CAPITOLO
XX.
Lontananza.
Se due
persone caramente affezionate l'una all'altra si separano, è più assai da
compatire quella che rimane di quella che va via! Per la prima, ogni sito, ogni
oggetto di già famigliare diviene una crudele reminiscenza da cui sorge
l'immagine alla quale era associata. Ogni ora che passa riconduce la ricordanza
di qualche dolce abitudine a quella corrispondente, ahi! rotta adesso, e con
essa nuovi desiderii e rammarichi. Mentre per la seconda, l'ora che fugge, gli
oggetti che scorrono via, l'eccitamento del muoversi, gl'incidenti, i fastidi
stessi del viaggiare, creano mille piccole diversioni, dalle quali non può non
essere divisa e diminuita la concentrazione dei pensieri e degli affetti.
Lucy
non faceva eccezione alla regola. Non era sua colpa, se il paesaggio fra
Bordighera e Nizza congiungeva un'aria di grandezza alla sua naturale
amabilità, - se la strada montava spesso sopra sommità aeree, - se le città
sottoposte erano così pittorescamente aggruppate, - se la dentatura della costa
riusciva sì capricciosa, e apriva ad ogni svolta nuove e ardite prospettive.
Non era sua colpa s'ella aveva occhi, e per essi riceveva impressioni. Nè
intendiamo per questo dire che non continuasse il tormento della separazione ad
agitare il suo seno, che i suoi pensieri non ricorressero indietro, attaccandosi
all'amico lasciato; che non si sentisse misera e desolata. Intendiamo dir solo,
che la novità e varietà delle esterne cose, e gli incidenti continui, ne
attraevano per forza l'attenzione, e mescevansi alla corrente principale dei
pensieri e degli affetti suoi.
A
Nizza, primo luogo di fermata, i Davenne incontrarono una famiglia - di quelle
poche elette, le quali sole sir John poteva condiscendere a visitare - tale
quale non può produrla che l'Inghilterra: composta di un padre e di una madre
ancor giovani, con una schiera di dieci o quindici tra figliuoli e figliuole.
La parte femminina di questa famiglia, in numero di sette, saltò addosso a Lucy
e s'impadronì di lei. Sotto la loro guida ella dovette visitare tutti i siti
ragguardevoli nella città e nei contorni - congiungersi a partite di piacere
evidentemente preparate per lei - recarsi ad un teatro francese di dilettanti,
ad un concerto di professori, e sentire un celebre improvvisatore; le quali
occupazioni e i quali divertimenti succedentisi nei tre giorni passati in
Nizza, lasciarono alla nostra eroina poco tempo per affettuosi rammarichi.
A
Parigi, ove, secondo il suo antico programma, sir John si trattenne un mese, la
vita fu una vera corsa - con quelle ufficiali visite al Louvre, al Luxembourg, al
Palais Royal, a Versailles, a Saint-Cloud, a Fontainebleau, ecc., ecc., -
coll'indispensabile passeggiata quotidiana ai Campi Elisi e al Bosco di
Boulogne; col provarsi innumerevoli abiti e cappelli nuovi; - coi teatri, le soirées
all'Ambasciata, l'andar in feste e il darne; - e per ultima, ma non minor
occupazione, colle visite mattutine fra gl'Inglesi residenti in Parigi - senza
contare una formale presentazione alle Tuileries, e l'onore di un posto avuto
insieme col padre e col fratello alla real mensa in Neuilly. Benchè poco
favorevole al capo della dinastia degli Orléans, cui non potea perdonare di
esser figlio di Filippo Egalitè, di memoria rivoluzionaria, e benchè non
facesse un mistero delle sue opinioni, pure sir John, per adoperare le sue
proprie espressioni, credette conveniente l'accomodarsi alla politica del
giorno, e stimò parte del suo dovere, quale Inglese, di contribuire all'entente
cordiale anche a costo di alcune delle sue simpatie personali. Immaginate
che un uomo dell'importanza di sir John Davenne passasse per Parigi senza far
visita al capo dello Stato! Si rizzano i capelli in capo al solo pensarne le
conseguenze.
Ma
erano le dissipazioni di Parigi quasi una pace e un riposo, paragonate al
vortice di visite, colazioni, pranzi, feste e balli, nei quali Lucy si trovò
ravvolta posto piede in Inghilterra. Delle sue numerose relazioni, anche le più
lontane per condizione o parentela; e del numeroso circolo di amici e
conoscenti della famiglia, ognuno insisteva per avere, almeno per un giorno, la
bella viaggiatrice. Per parte sua sir John, appena fu a Davenne, si rifece del
tempo perduto, e riempì di gente la sua splendida dimora fino alle più nascoste
soffitte; e, con Lucy - stella polare di tutti gli occhi - per fare gli onori
di casa, aveva giorni di pubblico ricevimento, e dava feste una dietro l'altra
a mezza la Provincia. Lucy per delle settimane e dei mesi non ebbe a sè un
momento di libertà; aveva a vestirsi e far visite, a far visite e vestirsi; e
questi due grandi doveri, queste occupazioni di una signorina di condizione
elevata in ogni paese, e più specialmente in Inghilterra, erano la sua
occupazione quotidiana. Incapace di resistere alla corrente, che altro aveva a
fare se non abbandonarvisi mezzo contenta e mezzo disgustata?
Antonio
intanto, per quanto facesse, non poteva non pensare continuamente a Lucy. La
splendida stella un momento brillante sopra il suo orizzonte, era da gran tempo
tramontata per sempre; ma i suoi occhi guardavano ancora fissi sulla striscia
di luce che si aveva lasciato indietro. Sia che in sua casa stesse assorto,
seduto in quella medesima poltrona immaginata per la sua cara malata; sia
ch'egli andasse fuori a' suoi soliti ufficii, gli si parava sempre innanzi quel
caro viso al girar di ogni cantonata, e lo inseguiva in ogni sua corsa. Tutto
intorno a lui era pieno di lei; la piccola libreria di cui aveva a lei prestati
i libri, ancor caldi del tocco delle sue mani: e il flauto e la chitarra tanto
volentieri suonati per il divertimento di lei; e la carta della Sicilia
recatale la prima volta, quando erasi affezionata al di lui paese: e i fiori
datigli da lei, conservati religiosamente; tutto pareva gli domandasse:
«Dov'è.» Stanco di guardar in un libro su cui invano aveva cercato di fissar
l'attenzione, se Antonio si alzava e guardava fuor della finestra, per prima
cosa i suoi occhi incontravano il casino del Conte, ove tante e tante volte
l'aveva accompagnata. Più in là, il ricco pino d'Italia spandeva i suoi verdi
rami, alla cui ombra erasi assisa cercando di abbozzar le coste di verso
Francia. Più in là ancora, stava al sole risplendente la gran pietra gialla,
d'onde con gran spavento di Lucy, aveva veduto uscire una serpe grossa come il
dito mignolo di lei. E più in là ancora, in quella svolta, Lucy erasi fermata a
raccogliere, per darla a lui, una sottile e bianca conchiglia lasciatavi dalle
acque. Peggio ancora quando la sua professione chiamavalo dall'altra parte del
promontorio. Quale cumulo di memorie gli si ridestavano alla vista della
osteria, vecchia, rossastra, corrosa dal tempo, con quella massiccia loggia, e
col piccol giardino, e colla spiaggia ghiajosa! Nè un palmo di terra che non
fosse santificato da qualche memoria di lei! Passava la rapida scesa della
strada, ivi egli l'aveva vista la prima volta, pallida come la morte; ma tanto
amabile in quel pallore, che erasi maravigliato potesse esistere sulla terra
una simile creatura. Ivi ella gli aveva sorriso dolcemente, ordinando egli che
rivolgessero la lettiga. Ivi, nel primo seno della collina, dietro la casa, un
giorno, dopo il tramonto, ella aveva scoperto la prima lucciola della stagione,
e ne era andata in estasi dal piacere. Non un sentiero ch'essi non avessero
calcato insieme, non un fiore che non avessero esaminato insieme, non uno dei
misteriosi suoni della natura - dalla voce dell'Oceano sino al trillo del
grillo - che non avessero ascoltato insieme; non una delle mille tinte del
mare, della terra e del cielo che non avessero insieme ammirato! E poi ognuno
gli parlava di lei: Rosa, Speranza, Battista, il Conte, il Maestro di disegno,
Prospero e la sua madre, non conoscevano altro argomento. A volte i suoi stessi
malati gli domandavano se era probabile che ritornasse «la bella signorina;» e
persino i monelli per le vie, cessando dai giuochi, gli chiedevano ove fosse
«l'Inglesina.» Pareva tanto strano, tanto contro natura, tanto impossibile, che
la si fosse partita da un luogo così pieno di lei, che Antonio se ne stava per
ore intere seduto in vista dell'osteria, quasi aspettando di veder la sua bianca
veste ondeggiante sulla loggia, o di sentirla colla sua voce di augello a
cantare alcuna delle canzoni siciliane che le aveva insegnate. Talvolta
s'irritava quasi seco stesso; e risolvendo di cacciar via quella specie di
fissazione, provavasi a far delle lunghe corse sotto un sole cocente, ma con
poco profitto. Il canto dell'usignuolo nella valle, il profumo del timo nel
sentiero montuoso, il bianco contorno di qualche lontano villaggio, il
tintinnìo di una lontanissima campana, ridestavano vecchie memorie; fra le
quali insinuavasi la bella persona, e si teneva a fianco di lui. Per quanto
facesse e combattesse con tutte le forze, non c'era modo di svilupparsene.
Antonio si sentiva male nel cuore.
Sir
John aveva riconosciuto i servigi prestati dal Dottore in modo delicato e
magnifico del pari. L'indomani della partenza della famiglia inglese, secondo
le istruzioni ricevute, Prospero si presentò alla casa di Antonio con una
lettera e con Buffy. In poche righe piene di affetto, il Baronetto pregava
Antonio di accettare il cavallino, come ricordo di persona che si sentiva
sopraffatta dalle tante obbligazioni che gli aveva; e di non dimenticarsi, se
mai si determinasse a recarsi in Inghilterra, che vi aveva un vecchio amico, il
quale contava di ricever visita da lui, e di poter fare gli onori della sua
patria al Dottore. La lettera conteneva un piccolo involto di banconote inglesi
dell'ammontare di cento lire sterline; alle quali bensì lo scrivente non faceva
veruna allusione. Prese della somma il dottor Antonio quel tanto che gli parve
una bella ricompensa pei suoi servigi - dieci lire sterline; e passò il
rimanente al Sindaco, quale donativo di sir John al paese, da impiegarsi come
il Consiglio municipale crederebbe conveniente. Il Sindaco convocò
immediatamente il Consiglio, il quale di subito votò ringraziamenti al
Baronetto; commettendo al Sindaco la bisogna di scrivere e di spedire al
generoso donatore un indirizzo, esprimente i sensi di gratitudine del paese e
del Consiglio; con annessavi una copia del processo verbale della tornata. A
questo indirizzo Antonio aggiunse una lettera di ringraziamento da parte sua
per il dono del cavallino. Dopo due mesi giunse al Sindaco in risposta una nota
veramente laconica. Sir John asseriva schiettissimamente, che non avendo
lasciato alcuna somma per il fine indicato nella lettera del Sindaco, egli non
poteva accettar ringraziamenti; ma siccome desiderava meritar la buona opinione
avuta di lui, chiedeva permesso di acchiudere una cambiale di cento sterline da
consacrarsi al bene del paese. Questa lettera, cosa abbastanza singolare,
attirò un vespajo intorno alle orecchie del nostro amico. Il Consiglio
municipale, riunitosi in fretta e in furia, chiamò alla sua presenza Antonio a
spiegare il fatto. Il Dottore lo fece colla pronta lucidezza di mente sua
caratteristica. Disse che sir John Davenne avendogli lasciata una somma dieci
volte maggiore di quella sufficiente a rimunerarlo per la cura fatta alla
figlia di quel gentiluomo; e che non avendo alcun cenno o direzione di quel che
s'avesse a fare del sovrappiù; la migliore interpretazione, creduta da lui in
perfetto accordo colla generosità di chi l'inviava, era che quel danaro fosse
usato dal dottor Antonio in pro del paese. Aveva pertanto giudicato che quello
scopo sarebbe stato perfettamente raggiunto per mezzo del Consiglio di città.
La
spiegazione non fu creduta soddisfacente, e contro il Dottore insorsero gravi
lamenti, quasi avesse compromesso la dignità del Consiglio. Successe poi una
lunga e tempestosa deliberazione sul da farsi. Tre membri, noti come creature
del Curato e istigati evidentemente da lui, sollecitarono contro Antonio un
voto di censura; ma la mozione venne respinta. Un quarto propose che fosse
Antonio costretto a dare spiegazione e a fare le scuse al gentiluomo inglese;
Antonio rifiutò. Un quinto che il danaro fosse rimandato a sir John, ma nessuno
sostenne questa proposta. Alla fine, qualcuno più ragionevole affacciò che la
questione fosse aggiornata di lì a sei mesi - modo decente di seppellirla per
sempre. Da quel giorno un partito - capitanato da que' tre amici del Curato, si
formò contro Antonio; fu in progresso di tempo accresciuto dalla maggiorità dei
preti del paese, e da molte delle divote loro penitenti. Giunse l'animosità a
tal punto che il curato malatosi d'indigestione, spedì a prendere il medico di
Ventimiglia, sotto la cui cura si mise. Ma tutta questa serie di ostilità,
tutta la occulta propaganda del partito clericale, e le accuse d'impostura lanciate
contro Antonio, non ebbero forza di diminuire la sua popolarità fra i
contadini. A dispetto degli sforzi fatti per imbrogliar la cosa, vedevano, nel
loro schietto buon senso, che il dottor Antonio aveva rinunziato per essi a una
somma bella e tonda di danaro; la quale, senza biasimo alcuno, poteva tenersi
quietamente in tasca.
|