ALLA MADRE
La tua bambola
vezzosa,
Che giornate ebbe sì
corte,
Sai tu, madre,
ov’ella posa
Fuor del secolo
infedel?
Non in braccio della morte,
Non sul letto della
tomba:
La tua piccola
colomba,
Guarda, o madre, è
là nel ciel.
Là nel ciel, che ti sorride,
Del tuo pianto
afflitta appena;
Là nel ciel, che si
divide
Cogli arcangeli e
con te:
Dove l’aria è tutta piena
D’armonie, di gioia
immensa;
Dove al mondo ancor
si pensa,
Ma ove noto il duol
non è.
Cessa, o Madre, il tuo
lamento.
Ella uscì da un
tristo nido,
Ove il riso è d’un
momento,
Poca e mesta la
virtù.
Non cercarne il dolce grido
Nella vedova tua
stanza;
Solo in larve di
speranza
Rivederla ancor puoi
tu.
Quando i fior, giocondi
figli
Nasceran di
primavera,
Tu ornerai di rose e
gigli
Il suo freddo
letticciuol;
E dagli astri a te leggiera
Volerà la tua
bambina,
O coll’aura
pellegrina,
O confusa a’ rai del
sol.
E una notte, sulla cuna
Lacrimata e
solitaria,
Quando al lume della
luna
Imperlando il ciel
si va,
Tu vedrai calar per l’aria
La tua Lidia ancor
più bella;
E il suo labbro una
novella
D’allegrezza a te
darà.
« Apri gli occhi! È sceso
meco
« Il tuo premio, o
madre amante!
« Io quest’angelo ti
reco,
« Cui sorella Iddio
mi fe’;
« Ti dimentica un istante
« I miei ceri e la
mia bara:
« Fagli festa, o
madre cara,
« Come in ciel la
fanno a me.»
Tu, di giubilo rapita,
Così fuor del mortal
uso,
Sentirai d’un’altra
vita
L’ebre viscere
tremar;
E del gaudio in te mal
chiuso
Suonerà l’allegro
tetto,
Come al giorno
benedetto
Delle nozze e
dell’altar.