(Avanti la battaglia di
Novara).
Senza macchia e senza tarlo,
Prode in armi, e a Dio fedele,
Sulla piazza di San Carlo
Veglia ritto Emanuele.
Non si ficca, in certe prove;
Caschi il mondo ei non si move,
Non gli garba andare a zonzo;
È un re forte, un re di bronzo.
Ier di notte (è un caso
strano
Ch’io vi narro, e che m’ha scosso),
Nel suo civico pastrano
Un po’ tinto in color rosso,
La noiata sentinella
Col fucil sotto l’ascella,
Tra la nebbia, a passo lento,
Fea la guardia al monumento.
Ode un cricchio… e non a
torto
N’è la scolta impaurita;
Leva il capo… e vede il morto
Che si move e piglia vita.
Oh dell’ombre arcani effetti!
Ecco il re di Marocchetti,
Che alza il braccio, i baffi stira,
Guarda l’Alpe, e poi sospira.
— Che cos’è che le dà noia,
Maestà? — gridò la scolta:
E il real della Savoia:
—Tel
diremo un’altra volta.
—Tel
direm? Ciò suona male;
Il pronome è illiberale.
Il Noi regio andò al disotto.
—
Io l’adopro e me ne inf...
Vivaddio! qual hai tu merto
Perch’io sfoggi il galateo?
Non mi chiamo Carlo Alberto,
O mio povero babbeo.
Io son re d’un’altra pasta;
V’ho annasati, e tanto basta.
—
Alto là! saria codino
Il guerrier di San Quintino?
— Per cambiar le fave in
ceci
Non valea tirar la spada.
Tanto dissi e tanto feci,
Per salvar la mia contrada.
Or, parliamoci a quattr’occhi,
Per un branco di pitocchi,
Che implebeiano il governo,
Esser principi è uno scherno.
E almen fossero costoro
Di cor retto e mente salda;
Ma son tutti un concistoro
Di somier di prima falda.
Parlamento e gabinetto
Son due sbrendoli di ghetto.
— Maestà, parli un po’ basso,
Altrimenti faccio chiasso.
Che? Le piacciono i
ristagni,
Gli arzigogoli, i tranelli
Dei Cavour, dei Buoncompagni,
Dei Gioberti e dei Pinelli?
Bando bando ai pecoroni
Delle mitre e dei blasoni!
Non ci vuol che il dio Viperio
Per dar vita al cimiterio.
— Chi è costui?… saria quel
desso,
Che a pescar mignatte e scudi,
Per tant’anni il grugno ha messo
Nelle ungariche paludi?
Merta ben pel sommo uffizio
Il cordon di San Maurizio…
Che lo strozzi, nel Signore!
— Maestà!
chiamo il Questore. —
— Chiama pur; ma quando
penso
A quel Giuda invetriato,
Che al buon prete ardea l’incenso,
E che poi l’ha tracollato,
Vergognar mi debbo assai
Del paese ov’io regnai.
— Maestà,
se non si frena
Do l’allarme a gola piena.
— Quando penso e quando vedo
Che una Camera si pone
Genuflessa a dire il Credo
Di cotesto don Pirlone,
Scaverei con la mia mano
Una mina al Carignano,
Vi vorrei porr’io la brace
— Maestà!
tace o non tace?
— Son molt’anni se li conti,
Che sto zitto e non mi movo,
E che faccio i miei confronti
Tra i dì vecchi e il tempo nuovo.
— Dica
dunque; che le pare?
— Che
oramai dall’alpe al mare
Molto fetida è la gora.
— Maestà!
continua ancora?
Ma non vede?… — Vedo tutto.
— Ma l’Italia?… — È un guazzabuglio.
— Ma
la guerra? — È un certo frutto
Che il vedremo in fin di luglio. —
E la scolta al frizzo orrendo
Il fucil spianò fremendo,
E gridò col capogiro:
— Parli
meglio… o ch’io le tiro.
— Tira pur non mi confondo.
In su questo piedestallo
Per veder come va il mondo
Ho fermato il mio cavallo.
E or che ho visto, e visto troppo,
Me ne parto di galoppo. —
E il guerriero in questo mentre,
Gli cacciò lo spron nel ventre.
E il caval nitrendo sbuffa
Pesta il marmo e lo ripesta,
La criniera gli si arruffa
Col rumor della tempesta;
Ecco impennasi; e dall’alto
Sta per dare il primo salto.
E la scolta, poveretta,
Supplicando al suol si getta.
— Maestà! mio buon Signore,
Per pietà non m’abbandoni.
Maladetto il fonditore
Che gli ha fatto anche gli sproni!
Maestà! già lei non brama
Ch’io qua perda onore o fama;
La ci pensi, e non si butti
A fuggir come fan tutti.
Di trottar verso Gaeta
Ha lei pur la regia idea?
Che diran Mellana e Reta
Di me ciuco all’Assemblea?
Sclameran che è un’opra indegna
Tradir l’arma e la consegna.
E di lei, col noto stile,
Grideran che è proprio un vile. —
Non finía questa parola
Che il feroce Savoiardo
Gli serrò la voce in gola
Colla fiamma dello sguardo.
Il destrier la zampa arretra
Sul suo zoccolo di pietra:
Calmo è il ciel; piombato il forte
Nel silenzio della morte.
Tersa allor la faccia bianca
Dal sudor della paura,
Quella scolta un po’ più franca
Si rimise in positura,
E al diman salì le scale
Del Comando Generale…
E parlò distesamente
Contro il re compromettente.