Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Giovanni Prati
Poesie scelte

IntraText CT - Lettura del testo

  • LA STATUA DI EMANUELE FILIBERTO E LA SENTINELLA
    • DIALOGO I.
Precedente - Successivo

Clicca qui per attivare i link alle concordanze

LA STATUA DI EMANUELE FILIBERTO E LA SENTINELLA2

 

DIALOGO I.

(Avanti la battaglia di Novara).

Senza macchia e senza tarlo,

Prode in armi, e a Dio fedele,

Sulla piazza di San Carlo

Veglia ritto Emanuele.

Non si ficca, in certe prove;

Caschi il mondo ei non si move,

Non gli garba andare a zonzo;

È un re forte, un re di bronzo.

Ier di notte (è un caso strano

Ch’io vi narro, e che m’ha scosso),

Nel suo civico pastrano

Un po’ tinto in color rosso,

La noiata sentinella

Col fucil sotto l’ascella,

Tra la nebbia, a passo lento,

Fea la guardia al monumento.

Ode un cricchio… e non a torto

N’è la scolta impaurita;

Leva il capo… e vede il morto

Che si move e piglia vita.

Oh dell’ombre arcani effetti!

Ecco il re di Marocchetti,

Che alza il braccio, i baffi stira,

Guarda l’Alpe, e poi sospira.

— Che cos’è che le dà noia,

Maestà? — gridò la scolta:

E il real della Savoia:

—Tel diremo un’altra volta.

—Tel direm? Ciò suona male;

Il pronome è illiberale.

Il Noi regio andò al disotto.

— Io l’adopro e me ne inf...

Vivaddio! qual hai tu merto

Perch’io sfoggi il galateo?

Non mi chiamo Carlo Alberto,

O mio povero babbeo.

Io son re d’un’altra pasta;

V’ho annasati, e tanto basta.

— Alto là! saria codino

Il guerrier di San Quintino?

— Per cambiar le fave in ceci

Non valea tirar la spada.

Tanto dissi e tanto feci,

Per salvar la mia contrada.

Or, parliamoci a quattr’occhi,

Per un branco di pitocchi,

Che implebeiano il governo,

Esser principi è uno scherno.

E almen fossero costoro

Di cor retto e mente salda;

Ma son tutti un concistoro

Di somier di prima falda.

Parlamento e gabinetto

Son due sbrendoli di ghetto.

—  Maestà, parli un po’ basso,

Altrimenti faccio chiasso.

Che? Le piacciono i ristagni,

Gli arzigogoli, i tranelli

Dei Cavour, dei Buoncompagni,

Dei Gioberti e dei Pinelli?

Bando bando ai pecoroni

Delle mitre e dei blasoni!

Non ci vuol che il dio Viperio

Per dar vita al cimiterio.

— Chi è costui?… saria quel desso,

Che a pescar mignatte e scudi,

Per tant’anni il grugno ha messo

Nelle ungariche paludi?

Merta ben pel sommo uffizio

Il cordon di San Maurizio…

Che lo strozzi, nel Signore!

— Maestà! chiamo il Questore. —

— Chiama pur; ma quando penso

A quel Giuda invetriato,

Che al buon prete ardea l’incenso,

E che poi l’ha tracollato,

Vergognar mi debbo assai

Del paese ov’io regnai.

— Maestà, se non si frena

Do l’allarme a gola piena.

— Quando penso e quando vedo

Che una Camera si pone

Genuflessa a dire il Credo

Di cotesto don Pirlone,

Scaverei con la mia mano

Una mina al Carignano,

Vi vorrei porr’io la brace

— Maestà! tace o non tace?

— Son molt’anni se li conti,

Che sto zitto e non mi movo,

E che faccio i miei confronti

Tra i dì vecchi e il tempo nuovo.

— Dica dunque; che le pare?

— Che oramai dall’alpe al mare

Molto fetida è la gora.

— Maestà! continua ancora?

Ma non vede?… — Vedo tutto.

—  Ma l’Italia?… — È un guazzabuglio.

— Ma la guerra? — È un certo frutto

Che il vedremo in fin di luglio. —

E la scolta al frizzo orrendo

Il fucil spianò fremendo,

E gridò col capogiro:

— Parli meglio… o ch’io le tiro.

— Tira pur non mi confondo.

In su questo piedestallo

Per veder come va il mondo

Ho fermato il mio cavallo.

E or che ho visto, e visto troppo,

Me ne parto di galoppo. —

E il guerriero in questo mentre,

Gli cacciò lo spron nel ventre.

E il caval nitrendo sbuffa

Pesta il marmo e lo ripesta,

La criniera gli si arruffa

Col rumor della tempesta;

Ecco impennasi; e dall’alto

Sta per dare il primo salto.

E la scolta, poveretta,

Supplicando al suol si getta.

— Maestà! mio buon Signore,

Per pietà non m’abbandoni.

Maladetto il fonditore

Che gli ha fatto anche gli sproni!

Maestà! già lei non brama

Ch’io qua perda onore o fama;

La ci pensi, e non si butti

A fuggir come fan tutti.

Di trottar verso Gaeta

Ha lei pur la regia idea?

Che diran Mellana e Reta

Di me ciuco all’Assemblea?

Sclameran che è un’opra indegna

Tradir l’arma e la consegna.

E di lei, col noto stile,

Grideran che è proprio un vile. —

Non finía questa parola

Che il feroce Savoiardo

Gli serrò la voce in gola

Colla fiamma dello sguardo.

Il destrier la zampa arretra

Sul suo zoccolo di pietra:

Calmo è il ciel; piombato il forte

Nel silenzio della morte.

Tersa allor la faccia bianca

Dal sudor della paura,

Quella scolta un po’ più franca

Si rimise in positura,

E al diman salì le scale

Del Comando Generale…

E parlò distesamente

Contro il re compromettente.

 




2 Emanuele Filiberto amava poco i ministeri e le Camere Democratiche. Bisogna compatire se egli vedeva le cose cogli occhi, e col senno de' suoi tempi.

La sentinella poi era una di quelle persone calde, che gridano perché sentono gridare, ma poi si rendono temperate dalle lezioni dei fatti.






Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License