XVI
ORAZIONE
FUNEBRE
O Redner de'n Gesicht ziecht jämmerliche Falten
Indem dein Maul erbärmlich spricht.
Eh' du mir
sollst die Leichenrede halten
Wahrhaftig,
lieber sterb'ich nicht.
LESSING
Onorevoli Signori,
Per fare un
po' di codazzo a questo cataletto fin qui sull'orlo della fossa, abbiamo
interrotte le faccende ed i piaceri nostri, e la gente nelle strade si fermava
scappellandosi sul passaggio dell'esequie: pure, fa d'uopo ricordarvelo, non
uno di noi, non uno al mondo rimpiange o lacrima costui. Tal sia di lui! che
c'importa se a forza di cozzare con la realtà di ferro, col fatto compiuto gli
si è spezzato il cuore ed infranto l'intelletto? Ed io e voialtri ed ognuno ha
malanni ed interessi propri: staremmo freschi davvero se dovessimo fermarci non
dico a soccorrere o compatire, anzi solo ad ascoltare chiunque più o men
direttamente implora un'elemosinuccia vuoi di quattrinelli, vuoi di lacrimuzze.
S'io mi son dato il fastidio di venire, oserò dirlo, se voi tutti vi siete
rassegnati a questo importuno servizio, l'è stato un affare di mera
convenienza; la sventura di conoscere un rompitor di scatole ha delle conseguenze
postume: bisogna anche accompagnarlo fino al Camposanto. Sbadigliando,
bestemmiando ed augurandoci le mille volte: purché la non vada troppo per le
lunghe, abbiamo infilzato un abito nero, ci siamo composta una fisonomia
seria, abbiamo dato di piglio al paracqua e ci siamo incamminati maledicendo
agli usi sociali ed al tempo che vuol piovere.
Certo, signori, Quattr'Asterischi non era amato: ma
meritava poi d'esserlo? rendeva possibile una relazione d'affetto? e siamo noi
gente senza cuore, perché invece d'affliggerci di averlo perduto, ci
rallegriamo di esserne liberati; e perché quando sarà finita finalmente questa
pagliacciata finale andremo a far colazione di buon umore e d'ottimo appetito?
O ci avrebb'egli rimpianto se fossimo stati i primi noi a crepare? No, sangue
della madonna! non c'è da illudersi sull'analisi qualitativa e quantitativa
della stima o dell'affetto che si era stati tanto fortunati da ispirargli: più
volte e' s'è gentilmente preso l'incomodo di sputarci in faccia l'opinion sua
sul nostro conto (ci chiamava: volgo, questo grand'uomo qui!) con tanta
brutalità che vi sarebbe stato d'appiccicar briga se il messere ne avesse
valuto poi la pena:
... Nec me
discedere campo
Adspiciet
quisquam, dignus modo provocet hostis
Quemque
pudor non sit facili vicisse triumpho.
Non che fosse
misantropo, ma viveva come cane e gatto con chiunque aveva il non so quanto
invidiato, ma certo poco invidiabile onore d'avvicinarlo. Molte cose che tutti
sanno, che tutti (lode al vero) pratichiamo, ma che disconviene spiattellare
perché la vita sociale diventerebbe impossibile, il nostro Quattr'Asterischi le
confessava apertamente, come se nulla fosse; egli godeva cinicamente, togliendo
ogni maschera alle azioni proprie e strappandole alle altrui. Seguire ne' più minuti
particolari quella battaglia di tutti contro tutti che s'addimanda viver
civile, gli era solletico e conforto. Non perdeva mai la coscienza di esser
nimico fra nimici, non ardeva un granellino d'incenso alla santa Ipocrisia che
illude l'uomo sulla inanità de' cosiddetti affetti e vincoli di sangue, di
famiglia, d'amicizia, d'amore: o se prendeva interesse all'agitarsi umano, gli
era appunto come noi facciamo con le rappresentazioni teatrali: osservava se
l'attore rappresentava convenientemente la sua parte. Così venne un po' per
volta ad amare quasi esclusivamente alcuni concetti suoi, alcune idee,
aborrendo gli esseri saldi che gli stavano a fronte e non potevano rassegnarsi
a conformarsi a' suoi capricci. Ed onorava tutti quelli che sapevano vivere di
ciò che gli piaceva intitolare il suo disprezzo, quantunque fosse
invidia astiosa, non altro: e' si reputava probabilmente plasmato di argilla
più nobile che noialtri poveri mortali. L'orgoglio che non seppe neppur celare,
venne debitamente castigato: si cominciò dal trascurarlo, si terminò col
noncurarlo; e non avendo egli cercata la solitudine, che per farvisi ricercare
dalla folla, se ne inasprì.
Che amasse la
patria, pare non potersi negare: almeno faceva mostra d'amarla e più di una
volta ha posta la vita a repentaglio per esso lei. Ma per quale inezia non
arrischiava la vita con buona voglia apparente il nostro Quattr'Asterischi? È
facile il tenere in non cale ciò che non ha valore: e la stanza in questo mondo
di abietti e di codardi gli era dura abbastanza, perché il signor eroe dovesse
considerar più come benefizio che come danno il ricoverar nel nulla la propria
nullità: similia similibus. Ma quel suo patriotismo era anche guasto
dall'orgoglio: che diamine fosse l'Italia a lui cara non ho mai potuto
appurarlo; certo qualunque cosa tranne gl'Italiani presenti, le loro
istituzioni, passioni ed intenzioni. Avrebbe voluto rimutar tutto a suo modo e
non gli mancò che l'ingegno, il potere e gli aderenti per far numero fra'
tiranni.
Rispetterò i
secreti della vita privata ch'egli pure non rispettava per gli altri, e mi
guarderò bene dal violare il santuario (se lice adoperare una tal parola per
cose profane) delle sue relazioni particolari. Avrò per lui quel pudore che a
lui mancava quando cinicamente denudava il suo cuore agli occhi nostri,
parodiando con l'ingegno di meno la sfacciataggine di Giangiacomo Rousseau.
Aveva smania d'ogni pubblicità
Come se di
tant'uomo importi al mondo
(Dei
vocaboli sozzi al ver perdona)
Qual
tesoro serbar lo sterco e l'ugne.
«Ma,» direte voialtri «per menar tanto vampo, per
guardar tutto l'uman genere dall'alto in basso, chi era questo borioso?
Enumerateci i suoi titoli di gloria; enumerateci la grande idea che ha
evangelizzata; raccontateci un po' le sue gesta; annoverateci le sue dodici
fatiche che disgradin quelle d'Ercole! Era dunque un profeta? era un messia?
Era un Antinoo? era un Dante? era di quegli uomini che ne appellano
dall'umanità ebbra all'umanità digiuna, dal loro secolo ai posteri? Qual'è il
nuovo mondo o la nuova forza o il nuovo domma da lui scoperto? Su via! qual'è
il grande impero o la gran certezza da lui conquistata? Qual'è il sistema o il
personaggio ch'egli ha posto in piedi ritto imponendogli di camminare? O se non
ha fatto, è stato sprone potente perché altri facesse? Rispondeteci».
Ahimè,
signori, pretendere il ritratto e la biografia del nostro Quattr'Asterischi? Ma
dunque avete passione per le caricature? Comincerei dal ritratto, se non fossi
troppo ben educato per fargli rimprovero d'imperfezioni fisiche; basti dirvi
ch'era tale che nessuna femmina ha mai avuto gola di gustarne, e che, malgrado
il galateo, tornava un po' difficile il reprimere i cachinni quando si vedeva
avanzare a passo di corsa quella lunga pertica nera con in cima un nasaccio ed una
zazzeraccia ed un par d'occhialacci. Parliamo piuttosto della biografia, delle
sue opere:
Ma qui
s'incontra una difficoltà d'altro genere, cari signori: un proverbio francese
dice che «dove non è nulla anche il Re perde i suoi dritti». Signori cari, cos'ha
da narrare il biografo quando il protagonista, vita natural durante ha fatto
l'arte di Michelaccio, standosene con le mani in mano? Ammetto che esageri,
ammetto che amplifichi, ma gli sarà lecito inventar di pianta? Cos'ha ultimato
Quattr'Asterischi? Le sue imprese riuscirono aborti; i suoi tentativi, fiaschi
e fallimenti; s'è buttato in mille vie, ma che toccasse una meta,
no, mai; ogni carico, fosse pur lieve, domava le sue forze. Gironza pel mondo e
si frammischia in quante più nobili imprese può; ma non ottiene che d'esilarare
quegli che marciano dritto allo scopo loro ed il conseguono. Sacrifizi e
privazioni gli sorridevano accettabili da lontano, come ci sembra bella la
sgualdrina che vediamo pomposamente dimenarsi in fondo al vicolo; e quindi accorreva
in fretta per chiederne parte. Ma come suole accadere che della sgualdrina,
vistala dappresso, ci passi ogni voglia, quando l'illusione prodotta dalla
distanza è svanita; così Quattr'Asterischi si ravvedeva e proseguiva di mala
voglia l'assunto impreso per leggerezza; e poi, via. Dunque sempre
affaccendato, non ha fatto nulla: era il più intraprendente degl'infingardi,
consumava grandi cose nell'immaginazione: il sogno era la sua azione più salda.
E quanto alle sue scritture, quanto alle sue idee: stravaganze, contraddizioni,
con le quali perturbava i nostri ragionamenti sodi, assennati, logici che non
riuscivano però ad inculcargli dramma del deficiente senso comune.
Signori,
nulla di meglio che il nobile orgoglio dell'uomo di merito, il quale confessa
arditamente di credersi quel ch'egli è. Ma nulla di più stomachevole della
stolta vanità de' dappochi e da-meno i quali si asseriscono sfrontatamente per
dappiù. Tal era il nostro Quattr'Asterischi, ente basso che pur non voleva
rassegnarsi a strisciare nel fango pel quale era nato. La pretendeva ad uomo
eletto, a gran carattere, e non essendolo e sapendo di non esserlo, odiava chi
gli rifiutava i suoi omaggi, come si suole odiare gli uomini che non s'è potuto
ingannare. Vedeva trionfare gli sforzi altrui e si sentiva costretto dalla
propria impotenza a pascersi di sogni e di progetti, e quindi invidiava,
astiava, osteggiava ogni felice, ogni glorioso, ogni amato, ogni potente.
Bisogna pur dire per debito d'imparzialità che quantunque non fosse certo un'aquila,
quantunque avesse un'infarinatura di tutto, ma nessuna profondità, pure avrebbe
potuto combinare qualcosa d'utile al prossimo, frenandosi, limitandosi. Ma quel
ch'egli chiamava ambizione e che noi, migliori giudici, addimanderemo vanità,
lo accecava e non seppe risolversi ad occupare il posto che gli competeva;
posto meno brillante e sublime invero e d'assai di quegli sognati dalla sua
fantasia meridionale. Per la smania ch'ebbe di figurare al primo rango, non
entrò mai ne' ranghi.
Chi dunque
oserà compiangerlo? Che hanno perduto e la patria e l'umanità in quest'uomo?
Nulla, quanto è vero dio. Era un membro inutile, un ramo parassita. Chi
perderebbe il tempo ad occuparsene sul serio ora che non è più, fortunatamente?
Ricada in quell'oblio da lui tanto temuto e sia questo il suo castigo.
La verità,
signori, foss'ella proscritta dall'Universo dovrebbe ritrovarsi fra le tombe:
io la doveva all'amico morto non meno che a voi i quali mi ascoltavate.
. . . . . . .
. . .
|