IX
Che Maurizio compiesse il dover suo, gli
antecedenti del giovane ne mallevano. Ed, anche, in certo modo, la promozione,
toccàtagli nell'Ordine Militare di Savoja; benché gli abusi sconci e la
prodigalità, nel conferirlo, abbiano, un po' svigorito il prestigio, con cui
affascinava, e la venerazione, che suscitava quel bel nastro. Bisogna, però
sempre, distinguere fra esercito e corpo Volontari: nel primo, ricompense mal
date furono eccezioni singolari; e, precisamente, l'opposto accadde, nel
secondo. Non parlo di una ferituzza, perché la ferita (quantunque un
verseggiatore l'abbia chiamata
.....l'altière faveur,
Que fait la guerre au brave illustre, au preux
sauveur,)
spesso,
scende, immeritevolmente, nel vigliacco, trascurando il prode arrischiato.
Anch'esse le sciabolate, le lanciate, le rivoltellate, le fucilate, le schegge
di mitraglia si distribuiscono, dalla Provvidenza, un po', a casaccio, come le
decorazioni. O lagnatevi, poi, degli spropositi d'un Ministrucolo, sforzato
dalla indebita ingerenza di poco onorevoli deputati!...
Dopo la guerra, fioccarono le aspettative, per
riduzione di corpo. S'era chiesto, a ciascun ufficiale, se desiderasse d'andare
a casa, per due anni, con mezzo stipendio e senza perdita dell'anzianità. Il
Della-Morte rispose, che sì. E stava, a Milano, col reggimento, aspettando
questa benedetta aspettativa e la licenza, d'imprendere un lungo viaggio
all'estero, chi sa gli giovasse, per guarire dell'ostinata almerindite. Quando,
un pomeriggio, ch'egli passeggiava, per la Corsia (o, come, officialmente, lo
chiamano, ora, pel Corso Vittorio Emanuele), si trovò, proprio di fronte alla
signora Radegonda Salmojraghi-Orsenigo, che sboccava dalla via di San Pietro
all'Orto. Certo, ch'egli avrebbe voluto, solo, tutt'al piú, sberrettarsele,
alla sfuggita: la vista di colei, che gli era stato angelo di sventura, che lo
avea scorto piangere e soffrire, lascio immaginare quanto il rallegrasse!
Ma la gentile non sofferse, ch'egli passasse
oltre. Anzi, il fermò, arditamente; ed i rimproveri grandinarono! Trattenersi,
da un mese, in Milano, senza essere stato a visitarla!
«Vi ho aspettato, tutti questi giorni, dacché i
giornali mi annunziarono l'arrivo del Reggimento. Spero, che non mi
disconoscerete o rifiuterete per amica, neh? Stasera, sarò, in casa, tutta la
serata...»
Dal Lei compassato, che, solo, avevano
adoperato a Napoli, saltava, così, di botto, al Voi confidenziale.
Maurizio cosa poteva fare, se non domandarle il permesso di venirne, la sera
stessa, a chiederle scusa, per non aver potuto ossequiarla, prima, oppresso da
tanti affari? Il permesso gli fu accordato. Ed egli, imprecando, in cuor suo,
al caso impertinente, che gli aveva fatto dar di naso, proprio, in quella
pettegola, imprecando all'obbligo, in cui si trovava, d'approfittare del
permesso, per non parer villano, si accommiatò dalla signora, sotto pretesto
del rapporto, cui non poteva mancare. Era la solita scusa sua, per liberarsi
da' rompitasche: anche, a mezzanotte, quando voleva piantar lì qualcuno,
metteva innanzi il rapporto!
Se, mai, vi fu schietta gioja e casta, fu il
giubilo della Radegonda, in quel vespro! Oh, da lungo tempo, ormai, si era
capita! Oh sapeva, sapeva di amar Maurizio d'un amore..., da disgradarne lo
affetto, ch'egli aveva provato per l'Almerinda. Ma non pensava, che egli od
altri potesse, mai, accorgersi di tanta insania; non andava, neppure, a
fantasticare d'una soddisfazione qualunque; non considerava, che, a scherzar
col fuoco, corri gran pericolo d'abbruciacchiarti le mani... no! Sapeva, sol,
questo: di amarlo; e che lo avrebbe rivisto. Rivisto lui, che
amava; lui, che aveva pericolato a Custoza; lui, ferito; lui, fregiato, ora,
piú riccamente, il petto, per nuovi atti di virtú. L'avrebbe rivisto, la
sera; e parlerebbe, seco, a lungo. E si trattava di cancellare la
impressione funesta del colloquio di Napoli, così che, dopo, fosse, spesso,
indotto in tentazione di tornar da lei. Bisognava civettare, un po': ma con
naturalezza; e dimostrargli, ben bene, il rimpianto del male inflittogli, senza
toccar, mai, reminiscenze, ahi! ahi! che, guai a ravvivarle. E tutto questo,
per la Radegonda, era senza secondi pensieri o secondi fini. Lo amava e
desiderava vederlo: ecco tutto il tutto, tutto l'arcitutto, non altro. Il solo
vederselo innanzi, le colmerebbe l'animo di tranquillità, di pace. Avrebbe consentito,
anche, a non parlargli punto, pur di tenerselo vicino, là, nel suo salotto.
Avess'egli, anche, chiacchierato, l'intera serata, non con lei, anzi col
marito, anzi con una visita, importunamente sopravvenuta, sarebbe stato, pur
sempre, una consolazione grande. Non che concepire alcun desiderio villano, non
accoglieva, allora, neppur quello di accaparrare, esclusivamente per sé, un
giovanotto brillante, per una serata intiera: chiedeva, solo, di poterne udir
la voce, di poterlo guardare, talvolta di soppiatto. O ch'era troppo? Io nol
direi. Ma, ma, ma... l'appetito viene, mangiando. Guglielmo di Prussia che
non voleva arricchirsi, con la roba altrui, quando il Bismarck gli ebbe
fatto gustare le spoglie della Danimarca, che fame canina cacciò fuori, l'amico!
Mamma mia!
Se, mai, uomo bestemmiò, dal profondo del cuore,
Dio, la Madonna e' santi e' morti; e profferì, sdegnosamente, l'improba
esclamazione, che sembrava, all'Alfieri, in tutto femminil querela: fu,
certamente, Maurizio, in quel pomeriggio lì. Nessun incontro avrebbe meno
desiderato; nessuna vista poteva tornargli piú esosa. «Giusto, costei m'aveva a
capitar tra' piedi!» Oh, intendiamoci! Faccian conto, che, ad ogn'inciso, egli
attaccasse un moccolo od accodasse una parolaccia. Io, queste amenità, queste
interjezioni, questi fregi della orazione, per centomila bonissime ragioni, non
le registro: anzi, attenuo quante espressioni riferisco. Sennò, che si direbbe?
Suppliscan le Eccellenze de' miei pratici lettori; ristabiliscan Loro il testo
schietto del monologo, ch'io mutilo, mitigo. «Sissignore, amica! Poffareddina,
la mi si protesta amica! La mi si protesta amica, corbezzoli! Io mi credeva,
che il vocabolo non potesse profanarsi piú di quel, che, ogni giorno, si
faccia, prostituendolo ad incogniti, ad indegni. Ma, Dio sagrato! la ci vuol
tutta, per grugnire ad uno, in faccia: ti sono amica, dopo avermi fatto
ciò, che questa Lombarda de' miei stivali m'ha fatto. Doveva venir da Milano, a
correggere i costumi delle Napoletane, pinzocheraccia, doveva! Con quella
smania focosa...» Io scrivo focosa; ma Maurizio non adoperò questo
epiteto, anzi un improbo participio, che comincia, esso pure per effe, o fo.
«Con quella smania... di moralizzare, poteva
starsi a predicare, nel su' paese, che, pare, a quanto dicono, che ci sarebbe
molto a fare. E questo porco sigaraccio, che non vuol fumare, manco esso! Vatti
a far... benedire, tu e lei!»
Ohé! veggano, io scrivo benedire, per
antifrasi, ma Maurizio adoperò tutt'altro un verbo! L'infinito del participio,
che non m'è bastato, testé, l'animo di scrivere! E, buttando via, dispettoso,
il sigaro, (che gli s'era spento, mentre cinguettava con la Salmojraghi; e che
non gli riusciva di riaccendere, per quanti fulminanti adoperasse, perché,
invece di aspirare il fumo, mordacchiava, amaramente, il mozzicone), entrò da
un tabaccajo, per rifornirsene. Altra miseria! Non aveva bronzo; ed il piú
piccolo biglietto suo era una delle marche-da-bollo da quindici lire, che ebber
corso forzoso, in quel tempo. Il rivenditore si negò a cambiarlo per un sigaro
ed, anche, per cinque; ed il cambiò solo, mormorando, quando Maurizio si
rassegnò a prendere un cinque lire di trabucos.
Nuova cagione, questa, d'indispettirsi; e di
proseguire il soliloquio, anche piú rabbiosamente di prima, esordendo, col
solito participio (stavolta, al superlativo): «...issimo paese! Dicono: a
Napoli, c'è la camorra. E qua, domando io, cosa c'è? Peggio. Anch'esse, le
femmine, se ne immischiano. Chi la pregava questa, come si chiama? questa
madama Salamoja-ed-aghi, di venirmi a metter su l'Almerinda? Matta, sempre, co'
suoi scrupoli, quella lì era. Ma, con tutti gli scrupoli, me la godrei, ancora.
Non avrebbe osato, mai, ribellarsi alla autorità mia, senza la dottoressa.
Quacchera o Squacchera, qua, di Milano. L'Almerinda le facevo soggezione; e,
poi, sapeva quanto io l'amassi, davvero. Io la conosco debole, arrendevole,
misericordiosa; e non avrebbe mai resistito, allo spettacolo delle lagrime, del
dolor mio. Ma, la gesuitessa s'incarica lei! s'inframmette lei! Mi fa la
ruffiana alla rovescia! E l'avesse lasciata d'un passo, poi! Sempre, lì!
sempre, gli occhi fissi addosso a me, chi sa, avessi ardito d'accostarmi alla
Ruglia! E quegl'imbecilloni degli Scielzo, che rni mettevano, giunta, in burla:
La è innamorata di te! Innamorata di questo... Sì! aspetta, ch'io venga
stasera! Aspetta, aspé! Hai voglia d'aspettare! Il corbo! Mo, vorrà
convertirmi, anche me; ricondurre questa pecora smarrita, sul buon sentiero!
Cara la pastorella! Uuuh! non ci vo di certo, non ci vo!»
Ma il fumo profumato del narcotico avanese
calmava, a poco a poco, i nervi sopreccitati; e spingeva a piú miti consigli:
«Pettegola, sì; ma non la credo, al postutto, cattiva. Smania ridicola di far
la moralista; ma, in fondo, buon cuore. Le lacrime, che ha piante, meco, eran
sincere. Le parole, che mi balbettava, nella mia stanzetta, eran fredde,
compassate, increscevoli: ma la voce, pietosa, commossa. No, non era finzione!
Con me, le finzioni muliebri riescon poco; sono volpe vecchia, io. Si vedeva proprio,
il rincrescimento d'aver tolto quell'assunto. E, adesso, chi sa, cosa voglia
dirmi? Chi sa, che la non abbia qualche incarico della Ruglia? Perché no? E, se
non direttamente, così, di sbieco, vorrà, dovrà insinuarmi qualcosa, oh il
giurerei. Bella donna! non sono le forme giunonie, scultorie dell'Almerinda; ma
è distinta assai. Sembra malata, poveraccia: piú pallida e piú
mingherlina che a Napoli, è, di certo, adesso. Anche lei, ci avrà i suoi guai.
E ci sarebbe da scommettere, che, se fa la traffichina e mette il becco in
molle e vuol rimestolare affari, che, a lei, punto non le appartengono, è, in
massima parte, perché, in casa, le mancherà contentezza. Colpa del marito?
Incontentabilità sua? Vattel'a pesca; ed a me non importa, un fico. Ad ogni modo,
andiamoci, conviene! Avrà narrato dell'incontro a quel babbuassaccio del
banchiere; mi aspetteranno. Parrebbe villania. Vogliamo sperare, che non mi
scarichi un predicozzo, a bruciapelo, sulla mia condotta scapestrata e poco
timorata di Dio. E, se ci capito da lei una seconda volta, consento a sentirlo
ed, anche a profittarne!... Ma guarda, un po', che bej tosânn!»
Queste ultime due parolette ambrosiane, profferite
ad alta voce, fur dirette a due crestaine o sartine o modelle od altro, che si
fossero, che gironzavano, in piazza del Duomo. Risposero, con una occhiatella,
tutt'altro che austera. Il Della-Morte infatuato, a seguirle. E le raggiunse e
le abbordò, in via de' Rastrelli; e cominciarono a chiacchierare, e... Ciò, che
accadde, non saprei narrarlo, per lo minuto: ché non m'invitarono a salire, con
loro, nella casa, in cui entrarono, un pajo di strade piú in là.
«Chi? chi entrarono insieme?»
Chi,? Maurizio ed una delle belle tose.
«Oh, che orrore! Come, lui, che ci vorrebbe far credere
tanto preoccupato, sempre, dell'Almerinda?»
Ebbene, cosa fa? Appunto, perché, amava e
soffriva, merita, forse, indulgenza maggiore, se cercava distrarsi: circostanza
attenuante! E poi quel benedetto incontro gli aveva fatto salire il sangue alla
via del capo: non sapeva, proprio, piú, quel, ch'egli si facesse. Non era compos
sui! E la ragazza, con cui salì, l'era tanto bellina! Forza irresistibile !
«E ce le viene a raccontare, queste sue belle
gesta? E lo loda?»
Io? Dio me ne liberi! Io sono istorico: narro, non
giudico; lascio questa cura a Lei Signorìa.
«E come si chiamava colei?»
Anche questo ho a dirle? Si chiamava l'Ermenegilda
Trabattoni.
«Ed abitava, propriamente, dove?»
Beh! che mestiere crede, V. S., ch'io faccia? E,
poi, dopo tanto tempo e con quel sossopra, che c'è stato a Milano,
l'Ermenegilda è morta, la casa è diroccata, la strada stessa è sparita.
«E l'altra bella tosa?»
Niente paura; avrà trovato qualche altro Maurizio
da consolare, non c'è dubbio! La Provvidenza pensa al pane quotidiano di tutti!
Gli uomini, che gradiscono d'essere consolati, a quel modo lì, sono tanti,
tanti! E così pochi i seguaci de' precetti del distico bisticcioso:
Quid facies, facies Veneris cum veneris ante?
Ne sedeas, sed eas, ne pereas per eas!
|