La fraternità tra i cristiani non è semplicemente un vago
sentimento e nemmeno nasce da una forma di indifferenza verso la verità. Essa è
fondata, come Lei, illustre Vescovo, ha appena detto, sulla realtà
soprannaturale dell'unico Battesimo, che ci inserisce tutti nell'unico Corpo di
Cristo (cfr 1 Cor 12, 13; Gal 3, 28; Col 2, 12). Insieme
confessiamo Gesù Cristo come Dio e Signore; insieme lo riconosciamo come unico
mediatore tra Dio e gli uomini (cfr 1 Tm 2, 5), sottolineando la nostra
comune appartenenza a Lui (cfr Unitatis redintegratio, 22; Ut unum
sint, 42). A partire da questo essenziale fondamento del Battesimo, che è
una realtà da Lui proveniente, una realtà nell'essere e poi nel professare, nel
credere e nell'agire, a partire da questo decisivo fondamento il dialogo ha
portato i suoi frutti e continuerà a farlo. Vorrei menzionare il riesame,
auspicato da Papa Giovanni Paolo II durante la sua prima visita in Germania,
delle reciproche condanne. Penso con un po' di nostalgia a quella prima visita.
Ho potuto essere presente quando eravamo insieme a Magonza in un circolo
relativamente piccolo e autenticamente fraterno. Furono poste delle questioni e
il Papa elaborò una grande visione teologica, nella quale la reciprocità aveva
un suo spazio. Da quel colloquio scaturì poi la commissione a livello
episcopale e cioè ecclesiale, sotto la responsabilità ecclesiale, che con
l'aiuto dei teologi portò infine all'importante risultato della "Dichiarazione
comune sulla dottrina della giustificazione" del 1999 e a un accordo su
questioni fondamentali che fin dal XVI secolo erano state oggetto di
controversie. Bisogna inoltre riconoscere con gratitudine i risultati
costituiti dalle varie comuni prese di posizione su importanti argomenti quali
le fondamentali questioni sulla difesa della vita e sulla promozione della
giustizia e della pace. Sono ben consapevole che molti cristiani in Germania, e
non solo qui, si aspettano ulteriori passi concreti di avvicinamento e anche io
me li aspetto. Infatti è il comandamento del Signore, ma anche l'imperativo
dell'ora presente, di continuare in modo convinto il dialogo a tutti i livelli della
vita della Chiesa. Ciò deve ovviamente avvenire con sincerità e realismo, con
pazienza e perseveranza nella fedeltà al dettato della coscienza, nella
consapevolezza che è il Signore, che poi dona l'unità, che non siamo noi a
crearla, che è Lui a donarla, ma che dobbiamo andargli incontro.
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