CAPITOLO
XVI.
Nuovi
personaggi e incidenti.
Nel
posto d'onore, cioè al piè della balaustrata che separa l'altar maggiore dal
corpo della piccola chiesa del Santuario, alle otto della mattina seguente
troviamo Speranza e Battista, inginocchiati ad ascoltar con somma divozione la
messa detta per loro. L'altare su cui sta l'immagine miracolosa, nascosta bensì
da una cortina all'occhio dei profani, è riccamente ornato, e le mura intorno,
come quelle delle due cappelle minori a dritta e a sinistra della navata, sono
coperte di voti, per la maggior parte consistenti in cuori d'argento, e persino
di qualche bambino fasciato al modo invariabile degli Italiani. Vi sono anche
molte piccole pitture primitive, delle quali nove su dieci hanno l'intenzione
di rappresentare bastimenti che si affondano in orridi mari, con onde fuor di
natura, e colla Madonna seduta sopra una nube che li guarda placidamente.
Terminata
la messa, la balaustrata viene spalancata dal sagrestano, il quale invita ad
inoltrarsi Speranza e il suo fidanzato. Questo per la popolazione, composta
principalmente di donne, è il segnale di un precipitarsi innanzi verso
l'altare. I quattro ceri di fronte sono accesi: e quindi la cortina si solleva
lentamente fra un tintinnìo di campanelli, e apparisce una pittura di piccola
dimensione - alta un po' meno di tre piedi, e larga due incirca - con tre
figure, la Madonna, il santo Bambino, ognuno con una aureola intorno al capo, e
santa Caterina a lato di essi. Un general mormorìo di soddisfazione sorge fra
gli adoratori, gli occhi de' quali brillano e luccicano assorti come sono in
quella contemplazione, il sagrestano par raggiante in volto. Speranza in
ginocchio, fatta di porpora pel rossore, fa la sua offerta: un grosso cuore
d'argento; Battista lentamente e timidamente tende la sua: una carrozza
rovesciantesi, con la Madonna fra le nubi, secondo il solito. Una breve
preghiera del prete, una breve risposta dei fedeli, e poi il prete ritirasi. Il
sagrestano nell'atto di smorzare i ceri, mantiene una piccola conversazione ex
officio con alcuni degli astanti; e fa osservare che è un vero miracolo il
vedere come la pittura si faccia ogni giorno più bella. Poi di nuovo uno
scampanìo e la cortina si abbassa, e i devoti se ne vanno uno dopo l'altro.
-
«Come mai questa gente,» disse Lucy al Dottore, scendendo le scale di una
piccola galleria sopra la porta della cappella, d'onde avevano osservato tutta
la cerimonia; «come mai questa gente può credere che una pittura così piccola
abbia potuto servire di vela?»
- «La
vostra osservazione, mia cara miss Davenne, puzza orribilmente di eretico,»
rispose gravemente il Dottore. «Se la pittura fosse stata di dimensione
conveniente, in che sarebbe consistito allora il miracolo?»
Usciti
dalla cappella, e procedendo a sinistra, e passando disotto a una vôlta che
sosteneva la terrazza, ove la sera innanzi si erano seduti a guardare il
tramonto, Antonio soggiunse: - «Se volete ora affidarvi alla mia direzione, vi
condurrò in luogo ove troverete una grata sorpresa.»
-
«Come vi piace,» rispose Lucy.
Il
modo freddo con cui era ricevuta quella proposta fatta in aria di scherzo,
differente tanto da quello piuttosto vivace da lei usato in simili occasioni,
mosse Antonio prima a guardarla in viso, e poi a dirle: - «Temo che non abbiate
dormito bene stanotte.»
- «Al
contrario,» fu l'improvvisa risposta, «non ho mai dormito meglio in vita mia»
(Oh, miss Davenne! miss Davenne! se non fosse per quel purpureo rossore che vi
tinge e brucia le gote, vi starebbe bene una forte sgridata, per aver detto una
tal bugia proprio in viso alla Madonna). Antonio la guardò di nuovo, ma non
disse nulla, nemmeno le offrì il braccio: ella si teneva a sufficiente distanza
da lui, e facea giustamente pensare che allora non desiderasse il suo appoggio.
Così camminarono avanti in silenzio; ma dopo un giro rapido intorno a uno
scoglio, vennero a una piccola spianata coperta da folto cespuglio di rose
selvagge. Lucy, anche in quel suo broncio, non potè tenersi dal manifestare la
propria compiacenza a quella vista. - «Ecco dove stava l'antica cappella,»
disse Antonio; «potete ancora vedere gli avanzi delle antiche mura fra que'
cespugli. Ma tenetevi alquanto indietro, o non vi distrigherete mai più da
questi rovai,» soggiunse cacciandosi nel più folto di essi. E tagliandone indi
a dritta e a sinistra, e accuratamente levatene le spine e fatto un magnifico
mazzo, l'offrì senza dir motto a Lucy. Ella, pur senza dir motto, lo prese.
- «È
un cappuccino quello?» domandò ella alla fine, indicando un uomo vestito di una
lunga e ampia tonaca, con una corda per cintura, che veniva giù per la strada a
distanza da essi.
- È il
sagrestano, quello che stamane ha rappresentato una parte così importante nella
cappella. Ha deposto le sue vesti, indossando la tonaca di Romito; perchè
dovete sapere ch'egli è il Romito di Lampedusa, e non si conosce con altro
nome. È uno degli annessi della cappella, da lui guardata giorno e notte. La
Madonna e lui sono una cosa sola.»
Lucy e
il Dottore, nel tornare al Santuario, raggiunsero il Romito (probabilmente
stava aspettandoli), il quale fece alla signora un profondo inchino, e scambiò
alcune parole col signore.
-
«Quest'uomo,» disse Antonio in italiano e battendo famigliarmente sulla spalla
al Romito, «ha la Madonna nelle sue maniche. Negatelo se potete.» Il Romito,
evidentemente molto compiacendosi di questo complimento, piuttosto profano, ne
mostrò la sua riconoscenza con un lieve inchino del capo, e con un muover delle
mani in atto di preghiera, quasi per dire: - «Risparmiate per carità la mia
modestia,» e tirò oltre. Durante quella fermata, Lucy avevalo guardato con un
po' di curiosità. Era un uomo secco, sottile, di colorito rubicondo; vicino ai
sessant'anni con un pajo di occhietti grigi, irrequieti e penetranti come
quelli di un furetto, testimoni accusatori del suo temperamento collerico.
-
«Questo pover uomo,» disse Antonio, «fa un picciol commercio di immaginette
stampate della Madonna; e dissemi che vi sarebbe venuto a trovare per farvi
vedere la sua raccolta. Spero che ne comperiate qualcuna, che voi potrete dare
a Speranza e a Battista, dai quali saranno ricevute con piacere. Questa specie
di tributo riscosso da quanti visitano il Santuario, con altri piccoli incerti,
costituisce l'entrata del Romito, che non ha salario. È un originale degno di
essere studiato. Il suo fanatismo in ciò che concerne la Madonna è ferocissimo:
a paragone di lui Torquemada era un modello di tolleranza.»
Trovarono
Speranza e Battista sulla terrazza. Il povero Battista, che non aveva ancor
vinto quel timore e quel rispetto che gl'inspirava Lucy, così sorpreso si fece
straordinariamente rosso, e cercò nascondersi dietro a Speranza - manovra
osservata da tutti; ma della quale, per compassione del povero giovane, nessun
fece mostra di accorgersi. Antonio andò a prendere una tavola per miss Davenne;
la quale, sedutasi, si pose a disegnare. Puntuale nel mantenere la parola,
apparve poco dopo il Romito portando seco un grosso fascio di stampe, ammirate
e lodate da tutti i presenti, delle quali, secondo il convenuto, Lucy divenne
la compratrice.
-
«Avete molte visite?» domandò Antonio.
-
«Santi chiodi! Crederei di sì,» esclamò l'irascibile vecchio, a cui il modo di
parlare rotto e concitato, e l'abituale scrollare del capo, davano l'apparenza
di una collera permanente. «Crederei di sì, davvero. È tutto l'anno lo stesso.
La gente viene da Torino, da Genova, da Nizza, da tutte le parti del mondo. E
chi non può venire, è ascoltato lo stesso dalla Madonna come la prega; è la
fede che salva. La settimana passata, per esempio, il marchese di Papparilla,
uno dei più grandi nobili di Genova, si ammalò; i medici lo avevano dato per
ispedito; ma la sua madre, proprio una santa donna, sapete che fa? - abbandona
i medici, com'essi avevano abbandonato suo figlio, e si mette a scrivere una
lettera al curato, pregandolo di fare un triduo al Santuario. E sapete che
succede? - proprio il primo giorno del triduo il marchese si trovò fuor di
pericolo.»
- «E
cos'è un triduo?» domandò Lucy.
- «Un
triduo?» rispose con quella sua scossa di capo caratteristica più forte che
mai. «Santi chiodi! tre giorni di preghiera colla benedizione del Santissimo
Sacramento, e il suono delle campane della parrocchia finchè dura. Potete far
fare un triduo con sette franchi e dodici soldi: tre franchi per la parrocchia,
tre per la Madonna, e ventiquattro soldi per il campanaro; otto soldi vengono a
me. Se voi pagate tre franchi e dodici soldi di più, potete far dire una messa
ogni giorno del triduo. Ciascuna messa venti soldi, e i quattro soldi di giunta
per l'accesso da Castellaro a questo luogo. È proprio un niente.»
-
«Certamente,» disse Antonio, «non è caro. Di grazia, il Santuario della Madonna
della Guardia», proseguì indicandolo in lontananza, «è in tutto lo stesso come
questo?»
- «Come
questo!» sclamò il vecchio divenuto di fuoco e facendo una smorfia di supremo
disprezzo, «Santuarii come questo, mio buon signore,» continuo in tono molto
severo, «sono rari, benchè frughiate per tutta la Cristianità. Un Santuario
come questo, mio buon signore, non si trova in nessun altro sito del
Cristianesimo: - ma andate in sagrestia, e leggete, vi prego, il Breve
Pontificio che vi è appeso: vi insegnerà che questo Santuario di Lampedusa è
uguale a Roma - sì, lo stesso in punto di privilegi e di indulgenze, tanto in
vita che in articulo mortis. E tutto ciò che può ottenersi in Roma, dove
abita Sua Santità, può aversi qui del pari senza alcuna eccezione. Quando il
Santuario di Nostra Signora della Guardia potrà dire altrettanto,» concluse con
aria di dignità offesa, «allora, allora solamente, lo metterò a pari con
questo.»
-
«Pure,» persistette Antonio con molta gravità, «quantunque io sia molto lontano
dal voler far paragoni, che son sempre odiosi, pure ho sentito da autorità
competenti, che ad intercessione della Madonna della Guardia sono accadute di
recente alcune guarigioni miracolose.»
- «Può
darsi,» disse il Romito con fredda condiscendenza; «lungi da me il pensiero di
screditare la Madonna della Guardia. Essa può forse aver guarito qualche vecchio
gottoso, o qualche vecchia catarrosa. Ma ha reso mai la parola e l'udito a
sordo-muti dalla nascita? ha sanato paralitici inchiodati a letto da
venticinque anni? ha fatto mai piovere che si sappia nel giorno successivo alla
fatta domanda?»
- «Voi
avete veduto dunque dei veri miracoli?» chiese Antonio.
-
«Santi chiodi! se ho veduto miracoli? Spero di sì,» proruppe il vecchio con
calore. «Vi ricordate l'estate del 1835? No, non ve ne ricordate; non eravate
venuto ancora in queste parti. Nemmeno una goccia di pioggia, ve ne do parola
solenne, non era caduta da tre mesi interi, e la raccolta delle olive, tanto
promettente quell'anno, andava rapidamente in ruina. Non si udiva altro che
lamenti per la Riviera. Erano stati fatti tridui, era stato esposto per settimane
il Sacramento in giro per le parrocchie; erano state fatte Novene alla
Madonna della Guardia,» e in ciò dire sorrise un poco di compassione,
«erano state messe in pubblico le reliquie di san Benedetto, era stato portato
in processione il Crocifisso miracoloso dell'oratorio di San Sebastiano in
Taggia, - eppure nemmeno una goccia d'acqua. Ora tutte le mani erano sollevate
in atto di preghiera a Castellaro. E che aspettano i Castellaresi? si domandava
da ogni parte. Essi che posseggono un'immagine tanto miracolosa, perchè non la
portano fuori? Vogliono forse aspettare che ogni speranza di salvar lo olive
sia perduta? Bene, signore, che fa il curato? Scrive una bella lettera al
Vescovo di Ventimiglia, la quale ha fatto piangere quanti l'hanno letta o sentita.
«Gli è tempo ora, o mai più, di trasportare la Madonna di Lampedusa alla
parrocchia; e di esporla ai fedeli.» Il vescovo, da quel sant'uomo che è,
risponde al curato una magnifica lettera, dicendo che davvero era venuto il
tempo di fare una bella prova della Madonna. Il primo di maggio pertanto ci
mettiamo in processione - una folla che non potete immaginarvela - c'erano
tutte le Compagnie di Taggia, di Riva, di Pompejana, di Boscomara, e, a dir
vero, da dove non vennero? - così ci avviammo, col curato in cotta e stola a
capo della processione; le Confraternite dietro con grossi ceri in mano -
proprio veri ceri - e portiamo la santa immagine sotto un baldacchino, giusto
come se fosse stato il Sacramento - noi la portiamo, dico io, alla chiesa parrocchiale.
Bene, quale credete ne fosse la conseguenza? La sera dello stesso giorno -
badate bene, dello stesso giorno - tuoni, tuoni, tuoni, lampi, lampi, lampi;
poi un terribile temporale; e poi giù acqua, acqua, acqua a secchie, come se
non avesse mai piovuto prima d'allora. Per finir la mia storia, la nostra
immagine restò per quindici giorni nella parrocchia, e per quindici giorni non
cessò mai la pioggia di cadere a torrenti. Finchè alla fine, temendo che non
venisse un secondo diluvio, la Madonna fu riportata qui in fretta e in furia.
Quand'ecco! appena l'avevamo riportata, cessò la pioggia e apparve splendido il
sole, e si ebbe un'abbondante raccolta. Vi pare che si debba chiamare sì, o no,
un miracolo questo?» domandò il Romito guardando in girò ai suoi uditori con
occhi raggianti.
Speranza
e Battista, stati attenti a bocca aperta alla storia in una specie d'estasi,
proruppero immediatamente in una tirata di suoni inarticolati, esprimenti il
loro entusiastico assenso e la loro maraviglia.
- «Ma
non è tutto,» riprese il Romito dopo un silenzio di uno o due minuti, per
meglio godersi la nuova sorpresa de' suoi ascoltatori. «Una sera, stando
l'immagine nella chiesa parrocchiale, un altro assistente ed io avevamo appena
sostituite ai quattordici grossi ceri ardenti innanzi ad essa tutto il giorno,
quattordici lampade d'olio, che venivano per economia accese la notte. Noi ce
ne partivamo, quando tutto a un tratto le lampade cominciarono a ballare su e
giù. «Vedete, vedete?» diss'io all'altr'uomo. «Sì,» rispose egli tutto
tremante. E appena avevamo dette queste parole, ecco di nuovo su e giù le
lampade.»
- «E
l'immagine andava anch'essa su e giù?» domanda Antonio col più composto
contegno.
-
«Nemmeno per ombra,» rispose tosto il Romito, «l'immagine non si mosse affatto.
La Madonna ci dà un segno, diss'io al mio compagno, c'è qualcosa che non va
bene qui. E cominciammo a frugare intorno, cacciandoci sotto i banchi,
guardando nei confessionali, e cercando per ogni buco e ogni cantone. Per parte
mia, a dire il vero, pensai che ci potessero star dei ladri in chiesa: perchè,
dovete sapere che abbiamo quivi dieci belle lampade di argento. Guardammo,
guardammo senza trovar nulla; e ci eravamo rassegnati ad andarcene, quando
tutto ad un tratto le lampade cominciarono a ballare più forte che mai. - Ci
rimettemmo all'opera di cercar di nuovo da capo a fondo; e, indovinate che
trovammo? - (Una pausa da produr sete tantalica. Gli occhi di Speranza e di
Battista erano vicini a scappar dall'orbita per l'ardore dell'aspettazione). -
Trovammo un bambino di sei anni, dormiente, quieto sotto la mensola di uno
degli altari minori. Immaginatevi! se il povero bambino si fosse svegliato nel
cupo della notte, e vi si fosse trovato tutto solo, sarebbe morto certamente di
paura. Questo la Madonna non volle permettere. Però ci dette un segno; e per la
sua santa intercessione, l'innocente creaturina fu salva da certa morte.»
Questa
conclusione non fu contraddetta da alcuno, mentre con somma enfasi
l'approvarono Speranza e Battista. Altri miracoli avrebbe raccontato il
vecchio, se Antonio, aununziando che aveva a visitare alcuni pazienti a
Castellaro e a Taggia, non avesse preso giocosamente il braccio del Romito
sotto il suo, e non lo avesse portato via sotto colore di fargli qualche
comunicazione importante relativa alla Madonna della Guardia; Lucy ricominciò a
disegnare. Battista si venne a poco a poco tirando lontano, e poi sparì
affatto; e Speranza sedutasi a lato della sua giovine benefattrice, cominciò a
lavorare intorno a' suoi guarnimenti di sposa. Fin da principio avremmo dovuto
dire che figurava fra i numerosi attrezzi provveduti dalla previdenza di
Antonio, un'ampia tenda; la quale, per ordine suo, era stata posta la mattina
sopra la terrazza, e sotto di essa lasciamo ora un momento miss Davenne.
Fra i
numerosi spettatori che formavano il perpetuo ornamento del Baluardo di Gand in
Taggia, e per conseguenza uno di quelli che avevano notato il passaggio a
traverso il Pantano della nostra piccola comitiva, c'era il signor
Orlando Pistacchini, impresario e primo attore della Drammatica Compagnia che
portava il di lui nome sonante, e che formava il diletto del rispettabile
pubblico di Taggia. Nel dire quest'ultima asserzione, ci serviamo di una frase
piuttosto iperbolica, copiata letteralmente dall'avviso manoscritto affisso
alle quattro cantonate del Pantano. Se esponessimo i fatti nella loro
genuina nudità storica, avremmo a dire che, non andando al Teatro nessuno, la
Compagnia di cui parliamo non formava il diletto o l'orrore di nessuno; e dichiariamo
pur francamente che l'onorevole Corpo drammatico moriva bona fine
di fame: prospettiva poco gioconda, per cui il povero impresario, a digiuno di
ogni cibo, se ne stava in atto piuttosto abbattuto appoggiandosi contro una
colonna di pietra, ruminando il come e il quando fosse per lui probabile di
trovar da pranzo. Scosso dalle sue meste riflessioni per la venuta dei
forestieri, Orlando Pistacchini si cavò languidamente il cappello, speculò un
momento su quello che avessero potuto mangiare per colazione; e ricadde tosto
nella sua meditazione penosa. Ma quando la fama colle sue cento trombe, o per
parlar meno poeticamente e con più verità, quando un ebanista alto e con bei
capelli ebbe sparso per largo e per lungo la notizia che i due compagni del dottor
Antonio erano il Milordo inglese di Bordighera e sua figlia, di passaggio per
Lampedusa, ove avevano a fermarsi un pajo di giorni; - quando l'Impresario,
diciam noi, sentì ciò, un improvviso lampo di luce gli rivelò una successione
infinita di colazioni e di pranzi; corse a casa precipitoso, e, sedutosi a
tavolino, scrisse quel che segue:
«Illustrissimo
Milordo,
«Quando
un amico e protettore delle belle arti del vostro grado e generosità, viene a
portata di umili, ma sinceri seguaci e cultori di Melpomene e di Talia, quali
noi professiamo di essere; noi saremmo indegni di questo nome di artisti, del
quale ci pregiamo, se non offrissimo con rispetto al nobile rappresentante
dell'ARTE e della GRAN BRETAGNA, quella pubblica testimonianza di rispettosa simpatia
e deferenza che è in nostro potere di offrire. Per ciò, la Drammatica Compagnia
Pistacchini sta facendo preparativi per una straordinaria rappresentazione
nella sera di domani, 22 giugno, consistente nell'atto quinto della famosa
Tragedia
ARISTODEMO
SEGUITA
DALLA DIVERTENTISSIMA COMMEDIA
L'AJO
NELL'IMBARAZZO
e
Orlando Pistacchini avrà l'onore di far la parte di Aristodemo e di Ajo. Questo
è il trattenimento pel quale sollecitiamo il patrocinio dell'Inglese Mecenate;
dal quale umilmente imploriamo il favore della sua presenza, e di quella della
sua inarrivabile figliuola. Tutta Taggia accorrerà al Teatro per onorare ospiti
così distinti. Speriamo vorranno venire. Ahi! La musa è troppo spesso negletta
ai nostri giorni; e se nobili e generose mani non vengano stese in suo ajuto,
che sarà di lei? Preghiamo pertanto umilissimamente a venire. Questa è
l'ardente preghiera dell'umilissimo e obbedientissimo servo di Vostra Signoria
«ORLANDO
PISTACCHINI,
«Impresario
e primo attore.»
«NB.
Non saranno risparmiate fatiche e spese per dare alla rappresentazione lo
splendore conveniente ad occasione così magnifica. Il Teatro sarà illuminato a
giorno, e una scappata di piccioni avrà luogo fra la Tragedia e la
Commedia. Confidiamo troppo appieno nel suo nobile cuore, per temere la
delusione di un rifiuto.»
Orlando
fece due copie di questa specie di ultimo canto di un impresario sull'orlo
della disperazione: la seconda con piccole variazioni, essendo diretta a miss Davenne;
e poi se ne andò a letto «forse a dormire.» La mattina seguente vide lui e la
sposa, signora Rosalinda (un corpicciatolo rotondo, grasso, rimpinzato e
alquanto asmatico), ambedue vestiti dei loro abiti migliori, soffianti ed
anelanti al cocente sole, sulla strada di Lampedusa.
Presso
a poco nello stesso tempo, a sir John Davenne, dopo una buona colazione, era
venuta la fantasia di andare a godersi il giornale della mattina all'ombra di
uno degli elci che spargeva la sua cupola di verzura a poca distanza innanzi al
Santuario. L'ombra essendo densissima, e spirando una lieve brezza da
tramontana, dopo un'ora circa sir John sentì piuttosto freddo; sicchè levossi,
e cominciò cogli occhi ancor fissi sul giornale a passeggiar lentamente verso
il sole; e come la sua maligna stella suggerivagli, verso Castellaro. Il
Baronetto prendeva profondo diletto in un vivissimo attacco contro il capo del
partito Whig alla Camera, mosso da un membro dell'opposizione; quando
all'improvviso un'ombra si projettò sul suo giornale, e sollevando gli occhi si
trovò a fronte a fronte con una donnetta di apparenza apoplettica, in
cappellino coler di rosa scolorito, e con un uomo alto, sparuto, giallognolo,
tutto pelle e ossa, i quali ambedue con braccia distese e frenetiche gesticolazioni,
procedevano innanzi, apostrofandolo in maniera violentemente teatrale. Sir John
cambiò via, spaventato; e l'uomo e la donna dimenantisi e anelanti, ma sempre
tenendo il loro posto da ambi i lati dell'attonito Baronetto, mantennero
valorosissimamente il loro fuoco. Sir John, disperato, voltò faccia di nuovo, e
affrettò il passo quasi fino alla corsa; ma la drammatica coppia si rivolse
anch'essa, e affrettandosi in proporzione a camminare, la donna specialmente
correndogli dietro in modo accanito.
- «Oh
me benedetta!» disse Speranza, per sorte in quel momento guardando da quella
parte; «che sarà mai che Milord vostro padre corre così?»
- «Non
vedete una donna e un uomo che lo perseguitano?» sclama Lucy tutta impaurita,
«forse son ladri?»
- «Oh
no! non c'è pericolo di questo,» rispose Speranza. «Ora vedo chi sono: è
l'impresario del Teatro di Taggia con sua moglie. Corro giù a vedere che
vogliono.»
Un
momento dopo sir John arrivò sulla terrazza proprio senza fiato e fuor di sè.
«Che cos'è, papà?» gridò Lucy.
-
«Come dirvelo, fanciulla?» brontolò sir John. «Un pajo di vagabondi che mi si
attaccano come alla loro ombra, armeggiando colle braccia come se fossero
energumeni. Non capisco una parola di quel che dicono. Non si può star soli in
questo paese, nemmeno in cima di una montagna.»
-
«Speranza conosce quella gente,» disse Lucy per placarlo. Sono attori del
Teatro di Taggia. Non hanno alcuna cattiva intenzione, ne sono sicura.»
- «Che
m'importa se abbiano o non abbiano cattiva intenzione, quando mi fanno
realmente male?» rispose adirato il Baronetto. «Al diavolo quella coppia di
impudenti vagabondi.»
Lucy
stette cheta. Speranza, tornando allora con le due famose lettere d'invito,
disse che il signore e la signora Pistacchini, avendo sentito come sir John e
miss Davenne, si trovassero nel vicinato (non so quanto si sarebbe potuto
pagare per sentir dire sir John da Speranza), avevano stabilito di dare
una grande rappresentazione in loro onore; ed erano venuti a piedi per tutto
quel tratto di strada da Taggia, per pregare il padre e la figlia di volere
onorare il Teatro della loro presenza. «Le povere creature soffiano e vanno in
sudore come cavalli, e sono stanchi e sfiniti,» continua la giovinetta colla
sua voce morente in un bisbiglio, diretto solo all'orecchio di Lucy.
-
«Sono sfiniti dalla fame?» sclamò Lucy inorridita, e la sua voce vibrava per
dolente stupore. «Questa povera gente, papà, ha fatto tutta la strada di
Taggia, e non hanno ancor rotto il digiuno.»
-
«Bene, e per questo?» replica il papà stizzosamente. «Se non han fatto
colazione, fategliela fare, ed ecco tutto.»
Obbedendo
a questo cenno, Speranza fu spedita con ordine di provvedere che il signor
Pistacchini e la sua moglie fossero serviti di un buon pasto, e a dir loro che
miss Davenne avrebbe poi il piacere di riceverli. Lucy allora guardò le
lettere, e non senza alcuni scoppii di risa tradusse a suo padre quella a lui
diretta. Sir John non potè tenersi dal sorridere a quello ch'egli chiamava lo
stile affamato dell'invito. Avrem noi da aggiungere che l'incenso il quale da
esso esalava, benchè grosso, solleticasse piacevolmente i sensi del degno
Baronetto? e che l'allusione spettante alla venuta dell'Inglese Mecenate
trovasse favore a suoi occhi?
-
«Ebbene, se andassimo, papà?» disse Lucy vedendo suo padre ricompostosi ad aria
serena.
- «Per
tornare dopo mezzanotte su per questo rompicollo di strada? domandò sir John.
«Sciocchezza, mia cara. Il signor Pastacani, o comunque voi lo chiamate, egli e
sua moglie non si curano un fico della nostra presenza; è il danaro che
cercano. Dategli qualcosa e sbrigatevene.»
-
«Sarebbe meglio domandassimo al dottor Antonio cosa si abbia a fare,» disse
Lucy. «Benchè sia chiaro abbastanza che questa gente trovasi tristamente in
bisogno, pure,» prosegue ella alquanto esitante, «è difficile di offrir danaro
a persone che non ne chiedono, e le quali, a quanto sappiam noi, possono aver
veduti tempi migliori.» - Gentile, sensibile, delicata Lucy!
-
«Puh!» disse sir John alzandosi per partire; «provatevi un poco, e vedrete se
lo prenderanno, sì o no.»
D'accordo,
sir John, dieci contr'uno, essi lo prenderebbero. La fame, malesuada fames,
come voi avrete letto in iscuola, è una bestia difficile a maneggiarsi; e la
maggior parte di quelli che si tengono in sella, smonterebbero a qualunque
costo. Pure ci sono obbiezioni contro il metodo da voi proposto. Forse questo
pugno di coniato metallo, che consigliate alla vostra gentil figliuola di
tendere a mo' di elemosina, non può far risalire un rossore su quelle due
fronti aggrinzate, che sarebbe stato meglio risparmiar loro? o non può strappar
via anco un lembo di quell'ultima salvaguardia dell'onestà, che è il rispetto
di sè stessi, che sarebbe stato meglio lasciar intatto? Se invece, aspettando
fino a domani, voi spedite il vostro grande o piccolo donativo - per mezzo del
benevolo Dottore, ad esempio - lo spedite come equivalente per il piacere che
fu preparato per voi; le probabilità saranno novanta su cento, che voi non
darete ferita ad alcun affetto, nè abbasserete alla vergogna alcun capo, e
sarete benedetto lo stesso come generoso benefattore.
Queste
riflessioni, messe per fare effetto sotto forma di apostrofe al nostro amico il
Baronetto, sorsero spontanee in mente della nostra dolce eroina, e ispirarono
la di lei condotta nell'abboccamento che ebbe poi col signor Pistacchini e la
signora Rosalinda. Lungi dall'offrir danaro, miss Davenne nemmeno vi fece una
remota allusione. Disse loro rincrescerle molto che avessero fatta una
passeggiata così calda e faticosa; e che suo padre e lei erano grati del loro
invito lusinghiero. Non esser bensì sicura, se avrebbe potuto o no
prevalersene; ma certo qualcuno de' suoi amici sarebbe andato al Teatro, e per
conseguenza chiedeva in grazia che le si ritenessero per la sua comitiva due palchetti,
in nome di sir John Davenne. Poco dopo il signor Pistacchini e sua moglie si
licenziarono, se non soddisfatti pienamente del risultato della loro
spedizione, almeno contentissimi del ricevimento avuto; e interamente
soggiogati dalla grazia e dalla cortesia di Lucy; e dichiararono enfaticamente
a Speranza, come ella fedelmente riferì, esser la signorina un angelo; e come
tale sperare che vorrebbe accondiscendere a onorarli della sua presenza la sera
seguente.
- «E
perchè non andreste, cara signora?» disse Speranza con i suoi grand'occhi
brillanti; «pensate solo che splendida rappresentazione sarà, con Teatro
illuminato a giorno e con una scappata di piccioni!»
-
«Amereste voi di vederla?» domandò Lucy sorridendo all'entusiasmo della
contadinella.
- «Oh
sì - più di ogni altra cosa al mondo - e Battista ancora;» fu la schietta
risposta. «Dicono che il signor Pistacchini sia un attore tanto bravo.»
-
«Davvero?» disse Lucy; «bene, Speranza, voi ci andrete.»
- «No,
a meno che non veniate anche voi,» rispose Speranza risolutamente.
- «E
perchè no?» soggiunse Lucy. e Speranza scosse tacendo il capo. «Vedremo che ne
dirà il dottor Antonio. In ogni caso resterete qui fino a domani; la Hutchins,
confido, vi troverà un cantuccio nella sua camera, e Battista si accomoderà
alla meglio da sè.»
- «Oh!
per lui non vi date pensiero; egli può dormir dappertutto,» disse Speranza. E
corse via tutta contenta a comunicare all'amante il disegno stabilito.
Quando
tornò il dottor Antonio, Lucy gli dette a leggere il capo d'opera di eloquenza
del signor Pistacchini.
- «Che
pensate di fare?» domanda egli.
- «Che
mi consigliereste voi?» domanda Lucy di ricambio.
- «Vi
consiglierei di andare,» disse il Dottore. «Vi si presentano alcuni caratteri nuovi
da osservare, e perchè non profittar dell'occasione? Il mio consiglio è che
andiate.»
- «E
n'avrei voglia,» rispose Lucy; «principalmente per Speranza, che si è già messa
in capo di andare. Ma si oppone papà, perchè, dice, sarebbe difficile di tornare
a Lampedusa la notte.»
- «Non
vedo assolutamente perchè dobbiate tornar di notte a Lampedusa.»
- «E
voi non mi avete detto più volte che non c'è albergo decente in Taggia?»
- «È
vero,» disse l'Italiano, «ma voi e vostro padre potete passar la notte dalla
signora Eleonora.»
-
«Intendete dir forse nella casa che chiamate casa vostra?»
-
«Precisamente. La signora Eleonora desidera moltissimo di far la vostra
conoscenza.»
-
«Sono molto obbligata tanto a lei che a voi; ma non è mia abitudine incomodar
persone che non conosco. Non andremo.»
Questa
breve sentenza fu detta seccamente, alteramente e quasi in tono di sprezzo; nel
migliore stile usato da sir John Davenne quando stava sulla sua. Antonio si
fece rosso rosso, ma non disse nulla. Si avvicinò ad una sedia che stava
alquanto lontana, prese il giornale che si trovava sopra di essa, si sedette, e
parve assorto nella lettura. Non possiamo asserire ch'egli realmente leggesse,
a meno che non leggesse la stessa parola ripetute volte, restando i suoi occhi
immobili. Lucy continuò a disegnare, apparentemente in gran fretta di terminare
e sbrigarsi del lavoro.
Poco
stante, Speranza veniva canterellando allegramente: «Ma l'amor della Rosina,
Dove mai lo trove...;» ma il canto le morì sulle labbra, vedendo quella coppia
sulla terrazza, seduti lontano l'una dall'altro, con ogni apparenza di
svogliatezza reciproca di conversar fra loro. Andata in punta di piedi dal
dottor Antonio, gli domanda sottovoce: - «Andiamo al Teatro?»
- «Ho
paura di no, mia povera Speranza; miss Davenne rifiuta di alloggiare dalla
signora Eleonora.»
- «Oh!
quale disgrazia!» sclamò Speranza molto mortificata, «e perchè rifiuta?»
- Non
so, potete farlene domanda da voi.»
Speranza
andò da Lucy; e chinandosele da presso, le susurrò all'orecchio non so che cosa
non intesa dal Dottore. Lucy, alzatasi subito, passò dal dottor Antonio, e
appoggiandoglisi dietro alla sedia, disse un po' confusetta: - «È ancor
disposto il più cortese dei Dottori a presentare la più fastidiosa delle
fanciulle alla signora Eleonora?»
-
«Certamente,» disse Antonio levando gli occhi su lei con un misto curioso di
maraviglia e di piacere; «come potete dubitarne?
-
«Dunque,» disse Lucy tutta ridente e arrossendo, «sarò contentissima di poter
fare la conoscenza dell'amica vostra.»
O questo,
o mai più, sarebbe stato tempo per il Dottore di esclamare con Figaro: -
«Donne, donne, eterni Dei, Chi v'arriva a indovinar?» Chi può difatti
scandagliare le profondità del cuor di una donna? Ecco una fanciulla, un
momento prima tutta pene e aceto, divenuta all'improvviso dolce come uno
zuccherino. Ella che poco prima rifiutava sprezzante di accettare un atto di
civiltà da una persona che non conosceva, chiede ora come una grazia di
essere presentata a quella stessa persona. Dov'è, ci piacerebbe saperlo, il
criterio con cui spiegare contraddizioni così flagranti? Avevamo una lieve
speranza di trovare un filo per questo labirinto nelle poche parole susurrate
da Speranza alla signorina; ma quanto più ci riflettiamo, tanto meno ci riesce
vedere come abbiano potuto cagionare quel subitaneo mutamento nella
disposizione di miss Davenne. Tuttavia ne giudichi da sè il giudizioso lettore;
e ne cavi il meglio che può. Noi la trascriviamo letteralmente, - «Perchè,»
aveva detto Speranza, «perchè, mia cara signora, non volete andare dalla
signora Eleonora? Ella è la più gentile e cara vecchietta di tutta la Riviera.»
Un'altra
cosa ci mette in impiccio, ed è lo spiegare come un uomo ragionevole e
suscettibile quale noi conosciamo Antonio, non abbia domandato a Lucy il motivo
della di lei irragionevole ruvidezza; o almeno non abbia creduto conveniente di
assumere un contegno esprimente dispiacere per que' modi capricciosi della cara
malavezza fanciulla. Ma tutto all'opposto, Antonio la guardava più
affettuosamente che mai, e le volgerà la parola con un certo suono di voce,
come quel capriccio di miss Lucy gliel'avesse fatta ancora più cara.
- «E
sir John?» domanda il Dottore.
-
«Cercheremo indurlo a consentir di venire,» disse Lucy. Le trattazioni con sir
John furono lunghe e difficili; durarono tutto il pranzo. Lucy fece uso di
tutta la femminil politica per vincerla contro papà; e fu ammirabilmente
secondata da quella birba del dottor Antonio, che di tratto in tratto tirava
fuori cenni misteriosi intorno agli antenati della signora Eleonora; e parlava
di trabocchetti e di casematte in quell'abitazione della Signora, rivestendola
dell'incanto d'un castello. Attaccato così in tutti i suoi punti deboli, come
poteva sir John non cedere? Lucy, per il rimanente della giornata, fu di umore
amabilissimo e lietissimo. Le era venuta tanta fantasia della vecchia Signora,
che non poteva parlar di altra cosa; e durante la tranquilla passeggiata fatta
il dopo pranzo con suo padre e col dottor Antonio al cespuglio delle rose, Lucy
insistette per sapere la storia della signora, che non fu lunga a raccontarsi.
La signora Eleonora era una vedova, della cui numerosa famiglia sopravviveano
soli due figli, ambedue esiliati politici. La signora avea lasciato Genova,
ultimo domicilio della famiglia, e si era recata nei dintorni di Taggia, ove
era situato il corpo più grande che le rimanesse di beni territoriali, e dove
viveva ritiratissima. «È una breve storia,» concluse Antonio, «che potrebbe
farsi agevolmente lunga e commovente, raccontando soltanto la centesima parte
dei dolori, della fortezza e della carità che in lei si racchiude.» Quanto era
calorosa adesso la simpatia di Lucy per l'ammirazione alla signora Eleonora
professata dal dottor Antonio! E quale profonda compassione sentiva e per lei e
per un'altra povera madre desolata, di cui l'unico figlio era anch'egli in
esilio!
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