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Giovanni Prati
Poesie scelte

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  • PATRIA
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PATRIA

Non sonora abbastanza è la tua onda,

O padre Adige.

Sin che al mio verde Tirolo è tolto

Veder l’arrivo delle tue squadre,

E con letizia di figlio in volto,

Mia dolce Italia, baciar la madre;

Sin ch’io non odo le mute squille

Suonare a gloria per le mie ville,

la tua spada, il tuo palvese

Protegge i varchi del mio paese;

No, non son pago. Chiedo e richiedo

Da mane a vespro la patria mia:

E il suo bel giorno sin ch’io non vedo

Clamor di feste non so che sia.

Cantai di gloria, cantai di guerra,

Cantar credendo per la mia terra,

Quanta ne corre da Spartivento

All’ardue Chiuse di da Trento.

L’han pur veduta la festa loro

L’altre del Lazio città reine!

E tu, gran Madre, del proprio alloro

Tu ne hai vestito l’augusto crine:

Ma la mia terra negletta e sola

Geme nell’ombra: chi la consola?

Dai ceppi amari chi la disgrava?

Chi l’aura e il lume rende alla schiava?

Eppur, quand’era peccato e scorno

Stringer la mano degli stranieri,

Coi prodi figli d’Italia, un giorno

Sorsero i figli de’ miei manieri;

E ai patrî greppi gentil lavacro

Diedero il sangue più puro e sacro.

E il sa Bezzecca, sulle cui glebe

Fiori di sangue brucan le zebe.

Umile è certo la terra nostra:

Archi, colonne, templi non vanta.

Ma con orgoglio c’è chi la mostra,

Ma con orgoglio c’è chi la canta;

Terra d’onesti, terra di prodi,

Cerca giustizie, non cerca lodi.

Ti chiede, o Italia, se madre sei,

Che il cor ti morda, pensando a lei.

Ella il tuo sangue dagli avi assume,

Ella negli occhi porta il tuo raggio;

Ella s’informa del tuo costume,

Pensa e favella col tuo linguaggio.

Arde di sdegno, piange d’amore,

Parte divina del tuo gran core!

Qual colpa è dunque se non si noma

Milan, Fiorenza, Napoli o Roma?

Pia rondinella, che appender suoli

A’ miei nativi frassini il nido,

Da cielo in cielo stendi i tuoi voli

Sin del Danubio sul verde lido:

E al cor pensoso di due Potenti

Bisbiglia un’eco de’ miei lamenti,

Cader lasciando dal picciol rostro

Un fior bagnato del pianto nostro.

E se Belguardo si fa una gloria

D’accôr la dolce Sabauda Stella,

Col fiore azzurro della memoria

Parla ai due Prenci, pia rondinella.

Per me ad Absburgo, per me a Savoia

Chiedi una patria prima ch’io muoia;

Morire io possa libero e grato

Nei verdi boschi dove son nato.

Per quelle nude mie dolci lande

Possa la sorte farmi indovino!

Che plauso allora, che osanna al grande

Fratello e amico del re latino!

Allor da vero chiusi i gagliardi

Saran nell’ombra de’ due stendardi!

In cima all’Alpi, già vecchio danno.

Le nuove stirpi s’abbracceranno!

Sovra ogni torre, sovra ogni foce.

Di rendendo l’aere giocondo,

L’aquila bruna, la bianca croce

Saran due segni di pace al mondo.

Fervor di genti, silenzio d’armi,

Fronde d’ulivo, festa di carmi,

L’animo in alto, questa è l’aurora

Che nel mio sogno balena ancora!

 




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