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Olindo Guerrini Rime di Argia Sbolenfi IntraText CT - Lettura del testo |
Titiro, tu che d'un gran faggio all'ombra,
A gambe aperte, stravaccato20 stai,
Mangiando allegramente una cucombra,21
Un canonico sembri e chi sa mai,
Chi potesse vederti le budelle,
Bollettario, anche te che sghissa22 avrai!
Io stento invece e queste pecorelle
Sono ormai senza tetto e senza pane
E campan di polenta e di sardelle.
Hai forse avuto eredità lontane?
Hai rubato una pisside o un ciborio?
O ti fai mantener dalle sottane?
Amico Melibeo, questo è notorio
E lo san fino i sassi di Bologna,
Che tu sei sempre stato un tabalorio;23
Ma non sapevo, e il dico a mia vergogna
Perchè l'imparo adesso solamente,
Non sapevo che fossi una carogna.
Qual reo sospetto t'è venuto in mente,
Asino porco, sulla mia condotta?
Sono un pastore onesto ed innocente!
E se non fossi mio compatriotta
Ed anzi amico mio di Seminario,
Tu mi faresti venir su la fotta.
Basta; veggo però ch'è necessario
Dirti come domai l'iniqua rana,24
Essendo un fatto un po' straordinario.
Tu saprai che quest'altra settimana
Una dolce fanciulla, un puro fiore,
Che delle poetesse è la sovrana,
Magrolina se vuoi, ma un vero amore,
L'Argia Sbolenfi insomma, e ho detto tutto,
Sposa ... imagina chi? L'Imperatore!
La nuova si sapeva dappertutto,
Ma io la vidi sol nell'È Permesso,25
L'unico foglio serio e di costrutto.
Appena letto, allon! mi sono messo
Le braghe dalla festa e il gabbanino
E son corso da lei come un espresso;
Ma siccome era chiusa in camerino
A far dei versi al suo futuro sposo,
Fui ricevuto dal signor Pierino26
Che largo, liberale e generoso,
Mi offerse cordialmente da sedere,
Ma il caffè no, perchè gli dà il nervoso.
"Ohi, chi vedo!"--"Tersuà"--"Bravo! ho piacere!
Cosa porti? L'agnello?"--"Nossignori" -
"Peccato, che t'avrei dato da bere!" -
Così ciarlando, ecco l'Argia vien fuori,
La qual, come saprai, ci diedi il latte,
(Ossia mia moglie) e latte dei migliori.
Era in disabigliè, con le ciabatte,
Una sottana bianca e un zuavino
Che ci arrivava appena alle culatte.
"Oh!"--lei dice --"Mo bravo Titirino!
Non sai chi sposo? Ah son tanto felice
Che a momenti mi viene uno smalvino!27
Fra pochi giorni sono Imperatrice!
Sei venuto a veder la tua sovrana?
Ti farò ricco, e sai chi te lo dice!
A tua moglie ci pago una collana,
E con l'acqua di felsina, all'armento
Fin da quest'oggi laverai la lana.
Farò indorar le vacche ed il giumento,
Ti selciarò la stalla di brillanti,
E l'aldamàra28 tua sarà d'argento.
Or vanne Titirino e quei birbanti
Che tempo addietro mi credevan pazza,
Crepino d'accidente tutti quanti.
Vanne a Bologna, sta contento e sguazza,
Che in compenso del latte che m'hai dato,
Io ti farò più ricco di Cavazza!29" -
Io dico grazia! vado, e sul mercato
Da un buon amico mio, sessanta lire
Al sessanta per cento, ho ritrovato;
Ma il primo vaglia che mi fa venire
L'Imperatrice Argia, pago ogni cosa,
Faccio il porco e mi voglio divertire.
Ecco spiegata la ragione ascosa
Di tutta quanta l'allegrezza mia,
Viva il signor Pierin! Viva la sposa!
Viva l'Imperator! Viva l'Argia!!!