II
Donn'Almerinda
Ruglia-Scielzo usciva da una famelica famiglia d'ufficiali borbonici, tanto
numerosa, che le spietate ruberie del padre non avevan potuto rimpannucciarla; ché
il babbo Scielzo s'era persuaso, tardi assai, della necessità di adoperar gli
artigli e di farsi le porzioni da sé, in questo basso mondo e, spezialmente, in
questa bassa Italia. Prode e probo sotto il Murat, probo e prode, dapprima,
anche, sotto i Borboni, non imitò que' colonnelli, che, violando la disciplina,
imposer loro, nel venti, la costituzione; e, neppur, quelli, che, poi,
tradirono la costituzione giurata, o fuggendo o patteggiando. Non c'era macchia
qualsiasi sul nome suo; la integrità n'era proverbiale. Quindi, fu messo in
disparte e trasandato, come sospetto e malsicuro. Aveva, imprudentemente,
impalmata una certa Filomena Jaquinangelo; e, tanto per occupar l'ozio,
prolificarono, con quella, che, i francesi, nel decennio, chiamavano immorale
facilità de' Napoletani. Sicuro, sicuro! que' gallettacci, che han disimparata
l'arte di generare, quelle pollanchelle, dotte nelle frodi conjugali,
sdottoreggiavano, malthusianamente, co' babbi e con le mamme partenopee: «O non
vi sembra illecito e disonesto il moltiplicare il numero degli infelici, anche
se privi affatto di mezzi per mantenere i figliuoli, educarli e trovar loro una
nicchia?» Non so quanti, fra maschi e femmine, uscirono, per venti anni di
seguito, da' capaci fianchi di Donna Filomena: non vi fu, mai, sciopero, anzi
un continuo infornare e sfornare. Parecchie creature morirono, fortunatamente
per la società, pe' genitori, pe' fratelli e per loro stesse; ma, con tutto
questo disgravio, la sordida miseria stava di casa col colonnello, divenuto
taciturno ed ipocondrico. Soltanto, di tempo in tempo, anche fra gli amici,
soleva sclamare, con un sospiro profondo: «Se mi torna, mai, al fianco, quello
sciabolotto!...» Frase, che gli amici interpretavano come semplice speranza e
desiderio di riottenere servizio attivo, massime conoscendo quante pratiche
facesse all'uopo, non lasciando nulla d'intentato.
Difatti, un giorno, lo sciabolotto, (o, com'egli
diceva, napoletanescamente, lo sciabolillo,) gli tornò al fianco. Era
scoppiato, io non so se una sommossa od il brigantaggio, in qualche provincia.
Ci voleva un uomo, desideroso di farsi merito e, nel contempo, d'abilità e
valore sperimentato, in cui concentrare potere politico e poter militare. Parve
acconcio il colonnello, che, richiamato in attività e spedito lì, giustificò,
pienamente, la fiducia regia. Che ti fece! che ti fece! Represse le turbolenze,
con sollecitudine e felicità; questo sì. Ma si ricorda, ancora, con ispavento,
dalla provincia interna, il sistema di ricatti e di concussioni inaugurato e
praticato da lui. Giunse a tale lo scandolo, che il governo stesso fu costretto
a richiamarlo; ma premiandolo di decorazioni e di promozioni; ma collocandolo,
per sempre, al di sopra del turpe bisogno. E, del resto, stavolta, aveva saputo
approfittare a dovere del tempo, in cui gli pendeva al fianco lo sciabolotto.
La figliuola Almerinda era stata educata (o,
meglio, ineducata) a' Miracoli, grazie ad un posto gratuito, largito dalla
Maria Teresa. Poi, giovanissima, sposò un uomo piú che maturo, quasi coetaneo
del padre, per convenienza ed interesse. Quante vaghe fanciulle non
conchiudono, così, matrimonî osceni, ripromettendosi una pronta vedovanza e
rassegnandosi, di buon grado, per breve tempo, allo schifoso connubio, acciò,
poscia, un ricco vedovile, un largo usufrutto od una grassa eredità, le metta
in condizione di scegliere e di pretendere! Sembra, ch'e' non ci sia nulla da
biasimare in questo contratto lecitissimo; la legge nol vieta, la religione nol
condanna, i costumi nol riprovano: ma gli è, pur troppo, aleatorio. E bisogna
badar bene a non isbagliare i conti, per, poi, rimanersene col danno e con le
beffe, come quella tale inglesoccia... Oh quale? La What-a-fair-foot, che,
sedicenne, appena, e tanto tanto avvenente, si allogò, per moglie, con un
sessagenario, rachitico, antipatico, collerico, bisbetico, sofistico. Speculava
sulla morte prossima del conjuge; del quale era certa non aver figliuoli: ed,
ereditandone, conforme alle clausole delle tavole nuziali, avrebbe sposato un
bel giovanotto, di cui, già, s'era provvista. Quel vecchiaccio la condusse in
villa; e la tenne, sempre, murata in casa; e non le lasciò campo di veder,
neppure, un cane, nonché il bel giovinotto: sinché una scalmana la portò via,
nel suo quadragesimosesto anno, dopo trent'anni d'unione conjugale,
sopravvivendole lo sposo nonagenario e quattro o cinque figliuoli con un palmo
di barba, per piangerne, coralmente, l'immatura perdita.
Anche l'Almerinda sbagliò, in parte, i calcoli.
Don Liborio le fece un par di figliuoli, alla meglio, mentre fu, ancora, in
condizione da imbastirne: e, poi, riposandosi su quegli ultimi allori, dormì,
la notte, nel talamo, come assonnava, il giorno, nella sua brava poltrona, alla
Corte. Ma non chiuse, non sorvegliò, non tiranneggiò la consorte; anzi, le
accordò, pienamente, ciò, che le donne, secondo la graziosa novellina del
Voltaire, piú d'ogni altra cosa, e giorno e notte, desiderano, cioè, d'esser
padrone di casa in casa propria. E Donn'Almerinda usò ed abusò della libertà
concessa. Durante i beati sonni del commendatore, scarrozzava a Chiaja,
splendeva in teatro e riceveva un nugolo di persone, specie ufficiali della
guarnigione, che i fratelli Scielzo (i quali avevan ripreso servizio
nell'esercito Italiano) le presentavano. Si strimpellava, si canticchiava, si
ballonzolava, qualche volta; la signora era bella, affabile, non incuteva
soggezione: insomma, la serata si ammazzava allegramente in quella casa
ospitale.
Ma, per quanto il Ruglia (contra il solito de'
vecchi, che impalmano giovanette) largheggiasse del suo con la moglie,
abbandonandole la piena disposizione degl'introiti, senz'obbligo di render,
mai, conto, ella si trovò, a poco a poco, inviluppata in una fitta rete di
debiti. La vita elegante è spesosa; a tener dietro a' capricci della moda, e'
si spende un diluvio, un profluvio, una colluvie di quattrini; e l'Almerinda
aveva, inoltre, la tribú de' fratelli, che la sfruttavano, che non seppe
negarsi a salvare, da piú d'un mal passo. Chiedevano e richiedevano,
insaziabili; e del benefizio d'oggi, si formavano un argomento, per pretenderne
altri, domani. La facilità di contrar debiti, firmando cambialette o non
pagando, ne' negozî, a pronti contanti, illudendoci, trascina a moltiplicarli
al di là del nostro potere: la scadenza par, sempre, lontana; e, fin allora, si
troverà modo di provvedere, qualche santo ajuterà. Per essere piú franca, piú
libera, nella sua vita dissipata, la Ruglia-Scielzo avea, già, chiusa in
educandato la figliuoletta maggiore; e non abbracciava, quasi mai, quel maschietto,
che, per via dell'età, troppo tenera ancora, tollerava in casa, affidato,
prima, ad una balia, poi, ad una bambinaja. Così fanno tante e tante delle
nostre madrifamiglie; ma naturalmente, spensieratamente, senza rimorsi o
pentimenti, persuase di non far male. Considerandosi la maternità come un peso,
ognuna cerca di sgravarsene, quanto piú può. Reputando ogni lasciata esser
perduta, ognuna cerca goder della vita, quanto piú si può. Stimandosi padrona
assoluta, illimitata dispositrice della roba propria e del conjuge, non già
mera usufruttuaria ed amministratrice de' beni, che, moralmente, appartengono
a' figliuoli, ognuna scialacqua e sciala, noncurante di minuirne l'eredità per
quanto s'impoverisca, essi saranno, sempre, in obbligo di ringraziare i genitori,
che avrebbero ben potuto ridurla al puro niente. Così la pensan molte; ed
operano in conformità de' loro pensieri. Ma l'Almerinda nostra, no: se operava
come le molte, pensava altrimenti. Quel dolce peso della maternità, essa il
rimpiangeva; e si macerava di non aver, continuamente, d'intorno la sua prole,
di non accudirla in persona. Gl'impegni clandestini, i conti interminabili, le
cambialette rinnovate, gli avalli imprudenti, a lei, costavano nottate
crudelmente insonni. La noncuranza geniale dell'avvenire non è da tutte, ed il
dimenticarsi de' figliuoli; e lo sparnazzarne il patrimonio con animo
imperturbato. Si nasce prodiga; e chi non v'ebbe disposizione ingenita, male si
studierà di acquistare una certa bravura negli sprechi. Ci sono i pachidermi e
ci sono i solleticoni. Alcuni inghiottono, senza nausea, le velate impertinenze
de' creditori e le aperte. I fratelli Scielzo erano di questa tempra; ma
l'Almerinda degenerava. Nata massaja come si nasce matematico, non poteva
diventare una dissipatrice vera, per isforzarsi e studiarsi, che facesse,
mancandole il bernoccolo, l'organo. Nondimeno, fiacchezza di carattere, accidia
morale, arrendevolezza all'esempio, peritanza di navigar contro corrente od
altro, che si fosse, o tutto questo insieme; la non osava reagire contro
l'abitudine invalsa, ed esser sé, ed appagarsi, e ritôrsi in casa i figliuoli,
ed amministrare seriamente la roba, e restringersi nella vita casalinga e
borghese, conforme a' bisogni ed alle aspirazioni dell'animo.
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