CAPITOLO I
Grandi
e piccoli.
In un
bello e splendido giorno di aprile del 1840, una elegante carrozza da viaggio
tirata da quattro cavalli di posta correva di pien galoppo nella strada della
Cornice, famosa fra gli eleganti giramondo: strada, come ognun sa, che percorre
da Genova a Nizza tutta la riviera di ponente.
Poche
strade più belle di questa sono in Europa; - e poche certamente, come questa,
riuniscono in sè tre condizioni di bellezza naturale: il Mediterraneo da un
lato, dall'altro gli Appennini, e di sopra il puro cielo d'Italia. Per
sovrappiù, l'industria dell'uomo ha fatto ogni sforzo, se non per superare,
almeno per non rimanere inferiore alla natura. Un seguito di città e di
paeselli, alcuni graziosamente stesi sulla riva, bagnati ai piedi dalle onde
argentine; altri sparsi come una mandra di bianche agnelle sui fianchi della
montagna, o pittorescamente elevati sulla cima di una catena di monti sublimi;
qua e là qualche santuario sospeso in alto sopra uno scoglio bagnato dal mare,
o mezzo perduto sulla collina fra il verde del bosco; palazzi marmorei, e ville
dipinte sorgenti fra vigneti aprichi, giardini vagamente fioriti, e boschetti
di aranci e di limoni; un'infinità di bianchi casini con gelosie verdi, sparsi
per i clivi di quei colli, sterili un tempo, ora coperti di terrazzine, l'una
sull'altra elevate a raccorre il poco terreno, e vestiti in cima di oliveti;
tutto insomma quanto v'è, creazione della mano dell'uomo, mostra l'operosità e l'industria
di una razza di popolo vigorosa e gentile.
Costretta
lungo la costiera capricciosamente dentata, la strada va innanzi irregolare e
serpeggiante; talora a livello col mare fra spalliere di tamerici, aloè ed
oleandri: talora su qualche scosceso fianco di monte, in mezzo a nere foreste
di pini, sorgenti in tanta altezza che l'occhio ritraesi spaventato dal
guardare l'abisso soggetto; qua nascosta dentro gallerie scavate nel vivo
sasso; là scoperta fra una lunga estensione di terra, di cielo e di acqua;
talora rivolta verso la terra quasi volesse aprirsi il passo fra il monte; tale
altra piegata all'improvviso in opposta direzione quasi volesse precipitarsi a
capofitto nel mare. La varietà della prospettiva derivata da quella continua
mutazione di punti di vista, richiama all'idea le infinite vedute di una
lanterna magica. Se ci venisse fatto dare a questo abbozzo un pochino -
soltanto un pochino del reale colorito locale - faremmo una maravigliosa
pittura! Ma non possiamo. Ritrarre quest'atmosfera trasparentissima, l'azzurro
dilicato del cielo, e l'azzurro cupo del mare, e le dolci graduazioni della
tinta di queste montagne ondeggianti, che l'una sull'altra si elevano, vince il
potere della parola. Appena vi basterebbe il pennello di D'Azeglio, o di Stanfield.
Per
questa contrada correva rapidamente la carrozza di cui cominciammo pur ora a
dar notizia al lettore. Era un bel capolavoro, quale può uscire dalle mani del
primo carrozziere di Londra: leggiera, elegante, ben sospesa, larga, di
bell'apparenza; e cogli altri accessorii tutti che mostrano la nobiltà e la
ricchezza del possessore; dallo stemma miniato a numerosi quarti, appena
visibile sugli sportelli finamente verniciati a scuro, e sormontato dalla mano
insanguinata - distintivo del posto tenuto dal viaggiatore nell'inglese
società; sino alla vivace cameriera della signora, e l'uom di livrea un po'
grosso, i quali mostravano la loro ammirazione alla bella natura circostante
placidamente dormendo in cassetta.
I due
adagiati nell'interno, un gentiluomo di età avanzata e una giovine signora -
evidentemente padre e figlia - parevano, se si può giudicare dall'apparenza,
come i servi insensibili alla svariata bellezza che aspettava la loro
ammirazione. Bianche vele scorrenti come grandi cigni sopra le onde increspate;
alberi da frutta carichi di fiori, da parer mazzetti enormi anzi che alberi;
campi coloriti in giallo per le gionchiglìe, in azzurrino dagli anemoni, e
biancheggianti per le stelle di Betlem dai lunghi stami; grigi scogli armati ad
ogni fessura dalle lanceiformi foglie dell'aloè gigantesco, passavano
rapidamente sotto agli occhi dei nostri viaggiatori, ugualmente non visti o non
curati.
Mezzo
seppellita sotto un ammasso di guanciali, cuscini e scialli, la giovine
signorina giacea stesa lunga, facendo ogni sua prova per dormire. Benchè
fossero le sue gote pallide dalla stanchezza, e un cerchio azzurrino intorno
agli occhi manifestasse tristamente gli effetti della insonnia; pure il sonno
rifiutava di venire ad essa, come un continuo mutar di posizione, uno scuotersi
e agitarsi con impazienza fanciullesca mostravano chiaro al compagno. Ella era
il bel modello di un tipo di bellezza, che s'incontra non di rado in
Inghilterra, specialmente fra le classi più elevate; - tipo che unisce in sè
caratteri apparentemente incompatibili: uno stampo di nobiltà vicino
all'alterigia, e una soavità di contorni quasi ideale. Quel velo di languore
sparso sulla sua persona dava alla sua amabilità una grazia speciale, una
irresistibile attrattiva. La natura facendo si bella questa giovinetta, pareva
avesse scritto in tutte le fattezze di lei, fragile. Le sottili vene
azzurrine delle sue tempia, quasi venature di marmo; il soave azzurro degli
occhi; la bianchezza della pelle tinta di verginal rossore; tutto ricordava,
ahi troppo! la fugace e florida beltà di qualche fior dilicato. I capelli, de'
quali alcune ciocche scappavano qua e là dalla ricamata rete che li teneva
stretti, avevano quella ricca tinta d'oro, con cui i pittori italiani adornano
il capo dei serafini. Nel complesso era di forme graziose e incantevoli tanto,
che di più non ne mirò mai occhio d'uomo; e quali un angelo sceglierebbe,
condannato a vestire umana carne: - corporee abbastanza per mostrare l'umana
natura, e abbastanza trasparenti da lasciar travedere un raggio della origine
celeste.
Sir
John Davenne - era il nome dell'uomo maturo che stava accanto alla bella
creatura - sedeva immerso in una profonda meditazione. Benchè non apparisse
piacevole, pure ne lo poteva distrarre soltanto il suono represso di una tosse
corte e secca, che destava tutte le sollecitudini del padre affezionato.
Volgendosi alla sua giovane compagna, le chiedeva con voce sommessa
affettuosissima se si sentisse peggio, e le mormorava qualche parola di amore o
di incoraggiamento, e le scuoteva o accomodava i guanciali.
L'esterno
del padre era anche in qualche guisa prevenente. La carnagione fresca e quasi
femminea nella sua mollezza, l'occhio azzurro chiaro, la fronte altera,
scarsamente ombrata da due povere ciocche di lucidi capelli grigi con cura
pettinati in avanti; la persona alta e dritta che appena dava segno delle
cinquantasei o cinquantasette estati contate da chi le portava; tutto
contruibuiva a produrre una gradevole impressione. - Ma una più attenta
osservazione, uno sguardo più lungo, rivelava certi nei in quella polita
superficie. La fronte pura di colore, e liscia come marmo, era alta ma stretta
come la fronte di Giorgio III e Carlo X; fattezza ereditaria nella famiglia da
cui il gentiluomo discendeva; e prometteva una ostinazione da disgradarne le
teste coronate alle quali veniva rassomigliato. L'occhio di azzurro chiaro era
troppo preminente e rotondo; le narici del naso, finamente arcato, erano
alquanto arricciate; e le labbra di fino taglio rilevate all'insù: il che
indicava, insieme all'angolo acuto delle narici, abito inveterato di superbo
spregio. La generale espressione del contegno del gentiluomo parea dicesse che
il fango onde son fatti gli uomini erasi posto fra la sua nobiltà e il vento.
Un
lungo scoppiettio della frusta del postiglione, e il selciato di pietre sul
quale corre ora la carrozza, annunziano romorosamente il suo ingresso in una
città. Un ohe! stentoreo dell'automedonte del cocchio aristocratico
avvisa l'invisibile occupante di un misero calessino a due ruote, fermo davanti
alla Posta, di ceder luogo. Sia effetto della mano insanguinata, che si fa
sentire anche in distanza; sia che il proprietario del calessino avesse i suoi
affari di premura, il fatto si è che quella parola di comando fu tosto obbedita;
e il polveroso calessino scappò via al galoppo serrato della sua rozza,
lasciando padrone del campo non disputato il pesante suo competitore.
La
cameriera e il servo saltano dalla cassetta, e si portano agli sportelli della
carrozza ossequiosi. La malata chiede un bicchier d'acqua. L'acqua viene
sporta; e sir John vi getta da una boccetta alcune gocce di liquore, e la porge
alle labbra della sofferente fanciulla. Due accattoni di mestiere, uomo e
donna, pittorescamente cenciosi, cominciano intanto una litania di miserie,
finita sempre con una carica ripetuta: che la Madonna santissima e tutti i
santi del paradiso ripagheranno dieci volte la carità dei buoni benefattori.
Miss Davenne cerca la borsa, e pone qualche moneta in mano alla donna, che per
sorte trovasi dalla sua parte. Sir John gitta qualche pezzo di argento in terra
pel vecchio. Certo ambedue, padre e figlia, sono mossi dallo stesso sentimento
meritorio; ma in qual modo differente lo esprimono! Sentono quella differenza
anche gli accattoni: che la vecchia mormora un ringraziamento, e accenna sulle
labbra un sorriso; il vecchio raccoglie la moneta, e se ne va taciturno.
-
«Come si chiama questo paese?» chiese miss Davenne. - «San Remo,» rispondono.
Sir John Davenne non approva quel nome; o almeno si può supporre dalla sua
alzata di labbro al sentirlo. Guarda la strada all'insù, la guarda all'ingiù, e
poi ritira il capo. Se avesse sir John Davenne tenuto un libro di Memorie,
probabilmente ci scriveva una nota di questo genere: - «San Remo, paese di
aspetto singolare, strade strette, mal selciate, case alte, irregolari, popolo
cencioso, sciame di accattoni,» - e via così per tutta una pagina.
Fortunatamente per la fama di San Remo, sir John non teneva libro di Memorie.
Intanto
quattro cavalli erano di già attaccati alla carrozza; ma la lunghezza della
posta a fare, e la natura montuosa della strada, a detta del mastro di posta,
richiedevano un cavallo di più. Questo quinto cavallo, che aveva ad essere
messo solo innanzi agli altri, manifestava un'assoluta ripugnanza a prendere il
posto assegnatogli, ora cacciandosi sotto, ora inalberandosi alternativamente;
finchè scioltosi affatto, scappò di gran carriera giù per la stretta via,
inseguito da quanti uomini e fanciulli si vedevano per città. Dopo una viva
caccia, preso per gli sforzi riuniti, venne riportato trionfalmente, e
attaccato alle testa degli altri quattro. Il postiglione, balzato sulla sua
sella pesante, scosse la frusta intorno al suo capo: prima a dritta, poi a
sinistra, facendo seguir ciascun atto da uno scoppio come di pistola; e la
carrozza finalmente si rimise in moto fra uno strepito tumultuoso indistinto.
Di lì
a poco riapparve il calessino di già notato a San Remo, affaticantesi su per un
lungo e irto clivo: mostra curiosa delle vetture di questo paese; scolorito,
consunto, ristretto e quasi informe; tale insomma da far maraviglia che si
tenesse intero sulle ruote. La distanza fra i due legni diminuiva a vista,
guadagnando spazio le quattro ruote sulle due; quasi come un gran vapore che
insegua vivamente un piccolo. Il denso strato di polvere sulla strada ammorzava
il rumore delle ruote e de' piedi dei cavalli, e rendeva più che mai necessario
l'usuale avviso dello scoppiettare della frusta. Eppure il postiglione non dava
segno di vita. Probabilmente ritenea per certo che il conduttore del calessino
dovesse essersi accorto dell'arrivo del magnifico suo vicino, e avrebbe avuto
cura conveniente di sè; oppure era tanto occupato nell'accomodar la frusta da
dimenticare il suo dovere. Comunque fosse, fatto è che il legno inglese appena
arrivato alla cima della salita, lanciatosi a un tratto a tutta corsa, passò
innanzi a gran carriera all'inavvertito povero calessino. La piccola rozza,
spaventata e adombratasi, fece tale un salto a sinistra, che calessino, cavallo
e conduttore sarebbero precipitati nel mare, ove fosse stata men forte ed
esperta la mano che teneva le redini.
La
tirata di parole con cui il galantuomo del calessino salutò l'improvviso arrivo
de' suoi compagni di viaggio (dal tono risentito col quale erano pronunciate
non si potevan prendere per benedizioni) attestò abbastanza il suo risentimento
per lo scortese procedere del postiglione. Per buona sorte, miss Davenne,
benchè sapesse discretamente l'italiano, non intendeva punto il dialetto della
Riviera; altrimenti avrebbe avuto uno strano e spiacevolissimo saggio della
eloquenza appassionata di quei paesi.
Se
l'incontro inaspettato aveva messo la povera rozza e il suo padrone fuor di sè,
il famoso cavallo di rinforzo della vettura di sir John non riuscì punto più
quieto. Forse era contagioso l'ombrare, o forse l'animale aveva speciale
antipatia per lo scendere in giù: e qui proprio cominciava la scesa. Comunque
fosse, appena passato il calessino, la sua corsa divenne un misto variato di
galoppare, di cacciarsi sotto, di arrestarsi. Sir John che seguiva, colla testa
fuori dello sportello, con ansietà ognor crescente le strane evoluzioni della
bestia, avrebbe immediatamente chiamato il postiglione; ma lo riteneva il
duplice timore di destar sua figlia da quella specie di sonno nel quale pareva
immersa da quando avevano lasciato San Remo, e di arrestare troppo di repente i
cavalli in piena corsa. Arrivata la carrozza al fine della discesa, che non era
lunga, ed essendosi intanto ridesta miss Davenne, sir John ordinò al
postiglione di fermarsi; e disse a John, il compagno della cameriera in
cassetta, di scender giù a vedere che cosa fosse. John discese, e tra servo e
postiglione cominciò un dialogo che non prometteva probabilmente alcun esito
soddisfacente: dacchè non intendeva il postiglione una sola sillaba delle
domande e degli ordini di John, espressi in pessimo italiano; nè comprendeva
John una sillaba delle spiegazioni date dal postiglione nel dialetto della
Riviera. Ciascuno ripeteva più volte le sue parole, senza comunicar all'altro
un'idea. Insisteva l'inglese John, perchè il cavallo restio si mettesse dentro
le guide, e uno dei più quieti al suo posto; mentre il postiglione, con la
natìa facondia, persisteva in asserire che non c'era pericolo, che il cacciarsi
sotto e l'indietreggiare del cavallo alla testa era cagionato dal batter della
stanga contro le gambe, e che la avrebbe riassettata in un momento.
Alla
fine la rigorosa pantomima del giovane italiano - chè il postiglione non passava
i venti anni - dette a John un lampo dell'idea del suo interlocutore. Il fatto
indicato dal giovane era tanto evidente, essere gli urti della stanga, se non
la sola, una delle cause della inquietezza del cavallo, che John lieto di
vedersi risparmiata maggior contesa per sì piccola cosa, e pure con qualche
perdita di sua dignità, accettò prontamente la spiegazione. E avendo riferito
al padrone, che v'era solo un guasto da nulla negli arnesi, risalì gravemente
il suo comodo seggio presso a miss Hutchins.
Il
postiglione aveva intanto provato di accorciar la catena del timone, sì che non
battesse contro il cavallo; e fischiava forte nello stesso tempo: quando il
calessino lasciato indietro, venne e gli si fermò accanto senza essere sentito
e veduto. - «Evviva Prospero!» disse una voce che fece tutto a un tratto balzar
il giovinetto, che voltò gli occhi e si levò frettolosamente il cappello; «che
diavolo ti accade quest'oggi? sai tu, monellaccio, che mancò un pelo tu non mi
gettassi in mare?»
-
«Gittare in mare Vossignoria?» esclamò Prospero con un tono singolare d'ira e
di dispiacere ad un tempo. «Sa vossignoria, che piuttosto vorrei annegarmi da
me cento volte? Ma questo non è il calessino di vossignoria. Come potevo
credere che vossignoria vi stesse dentro?»
- «E
che c'entra tutto questo?» replicò in tuono severo la voce del signore cui era
diretto il discorso; «che importa che ci sia io o il Gran Kan dei Tartari? Come
osate farvi giuoco della vita di chicchessia? È vostro affare, e vostro dovere,
di badare che i cavalli da voi guidati non ammazzino un pacifico cittadino.
Avete inteso?»
Prospero,
profondamente umiliato, disse che ne provava un vero dispiacere; e avrebbe
fatto di tutto, perchè più non accadesse nulla di simile.
-
«Benissimo, ma che sorta di cavallo è codesto?» continuò la voce; e una mano
stesa fuori da sotto la coperta del calessino indicò il cavallo di rinforzo.»
- «È
un cavallo nuovo, signore, venuto proprio jeri alla stalla. È una bestia
ombrosa.»
-
«Ombrosa, la chiamate? bagattella! È una bestia viziosa quant'altra ne abbia
mai veduto, e che il vostro padrone non avrebbe dovuto attaccare a un legno
dentro cui siano cristiani. È un quarto d'ora che osservo il vostro ombroso
cavallo. Ascoltate un buon consiglio, mentre è ancor tempo, Prospero: invece di
stringere quella fibbia, scioglietela: e lasciate che il cavallo se ne torni in
San Remo.»
Se
Prospero fosse stato un uomo di cinquant'anni, con una riputazione stabilita di
buon postiglione, c'è molta probabilità che avrebbe accettato il buon
consiglio; ma era, per dir così, proprio un ragazzo pieno di coraggio e di
fiducia nella forza delle sue braccia, e ardentemente avido di farsi conoscere
sulla strada per un cocchiere di prima riga. Ora il rimandare in simili
circostanze il cavallo indietro, era una confessione della sua incapacità a
guidarlo; - confessione ripugnante del pari all'ambizione e all'amor proprio di
Prospero. Hanno i postiglioni il loro punto d'onore come la gente che essi
conducono.
E
Prospero rispose astutamente: - «Lasciarlo sulla strada, voleva dire, signore?
E come potrebbe tornarsene da sè addietro, avendolo noi preso solamente jeri, e
dall'interno del paese? Mi troverei per benino in faccia al padrone, se
lasciassi qui sciolto il calvallo! Ma non v'è pericolo,». continuò Prospero con
la solita aria rispettosa e allegra. - «Qualunque cavallo si inalbererebbe
battendogli un gran pezzo di legno ad ogni passo contro le gambe. Vedrete,
signore, se rilascio un poco i finimenti, e scorcio la catena da tener immobile
il timone, andrà quieto come un agnello.»..
-
«Bene, te ne hai ad intendere meglio di chicchessia,» rispose la voce: «in ogni
modo, stagli coll'occhio addosso; e bada, trovandomi di nuovo, di non
ribaltarmi, nè mi far prendere un bagno freddo se è possibile.»
Le
ultime parole furon dette in tono di scherzo. Il postiglione mostrò due file di
bianchi denti nella risata cordiale con cui accolse la raccomandazione; e
salutò rispettosamente, mentre il calessino correva via.
Questo
dialogo, naturalmente non compreso dai viaggiatori inglesi, durò appena due
minuti; essendo rapido e incisivo il modo di parlare de' due interlocutori. La
voce dell'uomo invisibile era notevole per il tono melodioso e per l'uso
naturale di ciò che potrebbe ben dirsi il chiaroscuro della parola.
Dicendo noi l'uomo invisibile, s'ha a intendere per quelli che stavano
dentro in carrozza; i quali, trovandosi i due legni l'uno avanti all'altro e
quasi nella stessa linea, non potevano vedere della persona che era nel
calessino coperto, se non la mano colla quale aveva indicato il cavallo.
Allungati
i finimenti e scorciata la catena, non corse molto tratto che la grande
carrozza inglese passò ancora una volta innanzi al dimesso calessino: questa
volta bensì di passo veramente discreto, e dopo avere il ravveduto Prospero
fatto risuonar nell'aria ogni sorta di fischio, grido, o chiamata, e ogni sorta
di segno che con una frusta si possa dare. Sir John Davenne respirò di contento
quando lo passarono. Strano invero! Il baronetto si era abbassato sino a
prendere una personale avversione per il calessino, e sperava averlo veduto per
l'ultima volta. Oh! sir John Davenne, v'ha una leggenda o una parola anche più
antica delle crociate: L'uomo propone, e Dio dispone. Il restìo cavallo
si conduceva bene in questo tempo; miss Davenne dormiva tranquillamente; e però
allontanata ogni causa di fastidio e d'inquietezza, sir John ricadde nella
primitiva astrazione: la quale, da lì a pochi minuti, a dispetto di uno o due
sforzi virili, divenne un bel russare.
Poco
dopo che sir John ebbe chiusi gli occhi, la strada, che per un tratto era
andata salendo, cominciava a discendere. Per un buon miglio correva
ripiegandosi a zig-zag intorno a un declivio nudo e sassoso e rossiccio, che
andava a finire nel mare; poi, svoltando rapidamente a dritta, appariva
l'ultima parte, ma la più rapida della scesa, e quindi per un tratto al livello
col mare. Qui la strada cominciava dì nuovo a salire; e presto si biforcava: il
minor ramo salendo su dritto per un piccolo promontorio che chiudea l'orizzonte
a ponente - uno spazio di terra verde ridente, con un campanile e dei tetti qua
e là illuminati dal sole; - la strada principale costeggiando la base dello
scoglio a sinistra.
Chiamato
Prospero a stare all'erta dall'avviso del padrone del calessino sulla gravità
del conto che aveva a rendere, si avventurò giù per la china con tutta
l'attenzione possibile, e con l'occhio addosso al cavallo restìo. Ma non valse
la sua abilità e la sua vigilanza a prevenire una conseguenza inevitabile in simil
caso: cioè, che le tirelle del cavallo davanti, tese alla salita, non si
trovassero necessariamente più lenti e quasi ciondoloni alla scesa; e, che per
conseguenza, la stanga per cui il cavallo era attaccato al timone, non
cominciasse a battergli di nuovo sul di dietro; e un ripetuto ricalcitrare
dette avviso del pericolo sopravvegnente. La cosa diveniva sempre più grave; e
come la china, dolce da principio, proprio presso la svolta su menzionata si
faceva più rapida, e l'inconveviente causato dalla stanga cresceva in ragion
diretta della celerità del moto della vettura, la furia e lo spavento del
cavallo urtato cresceva ad ogni passo; mentre gli sforzi dell'ansioso
conduttore per calmarlo servivano invece a spaventar gli altri quattro.
Sentendo che tutti cinque ormai stavano lì lì per fuggirgli di mano, Prospero
subitamente allentò le briglie, e con lo schiattir della lingua li lanciò di
carriera, mirando attento la strada per evitar ogni sorta d'intoppo, che,
quantunque piccolo, nella rapidità terribile colla quale la carrozza
precipitavasi, avrebbe potuto metterla a rischio di ribaltare. Naturalmente
confidava di poter ripigliare la mano a' cavalli, giunti che fossero a piè
della discesa.
Era
infatti la sola probabilità di salvezza che rimanesse; e, ancora un minuto, la
prova gli sarebbe riuscita. Ma sir John si svegliò. La realtà delle cose aveva
agito sul suo sonno, avendo sognato sin allora cavalli fuggenti; e nel primo
destarsi con turbamento naturalissimo aveva cacciato la testa fuori, gridando al
postiglione di fermarsi; il rumore destò miss Davenne, che sveglia anch'essa, e
grandemente impaurita, cominciò a gridare. Al comando e alle grida, il
disgraziato Prospero voltò il capo un momento, e perdette di vista la strada
per un istante; ma anche un istante era troppo in così critica circostanza.
Una
delle ruote di dietro passò su di una pietra, la carrozza fece un balzo in
aria, oscillò un momento sull'orlo della strada, poi cavalli e carrozza, tutto
andò sossopra. Per quanto tristo, il caso avrebbe potuto esser peggiore. Era la
strada sol di pochi piedi rilevata sopra la spiaggia; e felicemente in quel
punto era un profondo letto di arena, che addolcì la caduta. Fortuna che non
siasi sir John risvegliato prima; che sarebbe stata la caduta troppo grande
anche per un uomo della sua importanza.
Mentre
miss Hutchins tutta agitata d'animo e di vesti nel suo subitaneo aereo volo,
cerca racconciarsi come meglio può, maravigliata di trovarsi giù tutta in un
pezzo; - mentre John, serio e dignitoso al solito, a dispetto di un terribile
capofitto e di un lungo taglio a traverso il naso che fa sangue in abbondanza,
tira per una finestra sir John, che per sorte si era trovato al disopra e non
pare abbia sofferto alcun danno; - mentre tutti e tre, unendo i loro sforzi,
cercano liberare dalla caduta carrozza il corpo esanime di miss Davenne; -
mentre Prospero, per l'eccesso stesso della disperazione, guarda attonito,
prima l'uno poi l'altro; lasciando i suoi cavalli scalpitare e agitarsi a lor
voglia: restando come chi fosse caduto dalle nuvole anzi che dalla strada; si
sarebbe potuto veder l'odiato calessino, correndo sulle ruote come un fulmine,
precipitarsi furiosamente giù per la collina. Che forse la piccola rozza ha
vinto anch'essa la mano? o il conduttore appartiene alla piccola classe di
persone, sulle quali la possibilità di ajutare altrui fa l'effetto di un
liquore inebbriante, che li rende insensibili al proprio pericolo? - Lo vedremo
tra poco.
- «S'è
fatto male nessuno?» sclamò il signore del calessino nell'atto di correre sul
luogo ove il caso era occorso. «Vi posso servire a nulla? Io son medico.»
Uscì
nello stesso tempo dal calessino, e si avanzò verso il gruppo intorno a miss
Davenne, un uomo alto, bruno, con barba nera, con un cappello a larga falda e a
pan di zucchero; insomma, proprio un viso che incontrato da sir John in altre
circostanze, gli avrebbe fatto impostare le due pistole portate invariabilmente
da quando viaggiava nella classica terra dei banditi. Stando così le cose,
l'inglese Baronetto, che non capiva una parola della lingua di quell'italiano,
si contentò di fissare il nuovo venuto in atto mezzo fra la maraviglia e il
dispiacere; quasi dicesse: che razza di uomo è costui? Niente affatto
intimidito da quell'atto, lo straniero si spingeva avanti a sir John,
s'inginocchiava a lato della giacente fanciulla, e si provava a tastarle il
polso; quando sir John, non comprendendo la sua intenzione, balzava avanti
quasi per cacciarnelo.
-
«Siete matto?» gridò lo straniero in italiano: poi in francese: - «Je suis
médecin, vous dis-je;» e tosto indi aggiunse in buono e chiaro inglese, come
nella faccia del Baronetto avesse veduto sventolar la bandiera
dell'Inghilterra: - «Non avete sentito che vi ho detto che sono medico?» Il
suono della lingua natia recò alla fine una distinta idea nell'intelletto di
sir John, e un raggio di consolazione penetrò nel suo animo. Perchè avere un
dottore alla mano in tale stretta, e un dottore che parla inglese, quantunque
la sua apparenza possa contrastare con tutte le nozioni preconcette di un
inglese sul carattere di medico, sir John si permette di convenire seco stesso
che sia pur qualcosa.
Quasi
la sua risposta non ammettesse ulteriori osservazioni o domande, il Dottore
procedette a sentire il polso della signorina, le tolse il cappello e le
esaminò adagio il capo. Non c'era ferita, nè scalfittura. Il petto anche era
intatto, dacchè il suo respiro, benchè debole, era regolare. - «Purchè non
siavi contusione nel cervello,» mormorava fra sè e sè il Dottore: e proprio,
mentre tentennava il capo a questa spiacevole congettura, i suoi occhi
incontravano quelli di sir John Davenne. La cupa ansietà del suo viso non
poteva non vedersi immediatamente. - «Non c'è nulla a temere per vostra
figlia,» disse il Dottore rispondendo alla tacita domanda. E quasi supponendo
ammessa la sua interpretazione di parentela: - «Gli è un semplice svenimento;
la signorina si riavrà in un istante.» E tuttavia parlando trasse di saccoccia
un astuccio; e prese un paio di grosse forbici, le pose nelle mani tremanti di
miss Hutchins, dicendole: - «Cercate di aprir le vesti della vostra padroncina,
che io corro a prendere dell'acqua in mare. Tagliate tutto; ma, badate ve'! di
non muoverla.»
Senza
aspettar risposta, il medico corre via, empie il suo cappello di acqua, e
ritorna in un batter d'occhio. In ogni suo atto è pronto, ma calmo; e benchè
appaia la sua apprensione, quanto fa e dice, lo fa e lo dice in un certo suo
modo risoluto, celere, tranquillo, senza furia e senza agitazione. Nel tornare
indietro, i cavalli agitantisi e Prospero stupido attraggono la sua attenzione.
E con un tono che comanda immediata obbedienza: - «Taglia i finimenti ai
cavalli; intendi?» gli grida; e gli tien l'occhio addosso, finchè gli vede
girare intorno il capo colla pantomima di un arlecchino disperato, e cominciare
a frugarsi nelle tasche in cerca di un coltello.
Il
Dottore spruzzò abbondantemente di acqua la faccia e la gola di miss Davenne,
le pose sulla fronte un fazzoletto bagnato, mentre la Hutchins le teneva una
boccettina d'odore alle nari e le bagnava le mani con acqua di Colonia.
Malgrado ogni sforzo, ella rimaneva insensibile. Diveniva pertanto manifesto
all'occhio del medico, che rimedii più forti occorrevano a farla tornare in sè.
Il Dottore, cavato di nuovo l'astuccio di strumenti, a grandissima
costernazione di sir John si mise a scegliervi una lancetta. Felicemente in
quel punto, miss Davenne riaprì un tantino gli occhi, e mormorò: - «Papà.» Sir
John si chinò amorosamente su lei: - «Che hai, mia cara?»
- «Ah!
il mio piede! un dolore orribile al piede.»
-
«Qual piede?» domandò l'Italiano.
Ella
lo guardò alquanto maravigliata; poi, indicandogli il piede destro: «questo,»
disse. Pronunziate appena quelle parole, in un minuto secondo colle sue grandi
forbici il Dottore aveva abilmente tagliato l'elegante stivaletto e la fina
calzetta, e messo a nudo un piede di alabastro degno di una scarpetta da
Cenerentola, ma stranamente slogato Nè era tutto. La gamba era rotta proprio
sotto la caviglia. Questo, col rapido colpo d'occhio di medico, piuttosto
indovinò che non vide; e con un movimento rapido quanto il pensiero, gittò uno
scialle sopra la parte ferita da nasconderla ad entrambi, padre e figlia, e
disse in tono calmo: - «Ah, una caviglia slogata! una cosa un po' dolorosa, ma
niente di pericolo. Mi bisognano tutti i fazzoletti che potete darmi,» aggiunse
guardando intorno. Fazzoletti di tutte le grandezze e qualità furon tratti
dalle saccocce degli astanti. - «Basta, basta,» diss'egli sorridendo in vedere
quella pioggia inaspettata. «Questi serviranno intanto di fasciatura
provvisoria, che allevierà il dolore della signorina.» E legato il povero piede
accuratamente, disse: - «Ora, signorina, permettete che vi faccia notar bene
l'importanza di restar più quieta che potete. Vi ho a lasciare un momento, per
cercar l'occorrente a rimettervi bene il piede: e ciò dee esser fatto prima che
siate tolta dalla incomoda positura. Promettete di non muovervi sino al mio
ritorno?»
-
«Sì,» disse miss Davenne, forzandosi a un lieve sorriso di ringraziamento.
Il
Dottore si levò ratto in piedi, e già stava per correr via, quando,
rivolgendosi subitamente a John che stavagli vicino in atto di profonda
compassione quasi comica a vedersi nella sua faccia livida e turchina:
- «Se
voi teneste,» gli disse, «un ombrello sul capo della signorina? Il sole batte
in pieno su di lei.» Poi, continuando il cammino, saltò nel calessino, e mise
la rozza al galoppo.
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