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Giovanni Prati
Poesie scelte

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  • ALLA SANTITÀ DI PIO IX
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ALLA SANTITÀ DI PIO IX

Guardia dei santi oracoli,

Re del più nobil soglio,

Posto a seder dai secoli

Sull’angolar tuo scoglio,

Del superato inferno

Visibil segno eterno,

Propagator dei Golgota

Per quanti ha lidi il mar;

Uno tra quei che pregano

Nella magion di Dio,

Padre a: tutti i popoli,

Un de’ tuoi figli anch’io,

Pei crismi e per la fede

Giustificato erede,

Poste le man sui codici

Del tuo perpetuo altar;

Confesso il Dio che predichi

Dal duro Trace al Moro,

Credo alle sue vittorie,

I suoi potenti adoro;

Soavemente doma

Dalla ragion di Roma,

Figlia de suoi segnacoli

La mia ragion si fa.

E reverente e supplice

Della tua gloria al trono,

Chieggo le fresche e vivide

Acque del tuo perdono.

Ribenedici il figlio,

Che dall’incerto esiglio

Torna alle fonti e ai margini

Della immortal città.

Quel mite Iddio, che l’umile

Cor dei credenti affida,

Nell’incorrotto e mistico

Tempio, che è tuo, mi guida:

Ma con un’altra speme

Che favellar non teme,

Padre di quei che piangono,

Io m’inginocchio a te.

V’è tra te genti un’Inclita

D’ogni miseria al fondo,

Le cui frementi lacrime

Toccan d’affanno il mondo;

Porta di gemme e spine

Un duro fregio al crine,

E sul regal suo lastrico

Trae catenata il piè!

Madre di tanti martiri,

Nido di tanti eroi,

Casa dei gran Pontefici

Data per patria a noi,

Su tutti i campi e i mari

Fe’ balenar gli acciari,

Croce e parola al barbaro

Figlia di Dio portò.

Ma Dio che versa il giubilo

In chi da lui s’appella,

Con egual destra il calice

Versò dell’ira; ed Ella

Dove l’acciar portava

Sentìl cordon di schiava,

Usa a vestir le porpore

Carca di cenci andò.

Così, dannata a scendere

Coi barbari mariti,

Giacque tremante adultera

Sui talami abortiti;

E ier piangea peranco

Stesa sull’egro fianco,

Rimemorando i floridi

Tempi che Dio le diè,

Quando sui vasti oceani

Fe’ navigar le prore,

E all’orba Terra inospita

Rese la mente e il core,

Rese le tele e i marmi,

Gl’inni, le leggi e l’armi

Confederata ed arbitra

D’una legion di re.

Ahi, nell’amaro incorrere

Delle memorie, il cielo

Guatò fremendo e al pallido

Viso fe’ il pianto un velo!

Ma nella Donna, offesa,

Qual nova forza è scesa?…

Dal Tebro insuperabile

Che novo grido uscì?…

Sui quattro fiumi ei valica,

Dai quattro venti suona;

L’ode ogni lingua; inchinasi

Ogni europea corona;

Dall’afre selve ai poli,

Dove ha pur Dio figliuoli,

Quel nuovo grido inaugura

Più benedetti .

Pio, ti nomasti. E il memore

Pallio regal s’è messa

La eterna primogenita

Del tuo gran tempio anch’essa:

Sulla disparsa prole

Oggi è risorto il sole,

Oggi il promesso arcangelo

Dato è all’Italia in cor.

Pio, che la casa incardini

Dove ruggiano i flutti,

Nave del mondo ed ancora

Della speranza a tutti

Il cor deh! poni in Questa,

Che i tuoi sigilli attesta:

Pensa ch’è il fior più splendido

Degli orti del Signor.

Da lei Tu nato, e principe

Vero, tu regni in lei,

L’opre tue sante annunciano

Chi ti mandò, chi sei.

Dove fremea lo sdegno

L’augusta pace ha regno,

Cantan letizia i pargoli

Col mite ulivo al crin.

Padre, più assai che giudice

Pensando a Cui somigli,

Sceso il perdon sugli esuli

Tu li nomasti figli:

Dal Tevere alle genti

Getti le strade ardenti,

Perchè più presto arrivino

Nel tuo gran tempio alfin.

Ma tu, che all’ira, e all’odio

Mite pastor fai guerra,

Che annodi i prenci ai sudditi,

Sappi che in questa terra,

Nella fedel tua vigna,

Un seme d’odio alligna,

Che la contrista e macera,

Ma ch’estirpar non può.

Padre, ella piange, o supplica

Le tue ginocchia sante:

Tu che possiedi i folgori

Della parola amante,

Che col segnal che porti

Puoi favellar coi forti

Nel nome o nella imagine

Del Dio che ti mandò;

Pensa che questa Vittima,

Tesor della tua Chiesa,

Snidò l’infausto pungolo

Che l’ha tant’anni offesa;

Pace del lungo scempio,

Pace ella chiede al tempio.

Stringere i brandi abbomina

Non benedetti in ciel.

Padre, chi sangue semina

Messe di sangue coglie.

Pace vogliam. Presentati

Sulle tue sacre soglie;

E al possessor straniero,

Che ha già sì largo impero,

Prega che cetre e Solima

Ridoni ad Israel.

Pensa che un altro apostolo

De’ fregi tuoi s’è cinto,

Servi tra i servi; e il barbaro

Flagel di Dio fu vinto.

Di quel Lione eletto

Tanto fra noi s’è detto;

E ne diranno i posteri,

Fin ch’abbia lume il sol.

Prostrato sui vestiboli

Della tua casa o Santo,

Come il sentii con l’anima

Posi alle labbra il canto:

Ma s’io dicendo errai,

Opra tu sol, che sai,

Più della rea mia polvere,

Quel che da Dio si vuol.

 




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