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Nicola Francesco Haym Giulio Cesare IntraText CT - Lettura del testo |
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Scena settima Cleopatra con guardie, damigelle egizie, poi Cesare con soldati
CLEOPATRA (frale sue damigelle che piangono) Voi che mie fide ancelle un tempo foste, or lagrimate invan, più mie non siete. Il barbaro germano che mi privò del regno, a me vi toglie, e a me torrà la vita. (S'ode strepito d'armi nella scena) Ma qual strepito d'armi? Ah sì! più mie non siete, spirar l'alma Cleopatra or or vedrete.
CESARE (entra con spada nuda in mano e soldati) Forzai l'ingresso a tua salvezza, oh cara!
CLEOPATRA Cesare o un'ombra sei?
CESARE (alle guardie) Olà, partite ormai, empi ministri d'un tiranno spietato! Cesare così vuol, pronti ubbidite! (partono le guardie)
CLEOPATRA Ah! ben ti riconosco, amato mio tesoro, al valor del tuo braccio! Ombra, no, tu non sei, Cesare amato. (corre ad abbracciarlo)
CESARE Cara, ti stringo al seno; Ha cangiato vicende il nostro fato.
CLEOPATRA Come salvo ti vedo?
CESARE Tempo avrò di svelarti ogni ascosa cagion del viver mio. Libera sei, vanne fra tanto al porto, e le disperse schiere in un raduna; colà mi rivedrai; Marte mi chiama all'impresa total di questo suolo. Per conquistar, non che l'Egitto, un mondo, basta l'ardir di questo petto solo. (parte con i soldati)
CLEOPATREA Da tempeste il legno infranto, se poi salvo giunge in porto, non sa più che desiar. Così il cor tra pene e pianto, or che trova il suo conforto, torna l'anima a bear.
Cambiamento Sala reggia di Tolomeo
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