagheranno una multa determinata.

Gli II. RR. stemmi sono da ricollocare entro 48 ore in tutti quei luoghi ove furono prima, dove ciò non sarà effettuato, subentrerà una multa corrispondente.

La città e provincia di Brescia pagherà una multa espiatoria di Sei milioni di Lire Austriache, le quali levate secondo lo scudo d'estimo, si verseranno in rate mensili di cinquecento mila lire austriache, cioè la prima rata col primo maggio di quest'anno, la seconda col primo giugno e così avanti sino all'ultima, scadente col primo aprile 1850.

Per quegli II. RR. Militari, che in questa lotta contro gl'insorgenti traditori furono feriti, come anche per gli orfani dei rimasti sul campo, la città di Brescia pagherà Trecento mila lire austriache, pagabili in tre rate eguali, una coll'ultimo aprile, l'altra coll'ultimo maggio e la terza coll'ultimo giugno di quest'anno.

Inoltre tutti i detrimenti sofferti dalle locali Casse militari e pubbliche durante e in causa di questa ribellione, sono da restituirsi e soddisfarsi dietro la precisa evaluazione.

 

 

 




16 Quanto fosse l'orrore destato nell'Europa tutta civile ai fatti dell'Haynau, consumati sì in Italia che in Ungheria, ci basti il citare che, recatosi quel crudo uomo, alcuni anni dopo, a visitare in Londra una officina, gli operai, udito chi egli fosse, gli si avventarono addosso. gli strapparono gl'ispidi baffi; e lo avrebbero freddato alle grida di morte al carnefice di Brescia e di Arad, se non fossero accorsi soldati a salvarlo.



17 Per comprendere quanto i soldati vendessero all'impazzata le loro ladronate, diremo come giungessero perfino a spacciare per una lira austriaca un sacco di riso, e per cinquanta una coppia["copia" nel testo] di buoi.



18 Così nel testo, ma è 1849. Nota per l'edizione elettronica Manuzio



19 Noi non crediamo necessario di entrare nella confutazione delle molte falsità asserite in questo rapporto. I fatti per noi narrati vennero attinti a fonti troppo autorevoli per poterli mettere in dubbio; il mondo sa che fede si possa attribuire ai bollettini austriaci. Noteremo soltanto come l'Haynau non che sperar di vedere i Bresciani rinunciare al loro pazzo proposito di difesa non dicesse verbo di ciò che avrebbe potuto indurveli; che attaccò alle tre e non alle quattro, che lo stato delle forse operanti il 31 non giunge al terzo del vero.






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