Questo scenario che la Giornata Mondiale della Gioventù apre dinanzi a noi e che ho descritto solo con un paio di
brevi cenni ci invita a proiettare il nostro sguardo verso il futuro. I giovani
costituiscono per la Chiesa e in particolare per noi Pastori, per i genitori e
per gli educatori, un appello vivente alla fede. Vorrei dire ancora una volta
che mi pare sia stata una grande ispirazione da parte di Papa Giovanni Paolo
II, scegliere per questa GMG il Motto: «Siamo venuti per adorarlo» (Mt 2,
2). Spesso siamo talmente oppressi, comprensibilmente oppressi, dalle immense
necessità sociali del mondo, da tutti i problemi organizzativi e strutturali
che esistono, che l'adorazione può essere messa al margine come qualcosa da
fare dopo. Padre Delp una volta ha affermato che nulla è più importante
dell'adorazione. Lo ha detto nel contesto del suo tempo, quando era evidente il
modo in cui un'adorazione distrutta distruggeva l'uomo. Tuttavia, nel nostro
nuovo contesto dell'adorazione perduta e quindi di perduto volto della dignità
umana spetta nuovamente a noi di comprendere la priorità dell'adorazione e
rendere i giovani, noi stessi e le nostre comunità consapevoli del fatto che
non si tratta di un lusso del nostro tempo confuso, che forse non ci si può
permettere, ma di una priorità. Laddove non c'è più adorazione, laddove l'onore
a Dio non viene tributato come prima cosa, anche le realtà dell'uomo non
possono progredire. Dobbiamo quindi tentare di rendere visibile il volto di
Cristo, il volto di Dio vivo, cosicché poi ci accada spontaneamente come ai
Magi di prostrarci e adorarlo. Certamente nei Magi si verificarono due cose:
prima cercarono, poi trovarono e adorarono. Molte persone oggi sono alla
ricerca. Anche noi lo siamo. In fondo, in una differente dialettica, devono
esserci sempre ambedue le cose. Dobbiamo rispettare la ricerca dell'uomo,
sostenerla, fargli sentire che la fede non è semplicemente un dogmatismo in sé
completo che spegne la ricerca, la grande sete dell'uomo, ma che invece
proietta il grande pellegrinaggio verso l'infinito; che noi, in quanto
credenti, siamo sempre contemporaneamente coloro che cercano e coloro che
trovano. Nel suo commento ai Salmi sant'Agostino interpretò l'espressione
«Quaerite faciem eius semper», «Cercate sempre il suo volto» in maniera così
splendida che fin da studente mi rimasero nel cuore le sue parole. Non vale
solo in questa vita, ma per l'eternità; sarà continuamente da riscoprire questo
volto; più entriamo nello splendore dell'amore divino, più grandi saranno le
scoperte, più bello sarà andare avanti e sapere che la ricerca non ha fine e
che perciò il trovare è senza fine e quindi è eternità – la gioia di cercare e
insieme di trovare. Dobbiamo sostenere le persone nella loro ricerca come
co-ricercatori e dare loro al contempo anche la certezza che Dio ci ha trovato
e che quindi noi possiamo trovare Lui. Vogliamo essere una Chiesa aperta al
futuro, ricca di promesse per le nuove generazioni. Non si tratta di un
giovanilismo, che in fondo è ridicolo, ma di una autentica giovinezza che
fluisce dalla fonte dell'eternità, che è sempre nuova, che deriva dalla
trasparenza di Cristo nella sua Chiesa: è in questo modo che Egli ci dona la
luce per proseguire. In questa luce possiamo trovare il coraggio di affrontare
con fiducia le questioni più difficili poste oggi alla Chiesa in Germania. Come
ho già detto, da una parte dobbiamo accogliere la provocazione della gioventù,
dall'altra però dobbiamo a nostra volta educare i giovani alla pazienza, senza
la quale non si può trovare nulla; dobbiamo educarli al discernimento, a un
sano realismo, alla capacità di definitività. Uno dei Capi di Stato, che di
recente mi hanno reso visita, mi ha detto che la sua principale preoccupazione
riguarda la diffusa incapacità di prendere decisioni definitive nella paura di
perdere la propria libertà.
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