II.
In Via San
Paolo.
Mentre
dura il rumore delle seggiole, il fruscio delle vesti, e il
cicaleccio complimentoso delle signore che si alzano, si salutano e
si voltano per avviarsi verso l’uscita, mentre i pittori e gli
scultori applaudono ancora, ma più fiaccamente, perchè
delusi nell’aspettazione del razzo finale, Guido Bardi e Nino
Sebastiani, stretti nei gomiti e scivolando abilmente con dei
sommessi «pardon!» fra le vesti e gli strascichi
delle signore e infine urtando, senza tanti riguardi, e sfondando la
folla degli uomini, si precipitano alla conquista dei soprabiti che
infilano sbracciandosi e scendendo a salti lo scalone.
Vogliono
arrivare i primi a mettersi sulla porta di sentinella, per offrire i
loro omaggi e la loro compagnia alle belle signore: anzi, più
precisamente, Guido Bardi a donna Fanny, Nino Sebastiani alla
signorina Emma.
Ma
le due amiche, proprio queste due, si fanno molto aspettare.
— Che
cosa succede? — chiede il commediografo al poeta, scambiando
una sigaretta con un cerino.
Quasi
tutte le signore, sfollando, sono già uscite nell’angusta
e tetra via di San Paolo, avvivandola, per un istante, di voci e di
risa, rischiarandola, rallegrandola, colla gaiezza delle vesti, coi
fiori vivaci dei cappellini... ma, ancora, nè donna Fanny, nè
la signorina Emma non si vedono spuntare... e nemmeno il Verdi che le
accompagna...
Nino.
Che diavolo fanno lassù?
Guido.
Andiamo a vedere.
I
due giovani rientrano, attraversano la portineria, cacciano la testa
nel vano dello scalone, guardano in su:
— Eccole!
Sono
in alto, sul primo pianerottolo. Si ode la vocetta allegra e il riso
metallico di donna Fanny che fa, colle solite moine, congratulazioni
e complimenti al conferenziere, presentato loro dal nobile Barbarani,
il piccolo e rumoroso presidente del Circolo Artistico-letterario.
Nino
Sebastiani e
Guido Bardi
(si
guardano: si fissano: ognuno dei due, fuori un palmo di muso: la
sigaretta si rizza fra le labbra e non fuma più).
Nino
(colla
voce grossa per un’indigestione di gelosia)
Io le pianto e me ne vado.
Guido
(furente, ma sempre diplomatico) No.
Tutti
e due si vendicano, borbottando, scagliando invettive contro il
nobile Barbarani: che c’entra lui a fare il presidente di un
Circolo artistico-letterario? Se come artista non ha mai dipinto...
altro che i suoi baffi? Se come letterato non ha mai scritto... altro
che al suo fattore? Se come Mecenate, non ha mai comperato altro che
oleografie? Ma, appunto per questo, i letterati non volevano un
artista; «gli artisti» non volevano un letterato, e
allora, per non offender nessuno, hanno fatto presidente... un asino
pieno di belle maniere, che non sa far altro che presentar la
gente... che non si vuol conoscere!
Il
Presidente (in alto: sul pianerottolo, con frequenti colpettini di
tosse per rischiarare la voce stanca che gli si intorbita frequente
mente) Ecco appunto — benissim — il nostro
grande conferenziere Giovanni Mari: cioè, volevo dire
Giordano, l’illustre commendator Giordano Mari, che ho davvero
la squisitissima soddisfazione di presentare ad una delle più
amabili e più belle signore, la nostra donna Fanny Simonetti,
e, senza eccezione, alla più graziosa popolina di
Milano, la signorina Emma Dionisy, di cui ecco l’artefice
genitore — benissim: son proprio content!
La
signorina Emma (arrossisce dinanzi al conferenziere che le sembra
ancor più alto, più biondo, coi denti bianchi ancor più
lucenti; china gli occhi quasi abbagliata, e al contatto della sua
mano ha un tremito, una vibrazione nervosa).
Il
cavaliere Venceslao (un cilindro a larghe tese, un foulard bianco
attorno al collo: si avanza serio, stendendo le mani al
conferenziere: un colpo solo, fortissimo, e basta).
Il
Presidente (che è ancora svelto e forte in gamba —
soltanto in gamba — scende la scala a salti: vedendo nel
vestibolo Guido Bardi e Nino Sebastiani) Benissim! Son
proprio content! (Nuove presentazioni: molta cordialità
da parte di Giordano Mari, molti complimenti).
Giordano
Mari (ai
due giovani letterati che si inchinano appena, torvi, muti)
Conoscevo già per fama il loro nome... con ammirazione le loro
opere...
Tutti
insieme escono dal portone e si avviano a due a due. Il piccolo
presidente corre innanzi e indietro, da questo a quello, come un
cagnolino che tiene in branco le pecore, abbaiando allegramente il
suo benissim. Giordano Mari, dinanzi a tutti, si accompagna
con Emma. Nino Sebastiani, che resta in fondo col cavalier Venceslao,
si oscura ancor di più, e Guido Bardi camminando a fianco di
donna Fanny si rasserena.
Fra
il poeta e il commediografo non c’è nessuna alleanza
intima: sono sempre insieme per forza di amore, perchè vanno
sempre insieme Emma e Fanny. Ma se l’amore li unisce, la
letteratura li divide — la letteratura e la grammatica: croce e
delizia. — Delizia del poeta che ne è in possesso, croce
del commediografo, che ne fa senza e si scusa dicendo:
— Se
nessuno conosce la grammatica, è come non ci sia; dunque è
inutile.
Giordano
Mari (camminando
diritto al fianco di Emma, pavoneggiandosi, colle falde del lungo
abito nero, svolazzanti alla calda auretta del maggio)
Ho una grande simpatia per Milano: non è come Roma colla sua
storia schiacciante, non è come Venezia colle sue arti troppo
belle: a Milano, lo spirito riposa. Quando si è visto ed
ammirato il duomo, basta! (Dopo
un momento di pausa: più sottovoce, con diretta galanteria)
Parlo solo... dei monumenti.
La
signorina Emma (si confonde: le sfugge lo strascico dell’abito
che aveva in mano: si ferma un attimo e lo riprende, poi continua a
camminare, guardando sempre per terra, e notando, ad onta del suo
orgasmo, della sua confusione, che anche i piedi di Giordano Mari
sono bellissimi e ben calzati).
Giordano
Mari (continuando)...
È la buona città borghese, rivoluzionaria soltanto in
politica: e, ciò che sembra una contraddizione e non lo è,
rivoluzionaria per la propria conservazione. Ma in arte? I suoi
artisti non fanno che copiare la natura. In letteratura? I suoi
scrittori non fanno che copiare... l’articolo di moda. Il suo
teatro? Niente Wagner! Niente Ibsen. I Milanesi non vogliono
pensare...
che ai loro affari. Per questo l’opera tipo
è la Bohéme,
il drammettino interessante, fatto soltanto per gli occhi e per le
orecchie, e che sul finire vi spreme quattro lacrimette che fanno
digerire il pranzo e preparano lo stomaco per la cena.
La
signorina Emma (trova che egli parla molto bene, che ha molto
spirito, una gran bella voce, e continua a guardar per terra e
aspetta un altro complimento, forse il principio di una
dichiarazione, e perciò diventa sempre più rossa senza
apparente motivo).
Giordano
Mari (sospirando,
levandosi il cilindro e asciugandosi la fronte come uno che ha molto
lavorato ed è molto stanco)....
Qui si riposa: la mente non è assediata e oppressa dalle ombre
del passato. Cor
magis tibi Mediolanum pandit! Come
avrei bisogno anch’io di riposare, di ritemprarmi in questa
feconda modernità, fuor delle cose morte! Mi ci vorrebbe
proprio un po’ di Milano!
La
signorina Emma (con ansietà, ma vincendo la timidezza,
perchè le preme molto di sapere ciò che domanda).
Si fermerà, dunque, qualche giorno... a Milano?
Giordano
Mari (lusingato,
guardando la ragazza e trovandola, davvero, carina carina...)
Tutta la settimana.
La
signorina Emma (alzando il capo, alzando gli occhi, fissando il
Mari contenta perchè in quel momento «tutta una
settimana» le par lunga un secolo) Come è stata
bella la sua conferenza! È la prima che sento! Che
combinazione!...
«Che
combinazione?» Di che? Di che cosa? Giordano Mari, stupito,
torna a guardarla. Combinazione? Perchè? Di che cosa? Di ciò
che la giovinetta sente in fondo al suo cuore, che «cominciava
allora...», cioè no, che ha cominciato un’ora
innanzi, quando i suoi occhioni neri e profondi si sono incontrati
negli occhi di quell’uomo bello e forte, così in alto
sopra tutti gli altri, signore, dominatore di quella folla, ch’egli
con una parola faceva fremere di ammirazione, o vibrare d’entusiasmo.
Il
cavalier Venceslao (alla coda della comitiva, prende a braccetto
Nino Sebastiani: vorrebbe sapere come ha trovato la conferenza).
Nino
Sebastiani (con
un moto di stizza e di sprezzo)
Un mosaico internazionale!
Il
nobile Barbarani (staccandosi da donna Fanny e raggiungendo di
corsa, perchè sono andati molto innanzi, Giordano Mari e la
signorina Emma) Diceva adesso donna Fanny, che vorrà
pubblicarle, certamente, le sue conferenze?
Giordano
Mari. Sì;
le ho già cedute al mio solito editore per l’Italia ed
alla casa Hartleben per la Germania.
Il
nobile Barbarani. Ah! Ah! Benissim! Son proprio content!
(si ferma sulle gambette a roncolo per aspettare donna Fanny
con Guido Bardi, e dar loro la bella notizia).
La
signorina Emma (con un fil di voce, mentre alzatasi la sottana fa
un piccolo saltetto per ischivare una pozza) E dopo Milano...
dove va?
Giordano
Mari. Prima a
Bologna, poi a Napoli, poi a Roma, dove compirò il mio ciclo
di conferenze... poi, a Venezia.
— Lei,
appunto, è di Venezia?
— Quasi;
ma sono nato a Padova.
La
signorina Emma (con un trasporto di entusiasmo) Venezia e
Padova son due gran belle città!
Giordano
Mari (dà
un’altra rapida occhiata alla signorina Emma, pensando fra sè:
è candore o civetteria?)
La
signorina Emma (continuando con vivo interesse) E le ha già
scritte tutte le sue conferenze?
Giordano
Mari (crollando
il capo con olimpica superiorità)
Scritte? (un
sorriso, come sopra; un’altra scrollatina di capo)
Le scrivo dopo, più tardi, quando preparo il volume per
l’editore; lo scriverle, non è altro che un lavoro di...
di selezione.
La
signorina Emma (con maraviglia e ammirazione) Ma allora, Dio
mio! come fa?
Giordano
Mari (dimenandosi
ancora di più, quasi da riempere, all’occhio, colle
lunghe falde svolazzanti la stretta via di San Paolo)
La mia conferenza non è mai nè un’opera d’arte,
nè un’opera letteraria...
La
signorina Emma (interrompendolo con uno sguardo e mormorando con
un sospiro che s’innalzano come un’aureola di ammirazione
amorosa attorno alla testa bionda, simpatica, dell’illustre
pensatore) Oh... così bella! È stata tanto bella la
sua conferenza!
Giordano
Mari (non
dice di no, anzi pare dica di sì, e continua)
Ho un solo merito, forse raro, anzi sempre più raro: la
sincerità! E la sincerità è la grande bellezza
(pronuncia
lentissimamente e con una sapiente modulazione — bel-lez-za —
fissando Emma che torna a guardar per terra)
la sincerità è la grande bellezza delle anime e delle
cose. No; le mie non sono conferenze; io non tengo delle conferenze
(un moto
stizzoso, di sprezzo. Emma torna ad alzar gli occhi ed a guardarlo
incantata),
io parlo soltanto perchè ho qualche cosa da dire; forse…
qualche cosa di nuovo....
La
signorina Emma (in estasi). Tutto tanto nuovo... tutto, tanto
tanto bello!
Giordano
Mari. Certo
qualche cosa di... di sincero (continuando
a gonfiarsi a vista d’occhio).
Come parlo per un’ora, potrei parlare per due, per tre, per un
giorno di seguito.
Guido
Bardi (con
un sorrisetto sarcastico, sottovoce: facendo sorridere donna Fanny)
As-sas-si-no!
Giordano
Mari. Che
cosa sarà la mia conferenza di Bologna? Il seguito di questa
d’oggi, di Milano. E a Napoli che cosa dirò? Ciò
che non ho avuto tempo di dire a Bologna: e a Roma lo stesso; e lo
stesso a Parigi, alla Sorbona, dove mi hanno invitato, perchè
il pensiero, araldo dell’arte e della letteratura, non ha più
confini ormai, è cosmopolita (seguiterebbe
a tener conferenza anche per la strada, se chinando lo sguardo sulla
sua compagna, non la trovasse più che mai estatica: carina,
carina, molto carina! Avvicinandosi di più, fissandola negli
occhi). A
lei, signorina, è parsa bella la mia conferenza?...
Emma
(risponde
soltanto guardandolo; non ha più fiato per dir di sì;
nemmeno per tener sollevato lo strascico della veste, che spazza il
marciapiedi del corso Vittorio Emanuele).
Giordano
Mari... Or
bene, essa le è parsa bella perchè l’ha sentita
sincera: non è merito mio; la bellezza è lo splendore
del vero, diceva il divino Platone; e lo dicono anche i suoi occhi,
signorina!
Guido
Bardi (che
allunga il collo per star a sentire, pesta sull’abito di Emma,
che si ferma di colpo, chinandosi)
Oh, pardon!
Il
cavalier Venceslao (di lontano, con una vocetta esile che ricorda
i cantori della cappella Sistina, e distrugge tutto l’effetto
autorevole della bella barba verdiana) Emma! Il signor Sebastiani
ti saluta: dice di non poter venire oggi a pranzo da noi!
Nino
Sebastiani è invitato a pranzo tutte le domeniche in casa
Dionisy; e si sa, non ci manca mai per via della signorina Emma;
anzi, per quanto è possibile, cerca di far entrare nelle
domeniche anche qualche giovedì; ma stavolta, invece, dopo
quella maledettissima conferenza, indispettito, ingelosito,
furibondo, e sperando di fare un gran colpo decisivo sull’animo
di Emma, ha dichiarato, sempre col broncio, al cavalier Venceslao di
aver dovuto accettare un altro invito.
Il
cavalier Venceslao (ripete con intenzione) Emma! Hai
capito?... Il signor Sebastiani non vuol venire, a pranzo!
Emma
(distratta,
per dire un complimento)
Oh, chissà come la mamma ne sarà dispiacente!
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