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Giuseppe Rovani Valenzia Candiano IntraText CT - Lettura del testo |
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XIII
Già cominciava ad albeggiare. Alcune nuvole leggermente dorate passavano in fretta sulla faccia del ciclo. L'aria marina, fresca ed umidoccia, alitava leggera leggera intorno alla gondola di quello sventurato. Gli uccelli, spiccatisi a quell'ora dalle antenne delle navi, passavano a lambir l'onda placida colle ali, e gemendo intorno intorno alla gondola, svolavano a garrire in cielo. Il Fossano, senza pure saperlo, guardò un momento a quegli spazi interminati del cielo e del mare, a quella calma ridente e serena; ascoltò quel placido mareggio dell'onda, quei garriti degli uccelli, quei mugolii lontani ed indistinti, poi di un tratto chinò la testa e lo sguardo sul corpo di Valenzia. Due grosse lagrime gli sgorgarono lente lente e come impietrite dagli occhi, lasciò cadere i remi nell'acqua e sè stesso sul corpo della Valenzia; e in quel silenzio mattutino si udì il fervido scoccare d'un bacio. La barca, stata un pezzo in balia dell'onda, alla fine si perdette dietro ad una scogliera.
Il servo del Fossano, corso intanto al palazzo dell'ammiraglio, e sentito come questi era stato condotto innanzi ai Dieci, senza pensarvi altro era tornato all'alloggio del suo padrone sperando trovarlo nelle proprie sue stanze; e di là alla casa dell'amico di lui, al quale raccontò ogni cosa in breve ed il proprio sospetto. Furono spedite molte gondole per le lagune, poi per un gran tratto di mare. Ma dopo molto cercare, non essendosi potuto venir mai a capo di nulla, si tralasciò ogni indagine, e quel fedel servo stette colà più d'un anno sempre sperando di vedersi un dì o l'altro comparire innanzi l'amato suo signore. Ma aspettò inutilmente, e alla fine ritornò in Milano sua patria. La notizia dell'arresto dell'ammiraglio Candiano dalla bocca de' suoi servi fra poco girò per tutta Venezia, con che maraviglia, con che malcontento, con che dicerie lo pensi il lettore; ma l'eccelso consiglio pensò presto a far tacere ogni voce.
L'istessa mattina che seguì a quella notte memorabile, in una stanzaccia dell'arsenale se ne stavano a passar tempo un cinquanta soldati delle galere, i più veterani della flotta veneta, quelli che sempre uniti sulla nave ammiraglia obbedivano al comando immediato di Candiano; tutta gente che da molt'anni divideva con lui le fatiche della guerra, che da vicino aveva potuto vedere quanto fosse il coraggio di quel maraviglioso vegliardo, che per l'assidua pratica e per la lunga abitudine di trovarsi quasi sempre con lui gli si era per tal modo affezionata che avrebbe senza dubitare pur un momento sagrificato volentieri la propria vita per salvare la sua. - Intanto che durava la pace, e per aver ricevuto le largizioni della Republica, non attendeva che a darsi buon tempo; e quella mattina facilmente sarebbesi potuto comprendere quanta era la gioia di quei prodi veterani, i quali, insuperbiti che il loro generale fosse stato eletto doge, non attendevano che a parlare di lui, della sua bontà, delle sue virtù, del suo indomabile coraggio, della forza del suo braccio, ed era una gara fra loro a ricordare i pericolosi momenti in cui s'era trovato il Candiano. «Io l'ho pur sempre detto,» diceva uno di quei prodi, «che il destino è ben secondo a Venezia se pur dopo tanto tempo si è finalmente determinata a dare il corno ducale a chi in un'occasione la può difendere col proprio braccio.» «E se la patria nostra vuol avere un uomo, ma di quelli che ne v'ha uno per mille, ha da venire a cercarlo qui in mezzo a noi, che noi siam quelli che provvediamo alla sua difesa, alla sua grandezza, alla sua gloria.» «Amici e compagnoni miei, io credo bene di essere il più vecchio di tutti qui, ed ho servito sotto a quattro ammiragli, ma un uomo come questo Candiano io credo non ci sia mai stato al mondo.» «E quante volte non dubitò mettere la sua vita in pericolo per salvare uno di noi che sull'orlo della nave ammiraglia minacciasse cadere in mare o nelle mani del nemico; e tu, Pierozzo, dovresti ricordartene, chi sa in che fonda scogliera te ne staresti adesso a macerar le tue carni, se Candiano, con quel suo braccio di ferro, non t'avesse sostenuto di tutto peso pel buricchetto nella giornata della Spezia.» «Me ne ricordo benissimo, e non mi par vero d'essere ancora qui a contarla, e non desidero e non aspetto altro al mondo che di fare altrettanto al mio buon ammiraglio.» «Viva Candiano, l'amico, il padre de' suoi soldati!» «Viva il difensore di Venezia!» «Che sentimento debb'essere il suo vedendosi ammirato e benedetto da tanta moltitudine.» «Felice colui al quale è si bene meritato dalle sue virtù.» «Chi non vorrebbe esser lui anche a patto di avere i suoi settant'anni sulle spalle?» «Io, che appena ho tocchi i miei quaranta, e mi sento ancor forte di gioventù, non so che darei per diventar lui a un tratto.» «Bravo Verezza, tu la pensi come la penso anch'io.» «Gridiamo dunque tutti ad uno: Viva Candiano, viva il nuovo doge!» «Ma tu che hai, Bertuccio, stamattina che te ne stai li colla testa china e tutto d'un pezzo, come se l'allegria comune non ti toccasse per niente?» «Io?» «Sì, tu.» «Viva il nuovo doge! Ecco, l'ho detto ancor io; siete contenti ora?» «Per fare quella brutta smorfia tanto n'avevi a non parlare, e pare che la parola abbia penato ad uscire intera dalla tua bocca.» «Non ha penato niente, che non c'è nessuno di voi che possa vantarsi amar meglio di me il vantaggio e la gloria di Candiano, ma...» «Cosa avresti a dire?» «Che fra qualche ora quando in lui saluteremo il doge avrem perduto l'ammiraglio, e ciò, per san Marco e sant'Elmo, mi pesa forte e mi dà grandissima noia.» A queste parole, come se d'improvviso si fosse gettata dell'acqua sopra una fiamma che crepitasse forte, svanì in un momento l'allegria in quel luogo, ed a tutte quelle grida, a tutti quegli evviva successe un assoluto silenzio. «Per sant'Elmo che qui il Bertuccio ha detto il vero!» «Il Bertuccio ha ben parlato.» «Ha ben parlato, ma non tanto. E credo che allorquando Candiano sarà doge, questo non torrà che lui comandi alle galere, e in un'occasione lui sarà ancora il nostro generale, e vi ricordi di Enrico Dandolo.» «Bravo Verezza; viva la gloriosa memoria di Enrico Dandolo!» «E sia benedetto quel dì quando sulla nave ammiraglia ci stringeremo intorno al vecchio doge Candiano.» «E obbediremo a' suoi comandi.» «E come leoni combatteremo intorno a quel vecchio leone.» «E i nemici di Dio e di Venezia al nostro ruggito fuggiranno spaventati.» «Benedetto quel dì, e faccia san Marco ch'ei sia ben vicino.» «Viva adunque Candiano, il nostro ammiraglio!» «Il nostro doge!» E gli evviva e le acclamazioni tornarono ancora ad echeggiare in quello stanzone a volta. Ma di mezzo al frastuono uscì improvvisa una voce assai alta a comandar silenzio, e sull'uscio di quello stanzone comparve un uficiale del consiglio accompagnato da sei fanti della Republica. Quell'uficiale s'innoltrò nello stanzone, fece venire innanzi i sei fanti; l'uno dei quali portava un piccol sacco sotto il braccio, chiamò il caposquadra, e gli disse: «La Republica vi manda cinquecento ducati per distribuire a questa brava gente.» Un altro grido si alzò a queste parole. «Zitto, ascoltatemi,» continuava l'uficiale; «è comando espresso dell'eccelso consiglio dei Dieci che quanti v'hanno soldati delle galere tutti si raccolgano quest'oggi nelle caracche, e si rechino a Malamocco. È pure espresso comando dell'eccelso consiglio che fra un'ora sieno spiegate le vele.» A queste parole tutti si guardarono in viso maravigliati. In prima si fece un profondo silenzio, poi cominciò un bisbiglio che a grado a grado finì in un frastuono altissimo. Allora il caposquadra disse queste parole all'uficiale: «Non vi maravigliate, messere, ma questa brava gente sperava quest'oggi, com'era ben ragionevole, di assistere all'incoronazione dell'amato lor generale.» «E vi assisteranno quando sarà il dì; - per oggi non si fa nulla.» «Nulla!» «Nulla. Or fate in modo che l'eccelso consiglio abbia a lodarsi della pronta vostra obbedienza.» Pronunciate queste parole l'uficiale del consiglio se n'andò. Partito colui, quei cinquanta e più soldati che si trovavano colà si raggrupparono tutti in crocchio. «Per me nulla affatto. però m'è entrato nell'animo un gran sospetto.» «Oggi doveva essere coronato doge.» «Così ho sempre creduto.» «Ma la funzione è protratta.... e noi ci si manda a Malamocco.» «Qui ci covan sotto altro che favole.» «Avete sentito?» entrava subito a dire il caposquadra, per dare una svolta a quei discorsi; «non ci rimane che un'ora di tempo, e dovremo aver levate le àncore.» «Pensiamo che codesto comando avrebbe dovuto venire dall'ammiraglio, e non dall'eccelso consiglio.» «Per verità che non so nemmen io che mi pensare; del resto mi pare che vi siano cinquecento ducati da dividersi fra noi, ed è ciò che mi dà molto piacere.» «Vino ed oro: il tuo mondo è in queste due parole.» «Nè il mondo ha parole più belle di queste.» «Ed io darei il tuo vino e il tuo oro pel piacere di veder in quest'istante medesimo il nostro ammiraglio.» «Lo vedrei volentieri anch'io; ma penso tuttavia che se non lo vedremo oggi lo vedremo domani, e che non c'è da rusticarci tanto per questo.» Nel salotto non rimanevano più che un dieci o dodici soldati, quando entrò uno dei loro che nella notte era stato assente dall'arsenale. Quel soldato era uno dei più vecchi; l'aspetto di quel buon uomo dava indizio di una cupa tristezza che assai teneva della disperazione. S'accosta tutto tremante a que' suoi colleghi, e, «Una gran sventura, amici,» esclamò, «una gran sventura, la più dura, la più insopportabile che mai ci potesse venire addosso!» «La tua faccia è pallida come quella di un morto. Se la sventura che tu dî è terribile come il tuo aspetto, ci protegga san Marco.... ma parla una volta.» «Candiano è nella stanza dei Dieci; egli è accusato, e si racconta di lui un'incredibile avventura.» Quei dodici prodi si guardarono in faccia esterrefatti, percossi. «L'ammiraglio accusato?» «Come v'ho detto. Io sono ancora compreso d'orrore.» «Ma di che accusato?» «E proprio nel dì ch'egli doveva essere acclamato doge!» «Ora ho compreso perchè l'eccelso consiglio ci manda a Malamocco.» «Egli sa che Candiano è l'amato nostro ammiraglio.» «E che se ingiustamente gli venisse mai torto un capello, queste braccia, che tante volte hanno saputo difendere la patria, saprebbero pure ad un'occasione...» «Il mio pensiero s'è incontrato col tuo; ma tronchiamo a mezzo codesto discorso, che non è per recarci alcun utile.» «Io so, Gazzella, che molti di codesti patrizi infingardi hanno sempre portato invidia e peggio al vecchio Candiano, e che al piacere di saperlo sconfitto e morto avrebbero i tristi sagrificato anche l'utile della patria comune.» «Bertuccio mio, se mai l'accusa fosse una calunnia...?» «Io fremo in pensarci... ma...» «Ma a costo di morire di spasimo nella gabbia di San Marco, chi volle essere nostro padre ed amico, per l'anima mia che avrà in me più che un amico, più che un fratello, e lo vendicherò.» Dicendo queste parole uscirono di là. In quel momento medesimo un fante della Republica, mostrandosi improvvisamente di dietro a un grosso pilastro che sorreggeva la volta dello stanzone, e guardandosi intorno con gran sospetto uscì esso pure rapidamente. Il dì dopo l'eccelso consiglio mandò al caposquadra delle galere stanziate a Malamocco un ordine di spedire a rinforzare il presidio dell'isola di Cipro una caracca di arsenalotti, con espresso comando che segnatamente fosser mandati colà il Gazzella e il Bertuccio, e l'altro vecchio compagno col quale il dì prima avevano fatto quegli imprudenti discorsi. Il lettore avrà ben compreso il perchè di tutte queste deliberazioni del consiglio, ed avrà dovuto ammirare la profonda e fina politica dei Dieci. Ma la sua ammirazione si cangerà presto in orrore quando sappia che in tutti quei dì che susseguirono alla cattura dell'ammiraglio Candiano, a sera, a notte chiusa alcune famiglie, alcune spose attesero in vano il padre, il marito, e lo attesero per un pezzo, nè mai loro comparve più innanzi. Il consiglio dei Dieci non pativa che nessuno in Venezia parlasse dell'ammiraglio, molto meno che si tributasse una lode alla sua virtù, un compianto alla sua sventura. Ma sebbene i cittadini indovinassero con orrore la causa di quelle improvvise disparizioni, tuttavia il prode e buon vecchio aveva lasciato tanto amore e pietà di sè stesso, il caso di Valenzia sua figlia, del quale era pur corsa ovunque la storia genuina, aveva messa negli animi tanta maraviglia, che bisognava pure che in qualche modo se ne parlasse. Ma dal momento che l'ammiraglio fu condotto innanzi al tribunale dei Dieci, non si potè più sapere quel che avvenne di lui e della sua figlia, intorno alla quale correvano tante e sì disparate voci, e con misterioso terrore di tutta la città quel prode vegliardo e quella giovane infelice disparvero dalla scena del mondo senza che nè un atto pubblico attestasse la loro fine, nè un publico monumento i loro nomi. Così la Serenissima Republica non ebbe scrupolo a sagrificare un uomo al quale andava debitrice di tanti segnalati servigi, e all'utile proprio antepose la stretta osservanza di una legge assurda che essa però aveva sancita nella supposizione che troncando ogni legame con chi non apparteneva a San Marco avrebbe cansati molti pericoli possibili. Soltanto alcuni anni dopo, quando si trovò impegnata in una lotta colla flottiglia di Pisa, e s'accorse mancarle l'uomo adatto a toglierla dal pericolo, s'avvide dell'errore, e il popolo in massa, che spesso ha un tatto squisito nel giudicare, accusò altamente l'improvvido consiglio che aveva segnata la sentenza di Candiano. Del resto il considerare che quella legge assurda ed avente in sè gli elementi dell'ingiustizia ebbe un contravventore in quell'uomo appunto che più aveva d'equità e di senno, ne condurrebbe alla conseguenza che tutte le leggi di simil natura, se mai ve ne fossero, procurerebbero la rovina di quegli uomini dei quali è più forte il bisogno in questo mondo venendo in vece puntualmente osservate da quella numerosa folla, che obbedendo così alla cieca e senza convinzioni non han neppure le qualità che si vogliono a rendere in qualche modo utile l'uomo all'uomo. Ma prima d'accommiatarci dal nostro lettore, dobbiamo ancora raccontargli una cosa, della cui riuscita forse egli stava in aspettazione. Alcuni giorni dopo che il Candiano ed i suoi figli eran scomparsi dalla scena del mondo, sulla riva degli Schiavoni fu esposto un corpo morto alla publica vista perchè potesse venir riconosciuto dagli affini e dai consanguinei. Era quello il corpo di Apostolo Malumbra che essendo rimasto là in mezzo al mare per tanti giorni, s'era sfigurato in modo da non più riconoscersi. La donna sua, che da tanti giorni viveva in un'angustia terribile, nè mai erale venuto fatto rintracciar notizie sul conto del marito, passando una mattina a caso per quei luoghi, e vedendo gran folla che traeva a vedere il morto, anch'essa vi venne trascinata. Vi getta gli occhi, ne riconosce il gabbano, e senza dir parola cade a terra come piombo. I due piccoli figliuoletti che aveva condotti con sè, si danno a brancolare sul corpo della madre svenuta, a piangere, a gridare. La folla s'arresta. Grida uno del popolaccio: «Guardate un tratto,» dice un altro, «che il morto non sia il marito di costei.» Tutti si avvicinano a guardar meglio. Quelli che prima non avevano saputo trovar traccia d'uom conosciuto in quel cadavere, ad una voce gridano: - È lui... - E a quella parola, come se in quel corpo si fosse scoperto il fatale gavacciolo d'un appestato, tutti dileguarono... e la povera donna svenuta ed i figliuoletti strillanti furono lasciati colà. Quando la moglie del Malumbra si risentì non si vide intorno più nessuno, e ritornò alla sua casa. Passò qualche tempo, mancò ogni mezzo di sussistenza... gl'innocenti fanciulli tornarono a domandar pane affamati; ma in quella casa desolata non osò metter piede persona al mondo. Nè tutti coloro che poterono tener dietro ad ogni passo di quello sciagurato e tristo Malumbra, non seppero mai comprendere di chi era veramente la colpa, e senza neppur pensare che il bisogno è persuasore orribile di delitti e di colpa, lasciarono languire nella miseria anche i figli di lui, che pure erano innocentissimi. Dice la cronaca che fintantochè furon fanciulli e deboli non fecero che piangere e patire; ma giunti all'età in cui l'uomo spiega tutta quella forza che natura gli ha conceduto, si condussero anch'essi verso la scesa del delitto. Due di essi fecero ciò che il padre loro non aveva saputo fare: s'appiattarono nelle macchie a svaligiare i passeggeri, e quando furono raggiunti dalle mani della giustizia, questa li consegnò al patibolo. Una folla numerosa accorse allo spettacolo orrendo: sapevasi di chi eran figli; ma a nessuno venne in mente che se il padre loro non fosse stato respinto da tutti e lasciato privo di pane senza che ne avesse colpa, forse i figli suoi sarebbero riusciti cittadini assai probi, e giovati un poco dalla fortuna, quegli stessi che il patibolo troncava, sarebbero forse stati l'oggetto della gratitudine e dell'amore universale. Di molte sventure e molti delitti pur troppo talvolta è colpevole la società, non l'individuo; e spesso per una condanna precipitata, per un pregiudizio, per la fredda indifferenza, un uomo che Dio ha sospinto sulla via dei buoni, travia, e si perde irremissibilmente. Così avessero queste pagine abbastanza pregi da fermare l'attenzione dei più, che forse la storia di Candiano e di sua figlia, la sciagura ed i delitti del Malumbra sarebbero potenti ad impedire qualche nuova ingiustizia e qualche nuova colpa.
FINE. |
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