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Giovanni Prati
Poesie scelte

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MAB

Mab vocor atque iocor: nigris me linquere corvis

Gaudeo; subque dio teneros insector amores.

Mentre ai gelidi passaggi

Del crepuscolo s’abbruna

La foresta, e si richiudono

Nelle siepi i tenui fior;

E fan tresca in cima ai faggi

Gli scoiattoli alla luna,

E i mastini intorno latrano

Nello stabbio del pastor’;

Mab, la piccola reina

Delle fate, in veste azzurra,

Che ha per cocchio un guscio d’ebano

E due corvi per destrier’,

Sulla fonte cristallina,

Che fra l’eriche susurra,

All’ombra d’un bianco mandorlo

Va cantando i suoi pensier.

Gira gira la tua ruota,

Bella Parca;

Lancia lancia, buon pilota,

La tua barca;

Passa lieve sul quadrante,

Sfera errante;

Metti nido nel mio core,

Dolce Amore;

Mentre d’astri il ciel s’ammanta,

Noi si canta:

«Da qual madre, a qual ora, in quali sponde

Venni alla vita, indovinar non so.

lo sanno quest’acque e queste fronde,

questa luna, che va pellegrina

Di collina in collina,

E mai del mio natal non mi parlò.

Mi rammento dell’Asia, e vidi i sassi

Di Ninive e di Menfi, e udii nitrir

Il cavallo di Ciro, e a tardi passi

Mirai per le stellate arabe lande

L’aspro cammello e il grande

Dromedario le armate orde seguir.

In margine all’Egeo vidi i misteri

D’Ecate; e nei latini antri l’altar

D’Ilia bendata; e i popoli guerrieri

Spâurir colle truci aquile il mondo,

E lunge il furibondo

Odoacre l’enorme asta agitar.

Quel non più nelle romulee cene

D’allegra spuma il calice fiorì,

E di Cinara e Cloe, dolci sirene,

Bagnâr la chioma i molli unguenti invano,

E sul triclinio arcano

Il gemito d’Amor più non s’udì.

Elmi di ferro ed orride zagaglie

Vennero: e i numi non sentîr pietà.

E fu misto l’incendio alle battaglie,

E dalla verde tiberina valle

Le barbare cavalle

Vidi lanciarsi sulla gran Città.

E poi monaci e re chiusi nell’armi

Sorsero, e in cima al mar mi balenò

La rossa croce; e di Sïon sui marmi

Gli emiri in pugna disperata ho visto

Coi cavalier’ di Cristo;

E com’altro già vidi, altro io vedrò.

Ma voi, stelle del ciel, voi foste, o rose,

Voi, glauchi fiumi, il mio profondo amor;

E, se patria o natal mi si nascose,

Le verdi terre, i pampini fiorenti

E il sibilo de’ venti

E il lume ambrosio mi fu vita al cor.

Quaggiù secoli molti ho numerati,

Ma corallo m’è il labbro, ebano il crin:

E di me senza posa innamorati

Sono i falchi dell’aria, i tersi fonti,

Il frassino de’ monti

E il bianco silfo che mi sta vicin.

Questo è il compagno mio. Spirito arcano,

Sempre la notte e il canta con me:

Egli sal sul mio cocchio, e andiam lontano

Lontano a interrogar boschi e caverne,

E delle cose eterne

Rapir qualcuna, io gentil dama, ei re.

Ei mi dice che Febo, il biondo e bello

Signor dell’armonia, padre a noi fu,

E mi giura che Marte è il mio fratello,

E gli altri Dei la mia superba corte,

E dopo la morte

Noi salirem per non lasciarci più.

Anzi sarem due novi astri al notturno

Padiglion dell’Olimpo: ed in beltà

Forse a noi cederan Sirio e Saturno,

I due Gemini, Urano, Espero e l’Orse

E la gran Lira: e forse

Men superba di Venere andrà.

Qui frattanto nel mondo è nostra usanza

Chiedere l’ombra a un mandorlo fedel,

O sui rivi intrecciar magica danza,

O sulle fosse dei fanciulli estinti

Falciar rute o giacinti,

Quando scintilla il plenilunio in ciel.

È nostra usanza a mattutino il canto

Spargere nella valle o sul burron,

E di rosso vestita o azzurro manto,

Sempre nel guscio d’ebano, mi piacque

Girar le terre e l’acque,

E dare ai miei fantasmi anima e suon.

Ed ora il guscio d’ebano traete,

Piccoli corvi, al nostro angusto asil;

E voi, stelle del ciel, voi risplendete

Sopra le chiome della selva bruna;

E tu zampilla, o luna,

Sul vestibolo mio sparso d’april.

E tu, Silfo, mi canta; e nel vïaggio

Salvami da procella o masnadier’;

Sferza i cavalli, e coll’ardor d’un paggio

Mordi del roseo pollice il liuto;

O se non vuoi, sta muto,

Ch’io già so quel che pensi, o mio Scudier.

Tu pensi che su morbido guanciale

D’odorate giunchiglie io giacerò;

E tu, acceso, qual sei, d’aura immortale,

Colle tue braccia mi farai catena,

E , di gioia piena,

Come è mio l’universo, io tua sarò.»

Così Mab cantando, vola

Co’ suoi corvi piccioletti:

Per gli arbusti il bianco Spirito

Curva l’ali e a lei fa vel;

Spuntan fiori in ogni aiuola,

Le falene e gli augelletti

Son ridesti, e sotto l’eriche

Par che canti ogni ruscel.

Oh grandezze, o maraviglie

Della candida Natura!

Quando saltan gli scoiattoli

Delle stelle allo splendor,

Ed un letto di giunchiglie

Fa obliar la sepoltura,

E gli affanni si addormentano

Nelle braccia dell’Amor!

 




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