V.
All’hotel
della «Bella Venezia»
Giordano
Mari (entrando
cerca il portiere che non c’è, chiama il cameriere che
non risponde, entra nel burò dove non trova nessuno: si mette
a brontolare prima a mezza voce, poi molto più forte).
Il
direttore (che
si era addormentato in quel caldo pomeriggio, risvegliandosi e
avanzandosi nel buio)
Il signore?... domanda?..,
Giordano
Mari. Domando
se ci sono lettere, telegrammi per me.
Il
direttore (che
non si ricorda chi è)
Scusi?...
Giordano
Mari (risentito)
Per Dio! Giordano Mari!
Il
direttore (lo
guarda c. s.)
Giordano
Mari (furibondo)
Il numero 15!
Il
direttore (con
calma)
Adesso domanderemo al cameriere.
Per
il numero 15 c’era un telegramma ed una lettera: erano stati
portati in camera: e per Giordano Mari dovevano essere importanti
assai, perchè, ordinato in fretta da pranzo, fa le scale d’un
fiato.
Col
telegramma, invece di una sola lettera ce ne sono due. Una da Roma,
l’altra col bollo di città.
Giordano,
prima di aprire, guarda di chi sono: la lettera di Roma è
quella che egli aspetta, dall’onorevole Rocco Marana
sotto-segretario di Stato all’istruzione pubblica. Quella di
città è del suo editore.
— Ma
perchè mi scrive? Se l’ho avvertito che domattina sarei
andato io da lui?
Da
quella lettera Giordano Mari sente che deve aspettarsi una
contrarietà, un rifiuto; tuttavia legge prima il telegramma:
«Impossibile
ottenere rinnovazione: voci attendibili assicurano solito sovventore
prossimo fallimento. Regolati.»
«Finardi».
— Anche
gli usurai che falliscono! Quando il diavolo ci vuol metter la coda!
E adesso... a quest’altro! — E comincia più
lentamente ad aprire e a leggere la lettera di Roma. È la
risposta ad una sua domanda per certa missione all’estero che
ha più volte sollecitato e che gli procurerebbe, oltre al
divertimento e all’onore di un paio di commende, anche qualche
biglietto da mille:
Ministero
Della
Pubblica
Istruzione
Gabinetto
del Sottosegretario di Stato.
Carissimo
amico,
«Cattive
notizie! Il tuo invio a Lipsia per l’esame e il possibile
ricupero dell’epistolario Galileiano scoperto in quella città
— e di doverosa rivendicazione da parte del Governo italiano di
fronte alle irregolarità di acquisto emerse dal recente
processo — pareva cosa sicura. S. E. il ministro, anche l’altra
sera, dopo un lungo colloquio intorno a molte altre cose, me ne aveva
dato la quasi certezza, mostrando di ricordarsi molto bene di te, de’
tuoi titoli e delle tue benemerenze. Credevo di potergli far firmare
a giorni il relativo decreto e le commendatizie ufficiali presso i
corpi diplomatici, allorchè, stamane, apprendo che la missione
è irrevocabilmente affidata all’onorevole Toscolani.
Questo nome, in questi momenti, ti dice tutto; ti dice specialmente,
come non sia dipeso da mancanza di buon volere da parte mia l’esito
negativo della pratica. Un elemento così irrequieto e
tempestoso, da sottrarsi all’opposizione parlamentare ed
extra-parlamentare, alla vigilia, o quasi, di un voto di vita o di
morte pel Gabinetto, ha avuto il sopravvento anche nel campo...
teoricamente sereno della scienza e delle arti. Tu sei troppo uomo di
mondo, sebbene non rotto ancora a questa vitaccia politica, per non
comprendere certe supreme necessità del momento. A voce, e
spero presto, a Roma, potrò dirti di più. Per ora non
volermene e gradisci una filosofica stretta di mano dal tuo
Affezionatissimo
Rocco
Marana
Giordano
Mari non dice una parola, non fiata, ma sotto gli occhi gli appaiono
due solchi lividi, profondi. Apre l’altra lettera, quella
dell’editore di Milano.
Amodei E
C. Editori
Gabinetto
del Direttore
Illustre
e carissimo Mari,
«Mi
offrite le vostre conferenze sui Precursori della Rivoluzione?
Quali sono e quante sono? perchè io non ne conosco altro che
una, la solita di Venezia, Torino e Genova: sempre bella, ma sempre
quella, come la bandiera dei tre color! E poi... mi domandate duemila
lire — anticipate — per un volume di conferenze? È
vero che non è che una domanda... ma io non vi posso
dare... che una risposta. Vi voglio molto bene, ma non posso per voi,
disgustarmi col mio interesse.
Affezionatissimo
Amodei.
«P.
S. — Devo assentarmi da Milano per il matrimonio di mia nipote.
Sono spiacente per me... e per voi. Vi avrei fatto conoscere
l’architetto Carlo Borghetti, una vera capacità, un
erudito fenomenale. Avrebbe potuto esservi utilissimo per la vostra
monografia su sant’Ambrogio... o il signor Ambrogio,
come volete voi.»
Giordano
Mari, pallidissimo, resta fermo, immobile su due piedi: È una
disdetta. Tutto gli va male... tutto! tutto!... C’è fin
da ridere, tanto è curiosa!... E ride infatti; ma ad un tratto
il riso gli si ferma sulle labbra ed ha un sussulto in tutta la
persona: riapre, rilegge il telegramma:
«Impossibile
ottenere rinnovazione: voci attendibili assicurano solito sovventore
prossimo fallimento. Regolati».
— Ma
allora?... E le altre?... E tutte le altre?...
Anche
gli ultimi echi degli applausi di un’ora innanzi, le febbrili
compiacenze del successo, tutto è svanito, dileguato oramai…
persino il bel viso ridente di donna Fanny e gli occhi intenti,
appassionati di Emma. E sì che quest’ultima, mentre egli
legge la lettera del Marana, gli è tornata in mente... quale
nipote dello zio ministro.
— E
le altre cambiali?... E tutte le altre?...
Fa
due, tre passi verso la finestra, sempre cupo, sempre pensoso, a
testa bassa. Prende macchinalmente una forbice dalla toeletta e
macchinalmente continua e continua a tagliarsi, a regolarsi, a
limarsi le unghie...
— E
le altre?... E tutte le altre?...
Rimane
ancora diritto in piedi, immobile, a testa bassa, occupato delle sue
unghie, ma a mano a mano il suo viso da pallido, diventa giallo,
gonfio, sformato... i solchi sotto gli occhi diventano sempre più
profondi. Non ha più trentacinque anni nè
quarantacinque... ne dimostra sessanta...
— E
le altre?... Almeno dieci... dodicimila lire?..
Nella
cameretta si sente solo il rumore del respiro greve, affannoso del
Mari, e un tic-tic-tac delle unghie dure, che saltano via
mozzate dalle forbici.
Cameriere
(battendo
all’uscio)
Signore...
Giordano
Mari (trasalendo,
voltandosi)
Che c’è?
Cameriere.
Il pranzo è servito.
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