IN
MORTE DELLA FANCIULLINA
LIDIA VAGLIENTI
ALLA MADRE
La tua bambola
vezzosa,
Che giornate ebbe sì
corte,
Sai tu, madre,
ov’ella posa
Fuor del secolo
infedel?
Non in braccio della morte,
Non sul letto della
tomba:
La tua piccola
colomba,
Guarda, o madre, è
là nel ciel.
Là nel ciel, che ti sorride,
Del tuo pianto
afflitta appena;
Là nel ciel, che si
divide
Cogli arcangeli e
con te:
Dove l’aria è tutta piena
D’armonie, di gioia
immensa;
Dove al mondo ancor
si pensa,
Ma ove noto il duol
non è.
Cessa, o Madre, il tuo
lamento.
Ella uscì da un
tristo nido,
Ove il riso è d’un
momento,
Poca e mesta la
virtù.
Non cercarne il dolce grido
Nella vedova tua
stanza;
Solo in larve di
speranza
Rivederla ancor puoi
tu.
Quando i fior, giocondi
figli
Nasceran di
primavera,
Tu ornerai di rose e
gigli
Il suo freddo
letticciuol;
E dagli astri a te leggiera
Volerà la tua
bambina,
O coll’aura
pellegrina,
O confusa a’ rai del
sol.
E una notte, sulla cuna
Lacrimata e
solitaria,
Quando al lume della
luna
Imperlando il ciel
si va,
Tu vedrai calar per l’aria
La tua Lidia ancor
più bella;
E il suo labbro una
novella
D’allegrezza a te
darà.
« Apri gli occhi! È sceso
meco
« Il tuo premio, o
madre amante!
« Io quest’angelo ti
reco,
« Cui sorella Iddio
mi fe’;
« Ti dimentica un istante
« I miei ceri e la
mia bara:
« Fagli festa, o
madre cara,
« Come in ciel la
fanno a me.»
Tu, di giubilo rapita,
Così fuor del mortal
uso,
Sentirai d’un’altra
vita
L’ebre viscere
tremar;
E del gaudio in te mal
chiuso
Suonerà l’allegro
tetto,
Come al giorno
benedetto
Delle nozze e
dell’altar.
Torino 1851.