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Nicola Francesco Haym
Giulio Cesare

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  • Atto Secondo
    • Scena settima
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Scena settima

Cleopatra, poi Cesare

 

CLEOPATRA

Esser qui deve in breve

l'idolo del mio sen, Cesare amato;

ei sa che qui l'attende

Lidia sua, che l'adora;

per discoprir, se porta il sen piagato,

fingerò di dormir, porterò meco,

mascherato nel sonno, Amor ch'è cieco.

(si pone a sedere)

Venere bella,

per un istante,

Deh, mi concedi

le grazie tutte

del dio d'amor!

Tu ben prevedi

ch'il mio sembiante

dee far amante

d'un regio cor.

(finge di dormire)

 

CESARE

(entra)

Che veggio, oh Numi? il mio bel sol qui dorme?

Vaga Lidia, adorata,

ah! se di tanto incendio

che mi bolle nel seno,

ti penetrasse al cor qualche scintilla,

ben potresti sperar dalla tua sorte

d'essermi forse un sposa e consorte.

 

CLEOPATRA

(sporgendo)

Sposa? t'adorerò fino alla morte.

 

CESARE

Olà!

 

CLEOPATRA

Che ti conturbi?

 

CESARE

Una donzella,

serva di Cleopatra a tanto aspirar?

 

CLEOPATRA

Cesare, frena l'ire!

Giacché desta m'aborri,

perché m'abbi ad amar, torno a dormire.

(va per tornar al suo luogo)

 




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