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Giovanni Prati
Poesie scelte

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  • ANTONELLO DA MESSINA
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ANTONELLO DA MESSINA

Croci, isolette e monti

Bacia, cadendo, il sol;

Radon canali e ponti

Le rondinelle a vol.

Sfiora il battel gli estremi

Flutti d’un’ombra al par:

Vedete! han l’ale i remi

E son già persi in mar.

Da voi, superba Annina,

Fugge, chè offeso ei fu,

E Antonio da Messina

Non tornerà mai più.

Antonio, che sui canti

Del suo romito ostel,

Quando colora i santi,

Fa maraviglia al ciel.

Perchè, mentr’ei dal seno

L’occulto amor svelò,

Pia gentilezza almeno

Tacer non v’insegnò?

Forse placato avreste

Col timido pudor

I fochi e le tempeste

Di quel potente cor.

Ma la parola irata

Fu troppo lesta a uscir:

«Pensa da chi son nata,

E bada a rinsavir

Di dogi e dogaresse

Voi siete figlia, è ver;

A voi ghirlande intesse

Di Candia ogni guerrier.

Chi vien da la Castiglia

Seco pensando va:

«Un fior la mia Siviglia

Pari a costei non ha.»

Sul Cassero sospira

Ogni bendato Alì:

«Non ha, non ha Casmira

Più glorïosa Urì

Chi vien di Francia in rada

Dice co’ suoi: «Qual re

Non pon corona e spada

Di questa dama al piè

Tutto v’arride, è vero;

Ma del pittor sul crin

Verdeggia un lauro altero,

Che non avrà mai fin.

Dite, superba, o dite:

Quale dei due preval,

Quando son posti in lite

La gloria ed il natal?

Egli a mestier villani

Le man fanciulle usò;

Ma quelle scabre mani

Un dio trasfigurò.

E un mondo a lui sfavilla,

Che di portenti è pien:

Un mondo che non brilla

A niun de’ vostri in sen.

Come alle sacre note

Scende dal ciel quaggiù

Nell’ostia al sacerdote

La spoglia di Gesù;

La più segreta parte

Lasciò del ciel così

L’arcana dea dell’arte,

E disse a lui: «Son qui.

I trepidi ginocchi

Perchè non reclinar,

Quando v’apparve agli occhi

Quel nume e quell’altar?

Chi potea darvi un riso

Di più beato april,

Mostrarvi un paradiso

Più grande e più gentil?

So ben, negarlo è vano,

Che a voi pur oggi in cor

Vive il fanciul Sicano

Come un celeste fior;

Ma dall’incauta Annina

Troppo spregiato ei fu,

E Antonio da Messina

Non tornerà mai più.

Però, tra queste liete

Piagge e di dal mar

Voi ricordata andrete

Del gran fanciullo al par.

già per nascimenti,

Per oro o per beltà,

Ma il mondo de le genti

Di voi si sovverrà.

Perchè un fuggiasco insonne

L’ombra de’ chiostri amò;

E ne le sue Madonne

Soltanto a voi pensò.

 




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