CONVEGNO DEGLI SPIRITI
Ecco là sotto di
quel tiglio verde
Compajon le due
anime affannate,
Chiuse in eterno son
le labbra lor.
Spiriti, o voi, per
cui goccia non perde
Di sue rugiade il
fior che nol sappiate,
Ditemi voi di
quell’ignoto amor.
— Se da noi saper tu aneli
Di quei due che muti stanno,
Quel che fêr, non quel che
fanno,
Sarà pago il tuo desir.
Hanno amato quando i cieli
Biancheggiarono all’aurora;
Hanno amato, amato ancora
Delle stelle al comparir.
Seppelliti in antri cupi
Hanno amato, allor che nera
S’ascoltava la bufera
Per le selve imperversar.
Sulla punta delle rupi
Han compiuti i loro amori,
Li han compiuti in grembo ai
fiori,
Li han compiuti in mezzo al
mar.
Sia che l’arso o la moria
Disertasse e case e colti,
O i mortali avari e stolti
Fosser tratti alla tenzon;
Legò sempre un’armonia
Le due vite oscure e sole;
Parlâr basso…; e fur parole
Che ancor note a voi non
son.
E talvolta nell’ebbrezza
Del baciarsi e viso e
chiome,
Sui lor labbri il dolce nome
Dell’Italia risuonò;
Ma per dir che la bellezza
De’ suoi cieli e de’ suoi
mari
A un lor bacio non è pari:
Tanto forte amar si può!
I color vivaci e schietti
Si tramutano alle fronde,
Si tramuta il letto
all’onde,
Si tramuta all’uomo il cor.
Cangia il tempo a mille
oggetti
Usi e forme e nomi e tempre;
Ma i lor baci eguai fur
sempre,
Sempre eguale il loro amor.
Quando il mal li ha
sopraggiunti,
Si guardaro e pianser tanto:
Ma ogni stilla di quel pianto
Dai lor baci astersa fu.
Cadder pallidi e consunti:
Lor dimora è tra gli spirti;
Noi di più non possiam
dirti,
Tu non puoi saper di più. —
Di foglie e delle
stelle al lume incerto,
Ecco tremar la
compagnia fedel;
Poi surge un suon di
disperato addio;
Ei s’inabissa giù
nel suolo aperto,
Ella gemendo si
dilegua in ciel.
« O fate vergini,
Voi che abitate
Gli astri e le
tenebre,
L’aure ed i fior;
Voi rivelatemi,
Vergini fate,
Questa recondita
Storia d’amor.
E un roseo nuvolo
Sulle veloci
Piume dei zefiri
Ecco venir;
Ecco un insolito
Rumor di voci,
Poi queste limpide
Note n’uscir:
— Vissero insiem; ma la
fanciulla amante
Volea prostrarsi
sulle verdi zolle
A supplicar per le
sue colpe tante…
Ed ei non volle.
Molto l’amò; ma la
fanciulla, senza
Pace vivendo, volea
far satolle
Dei miseri le fami,
in penitenza…
Ed ei non volle.
Spuntava l’alba; e
la fanciulla oppressa
Giù in quell’erma
chiesetta, a piè del colle
Scender volea per
ascoltar la messa…
Ed ei non volle.
Fuggiro un dì dopo contrasti
e guerre;
E la madre di lei
diventò folle:
Ed ei non volle.
E molto i suoi voleri eran
tenaci,
Ma in lei sola fu
lieto, in lei si piacque;
E i suoi voleri
confondea co’ baci…
Ed ella tacque!
Piangeva un dì con
disperato affetto
Un fanciullin, che
per morir le nacque:
Ei se la strinse
lungamente al petto…
Ed ella tacque!
Pensava un tratto
alle natie riviere
Nei lunghi dì quando
malata giacque;
Ei la vegliò per
cento notti intere…
Ed ella tacque!
E i più bei fiori ell’ebbe,
i più bei frutti;
L’amò sui monti,
l’adorò sull’acque.
Ei fu tutto per lei,
nulla per tutti…
Ed ella tacque!
Moriro, e in premio
dell’amor profondo,
Posson trovarsi nel
giardin natìo;
Se due morti
ritornano nel mondo,
Così vuol Dio.
Ma il pensiero di lui fu
travïato;
Ella versò d’amari
pianti un rio,
E in ciel fu tolta;
ed egli è condannato;
Così vuol Dio.
E terrori e rimorsi
e sentir pio,
Anche forse per lui
stato sarebbe
Pieghevol Dio.
E invece di venir sulla
tacente
Ora a scambiarsi il
tormentoso addio,
Vivrebbero
abbracciati eternamente
Lassù con Dio. —
Via per le tremule
Volte stellate
Più malinconica
La luna errò,
E il lieve e lucido
Stuol delle fate
Nel mar dell’aere
Si dileguò.
Solo uno spirito
Sotto quel tiglio
Dov’ei posavano
S’udia cantar:
— « Ahi! tra le lagrime
« Di questo esiglio,
« Che importa vivere,
« Che giova amar? » —