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Giosuè Carducci
Rime nuove

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  • LIBRO V.
    • LXVIII.       IDILLIO MAREMMANO
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LXVIII.       IDILLIO MAREMMANO

Co ’l raggio de l’april nuovo che inonda

Roseo la stanza tu sorridi ancora

Improvvisa al mio cuore, o Maria bionda;

 

E il cuor che t’oblïò, dopo tant’ora

Di tumulti ozïosi in te riposa,                            5

O amor mio primo, o d’amor dolce aurora.

 

Ove sei? senza nozze e sospirosa

Non passasti già tu; certo il natio

Borgo ti accoglie lieta madre e sposa;

 

Ché il fianco baldanzoso ed il restio                             10

Seno a i freni del vel promettean troppa

Gioia d’amplessi al marital desio.

 

Forti figli pendean da la tua poppa

Certo, ed or baldi un tuo sguardo cercando

Al mal domo caval saltano in groppa.               15

 

Com’eri bella, o giovinetta, quando

Tra l’ondeggiar de’ lunghi solchi uscivi

Un tuo serto di fiori in man recando,

 

Alta e ridente, e sotto i cigli vivi

Di selvatico fuoco lampeggiante                                   20

Grande e profondo l’occhio azzurro aprivi!

 

Come ’l cíano seren tra ’l biondeggiante

Òr de le spiche, tra la chioma flava

Fioria quell’occhio azzurro; e a te d’avante

 

La grande estate, e intorno, fiammeggiava;                   25

Sparso tra’ verdi rami il sol ridea

Del melogran, che rosso scintillava.

 

Al tuo passar, siccome a la sua dea,

Il bel pavon l’occhiuta coda apria

Guardando, e un rauco grido a te mettea.                    30

 

Oh come fredda indi la vita mia,

Come oscura e incresciosa è trapassata!

Meglio era sposar te, bionda Maria!

 

Meglio ir tracciando per la sconsolata

Boscaglia al piano il bufolo disperso,                35

Che salta fra la macchia e sosta e guata,

 

Che sudar dietro al piccioletto verso!

Meglio oprando oblïar, senza indagarlo;

Questo enorme mister de l’universo!

 

Or freddo, assiduo, del pensiero il tarlo                       40

Mi trafora il cervello, ond’io dolente

Misere cose scrivo e tristi parlo.

 

Guasti i muscoli e il cuor da la rea mente,

Corrose l’ossa dal malor civile,

Mi divincolo in van rabbiosamente.                              45

 

Oh lunghe al vento sussurranti file

De’ pioppi! oh a le bell’ombre in su ’l sacrato

Ne i dí solenni rustico sedile,

 

Onde bruno si mira il piano arato

E verdi quindi i colli e quindi il mare                 50

Sparso di vele, e il campo santo è a lato!

 

Oh dolce tra gli eguali il novellare

Su ’l quïeto meriggio, e a le rigenti

Sere accogliersi intorno al focolare!

 

Oh miglior gloria, a i figliuoletti intenti               55

Narrar le forti prove e le sudate

Cacce ed i perigliosi avvolgimenti

 

Ed a dito segnar le profondate

Oblique piaghe nel cignal supino,

Che perseguir con frottole rimate                                 60

 

I vigliacchi d’Italia e Trissottino.

 

Aprile 1867 (1872).

 




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