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Olindo Guerrini
Rime di Argia Sbolenfi

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EGLOGA19

 

MELIBEO

 

Titiro, tu che d'un gran faggio all'ombra,

A gambe aperte, stravaccato20 stai,

Mangiando allegramente una cucombra,21

 

Un canonico sembri e chi sa mai,

Chi potesse vederti le budelle,

Bollettario, anche te che sghissa22 avrai!

 

Io stento invece e queste pecorelle

Sono ormai senza tetto e senza pane

E campan di polenta e di sardelle.

 

Hai forse avuto eredità lontane?

Hai rubato una pisside o un ciborio?

O ti fai mantener dalle sottane?

 

 

 

TITIRO

 

Amico Melibeo, questo è notorio

E lo san fino i sassi di Bologna,

Che tu sei sempre stato un tabalorio;23

 

Ma non sapevo, e il dico a mia vergogna

Perchè l'imparo adesso solamente,

Non sapevo che fossi una carogna.

 

Qual reo sospetto t'è venuto in mente,

Asino porco, sulla mia condotta?

Sono un pastore onesto ed innocente!

 

E se non fossi mio compatriotta

Ed anzi amico mio di Seminario,

Tu mi faresti venir su la fotta.

 

Basta; veggo però ch'è necessario

Dirti come domai l'iniqua rana,24

Essendo un fatto un po' straordinario.

 

Tu saprai che quest'altra settimana

Una dolce fanciulla, un puro fiore,

Che delle poetesse è la sovrana,

 

Magrolina se vuoi, ma un vero amore,

L'Argia Sbolenfi insomma, e ho detto tutto,

Sposa ... imagina chi? L'Imperatore!

 

La nuova si sapeva dappertutto,

Ma io la vidi sol nell'È Permesso,25

L'unico foglio serio e di costrutto.

 

Appena letto, allon! mi sono messo

Le braghe dalla festa e il gabbanino

E son corso da lei come un espresso;

 

Ma siccome era chiusa in camerino

A far dei versi al suo futuro sposo,

Fui ricevuto dal signor Pierino26

 

Che largo, liberale e generoso,

Mi offerse cordialmente da sedere,

Ma il caffè no, perchè gli il nervoso.

 

"Ohi, chi vedo!"--"Tersuà"--"Bravo! ho piacere!

Cosa porti? L'agnello?"--"Nossignori" -

"Peccato, che t'avrei dato da bere!" -

 

Così ciarlando, ecco l'Argia vien fuori,

La qual, come saprai, ci diedi il latte,

(Ossia mia moglie) e latte dei migliori.

 

Era in disabigliè, con le ciabatte,

Una sottana bianca e un zuavino

Che ci arrivava appena alle culatte.

 

"Oh!"--lei dice --"Mo bravo Titirino!

Non sai chi sposo? Ah son tanto felice

Che a momenti mi viene uno smalvino!27

 

Fra pochi giorni sono Imperatrice!

Sei venuto a veder la tua sovrana?

Ti farò ricco, e sai chi te lo dice!

 

A tua moglie ci pago una collana,

E con l'acqua di felsina, all'armento

Fin da quest'oggi laverai la lana.

 

Farò indorar le vacche ed il giumento,

Ti selciarò la stalla di brillanti,

E l'aldamàra28 tua sarà d'argento.

 

Or vanne Titirino e quei birbanti

Che tempo addietro mi credevan pazza,

Crepino d'accidente tutti quanti.

 

Vanne a Bologna, sta contento e sguazza,

Che in compenso del latte che m'hai dato,

Io ti farò più ricco di Cavazza!29" -

 

Io dico grazia! vado, e sul mercato

Da un buon amico mio, sessanta lire

Al sessanta per cento, ho ritrovato;

 

Ma il primo vaglia che mi fa venire

L'Imperatrice Argia, pago ogni cosa,

Faccio il porco e mi voglio divertire.

 

Ecco spiegata la ragione ascosa

Di tutta quanta l'allegrezza mia,

Viva il signor Pierin! Viva la sposa!

 

 

MELIBEO

 

 

Viva l'Imperator! Viva l'Argia!!!

 

 

 




19 Per errore di troppo eccitabile imaginazione, la Poetessa credette che S.M. l'Imperatore di Germania venisse l'ultima volta a Roma per chiedere al Sommo Pontefice il divorzio dalla Imperatrice e sposar quindi lei.--Vedi le note in fondo al capitolo.



20 Coricato. Recubans sub tegmine fagi. VIRG. Dum stravaccatae pegorae marezant. MERL. COCCAI Zaniton.



21 Cocomero, anguria. Cucurbita citrullus Linn.



22 Appetito furibondo.



23 Uomo di poco cervello. Captus mentis.



24 Non è la rana esculenta Linn. ma il sinonimo bolognese di miseria. Questo simbolico batracio ricorrerà sovente in queste carte.



25 L'effemeride in cui videro la luce molte di queste rime.



26 L'onorando signor Pietro Sbolenfi, degno genitore dell'autrice, cui è dedicato il volume.



27 Che Dio ci liberi e scampi tutti! È un accidente.



28 Concimaia.



29 Il Conte Felice Gavazza, banchiere, riputato per uno dei più ricchi bolognesi.






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