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Giuseppe Rovani Valenzia Candiano IntraText CT - Lettura del testo |
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IX
Verso la metà del mese d'ottobre, intorno alle ore di sera, una piccola barca entrava nella veneta laguna. Era il cielo tutto bigio, eran le acque di un color cupo, e tirava un vento di tramontana così forte, che già pareva fosse inverno. Tutto avvolto in un mantello stavasi il nostro Alberigo seduto in quello schifo dalla parte di poppa; entrava in quella città, dalla quale, quattr'anni prima, erane uscito giurando non vi sarebbe tornato mai più. Era l'istess'ora, lo stesso canale, gli stessi edificii che lo circondavano, ed il cuor suo era pure in gran tempesta come allora. Quel continuo stato d'incertezza, di ansia, di crepacuore che da un mese il tormentava, gli traspariva intero nel volto d'una pallidezza mortale e così affilato, che pareva gli fosse entrato nelle vene un morbo di maligna natura. Man mano che avanzavasi nella laguna, gli si accresceva l'affanno, gli si accresceva quel caldo febbrile che di solito si apprende a chi è travagliato dalla dubbiezza dell'evento. Quattro anni prima usciva di là sbalordito dall'enormità della sua disgrazia, se ne usciva senza più una speranza, ma tuttavia godeva di quella tranquillità che dà l'attonitaggine e la sicurezza di non avere più nulla in questo mondo; però in que' momenti aveva pensato non esservi più sventure contro le quali potesse spezzarsi l'animo suo, e quasi si rideva del mondo e degli uomini che non avevano più armi per ferir lui. Questi confusi pensieri, che, trascorso quell'istante, non gli erano mai più tornati in mente, lo assalirono di tutta la forza adesso che ritornava in que' luoghi. Ad uno ad uno rammentava i tormenti assaporati in quel punto con una certa voluttà misteriosa, se non che, sentendo le dure ed acute fitte dell'angoscia presente, vedeva che quelli non erano stati che fiori in confronto: - pur troppo era così. Allora gli tornava in mente le parole di Candiano, - Padova, il monastero di Santa Francesca, dove era viva, ancor viva, quella che aveva pianto come morta.... e innanzi innanzi, di fatto in fatto, ricordava l'isola di San Giulio, i suoi trascorsi, quel pianto, quella soave reintegrazione d'amore, e la notte che venne dopo, e....... Qui sentiva più e più crescersi il caldo, qui l'opprimeva l'affanno quasi gli fosse posto un enorme peso sul cuore, e una grossa goccia di pianto, che un pezzo gli era tremolata nell'occhio senza che pur egli se ne accorgesse, gli sgorgava improvvisamente, gli cadeva sulla guancia, ed egli ne sentiva la riga infuocata. Il motivo per cui il Fossano se ne tornava a Venezia, era quello di recarsi da Candiano per vedere se colui avesse, per avventura, alcuna notizia di Valenzia. Ma quand'anche in fondo del cuore potesse nutrire un'ombra di speranza, che quando la mente vaga di dubbio in dubbio, a proprio conforto, si sforza a mettere per probabile anche ciò che è impossibile al tutto; pensi il lettore con che animo doveva presentarsi innanzi a Candiano, a domandargli conto di colei che con tanta generosità era stata affidata interamente all'amor suo, alle sue cure. Ma di questo terribile momento, per quanto pensasse, non vi essendo via d'uscire, volle affrontarlo tosto, e così, senza attender altro, si volse difilato al palazzo di Candiano. Quando però mise il piede su quegli scaglioni, un no imperioso si attraversò d'improvviso a tutt'i suoi pensieri, e fu per tornare addietro e non farne altro; ma per sua sventura un servo dell'ammiraglio, che usciva in quella del palazzo, riconosciutolo lo invitò ad entrare, e a lui non fu più possibile ritrarsi. «Saprà bene, messere, la gran novità di che oggi si parla per tutta Venezia.» Il Fossano, a queste parole, pensando che forse si riferivano ad un avvenimento che il potesse toccar da vicino, si sentì tutto rimescolare, e rispose: «Che novità?» «La novità che oggi in senato si votò per l'elezione del doge.» «Del doge? È morto l'Orseolo?» «È morto, e l'ammiraglio Candiano sarà il suo successore.» «L'ammiraglio?» «Sì, messere, e tutta Venezia è ben lieta di questa elezione.» Queste parole poterono un tratto confortare il Fossano, il quale pensò che la Serenissima Republica non si sarebbe mai più indotta ad eleggere doge il Candiano, se avesse mai saputo di che colpa era esso reo; breve conforto però, che pur sempre rimaneva l'incertezza amara intorno alla condizione di Valenzia. Con questi pensieri salì lo scalone del palazzo, e con un batticuore che gli toglieva il respiro, mise il piede su quella soglia che in lui risvegliò tante memorie, e gli confisse il petto di tante punte acutissime. L'ammiraglio Candiano avendo sentito alcuni dì prima dalla bocca del Malumbra, che la moglie del Fossano era in buonissimo stato, e che gli mandava le sue felicitazioni, racquetato per quella parte, che l'animo schietto non gli consentiva di sospettare di nessuno, aveva potuto in quegli ultimi giorni sentire con molta compiacenza che il voto universale designava lui doge di Venezia. Qui c'è qualche cosa, che parrà forse non affarsi appunto a quella tempra del carattere di Candiano, assai più amico della vera virtù che del fasto e dello splendore apparente; di Candiano che avvezzo al libero comando in mezzo al mare, doveva essere insofferente naturalmente a quella specie di schiavitù vestita di tutte le apparenze della grandezza e del potere. Ma, a tacere che in ciascun uomo, per quanto sia eguale e conseguente a sè stesso, v'ha pur sempre alcuna lieve contradizione; anche il settuagenario Candiano, quantunque i suoi desiderii non avessero mai trasceso i limiti, e l'anima sua fosse dotata di quel semplice candore che non ci fa invanire della fortuna di questo mondo, pure al sentire quegli applausi di tutta Venezia nella quale intera si spiegava la gratitudine di tanta popolazione verso lui, al pensare che nel senato la maggior parte dei voti erano stati a suo favore per l'elezione al dogato; gli colmò l'anima di tanta compiacenza, che quel giorno fu uno dei più felici della sua vita. Per quell'indole sua aperta e sincera non trovando modo veruno ad infingersi pur un momento, e versandosi interamente la sua gioia in ogni suo gesto, in ogni sua parola, quando gli fu annunciato l'arrivo del cavalier Fossano, desideroso com'era, di rivederlo e di sentire da lui medesimo notizie della dilettissima figlia, gli mosse incontro con un fare di sì gioconda bonarietà e benevolenza che la maggiore non era da sperarsi da chicchefosse uomo del mondo. Le prime parole di Candiano ad Alberigo furon volte a chiedergli notizie di Valenzia, ciò ch'è facile e ragionevole a supporsi. Il Fossano, mentre stava ascoltando l'ammiraglio, potè accorgersi del giocondo esaltamento dell'animo di lui; e pur troppo, codesta circostanza che doveva essere anche al Fossano di grandissimo contento, lo afflisse per tal modo che si sentì l'un cento più misero di quando non si era ancor presentato a Candiano. Gli parve quasi avere a commettere un grave delitto col domandare all'ammiraglio notizia della sua figlia, col funestare d'una guisa così terribile la pace di quel generoso e prode vecchio, in uno de' momenti più belli della sua vita. E tanto questo pensiero lo vinse che quando l'ammiraglio gli domandò notizie di Valenzia, egli non stette un momento in dubbio su quello che gli doveva dire, e non esitò a rispondere: Ma arrossì nel dir questo, e il rapido confronto che dovette fare in quel momento tra le parole che aveva pronunciate e la nuda verità, gli serrarono il cuore di una maniera orribile, e fu a un punto che non cadesse privo di sentimento. Di nulla però s'accorse l'ammiraglio, e quando entrò il valletto a dirgli che la gondola l'aspettava. «Tu verrai con me dal Morosini,» disse ai Fossano. «Quel caro amico mio, a rammemorare il dì ch'io riportai la vittoria contro i Pisani, or fanno tre anni, ha voluto questa notte dare una festa nel suo palazzo. Tu ci verrai con me, e ti so dire che sarai il benvenuto, che tutta Venezia si ricorda assai bene della straordinaria tua virtù nel canto, e converrà che anche in questa notte voglia intertenerci dell'arte tua.» «Permettete, ammiraglio, ch'io non venga per oggi; ho gettata più d'una notte, e dalla fatica del viaggio sono così spossato che è al tutto impossibile ch'io sia atto a far nulla non che a cantare. Lasciate, ammiraglio, ch'io mi ritiri, e abbiatemi per iscusato se non so acconciarmi ai vostri desiderii.» «Non mi state a negare sì poca cosa, messer Fossano, che per un uomo che ha provata la polvere de' campi, come siete voi, e deve all'occasione essere disposto a fatiche ben maggiori di qualche notte vegliata, non deve mettere innanzi mai per iscusarsi dai far qualche cosa, il bisogno di riposarsi. Diversamente mi convincerete che più non avete la virtù d'una volta, e soltanto vi è rimasto l'effeminato costume de' cantori che vanno a zonzo per le corti, e non sanno far altro al mondo.» Queste cose il Candiano le veniva dicendo con un fare così faceto e brillante che avrebbe messo di buona voglia chicchessia; ma al povero Fossano erano tormentose fitte nel cuore, ed assalendolo ancora il sospetto che il consiglio dei Dieci fosse in cognizione di tutto, sentiva una compassione per l'ammiraglio, tanto più profonda quanto più l'animo di Candiano appariva pieno di gioia; e, per quanto si schermisse, dovette accompagnare l'ammiraglio al palazzo Morosini. Entrarono ambidue nella gondola, e non sì tosto questa s'avanzò tra le altre, che i battimani echeggiarono d'ogni dove, e il nome di Candiano era da tutti innalzato alle stelle. Fossano silenzioso e tristissimo dava orecchio a quelle grida, a quegli evviva, e guardava con occhi di sincera commiserazione il Candiano che era lo scopo di tanti applausi. Nè l'aver sentito dal servo dell'ammiraglio, il quale gli si era fatto incontro sugli scaglioni, che Candiano sarebbe stato eletto al dogato, bastava a toglierlo da' suoi timori, che la politica tenebrosa di Venezia, della quale forse non s'accorgeva interamente chi era nato sulle lagune, era nota assai fuori de' confini di San Marco, che anzi, per non esservi quelli che chiudevano la bocca a chi parlava, veniva dipinta con colori foschi e terribili più di quello forse che comportasse il vero. La gondola, pervenuta alla scalea del palazzo Morosini, mise a terra Candiano e Alberigo, il quale rischiarato improvvisamente da quell'onda di splendore che riboccava dal palazzo, s'accorse allora solo che non aveva indosso le vesti più acconcie per una festa dove aveva a intervenire il fiore de' patrizi e delle gentildonne di Venezia, e veduto che quella poteva essere una scusa più forte per ritirarsi e tornare addietro, mostrò al Candiano quell'acconciatura da viaggio, dicendo: «Ora direte anche voi che non m'è assolutamente possibile di entrare nelle sale.» L'ammiraglio guardatolo ben bene e riso un poco, «Perchè no?» disse, «così spiccherai meglio tra gli altri.» E di forza presolo per un braccio, lo condusse dentro. Ai due che entrarono preceduti da un valletto di casa Morosini che li annunciò, venne incontro il senator Morosini colla moglie e gran parte dei gentiluomini e gentildonne che già erano intervenute alla festa. Candiano presentò il Fossano al senatore dicendo che incontratolo allora appunto che arrivava in Venezia, senza por tempo in mezzo, l'aveva condotto seco, sperando far cosa grata a tutti. - E al Fossano, che tosto venne riconosciuto, furon volte da tutti parole di tanta gentilezza e cortesia, che ciascun altro se ne sarebbe tenuto e n'avrebbe gioito; ma lo poteva egli? In mezzo a coloro però che furon cortesi di tante belle parole a Fossano, trovavasi anche quello spavaldo d'Attilio Gritti, che in vece di parlare gli volse due occhi torvi e beffardi. In quell'anima rozza e vulgare, avvolta in quel corpo di patrizio; poteva allignar mai simpatia per chi, oltre al decoro dell'avvenenza, andava adorno di mille altri pregi? Tutt'altro: che anzi, senza poter trovare la giusta ragione, non sapendo mai le anime rozze il che ed il perchè delle loro azioni; sin dal primo momento che ebbe veduto il Fossano, e sentì la virtù straordinaria di lui, ne provò una così decisa avversione, che Alberigo stesso dovette accorgesene, quando, per caso, s'era trovato a far qualche parola con lui; e di presente poi, appena rivide il Fossano, del quale l'ammiraglio mostrava avere tanta cura, quell'antipatia gli si accrebbe a cento doppi. Di quanto odio egli odiasse il Candiano dopo la sanguinosa offesa, non è mestieri che venga ridetto; svergognato in faccia a tanti, non aveva però mai potuto vendicarsi di lui, perchè tutti, anche gli amici suoi medesimi, ne lo avevano sconsigliato; anelava però ad una occasione di poter far dispiacere a quell'uomo che tanto abborriva, e col maligno ingegno tuttodì andava pensando a qualche bel modo di ottenere l'intento: ed un pensiero gli balenò alla mente appena che ebbe veduto il Fossano. Gli amici di lui, a' quali piaceva spesso instigare il suo feroce talento, «Oh! guarda, Attilio,» gli dissero, «che egli è ritornato, colui che tu desideravi tanto.» «Egli deve al certo aver commesso qualche grave peccato, e il suo demonio, che non gli è amico, lo ha mandato qui in buon punto. Vivaddio,» soggiunse poi, «ciò che ho detto, farò, così la fortuna faccia nascere qualche bell'occasione.» E strabuzzava gli occhi della gioia sciocca e feroce ad una, e li saettava poi di traverso sulla veneranda persona del Candiano, dicendo fra sè: - Ci capiterai, vecchio invanito; il tuo sabato verrà anche per te. - E si allontanava nelle altre sale sempre in compagnia de' suoi scioperati amici, i soli che si adattassero a stare con lui dopo lo sfregio che aveva toccato dall'ammiraglio. A questo intanto ed a Fossano s'era collocato vicino il senator Barbarigo, il quale, con grandissima maraviglia di tutti, aveva da qualche tempo rimesso assai di quella sua torbida ed accigliata natura, e si mostrava della più cortese e gaia indole del mondo. Seduto tra l'ammiraglio e Fossano, volgeva belle parole tanto all'uno che all'altro; ma si godeva principalmente nel guardare a parte a parte la figura del giovane cavaliere del quale, appena udì ripetersi intorno il nome, e come fosse arrivato a Venezia in quella sera medesima, non volendo credere a sè medesimo che in ogni incontro la fortuna gli si volesse mostrar sempre seconda, accorse per accertarsi del vero, e come lo vide co' propri occhi, sentì riardere ancora il sangue nelle vecchie sue membra, e disse fra sè: - Anche tu ci sei, giovinetto inesperto, ci siete tutti, - e si volse il primo a complir lui e l'ammiraglio. Che un uomo traviato da condizioni eccezionali che talora intervengono nella vita, indotto da certe necessità fatali, spinto dal desiderio dell'oro, dalla rabbia di una vendetta covata troppo a lungo e sempre invano, possa condursi a tormentare il suo simile, a macchinare l'estremo suo danno, è cosa della quale ognuno può farsi capace; ma che un facoltoso, un uomo lusingato assai ne' rapporti dell'amor proprio e dell'ambizione, cancrena di chi non ha a litigare col pane, possa avere in sè tanto germe di perfidia, da potere tramare, con un'astuzia diabolica, la rovina d'un suo coetaneo pel solo motivo che gli dava noia il vederlo rimeritato dagli uomini e dalla fortuna, è tal cosa che difficilmente un'anima gentile può indursi a credere; eppure il Barbarigo era tale, ed i motivi di quel suo, diremo, monstruoso operare non si dovevano ripetere che dal desiderio che gli era entrato nell'animo, avesse il Candiano a stargli sempre sotto in faccia al mondo, e dal non aver potuto essere appagato. Il lettore avrà certo fatto le maraviglie, quando sentì che il Barbarigo medesimo, dopo la morte del doge Orseolo, costretto a metter fuori la sua opinione, manifestò che in quanto a lui avrebbe desiderato che il dogato toccasse all'ammiraglio Candiano, ed espose con tanta forza gli argomenti a provare non esservi scelta migliore di quella, che potè indurre tutti i colleghi ad essere dello stesso suo avviso. Quel medesimo che quando trattossi di gridarlo ammiraglio, fu il solo che desse il voto contrario, che in tutte le occasioni era, se non il solo, tra i principali almeno, che trovassero a censurare e riprovare le azioni di Candiano, tutt'a un tratto s'era fatto il suo fautore, il suo difensore, l'amico suo più sviscerato; ma sarebbe stato egli così, prima che fosse venuto in cognizione del profondo mistero, che appena rivelato al mondo, bastava a schiacciare la testa del generoso ed improvvido vecchio? - avrebb'egli operato così prima di sapere ch'era in sua facoltà il rivelarlo? Ma perchè, si domanderà, appena lo seppe non lo volle manifestare? il lettore ha l'anima troppo ingenua per penetrare i recessi di quel cuore, e una simile domanda gli è ben naturale. Quella rabbia ch'egli nutriva contro Candiano, si rivolse presto anche contro coloro che mostravano averlo in gran conto, e magnificavano le sue virtù, e lo applaudivano tuttogiorno, ed anche di costoro avrebbe voluto vendicarsi, se non fossero stati in troppo, se non fosse stata Venezia intera. Però un sol mezzo gli parve acconcio: fare in modo che ella profondesse a Candiano tutto quello che era in poter suo di dare, che tutte le ricompense ella concedesse a quel suo prediletto, fino al punto oltre il quale non era più possibile un passo, perchè così, al farsi manifesto il segreto, al publicarsi di quella colpa ch'egli credeva nera ed atroce come un assassinio e peggio, ed era infatti un delitto di stato, al cadere di quella bomba, lo scandalo fosse più romoroso, il risentimento di tante persone, per essere state troppo a lungo ingannate da chi avevano tanto favorito, fosse più attivo ed energico, e d'altra parte la caduta di Candiano da quell'ultima altezza, fosse più insopportabile, fosse più tormentosa. Per questo aveva condotto le cose in modo che il Candiano venisse assunto al dogato, per questo s'adoperava tuttavia, e con più energia di prima, ora appunto che il frutto pareva maturo, e tutte le fila della infernale sua trama venivano finalmente a convergere ad un punto solo. V'era in somma in quell'uomo coperto dalla toga senatoriale più di quanto basta a far torcere il viso pel ribrezzo. Suonata intanto l'ora terza di notte, e cominciandosi in quel momento le danze, il Morosini, Candiano, Barbarigo ed altri senatori, a cui per nulla s'addiceva quel gioco della prima gioventù, si ritirarono in altre stanze. Il Fossano avrebbe voluto seguirli, ma il senator Morosini additatogli un gruppo di fanciulle: «A voi tocca trasceglierne qualcuna, chè i sistri già preludiano alla danza,» e lo costrinse a fermarsi in quella sala. Confuso più che altro da tutto quel frastuono, pieno di una inquietezza che gli rendeva insopportabile qualunque luogo, trovavasi pentito dell'esser venuto a Venezia, dell'essersi presentato a Candiano, prima d'aver pensato meglio a ciò che avrebbe dovuto fare. Mentre se ne stava così perplesso nel bel mezzo della sala, vide entrare il figlio di Bernabò Visconti; la tanta maraviglia che lo prese di quella inaspettata comparsa, diede, per un momento, una diversa direzione alle sue idee, per un momento solo, che tosto la presenza del Visconti, facendolo ritornare colla memoria a' quattr'anni addietro, quando lo vide la prima volta in quella sala medesima, e sentì tanta avversione per lui, lo richiamò tosto ai dolorosi pensieri. Il figlio di Bernabò da quattro giorni era ospite della Serenissima Republica, la quale, accoltolo, come era dovuto a figlio di principe, intanto che stava deliberando se dovesse o no esaudire le domande ch'egli le aveva fatte, e il partito che le aveva posto innanzi di far la guerra al Conte di Virtù, nessuna cosa lasciava intralasciata che meglio potesse render accetto a quel principe scaduto il soggiorno di Venezia. In quegli ultimi giorni, come suole spesso avvenire tra uomini malvagi, il Visconti e l'Attilio avevan stretta una tal quale amicizia, e in quella sera trovavansi accanto nella gran sala del Morosini. Quando il Fossano venne invitato da tutta l'adunanza a dire alll'improvviso, seppe il Visconti al tutto chi era quel giovane, e come altra volta fosse venuto a Venezia, per far parte dell'ambasceria del Conte di Virtù. Il Visconti, appena sentì che il Fossano era una creatura dell'abborrito suo cugino, pensò sarebbe stata per lui grandissima compiacenza il poter trarre alcuna vendetta di lui, coll'offendere quegli che in qualche modo gli apparteneva, e quantunque pensasse che in faccia a tutta Venezia non gli conveniva offendere direttamente chi non gli aveva usata ingiuria di sorta, pure stabilì aspettare l'occasione; e sobillato anche dalle amare parole di Attilio Gritti, che nulla aveva intralasciato per rendergli odioso lo sventurato giovane, si compiacque meditando qualche modo a tormentare chi non gli aveva fatto un male al mondo. Se poi avesse saputo che il Fossano era il marito di Valenzia, che per lui era stato supplantato, che di presente trovavasi a Venezia sulle traccie di quella ch'egli pure aveva potuto amare, chi può sapere fin dove mai sarebbe arrivato il suo sdegno? Quando il Bronzino gli riferì ciò che aveva saputo dal Malumbra, sul conto della figlia di Candiano, egli non aveva voluto prestare alcuna fede, e venuto a Venezia, pieno d'altre cure, non s'era nè tampoco ricordato di quel fatto vero o falso che fosse, e venuto alla presenza de' magistrati veneziani, non aveva, per le sue buone ragioni, detto nulla di ciò, e soltanto s'era limitato a richiedere la Republica di un valido soccorso contro il signore di Milano. E in quanto al Malumbra, pentitosi d'avere in parte palesato al Bronzino quel mistero, quando in Venezia si incontrò di nuovo col compagno del Visconti, condusse il discorso in modo da toglierlo affatto da quel sospetto, che il Barbarigo avevagli severamente ingiunto tenesse il segreto di tutta quell'impigliata faccenda, fino a tanto che non gli avesse comandato di presentarsi al consiglio dei Dieci.
Il Fossano alle replicate istanze de' patrizii e delle gentildonne, che ancora volevano sentire la magia del suo canto e i soavi accordi del suo liuto, non potè in quella sera assolutamente mostrarsi cortese, come pure avrebbe voluto, che troppo era afflitto l'animo suo, e la mente aveva ingombra di troppo duri pensieri perchè la fantasia potesse somministrargli il modo d'intertenere quell'adunanza; con tanta insistenza poi era stato, più che pregato, importunato, che non bastando a trattenere entro di sè tutta l'amarezza che gli occupava il cuore, con parole alcun poco acerbe, che neppure non s'era accorto di dire, s'era rifiutato a fare il desiderio comune, con molta maraviglia di Candiano, il quale, non avendo mai veduta tanta ostinazione in lui, non sapeva che si pensare, e con grandissimo dispetto di tutti coloro che dopo averlo tanto pregato, s'erano trovati assai punti da quel duro rifiuto. L'Attilio Gritti, colto quel momento, alzò la sua voce in mezzo al bisbiglio universale, e non esitò a dire villania al Fossano, che gli rispose per le rime, onde quella naturale antipatia che era tra loro, si venne più e più esacerbando. Terminata per altro quella festa, se il Gritti e il Visconti non seppero dimenticarsi di lui, egli ben presto si dimenticò di loro, chè non poteva passare neppure un istante ch'ei non pensasse a Valenzia. Quando, insieme all'ammiraglio si ridusse a palazzo, il suo aspetto, la sua faccia, tutto era così improntato di quell'amaritudine che dentro il martoriava, ed era così manifesto che un pensiero fisso lo teneva continuamente occupato, che il Candiano sospettò non ci fosse sotto qualche seria faccenda, e fu così forte il suo sospetto che tutta la gioia che lo aveva animato in quel giorno, disparve improvvisa, e lo lasciò più conturbato che mai. Quando fu l'alba, il Fossano, a cui le ore della notte erano divenute eterne, uscì senza dir nulla a Candiano. Aveva saputo da lui che il Malumbra era tornato in Venezia, e che anzi avevagli riferito essere Valenzia in buonissima condizione; però essendosi intestato che colui non fosse quel che sembrava, e tremando all'idea che fosse mai uno sgherro e volendo sincerarsi, pensò darsi tanto attorno finchè s'incontrasse in quell'uomo. Scorse quasi tutta la giornata, finalmente sull'ultim'ora passando, per caso, accanto al palazzo del doge, lo raffigurò a non molta distanza, gli si fece appresso colla velocità di una balestra, e a colui che si trovò colto all'improvviso, vide mutarsi il colore del volto. A quella vista, essendo il dubbio divenuto certezza, si sentì nel cuore un'acuta fitta quasi che la lama di uno stile lo avesse passato da parte a parte, e l'afferrò con una forza convulsa che non permise all'altro di svincolarsi, se ne avesse avuta la voglia. Qui, non guardando più che tanto alla moltitudine che si era affollata intorno, mise alle strette quel tristo, perchè gli svelasse ogni cosa; ma colui stava sodo, avendo assai più timore del consiglio dei Dieci che di lui, così che trasse il Fossano in sì gran furore, che gridò a tutta quella moltitudine che gli stava intorno: «Guardatevi da costui, se mai vi avesse ingannato sino a questo punto, costui è uno sgherro; guardatevi.» E lo avrebbe anche passato con la daga, se un suo amico, che aveva seguito l'ambasceria di Milano, passato per di là e riconosciutolo, non gli avesse trattenuta la mano, e condottolo seco. Il Malumbra sfuggito al pericolo guardossi intorno, e potè vedere sulle faccie di coloro che lo stavano osservando, quel misto di terrore e di odio che uom prova al cospetto di chi vive alla rovina degli altri, così che esso pure si tolse alla vista di tanta gente assai costernato. La notte di quel dì medesimo, nella camera dei Dieci, si venne a parlare del fatto occorso al Malumbra, e come su lui pesassero i sospetti del popolo. Una voce si alzò, tra le altre a dire: «Che cosa ci rimarrà ora a fare di costui?» «A ciò provvederemo; ma è certo che costui non deve più servire l'eccelso consiglio.» Fu la risposta unanime. Intanto si avvicinava il giorno che il gran consiglio avrebbe messa in esame la proposizione fatta dal senato, riguardo all'elezione dell'ammiraglio Candiano al dogato di Venezia. Essendo il gran consiglio composto, per tacere di molti altri magistrati, di quasi tutti i personaggi che costituivano il senato, quasi per una consuetudine tutto quanto era proposto colà, veniva approvato nella gran sala del consiglio; però tutta Venezia teneva oramai per cosa certa, d'avere fra pochi giorni a salutare doge il valoroso Candiano. Il Barbarigo pensò che era giunto il momento opportuno, e senza più, stabilì di mettere in moto tutti i congegni che dovessero produrre l'ultimo risultato. Il lettore si ricorderà che il consiglio dei Dieci aveva data a lui l'incombenza di chiarire quella strana accusa, trovata contro a Candiano: ma il Barbarigo alle loro inchieste aveva sempre risposto che di quell'accusa non era a far gran caso, e che non aveva scoperto nulla, tanto che il consiglio non ci aveva pensato altro. Pensò inoltre a disporre le cose in maniera che i suoi colleghi non avessero ad accorgersi, aver lui per tanto tempo tenuto il segreto senza palesarlo. Ora, almanaccando un adatto modo, per non destar sospetti, attendeva la vigilia della straordinaria assemblea, che non tardò ad arrivare. In quegli ultimi giorni il Visconti e l'Attilio Gritti, rinfocando a vicenda ne' loro animi l'irragionevole odio che avevano contro il Fossano, ed avendo sentito da quell'astuto Bronzino, che egli era tornato a Venezia per tener dietro ad una donna della quale doveva fieramente essersi invaghito, come il Bronzino s'era indotto a credere, a passare la noia dell'atroce e scioperata lor vita, s'eran messi a tener dietro ad ogni passo del Fossano per potergli, all'occasione, recare alcuna ingiuria e peggio. Adesso che sappiamo anche codesta circostanza, tralasciando di parlare di que' giorni che trascorsero ancora, senza che avvenisse alcuna cosa di qualche importanza, andiamo un tratto a ritrovare il Malumbra.
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