CAPITOLO
III.
La
zitellona.
Coraggio della sua situazione ¾ Toletta ¾ Divertimenti.
"E
qui comincian le dolenti note!" Nessuna vorrebbe essere una zitellona.
È un nome che fa orrore. Perchè? Non l'ho capito mai. Forse in causa di questo
appellativo ridicolo? Ma chi lo usa? Le signore che non hanno preso marito, non
sono ridicole, per questo. Io ne conosco di adorabili, la cui compagnia mi ha
fatti passare giorni deliziosi, mi ha resa amena la solitudine d'una campagna
isolata, mi ha lasciata una dolcissima memoria, ed un profondo desiderio di sè.
Tu lo comprendi, Emilia, che parlo di te, il cui spirito superiore non rifugge
dalla situazione che la sorte ti ha fatta, che l'accetti con coraggio e
serenità, e puoi servire di modello alle altre signore, che una circostanza
qualunque ha obbligate a rinunciare alla benedizione della famiglia. Lascia che
guardi a te, che m'ispiri a te, per insegnare come debbono contenersi le altre.
A trent'anni,
una signorina deve assolutamente rinunciare a tutti i riserbi esagerati di cui
si sogliono circondare le fanciulle; deve adottare nella misura delle sue
finanze, il vestire, le abitudini, il contegno, il linguaggio d'una signora
maritata; uscire sola, ricevere e fare visite, viaggiare sola, se non ha la
necessità, avere le sue carte da visita. Con questo non s'intende che, se Dio
le conserva i genitori, abbia a far vita a parte. Goda finchè può la
benedizione di dar il braccio alla sua mamma. Ma lo faccia per godere di quella
compagnia dolcissima, non per farsene guidare e proteggere come una tortorella
insidiata.
La mia Emilia
ha goduto a lungo la fortuna di avere la mamma. E le ha consacrate tutte le sue
ore, i giorni e le notti, non s'è mai staccata da lei, senza una estrema
necessità. L'ha amata con entusiasmo, l'ha pianta con passione. E tuttavia ha
saputo farsi più presto ancora del tempo, una personalità seria, rispettabile,
indipendente, senza ardimenti e senza emancipazione.
Che una signora
nubile si comporti così, e sfido tutti gli umoristi del mondo a farle passare
sul capo neppur l'ombra del ridicolo. Se vive in famiglia, qualunque sia la sua
età, non ha rappresentanza; per cui dovrà astenersi dal fare inviti lasciando
questa briga ai capi di casa; e, nei ricevimenti, dovrà assumere una parte
secondaria, non avanzarsi al saluto se non quando le persone della famiglia
hanno accolto i loro ospiti, non offrire mai rinfreschi di propria iniziativa,
ma appoggiare con garbo le offerte che hanno fatte i padroni di casa.
Si asterrà
assolutamente dal ballare, sotto pena di ridicolo. Si adatterà ad imparare i
giuochi più in uso, per potere, all'occorrenza fare il quarto in una partita, e
per non restar sola e spostata in un circolo giovanile, dove avrà sempre la
scappatoia di sedere al gioco colle persone serie.
Se in
famiglia vi sono persone a pranzo, si collocherà in modo da non darsi nessuna
importanza, senza affettare tuttavia di prender l'ultimo posto nè atteggiarsi
da vittima.
* * *
Se una signorina
nubile ha rendita sufficiente per fare casa da sè, perduti i genitori, si
comporterà precisamente come una vedova, potrà ricevere, fare inviti a pranzo,
tenere una serata fissa ogni settimana per dare il tè, accogliere ospiti in
campagna.
In Francia si
usa chiamare Mademoiselle una signorina fino all'ultima vecchiaia. Noi
abbiamo la fortuna di poter evitare il ridicolo di quell'appellativo comune
colle giovinette. Una signora nubile si fa chiamare «Signora» dalla gente di
servizio, e tutte le persone di tatto eviteranno sempre di chiamarla signorina;
sarebbe una canzonatura. Soltanto in Piemonte si ha l'abitudine francese, e si
dice Tota anche ad una donna di ottant'anni quando non ha marito; è un
piccolo ridicolo che non si può evitare, e che fa molta impressione a chi non è
del paese.
Mi ricordo
d'essere giunta una volta a Torino per fare un lungo soggiorno in una famiglia
composta di un babbo, d'una bambina, e d'uno zio prete che la istruiva. Il
babbo era sempre fuori, la bimba passava molte ore collo zio allo studio. Per
cui temevano ch'io dovessi annoiarmi di rimanere parecchio sola, e mi dissero
fin dal primo momento:
¾ Si
annoierà forse un poco, ma c'è un'altra Tota che viene ogni sera da noi
e le farà compagnia.
Era nel cuore
di gennaio. Faceva quel freddo orribile degli inverni di Torino. Si abitava
assai lontani dal centro, e poco mi sorrideva l'idea di uscire di casa. Per cui
ero senza speranza di procurarmi la compagnia di altre signore e signorine
della mia età. La prospettiva di quella Tota (signorina) che verrebbe
ogni sera a vegliare con me, mi rallegrò. Le fanciulle hanno tanta esuberanza
di vita, tanta serenità, tante speranze nel cuore! Mi figuravo le più liete
serate. Aspettai con impazienza che il giorno finisse. Quando Dio volle s'udì
un campanello, e la cameriera annunciò:
SYMBOL 190 \f "Symbol" \s 12¾ Ai' è tota Gin "È
qui la signorina Gin" (un diminutivo che può servire per Teresa,
Lucia, Luigia ed altri nomi.)
Io saltai in piedi
e corsi fino all'uscio del salotto per incontrarla... Per poco non caddi
come corpo morto cade.
Vidi entrare
una figura lunga, lunga, lunga, come una guglia, ed allampata; con un volto di
pergamena; tutta coperta d'un involucro di panno color tonaca da frate; con uno
di quei cappelli secolari che si vedono nelle vignette dei romanzi inglesi;
armata d'una gran borsa di lana dalla quale uscivano minacciose le otto punte
di quattro ferri da calza.
Era una buona
signora, ed abbastanza amena in compagnia. Ma quel maledetto appellativo di Tota
l'aveva demolita coll'immagine primaverile che me ne aveva suggerita, e le
raddoppiava ai miei occhi tutti gli anni che aveva in più, di quei tanti di
meno che le avevo dati.
Se è
ammissibile un consiglio contrario agli usi del paese dove si vive, io
consiglio le signore nubili piemontesi a non permettere mai che le chiamino Tote
quando hanno passata la quarantina....
*
* *
Il vestire
d'una signora nubile (la parola zitellona, non dovrebbe mai sonare sulle
labbra di una persona educata), il vestire d'una signora nubile, dev'essere,
come già dissi, quello stesso di una signora maritata. Potrà portare le
pelliccie di martora, lo scialle turco, i diamanti e le trine. E, finchè l'età
ed il grado di conservazione della sua figura glielo permettono, nulla osta a
che vada in teatro con abiti scollati come un'altra signora.
*
* *
Il teatro e
la conversazione sono i divertimenti che le si addicono meglio. Al ballo non ci
dovrebbe andare, perchè vi sarebbe spostata, a meno che vi dovesse accompagnare
una giovinetta. Ed in tal caso il suo contegno dovrebbe essere, a seconda della
sua età, quello d'una sorella maritata o d'una madre.
Ai bagni di
Viareggio, pochi anni sono, c'era una signora nubile, che accompagnava una
nipotina di diciotto anni. La zia ne aveva trentanove. Aveva certi occhi, certi
capelli neri, certi denti, da far invidia ad una giovinetta. Vestiva con grande
eleganza, ma sempre di nero o di bianco. Discorreva benissimo in francese coi
francesi, in inglese cogli inglesi, in tedesco coi tedeschi, in spagnolo con
una vecchia dama spagnola. Ho desiderato parecchie volte un Turco ed un Cinese
per udire la zitellona parlare in quelle due lingue. Era una Lombarda.
Aveva fatto
molte conoscenze; ma il suo contegno era perfetto. Accompagnava sempre la
nipote al ballo, ma non ballava mai. Ne era pregatissima; e tuttavia non l'ho
udita rispondere, come fanno molte in simili circostanze:
¾
"Non posso: faccio la mamma" con accompagnamento di smorfiette e
sorrisi, che vuol dire: "rinuncio ai divertimenti della mia età, per fare
una parte da vecchia." Perfettamente ridicolo!
Lei diceva
francamente:
¾ Ma che
le pare alla mia età!
Un giorno mi
confidò, – mi piaceva tanto che me l'era fatta amica, – che un signore, il
quale faceva pensare e sospirare molte belle bagnanti, dimostrava di essere
innamorato di sua nipote.
Era quello
che si suol dire un brillante partito. Ricchissimo; godeva d'una
magnifica situazione, aveva riputazione di uomo d'ingegno, e forse era; ad ogni
modo, aveva molto spirito, era perfetto gentiluomo, e, per giunta, bell'uomo.
Ma aveva trentasei anni, giusto il doppio della ragazza. La zia era
impensierita da questa circostanza; la fanciulla invece lasciava indovinare,
nella semplicità del suo cuore, una notevole preferenza per quel bel signore.
Quando giunse il babbo della ragazza la zia gli presentò il nuovo conoscente,
di cui aveva prese informazioni e studiato il carattere, e gli narrò le sue
assiduità, l'accompagnarle al passeggio, l'intrattenersi tutta la sera con
loro, ecc., ecc.
Il babbo lo
conosceva di riputazione, ne fu soddisfatto, e, coll'accoglienza cordialissima,
gli dimostrò che non sarebbe rifiutato.
Il giorno dopo,
con un biglietto da vero innamorato, il gentiluomo gli scrisse domandandogli la
mano.... di sua sorella. La zitellona!
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