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Giovanni Prati
Poesie scelte

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  • I MIEI VERSI
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I MIEI VERSI

Scandit et, instar avis, cantat super ilice Carmen.

Come un nido d’uccelletti

     Che tu senti pispigliar

Sovra i gelsi o in cima ai tetti

     Quando allegro il maggio appar,

Van cantando i versi miei,

     Bruna figlia di Corfù;

Belli no, come tu sei;

     Freschi no, come sei tu.

Van cantando; ed uno vola

     Dentro un cespite di fior,

E consegna all’agil gola

     L’allegria che chiude in cor.

Dentro i rami d’un cipresso

     Si va un altro a rifuggir,

E con murmure sommesso

     Dice all’ombra il suo martir.

Sulla barca i patrii carmi

     Dice un terzo al timonier;

Canta un quarto amori ed armi

     Sulla tenda del guerrier.

E nei lutti e nelle feste

     Niun di loro ha nodi al piè,

Nè darebbe la sua veste

     Per la porpora d’un re.

San le glorie dell’Egèo,

     Sanno il riso del Velin,

Sanno i riti del Pangèo,

     Sanno il carme Sibillin.

Or le zuffe dei leoni

     Vanno in Roma a celebrar,

Or negli attici odeoni

     D’Afrodite il bianco altar.

Con le faune dormon lieti

     Tra le mente del ruscel,

O coi silfi nei frutteti

     Quando Cinzia arride in ciel.

Se una bianca margherita

     Foglia a foglia si disfà,

Sulle sorti della vita

     Per saper quel che dirà;

O se a Pasqua gioca al Verde

     Una bella ed un garzon,

Essi trillano a chi perde

     Dal mirteto una canzon.

Se le lepri a notte aperta

     Van danzando in gaio stuol,

O la pallida lucerta

     Cerca i sassi a’ rai del sol;

Questi miei pellegrinanti

     Fanno gli alberi stormir,

E dai rami arcani canti

     Si cominciano a sentir.

E poi van per la campagna

     Sui covoni al falciator,

Van seguendo alla montagna

     La cornetta del pastor.

Van nell’ombra delle valli

     Con le fate a conversar,

Raccontando i freschi balli

     Delle naiadi sul mar.

E van sempre, araldi eterni,

     Van lontano e più lontan,

Van dal cielo ai foschi averni

     E van sempre e sempre van.

O mal cauti, a tanto volo

     Non fidatevi così:

Qui nell’atrio afflitto e solo

     Io v’attendo e notte e dì.

Non c’è guardia sui confini;

     Procellosa è la stagion:

Uccelletti pellegrini,

     Deh, tornate al mio balcon!

 




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