Sai tu chi sei, che livido
Per tenebrosi studi,
Nel ferraiuol di
Satana
Le brutte membra
chiudi,
E con lo sguardo
d’aspide
Metti ribrezzo al
sol?
O dalla bella
immagine
Così di Dio scaduto,
Tra i più codardi
spiriti
Che placan l’ire a
Pluto,
Va. Con la bava e
gli aliti
L’aure avvelena e il
suol.
Va. Nella dubbia tenebra
La rea caldaia
accendi.
Gittavi l’erbe,
adunale,
Spremine i sughi
orrendi;
E l’infernal tuo
farmaco
Distilla, o
traditor.
Indi col ghigno e il
facile
Motto e l’ambiguo
riso,
Spruzza le turpi
gocciole
All’innocente in
viso,
Che passeran
dall’intimo
Sangue mortali al
cor.
Giuda! Co’ tuoi
satelliti
Tu al fatal orto
ascendi,
E accenni;
l’incolpabile
Sangue d’un giusto
vendi.
Giuda tre volte!…
Accelera
Via per la selva il
piè;
Cerca tremando un
albero,
Poiché perduta hai
l’alma,
E da quel tronco
spenzoli
La disperata salma,
E la bufera e il
turbine
Fremano intorno a
te.
E i fiori e gli
astri e i placidi
Rivi tramutin tempre
E come trombe
squillino
Per maledirti
sempre,
Giuda, che avesti i
perfidi
Occhi gelati in don,
Non a mirar la
florida
Beltà de’ campi, e
il velo
Ampio de’ mari, e i
liberi
Monti, e l’immenso
cielo;
Ma a tossicar le
vergini
Gioie, che tue non
son.
Giuda! che non a sciogliere
Detti giocondi o
mesti,
Non a cantar di
gloria
La infame lingua
avesti,
Ma tenebrosi e
memori
Menzogne a modular;
Che rechi il piè di
demone
Pel calle obliquo e
muto
Nell’aure sacre a
compiere
Opre, ch’io dir
rifiuto,
Perchè la terra e
l’aere
Non s’abbia a
macular.
Senti! Se pena in carcere
Un ladro, un
omicida,
So che la fame o
l’impeto
Cieco al fallir fu
guida,
E un’indulgente
lacrima
Forse dal cor, mi
vien.
Quando una trista
femmina
Dalle native glebe
Reca l’infamia e
transita
Fra la ghignante
plebe
Che la fa rea del
tenero
Bimbo che chiude in
sen;
Io chino il capo e medito
Che donna ella pur
nacque,
Come colei che in
Magdalo
Troppo fu bella e
piacque;
E pentimento e venia
Spero all’infausto
error.
Qualunque fallo un
gemito
Risveglia nel cor
mio,
Sento il dolor dei
miseri,
Perchè lo impose il
Dio
Che visse in
mansuetudine,
E comandò l’amor.
Ma te ribaldo e livido
Per tenebrosi studi,
Che nel mantel di
Satana
Le brutte membra
chiudi,
E con lo sguardo
d’aspide
Metti ribrezzo al
dì,
Te maledetto
artefice
Di filtri all’aer
cieco,
Te solamente
abbomino,
Te veramente
impreco:
E Dio perdoni al
cantico
Che nel dolor
m’usci.