PARTE SECONDA
(1849-1859)
Seconda
prigionia
Causa e condanna
Santa Maria Apparente, 1849.
Ecco il 23 luglio, mia dolcissima e diletta Gigia,
ecco compiuto un mese del mio arresto, ecco rinnovellati quei dolori che
amareggiarono la nostra prima gioventù. Sopportiamoli con animo forte, e con
quel cuore che indurammo a quelle terribili pruove. Noi non abbiamo a
vergognare di nulla: questo ci deve confortare sopra ogni altra cosa. Intanto
io credo che non mi arrechi vergogna il confessare che io sento profondo dolore
essendo lontano da te, cara compagna della vita mia, che dividesti meco qualche
raro e modestissimo piacere, ed infinite amarissime sventure. Senza di te io mi
sento senza mezzo il cuore; e senza i cari figli miei io mi credo essere in un
deserto. Cerco ingannare il mio cuore conversando con gli amici, ma una parola
detta a caso, un'idea che mi trasvola innanzi la mente mi ricorda di te, de'
figli, del nostro avvenire incerto e doloroso, ed io mi sento trascinare ad una
cupa tristezza. Bisogna lottare, soffrire, sperare, lo so; ed io lotto, e
soffro, e spero: ma non debbo rivelare i segreti dell'anima mia a te, che sei
la mia cara compagna? Non affliggerti per questo, non impedirmi uno sfogo, che
io non farei se sapessi che dovesse conturbarti. Il nostro amore, la nostra
tenerissima e coniugale amicizia mi ti fa scrivere a questo modo, e rivelare i
segreti del cuore. Non parlerei così se sapessi di parlare ad una donna
volgare. Ma confidiamo: questa volta la prigionia non sarà lunga, non sarà
quella terribile agonia di tre anni e mezzo che sofferimmo altra volta.
Tu mi dici di scrivere, ed io vorrei scrivere, e
mi sdegno contro me stesso quando non iscrivo qualche cosa, e sento un rimorso
ardente di perdere molto tempo, ma, Gigia mia, la testa non mi regge, il cuore
non è tranquillo, scriverei solo quello che qui non posso scrivere. Basta, io
mi ricorderò di te, la tua immagine varrà a serenarmi la mente, a placarmi il
cuore, a muovermi a scrivere. Tu, o Gigia mia, sei la cara consigliatrice mia,
quella che mi spinge ad ogni bella impresa. Ti prometto adunque di contentarti.
Baciami i figli, abbiti un mio bacio, ed addio, mia dilettissima Gigia,
Luigi tuo.
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