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Olindo Guerrini
Canzoniere di Lorenzo Stecchetti

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  • POSTUMA
    • LXIV.   DOPO LE NOZZE
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LXIV.

 

DOPO LE NOZZE

 

Iam pulcra quidem Diana,

Iam pleiades occiderunt,

Iam nox media est et hora

Iam praeterit: Ipsa vero

Ah! sola cubo misella!

SAPHO: Fragm. apud

Ephest.

 

Del tuo fiume regal sulla fiorente

Riva natia, te bionda ed innocente

E bella un mirai

Seguir bambina le farfalle al volo.

Ed io fanciullo disamato e solo

Quel giorno t’invidiai.

 

Ma ti rividi. Alle bugiarde feste

Pensierosa salivi e fra le teste

Chinate a te d’intorno

Forse una fronte amica in van cercavi

E libero sol io fra tanti schiavi

Ti compiansi quel giorno.

 

Quando, invocata dagli amanti, in cielo

Spiega la notte l’ingemmato velo,

Quando per ogni cosa

Un alito d’amor tepido vola,

Nel talamo regal forse tu sola

Piangi, negletta sposa.

 

Deh, quante volte forse, ignudo il petto,

Tu ti levasti sul tradito letto

E l’orecchio tendendo

Ai notturni rumor – viene! – dicesti

- Ecco il suo passo! - e sola ricadesti

Sull’origlier piangendo!

 

Deh, quante volte forse alla stagione

In che sboccian le rose, al tuo balcone

Vegliasti palpitando!

E la luna splendea come d’argento

E nella selva sussurrava il vento

Tra le fronde aleggiando.

 

Teco forse pensavi: - Oh se potessi

Tra l’ombre anch’io vagar di quei recessi

Al braccio d’un amante!

Su quei fiori posar, presso quell’onde

E sentirmi baciar le treccie bionde

Da una bocca tremante!

 

Deh, perchè lieta d’un natal modesto

Disposata non fui lunge da questo

Talamo lacrimato,

Dove ignota è d’amor la gioia pura,

Dove il bacio si pesa e si misura

Colla ragion di stato!

 

T’amaron tutti un , fior del mio nome,

Ma del fiore che ier ci ornò le chiome

Oggi chi si sovviene?

Povero fior che porti il nome mio,

Non senti tu venir l’estate? Anch’io

Sento l’odio che viene. -

 

Invan piangendo amor che t’abbandona

Sotto il peso fatal della corona

Pieghi la fronte bianca

Qual margherita che nel maggio ardente

China il pallido fior chiuso, morente,

Poichè l’umor gli manca.

 

A’ tuoi servi pietà domandi invano:

Te calunnia ghignando il cortigiano:

Te copre il vil di fango:

Sol io che libertà difendo e bramo,

Sposa e figlia di re t’odio, non t’amo,

Ma donna ti compiango.




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