Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Giovanni Prati
Poesie scelte

IntraText CT - Lettura del testo

  • LA PASSEGGIATA
Precedente - Successivo

Clicca qui per nascondere i link alle concordanze

LA PASSEGGIATA3

Lungo i platani, in cui vive

Ogni fronda innamorata,

Sotto l’aure fuggitive

Della sera e del mattin,

Su una sponda infrequentata,

Fuor del volgo, che mi accora,

Col tramonto e coll’aurora

Fo soletto il mio cammin.

Miro i fior; la volta azzurra,

Guardo all’acque; ascolto il vento;

E dal labbro, che susurra

I fantasmi che ho nel cor,

Vo esalando un fumo lento,

Che coi vortici leggieri

Accompagna i miei pensieri

Di gaiezza o di dolor.

Fisso gli occhi ai colli adorni

Di verdura, e vo sclamando:

Dove siete, o rosei giorni

Della bella gioventù?

Che veniste carolando

Su’ miei prati in lieta danza,

Col coraggio e la speranza,

Colla fede e la virtù?

Fresche aurore, oh! chi vi ha spente

Quando sotto a’ miei balconi

Mi destava la fremente

Allegria dei cacciator,

E del corno agli acri suoni

Rispondea con varia legge

Il tumulto delle gregge

E la tibia dei pastor!

Oh! notturni allegri fochi

Del novembre, in mezzo ai solchi,

Dov’io stava, ed altri pochi

Fanciulletti ad ascoltar

Dal più vecchio dei bifolchi

Le prodezze e il vario marte,

Quando insiem con Bonaparte,

Scese l’Alpi e passò il mar!

Il mio nome, ignoto ai cupi

Tradimenti dei mortali,

Quante volte per le rupi

D’eco in eco udii morir;

d’incensi di strali

Fu mai segno il fanciulletto,

Che con Dante e col moschetto,

Gìa le lepri a perseguir.

Era il meglio un nome occulto

Serbar sempre in mezzo ai monti,

Che recarlo nel tumulto

Delle querule città;

Dove siede in sulle fronti

Il timor, la noia oscura,

Dove langue la natura,

Dove muor la libertà.

Miglior senno arar le glebe,

O dar gli estri all’aura molle,

Che versarli ad una plebe

Scissa d’opre e di pensier,

Che, ululando al par del folle,

Gira il trivio e sempre sogna,

E pasciuta di menzogna,

Sfregia il bene, esiglia il ver.

Oh mia musa! oh mia compagna

Dell’età ridente e lieta!

Quando in cima alla montagna

I tuoi canti aprivi al ciel,

Tu credesti il tuo poeta

Cosa sacra infra le cose,

Cinto l’hai delle tue rose,

L’hai bendato del tuo vel.

Ahi fatale, ahi tristo inganno!

Sul destrier dei dolci incanti

Ei s’assise; e il negro affanno

Sul destrier gli cavalcò.

Sfumar vide i sogni amanti,

Come nebbie della valle,

E, spossato a mezzo il calle,

Di morir desiderò.

Deh! ciò avvenga. A questa guerra

Cupa, eterna, il cor mi cade.

Letto angusto in poca terra

Chiedo; e pace all’ombre in sen.

Sotto il vel delle rugiade

Dormirà la creta stanca,

E ai dolor del che manca

Sarà premio il che vien.

Vïator, che sotto al faggio

Pigliò sonno in tetra selva,

E al rosato e fresco raggio

Del mattin si risvegliò,

Più non teme abisso o belva,

Esce all’aure, al sol ridente,

Ed un sogno è della mente

Ogni rischio che passò.

Come pia sarà la mano

Che mi scavi il nido oscuro,

Fuor degli uomini, lontano

Da fastidio e vanità!

Fregi e simboli non curo

Sulla povera mia pietra,

Senza lauro e senza cetra

Tuttavia si dormirà.

Quando solo il reclina,

Quando è mesto il cielo e il core,

Sull’avel mi porti Erina

Il giacinto del suo crin;

Poi la rosa, allegro fiore,

Orni sempre i suoi capelli,

E, sommersa in più belli,

Pensi appena al mio destin.

Così ognor passeggio e canto,

E cantando il cor lusingo.

Ride il volgo. Ed io frattanto

Spiro vita a’ miei pensier;

Col mio carme io vo solingo,

Del mio carme il core ho lieto,

Alle lucciole il ripeto,

Come al gallo mattinier.

E, in mirar la volta azzurra,

E, in udire il vol del vento,

Fuor del labbro, che sussurra

I fantasmi che ho nel cor,

Vo esalando un fumo lento,

Che coi vortici leggieri

Accompagna i miei pensieri

Di gaiezza o di dolor.

 




3 La semplice data di questo canto spiegherà agevolmente ai lettori quel senso malinconico delle ricordanze e della morte, da cui era posseduto il poeta. L’anima, quando il presente la tedia, torna al passato: il quale comunque pieno di armonie tristi come il sepolcro, affascina l’uomo e lo consola collo stesso dolore. In questi tali momenti, i più lievi oggetti della natura assumono una strana e comunicativa eloquenza. Una riva solitaria, il corso d’un’acqua , una stella, un fiore, una foglia cadente vi parlano la lingua dell’eternità. E questo vuol dire che Dio sorprende l’anima umana nell’ora delle memorie, perché sa che in quell’ora i colloqui con essa son più sicuri e fruttuosi.

Torino 20 aprile 1849






Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License