III
INTERMEZZO
Enfin
tout tourne ou sur vous ou de vous ou par vous.
SEVIGNE
La femme est en effet le
potage de l'homme
Et quand un homme voit
d'autres hommes parfois Qui veulent dans sa soupe aller tremper leurs doigts Il
en montre aussitôt une colère extrême.
MOLIÈRE
Sapete
proprio cosa voglia dire sciupare il tempo? Entrare ed uscire da' caffè,
acculattar sbadigliacchiando un sofà, andare a zonzo su e giù per le vie,
leggicchiare giornalacci più o meno democratici, scartabellare i libercoli in
vendita su' muricciuoli, chiacchierare con ogni fedel minchione sul tempo e sui
telegrammi e simili. Orbè, fate conto ch'io passassi presso a poco così la
giornata dacché ebbi incarrozzata la mia signora finché a notte fatta osai
rivisitarla. Solo di quando in quando mi mordeva le unghie per la rabbia di non
sapere dove la fosse andata, e la fantasia mulinava, mulinava mille sciocchezze.
Maledetta gelosia! Domando un po', la sua condotta, le parole ch'ella mi aveva
dette il mattino, non avrebbero dovuto farmi pago? Poiché diceva di amarmi
spontaneamente, senza nessuna necessità o ragione di mentire, perché non avrei
dovuto crederle? Ahimè la coscienza mi diceva troppo che io non era meritevole
delle bontà d'una simil donna, e quindi io non sapeva aggiustar fede alle sue
parole, quasi trasognato, come un pover'uomo a cui tu prometta un marengo per
qualche vilissimo servigio che ordinariamente si paga con pochi centesimi.
Aveva tanto desiderato ch'ella capitolasse; ed ora che cominciava a mostrarmisi
arrendevole, ce l'avea quasi con lei nel mio secreto, perché potesse degnarsi
di scendere fino a me! Ben era essa la donna ch'io desiderava per me; ma io non
era precisamente l'uomo che avrei desiderato per lei.
Quella sera
per combinazione le trovai in casa un subisso di visite, che furono pertinaci a
rimanervi fino al tardi; io mi buttai in una poltrona e stetti lì taciturno ed
ingrugnato, rispondendo per monosillabi quando mi rivolgevano la parola, sinché
nessuno più mi abbadasse neppure la Merope che naturalmente non poteva
trascurar la società per dedicarsi ad appagar le mie bizze. Quando tutti
s'alzarono, convenne anche a me d'accommiatarmi. Era malcontento di me, di
Merope, di tutto e pensai bene d'andarmene difilato a letto. Fa tanto bene,
quando si ha un dolore di questo genere, il fuggire dalle strade, dalla
società, il riparare come in porto fra le quattro mura della propria stanzuccia,
e lì solo con l'ombra propria abbandonarsi liberamente all'interna cura,
smettere ogni contegno, perdere ogni freno, far di quelle cose che fatte in
pubblico indurrebbero parecchi a dir di noi: è matto! ha dato di volta! poverino!
e che pure sono sfogo alla passione prepotente! In fondo in fondo all'uomo
più civile e più educato riman sempre un poco dell'uom primitivo, tutto impeto,
tutto manifestazione immediata de' moti interni; e se questo vecchio Adamo come
i giganti che gli antichi supponevano sepolti sotto l'Etna ed i Campi Flegrei,
non giunge mai a scuotere i ceppi della civiltà e dell'educazione; pure, come
quelli si sfuriavano in tremuoti ed eruzioni ha bisogno di farsi strada qualche
volta in impeti brutali, in grida, in lacrime, in bestemmie.
Un amico col
quale io coabitava, avendomi sentito rincasare, entrò nella mia camera e mi
trovò seduto al tavolino in maniche di camicia e con la testa nascosa fra le
mani, piangendo dirottamente. Ebbe la pedanteria di farmi un sermoncino, nel
quale intendeva provarmi quel ch'io sapeva benone: id est che
Quattr'Asterischi era un imbecille, prima perché in tanto tempo non aveva
condotto ancora quella donna a far le sue voglie, poi, perché se n'affliggeva
in quel modo. A parer suo, avrei dovuto dire: chi non mi vuole non mi merita, e
provare altrove la mia ventura; donne non mancano al mondo, eccetera, eccetera.
Un altro poco venivamo alle brutte.
Rimasto solo, mi buttai sul letto e quando
quell'accesso di dispetto si fu calmato, mi addormentai pacificamente. Ma la
fantasia, anche dormendo io, non poteva non occuparsi della mia signora, ora
soprattutto che dopo le emozioni del mattino essa aveva presa a più cupidamente
vagheggiarla con ogni sua riposta bellezza. Erano di que' sogni scomposti,
selvaggi, che mescolano insieme stranamente reminescenze di vari tempi, confusi
desideri, presentimenti incerti ed oscillanti dell'avvenire, impressioni o
dimenticate o spesso anche inavvertite quando si ricevettero, e che fanno
ridestare il dormiente in sussulto, molle di sudore e con l'animo sgomento.
Ignoro se il medesimo accada anche agli altri, ma quantunque teoreticamente io
rida d'ogni superstizione, in pratica non le smetto mica tutte. Per esempio,
ben so che fisiologi e psicologi hanno gareggiato nel proporre mille e mille
più o men semplici e plausibili spiegazioni del fenomeno detto sogno e ch'essi
hanno scarabocchiato volumi su volumi a proposito delle allucinazioni e delle
aberrazioni de' sensi nella veglia e nel sonno; eppure un mezzo sogno basta a
disanimarmi od inanimirmi; se non ne cavo i numeri del lotto, come molti, ne
cavo però degli auguri. L'esperienza che, tutti lo sanno, oramai è la sola
madre legittima del sapere, mi ha ripetutamente mostrato come in me per lo più
i sogni fossero nunzi del futuro; basta che vengano interpretati con
discretezza. Vedere e udire a chiusi occhi e chiuse orecchie, come se
accadessero lì, cose che ora non esistono per così dire nemmanco nella
possibilità, e che la pratica del passato t'insegna dover pure un giorno
verificarsi, è spaventevole, Eppure darei molto perché venissero dileguati i
non irragionevoli dubbi della mia mente sulla virtù mia profetica, acciò
godessi piena certezza che la mia vita e la mia morte saranno quali le ho
spesso vaticinate: combattute, orribili, penose. Io mi sono del bel numer uno
di que' pochi che han caro di naufragare come e dove e quando previdero; e di
affrontare un pericolo senza lusinga di superarlo. Del resto, ho buona
speranza: il male è sempre più probabile assai del bene, e su per giù, qual
vita umana non è uno strazio? qual morte non è atroce ed increscevole?
Io sognava.
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