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Giosuè Carducci
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  • LIBRO V.
    • LXVII.        IDILLIO DI MAGGIO
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LXVII.        IDILLIO DI MAGGIO

Maggio, idillio di Dante e Beatrice,

Che di tentazïoni

Le vie, d’acacie infiori la pendice,

Le case di mosconi:

 

Maggio, che sovra l’ossa ed i carcami              5

Rose educhi e viole,

Ed al postribol de la vita chiami

Divin lenone il sole:

 

Con le dolci memorie e i cari affanni,

Maggio, da me che vuoi?                                            10

Le sono storie omai di tremilanni;

Vecchio maggio, m’annoi!

 

Va’, molli sonni reca e susurranti

Ombre a pastori e cani,

A Maria fiori e litanie, briganti                          15

De l’arsa Puglia a i piani:

 

Va’ da maggesi e da nidi e da fronde

Ti cantin selve e prati,

E ti bestemmi chi ne l’ossa asconde

Di Venere i peccati:                                                     20

 

A questo tuo, che fra cortili e mura

M’irride, etico raggio,

Io tempro una canzon forte e sicura,

E te la gitto, o maggio.

 

Lo so: roseo fra’ tuoi molli vapori                                25

Espero in ciel ridea,

E tra le prime stelle e i primi fiori

Ella uscï come dea.

 

De le viole onde avea colmo il grembo

Gittommi; e il volto ascose,                                          30

E fuggí. Sento il suo ceruleo lembo

Sibiliar tra le rose

 

Ancora: ancor su la sua testa bella

Soavemente inchina

Vedo tremar dal puro ciel la stella,                               35

La stella vespertina.

 

E da la valle un fremito salía,

Un nembo inebrïante;

E correa per i colli un’armonia;

Ed io pensava, o Dante,                                              40

 

A te, quando t’arrise un verecondo

Viso tra i bianchi veli,

E tu sentivi piovere su ’l mondo

Amor da tutti i cieli.

 

– Come al sol novo un desio di viola                45

S’apre il mio cuore a te.

La costoletta mi ritorna a gola:

Fa’ venire il caffè. –

 

Cosí diceami un giorno de i cortesi

Ippocastani al rezzo.                                                   50

Deh, quante dinastie di re cinesi

Passaro in questo mezzo?

 

Or son quell’io? e questo è quel mio cuore,

Questo che in sen mi batte,

Qual procellosa l’ala del condore                                55

Su l’alte selve intatte?

 

Oh come solo il mio pensiero è bello

Ne la sua forza pura!

Oh come scolorisce in faccia a quello

Questa vecchia natura!                                                60

 

Oh come è gretta questa mascherata

Di rose e di viole!

Questa volta del ciel come è serrata!

Come sei smorto, o sole!

 

Bologna, Maggio 1869.

 




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