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Giovanni Prati
Poesie scelte

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  • RILLA
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RILLA

«Addio, notti serene! addio beate

       Coste, ricche di mirra e belgiuin.

Addio bei soli! Addio splendide fate,

       Dalla immortale gioventù del crin.

Impallidite ormai son le ghirlande

       Che il lucente Azraello un dì mi diè!…

Ecco la nube d’Arimàn si spande

       Sopra la fossa apparecchiata a me!

Tholmàr, la mia sorella ha chioma bionda,

       Occhio di stella e bocca di coral,

E qual d’un rivo sigillato l’onda,

       Move la voce lenta e verginal.

Bella è pur tanto! E non un’ora ai lieti

       Garzoni aperse il verecondo cor.

Serba fede d’amante a’ suoi roseti,

       E consumata morirà con lor.

L’altra mia suora Ircana ha capel nero,

       Che giù sul cinto in doppia lista vien;

Sguardo ha di foco; ma un fatal mistero

       Orrendamente le disfiora il sen.

Sovra una culla or s’inginocchia e geme,

       Or esce il mar da lungo ad esplorar.

Ma alla feroce angoscia che la preme

       Sorda è la culla, e senza vela il mar!

Povere entrambe! E fin quella pietosa

       Che le vostre venìa pene a blandir,

Oggi al sepolcro dà la man di sposa,

       Chiede un guancial di pietra, e vuol dormir.

Cosvelto! Arabo mio! Dal cielo aperto,

       Tre dì ti chiesi, e dall’immenso pian:

Ho varcato le sabbie del deserto

       Tre lunghissime notti… e sempre invan!

Impallidite ormai son le ghirlande,

       Che il lucente Azraello un dì mi diè…

Ecco la nube d’Arimàn si spande

       Sopra la fossa apparecchiata a me.

Orsù, Jago! ti sveglia!» — Un moro sorso

       Dal nudo suol: guatolla: indi abbassò

Gli occhi infiammati: fieramente morse

       Le dure labbra… e a Rilla s’accostò.

— Con bianca fede m’obbedisti, o Moro,

       Sino a quest’ora. Per la tua virtù

Io ricchezze non ho. Ma, invece d’oro,

       Guarda la terra! Libero sei tu.

Sol da te chieggo una pietà suprema.

       Jago! Tempo è di morte. O mio fedel

Qui batte il core… A te la man non trema…

       Or via. Mandami in braccio ai mio Cosvel! —

Così vela la fronte, e immobilmente

       Aspetta il colpo che le tronchi i dì…

Ma il foco in vece d’una bocca ardente

       Sul casto petto, e un gemito sentì! —

Si volse. Ahi vista!… Fino all’elsa ascoso

Il pugnal disperato ei s’ha nel cor.

Preme una man sul varco sanguinoso

E un fil di vita vi rattiene ancor.

— T’amai, Rilla, t’amai!… di tale un senso,

Che mai nol capirà petto mortal;

Fier come il sol, come l’oceano immenso,

E, vedi! occulto come il mio pugnal.

Ma… Cosvello… è sotterra! — E appena il disse

Si svelse il ferro e l’anima esalò.

Rilla, curva sul Moro, i guardi affisse…

E in un riso frenetico scoppiò.

— T’ho trovato, t’ho trovato,

O di Rilla disertor!

Quasi, o caro, s’è spezzato

Pel gran piangere il mio cor!

O Cosvello, della guerra

Più non correre al fragor

Vivi e morti una egual terra,

Tutti e due ci debbe accôr!

Ma il crepuscolo è già presso:

Vieni meco, o mio tesor!

Questa notte in un amplesso,

Scorderemo ogni dolor.

Che fai tu che guardi il mare?…

Che fai tu, che baci i fior?…

Su, venitelo a mirare

Come è splendido d’amor!

.  .  .  .  .  .  .

.  .  .  .  .  .  .

.  .  .  .  .  .  .

.  .  .  .  .  .  .

Rilla così da quell’istante orrendo

Corre il deserto. E quando s’affacciò

Alle pallide suore, una gemendo

Svelse i roseti, e l’altra il mar lasciò!

E la baciano e piangono al suo fianco!

Ella sorride. E fiuta ad or ad or

Lieve una macchia sul suo velo bianco.

È schietto sangue… ma la crede un fior.

 




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