Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Vittorio Imbriani
Merope IV

IntraText CT - Lettura del testo

  • XVI   ORAZIONE FUNEBRE
Precedente - Successivo

Clicca qui per nascondere i link alle concordanze

XVI

 

ORAZIONE FUNEBRE

 

O Redner de'n Gesicht ziecht jämmerliche Falten

Indem dein Maul erbärmlich spricht.

Eh' du mir sollst die Leichenrede halten

Wahrhaftig, lieber sterb'ich nicht.

LESSING

 

Onorevoli Signori,

Per fare un po' di codazzo a questo cataletto fin qui sull'orlo della fossa, abbiamo interrotte le faccende ed i piaceri nostri, e la gente nelle strade si fermava scappellandosi sul passaggio dell'esequie: pure, fa d'uopo ricordarvelo, non uno di noi, non uno al mondo rimpiange o lacrima costui. Tal sia di lui! che c'importa se a forza di cozzare con la realtà di ferro, col fatto compiuto gli si è spezzato il cuore ed infranto l'intelletto? Ed io e voialtri ed ognuno ha malanni ed interessi propri: staremmo freschi davvero se dovessimo fermarci non dico a soccorrere o compatire, anzi solo ad ascoltare chiunque più o men direttamente implora un'elemosinuccia vuoi di quattrinelli, vuoi di lacrimuzze. S'io mi son dato il fastidio di venire, oserò dirlo, se voi tutti vi siete rassegnati a questo importuno servizio, l'è stato un affare di mera convenienza; la sventura di conoscere un rompitor di scatole ha delle conseguenze postume: bisogna anche accompagnarlo fino al Camposanto. Sbadigliando, bestemmiando ed augurandoci le mille volte: purché la non vada troppo per le lunghe, abbiamo infilzato un abito nero, ci siamo composta una fisonomia seria, abbiamo dato di piglio al paracqua e ci siamo incamminati maledicendo agli usi sociali ed al tempo che vuol piovere.

Certo, signori, Quattr'Asterischi non era amato: ma meritava poi d'esserlo? rendeva possibile una relazione d'affetto? e siamo noi gente senza cuore, perché invece d'affliggerci di averlo perduto, ci rallegriamo di esserne liberati; e perché quando sarà finita finalmente questa pagliacciata finale andremo a far colazione di buon umore e d'ottimo appetito? O ci avrebb'egli rimpianto se fossimo stati i primi noi a crepare? No, sangue della madonna! non c'è da illudersi sull'analisi qualitativa e quantitativa della stima o dell'affetto che si era stati tanto fortunati da ispirargli: più volte e' s'è gentilmente preso l'incomodo di sputarci in faccia l'opinion sua sul nostro conto (ci chiamava: volgo, questo grand'uomo qui!) con tanta brutalità che vi sarebbe stato d'appiccicar briga se il messere ne avesse valuto poi la pena:

 

... Nec me discedere campo

Adspiciet quisquam, dignus modo provocet hostis

Quemque pudor non sit facili vicisse triumpho.

 

Non che fosse misantropo, ma viveva come cane e gatto con chiunque aveva il non so quanto invidiato, ma certo poco invidiabile onore d'avvicinarlo. Molte cose che tutti sanno, che tutti (lode al vero) pratichiamo, ma che disconviene spiattellare perché la vita sociale diventerebbe impossibile, il nostro Quattr'Asterischi le confessava apertamente, come se nulla fosse; egli godeva cinicamente, togliendo ogni maschera alle azioni proprie e strappandole alle altrui. Seguire ne' più minuti particolari quella battaglia di tutti contro tutti che s'addimanda viver civile, gli era solletico e conforto. Non perdeva mai la coscienza di esser nimico fra nimici, non ardeva un granellino d'incenso alla santa Ipocrisia che illude l'uomo sulla inanità de' cosiddetti affetti e vincoli di sangue, di famiglia, d'amicizia, d'amore: o se prendeva interesse all'agitarsi umano, gli era appunto come noi facciamo con le rappresentazioni teatrali: osservava se l'attore rappresentava convenientemente la sua parte. Così venne un po' per volta ad amare quasi esclusivamente alcuni concetti suoi, alcune idee, aborrendo gli esseri saldi che gli stavano a fronte e non potevano rassegnarsi a conformarsi a' suoi capricci. Ed onorava tutti quelli che sapevano vivere di ciò che gli piaceva intitolare il suo disprezzo, quantunque fosse invidia astiosa, non altro: e' si reputava probabilmente plasmato di argilla più nobile che noialtri poveri mortali. L'orgoglio che non seppe neppur celare, venne debitamente castigato: si cominciò dal trascurarlo, si terminò col noncurarlo; e non avendo egli cercata la solitudine, che per farvisi ricercare dalla folla, se ne inasprì.

Che amasse la patria, pare non potersi negare: almeno faceva mostra d'amarla e più di una volta ha posta la vita a repentaglio per esso lei. Ma per quale inezia non arrischiava la vita con buona voglia apparente il nostro Quattr'Asterischi? È facile il tenere in non cale ciò che non ha valore: e la stanza in questo mondo di abietti e di codardi gli era dura abbastanza, perché il signor eroe dovesse considerar più come benefizio che come danno il ricoverar nel nulla la propria nullità: similia similibus. Ma quel suo patriotismo era anche guasto dall'orgoglio: che diamine fosse l'Italia a lui cara non ho mai potuto appurarlo; certo qualunque cosa tranne gl'Italiani presenti, le loro istituzioni, passioni ed intenzioni. Avrebbe voluto rimutar tutto a suo modo e non gli mancò che l'ingegno, il potere e gli aderenti per far numero fra' tiranni.

Rispetterò i secreti della vita privata ch'egli pure non rispettava per gli altri, e mi guarderò bene dal violare il santuario (se lice adoperare una tal parola per cose profane) delle sue relazioni particolari. Avrò per lui quel pudore che a lui mancava quando cinicamente denudava il suo cuore agli occhi nostri, parodiando con l'ingegno di meno la sfacciataggine di Giangiacomo Rousseau. Aveva smania d'ogni pubblicità

 

Come se di tant'uomo importi al mondo

(Dei vocaboli sozzi al ver perdona)

Qual tesoro serbar lo sterco e l'ugne.

 

«Ma,» direte voialtri «per menar tanto vampo, per guardar tutto l'uman genere dall'alto in basso, chi era questo borioso? Enumerateci i suoi titoli di gloria; enumerateci la grande idea che ha evangelizzata; raccontateci un po' le sue gesta; annoverateci le sue dodici fatiche che disgradin quelle d'Ercole! Era dunque un profeta? era un messia? Era un Antinoo? era un Dante? era di quegli uomini che ne appellano dall'umanità ebbra all'umanità digiuna, dal loro secolo ai posteri? Qual'è il nuovo mondo o la nuova forza o il nuovo domma da lui scoperto? Su via! qual'è il grande impero o la gran certezza da lui conquistata? Qual'è il sistema o il personaggio ch'egli ha posto in piedi ritto imponendogli di camminare? O se non ha fatto, è stato sprone potente perché altri facesse? Rispondeteci».

Ahimè, signori, pretendere il ritratto e la biografia del nostro Quattr'Asterischi? Ma dunque avete passione per le caricature? Comincerei dal ritratto, se non fossi troppo ben educato per fargli rimprovero d'imperfezioni fisiche; basti dirvi ch'era tale che nessuna femmina ha mai avuto gola di gustarne, e che, malgrado il galateo, tornava un po' difficile il reprimere i cachinni quando si vedeva avanzare a passo di corsa quella lunga pertica nera con in cima un nasaccio ed una zazzeraccia ed un par d'occhialacci. Parliamo piuttosto della biografia, delle sue opere:

Ma qui s'incontra una difficoltà d'altro genere, cari signori: un proverbio francese dice che «dove non è nulla anche il Re perde i suoi dritti». Signori cari, cos'ha da narrare il biografo quando il protagonista, vita natural durante ha fatto l'arte di Michelaccio, standosene con le mani in mano? Ammetto che esageri, ammetto che amplifichi, ma gli sarà lecito inventar di pianta? Cos'ha ultimato Quattr'Asterischi? Le sue imprese riuscirono aborti; i suoi tentativi, fiaschi e fallimenti; s'è buttato in mille vie, ma che toccasse una meta, no, mai; ogni carico, fosse pur lieve, domava le sue forze. Gironza pel mondo e si frammischia in quante più nobili imprese può; ma non ottiene che d'esilarare quegli che marciano dritto allo scopo loro ed il conseguono. Sacrifizi e privazioni gli sorridevano accettabili da lontano, come ci sembra bella la sgualdrina che vediamo pomposamente dimenarsi in fondo al vicolo; e quindi accorreva in fretta per chiederne parte. Ma come suole accadere che della sgualdrina, vistala dappresso, ci passi ogni voglia, quando l'illusione prodotta dalla distanza è svanita; così Quattr'Asterischi si ravvedeva e proseguiva di mala voglia l'assunto impreso per leggerezza; e poi, via. Dunque sempre affaccendato, non ha fatto nulla: era il più intraprendente degl'infingardi, consumava grandi cose nell'immaginazione: il sogno era la sua azione più salda. E quanto alle sue scritture, quanto alle sue idee: stravaganze, contraddizioni, con le quali perturbava i nostri ragionamenti sodi, assennati, logici che non riuscivano però ad inculcargli dramma del deficiente senso comune.

Signori, nulla di meglio che il nobile orgoglio dell'uomo di merito, il quale confessa arditamente di credersi quel ch'egli è. Ma nulla di più stomachevole della stolta vanità de' dappochi e da-meno i quali si asseriscono sfrontatamente per dappiù. Tal era il nostro Quattr'Asterischi, ente basso che pur non voleva rassegnarsi a strisciare nel fango pel quale era nato. La pretendeva ad uomo eletto, a gran carattere, e non essendolo e sapendo di non esserlo, odiava chi gli rifiutava i suoi omaggi, come si suole odiare gli uomini che non s'è potuto ingannare. Vedeva trionfare gli sforzi altrui e si sentiva costretto dalla propria impotenza a pascersi di sogni e di progetti, e quindi invidiava, astiava, osteggiava ogni felice, ogni glorioso, ogni amato, ogni potente. Bisogna pur dire per debito d'imparzialità che quantunque non fosse certo un'aquila, quantunque avesse un'infarinatura di tutto, ma nessuna profondità, pure avrebbe potuto combinare qualcosa d'utile al prossimo, frenandosi, limitandosi. Ma quel ch'egli chiamava ambizione e che noi, migliori giudici, addimanderemo vanità, lo accecava e non seppe risolversi ad occupare il posto che gli competeva; posto meno brillante e sublime invero e d'assai di quegli sognati dalla sua fantasia meridionale. Per la smania ch'ebbe di figurare al primo rango, non entrò mai ne' ranghi.

Chi dunque oserà compiangerlo? Che hanno perduto e la patria e l'umanità in quest'uomo? Nulla, quanto è vero dio. Era un membro inutile, un ramo parassita. Chi perderebbe il tempo ad occuparsene sul serio ora che non è più, fortunatamente? Ricada in quell'oblio da lui tanto temuto e sia questo il suo castigo.

La verità, signori, foss'ella proscritta dall'Universo dovrebbe ritrovarsi fra le tombe: io la doveva all'amico morto non meno che a voi i quali mi ascoltavate.

. . . . . . . . . .

 

 

 




Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License