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Nicola Francesco Haym
Giulio Cesare

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  • Atto Primo
    • Scena ottava
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Scena ottava

Cleopatra (nelle vesti di Lidia) e Nireno in disparte,

Cornelia, poi Sesto

 

CORNELIA

(entra)

Nel tuo seno, amico sasso

sta sepolto il mio tesoro.

Ma che! vile e negletta

sempre starai, Cornelia?

 

CLEOPATRA

(da se'):

(E' Cornelia, costei,

la moglie di Pompeo?)

 

CORNELIA

Ah no! tra questi arnesi

un ferro sceglierò, con mano ardita

contro il Tolomeo dentro la reggia...

(Non sì tosto Cornelia ha preso una spada fuori

degli arnesi di guerra che Sesto sopraggiunge)

 

SESTO

Madre, ferma; che fai?

 

CORNELIA

Lascia quest'armi:

voglio contro il tiranno

uccisor del mio sposo,

tentar la mia vendetta.

 

SESTO

Questa vendetta a Sesto sol si aspetta.

(toglie la spada a Cornelia)

 

CORNELIA

Oh dolci accenti! oh care labbra! dunque

sull'alba de' tuoi giorni

hai tanto cor?

 

SESTO

Son Sesto, e di Pompeo

erede son dell'alma!

 

CORNELIA

Animo, oh figlio, ardire! Io coraggiosa

ti seguirò,

 

SESTO

Ma, oh dio! chi al re fellone

ci scorterà?

 

CLEOPATRA

(che sorte fuori impetuosamente)

Cleopatra

 

NIRENO

(in disparte)

Non ti scoprir!

 

CLEOPATRA

E Lidia ancor, per ché quell'empio cada,

ti saran scudo, e t'apriran la strada.

 

CORNELIA

E chi ti sprona, amabile donzella,

oggi in nostro soccorso offrir te stessa?

 

CLEOPATRA

La fellonia d'un re tiranno, il giusto.

Sotto il nome di Lidia

io serbo Cleopatra;

se in virtù del tuo braccio ascende al trono,

sarai felice, e scorgerai qual sono.

 

CORNELIA

Chi a noi sarà di scorta?

 

CLEOPATRA

(accennando a Nireno)

Questi, che alla regina è fido servo,

saprà cauto condurvi all'alta impresa.

 

SESTO

Figlio non è, chi vendicar non cura

del genitor la morte.

Armerò questa destra, e al suol trafitto

cadrà punito il gran tiran d'Egitto.

Cara speme, questo core

tu cominci a lusingar.

Par che il ciel presti favore

i miei torti a vendicar.

(partono Cornelia, Sesto e Nireno).

 

CLEOPATRA

Vegli pur il germano

alla propria salvezza:

che già gli mossi

di Cesare la spada,

di Sesto e Cornelia il giusto sdegno;

senza un certo periglio

non creda aver solo d'Egitto il regno.

Tu la mia stella sei,

amabile speranza,

e porgi ai desir' miei

un grato e bel piacer.

Qual sia di questo core

la stabile costanza,

e quanto possa amore,

s'ha in breve da veder.

(parte)

 

Cambiamento

Atrio nel palagio de' Tolomei




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