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Giuseppe Rovani Valenzia Candiano IntraText CT - Lettura del testo |
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V
CARLO VISCONTI.
Il sole era già scomparso dalle cime de' monti che circondano Vall'Intrasca. I valleggiani s'erano già ritirati ne' loro abitacoli, e al tacere di una campana che suonava a brevi intervalli, e si faceva ripetere dall'eco delle montagne, era un silenzio profondo, universale. Sulla riva del fiume San Giovanni, solitaria e pressochè interamente nascosa da tre grossi castagni, sorgeva una capannaccia piuttosto ampia; nessun segno dava indizio che vi abitasse persona; e infatti quando la notte fu del tutto buia, due uomini si fermarono innanzi ad essa, e data una forte spinta ad una portaccia che subito cesse, misero il piede in quel luogo deserto. Entrati, un di loro accese l'esca, diè fuoco a delle stoppie che stavano accatastate su d'una pietra nel mezzo della stanza, e in breve crepitò la fiamma a rischiarare le faccie dei due, che il lettore non ancora conosce. Erano essi Carlo Visconti, figlio di Bernabò, e un avventuriero savoiardo. Nessuno però avrebbe potuto conoscere l'esser loro, travestiti come erano, e se il medesimo Galeazzo fosse stato introdotto a vedere il suo cugino, forse non l'avrebbe ravvisato, tanto era diverso da quel d'una volta. Dopo due anni di sventure, di patimenti, di speranze, di continua incertezza, d'odii a stento repressi, d'ingiurie invendicate, di livore e d'invidia per tutti coloro ch'erano più felici di lui, e tutto il mondo poteva esserlo (che l'altezza della sua caduta nessuno l'aveva misurata); colle sue idee che avevano al tutto cambiato direzione, anche il suo volto aveva cangiata espressione; ferocia e fermezza non erano però ancora venute meno in quelle sue robustissime membra. Vestito anch'esso come il suo compagno da montanaro savoiardo, aveva brache di pelle strette alla carne con scarpe grosse, indossava un gabbano pure di pelle con cappuccio che gli copriva la testa. Veduto alla luce di quella fiamma che gli riverberava con molta forza sul viso ad accrescere il terribile della sua pupilla e ad indorare la tinta della sua pelle con certe ombre che gli alteravano notabilmente le linee della faccia, mostrava avere quarant'anni e più, quando non ne contava che trenta. Stati per qualche tempo senza proferir parola nè l'uno nè l'altro, alla fine entrò a dire il Savoiardo: «E così cosa pensate di fare?» Il Visconti si scosse a quelle parole, e squadrato il compagno d'alto in basso, come solea fare con tutti, «Per ora non so,» rispose. «Il vostro cugino è qui presso.» «La sua venuta mi è di buon augurio, io volevo andare a trovar lui, egli è venuto a trovar me; questo è destino, e mi pare ci sia da sperar bene.» «E a me pare in vece ci sia da temer tutto.» «Vadano all'inferno i vigliacchi,» disse il Visconti saettando l'altro colla feroce sua pupilla. «Va! va nell'altra stanza a dormire che sarai stracco; ho bisogno di star solo, va.» Solo che fu, gettossi a sedere in un canto della stanza dov'era uno stramazzo di foglie fradicie, e colà si mise ad agitare migliaia di partiti senza che neppur uno gli si offrisse che potesse fargli raggiungere i suoi disegni; ma quei disegni erano immaturi, erano difficili, per non dire impossibili, e a nessun altro che ad uomo disperato potevano venire in mente. Quand'egli s'era trovato fuggiasco in Francia, ogni tentativo per quanto audace ed arrischiato, gli era sembrato molto agevole a mandarsi ad effetto, ma di presente, che era vicinissimo al momento dell'azione, che vedeva con chiarezza, con troppa chiarezza, qual fosse veramente la propria condizione, quale in vece quella del cugino Galeazzo, quantunque volesse tacerlo a sè stesso, capiva che altro non gli rimaneva che ritirarsi, se non fosse per altro, per far salva la vita propria. Il coraggio e la virtù ferrea di Carlo Visconti, tanto somigliante in ciò al padre suo, era ben diverso dal coraggio e dalla virtù di un Romano antico. Questi, a fare una vendetta, sarebbe andato incontro a morte sicura, e sarebbe morto contento perchè vendicato, senza che avesse altre mire. Il Visconti in vece avrebbe esposto la propria vita sì, ma la vendetta non gli bastava, voleva raccogliere anche l'utile per sè, e gli volevano molti gradi di probabilità ad ottenerlo. anzi che volesse esporre la vita ad un pericolo; alle decisioni del fortunoso evento poteva sottoporsi, la certa rovina lo atterriva e lo faceva desistere da qualunque impresa. In quanto poi al desiderio di vendicare l'ombra paterna, questo era un pretesto che certamente avrebbe messo fuori ad onestare il suo colpo in faccia al mondo, ma non era mai stato il più forte motivo della intrapresa, il cui pensiero da qualche tempo aveagli potuto in parte confortargli l'esiglio, ma che ora già minacciava abbandonarlo al disinganno. Ad ora tarda, alzandosi di quel giaciglio, s'era accostato alla pietra che stava nel mezzo stanza per rinfuocare la bragia e ridestarvi la fiamma che sola poteva rischiarare la camera. Annoiato di star seduto, si diede a passeggiare a rapidi passi, fermandosi di tratto in tratto quasi ad ascoltare il rumore che faceva l'onda impetuosa del fiume San Giovanni: finalmente, fermato un mezzo disegno, si recò nella stanza vicina, e chiamò: «Bronzino!» Colui russava della grossa, ed era assai maldisposto a rispondere. «Bronzino!» tornò a replicare il Visconti avvicinandosegli e scuotendolo con atti di molta impazienza. E colui si destò, scrollatosi un poco come per cacciarsi di dosso il sonno; «Che cosa c'è, messere?» «Alzati, presto.» Il figlio di Bernabò era di que' caratteri impazienti che non sanno sopportare indugio di sorta, e siccome gli era venuto in mente un pensiero, non pativa d'averlo a tener chiuso in sè fino alla prim'alba. Il Bronzino, alzato che si fu: «Che cosa avete a comandarmi a quest'ora?» «A quest'ora, nulla ho a comandarti, ma ho pensato che per domani tu debba recarti presso al luogo dove ora se ne sta il carissimo mio cugino, e colà, introducendoti tra gli uomini della sua famiglia, scovar fuori ciò che potrebbe far luce a' nostri tentativi, hai tu capito?» «Ho capito.» «Tu non sei conosciuto, e in nessuno di loro potrà nascere alcun sospetto di te.» «Questo va bene, ma la mia andata non gioverà a nulla, e non potrò sapere un iota di più di quanto io so ora. Se voi avrete la pazienza di aspettare la calata dei dodicimila francesi e d'unione col conte d'Armagnac, il vostro cognato, mettervi alla testa di quelle truppe e combattere da pari vostro, allora forse vi verrà fatto provvedere assai bene ai vostri interessi. Ma in quanto al tentar voi solo l'impresa coll'accostarvi al Conte dovreste persuadervi una volta che ciò è al tutto impossibile; in prima il Conte ha sempre intorno a sè una siepe di labarde, che nè a voi nè al diavolo può bastar la vista di sorpassare.... e poi.... se mai aveste a riuscire ad ammazzare il Conte.... gli alabardieri ammazzeranno voi.» Il Visconti si rannuvolava, e stato un pezzo colle braccia incrocicchiate sul petto senza parlare: «Oh,» disse finalmente con un sospiro che pareva un mugghio, «che mi sia chiusa ogni via? che la provvidenza....» «La provvidenza non c'entra qui per niente. Volete voi tornare ad esser duca, od esser amico di Dio?» «L'una e l'altra cosa insieme.» «Volete troppo, illustrissimo, l'una delle due vi rimane a scegliere; diversamente temo non vi verrà fatto alcun che di buono.» «Bene, come vorrà il destino. Ma io ho fermo che tu abbia ad uscire domani mattina di questa valle, e recarti dove ti ho detto. Qualche cosa potrai sempre raccogliere.» «Ed ogni fuscello è un puntello, come dice il proverbio.» soggiunse Bronzino ridendo. «Io andrò aggirandomi per questa valle finchè tu ritorni, o finchè mi avrà morto la noia che oramai non posso più sopportare. Alla sera verrò a raccogliermi ancora qui in questa capanna; a meno che non fossi invitato ad uscire, se mai ritornasse qui chi n'è il vero possessore.» «Questi buoni villeggiani son tutti assai ospitali. State tranquillo, che non vi verrà fatto insulto.» «Dunque hai capito; per adesso continua a dormire.» E senz'altre parole lo lasciava solo, ed egli tornava nell'altra stanza. E gettavasi ancora su quel giaciglio di paglia mezzo fradicia, e si adattava intorno il gabbano col fine di dormire infino a tanto che spuntasse il dì. Ma sonnecchiato un poco, tosto si ridestava, che quand'uno è martellato da un pensiero assiduo, e che tutta gli occupi la vita, non è possibile che abbia a dormire a lungo. E allora colla memoria tornando molt'anni addietro, pensava alla potenza della propria famiglia, e alla terribile grandezza del proprio padre in mezzo a quella corona di figli prodi e coraggiosi, che per anni ed anni promettevano farla fiorire sempre più, e mano mano percorrendo i fatti memorabili successi nella propria casa, e le lunghe guerre sostenute dal padre contro il pontefice, e le vittorie, e le sconfitte, e le paci, e le crudeltà di cui era stato assai spesso o spettatore o esecutore si fermava colla memoria al momento in cui gli giunse la notizia che Bernabò era stato condotto nelle prigioni di Trezzo, e che a lui e a tutti i suoi fratelli era stato tolto il dominio e la patria e tutto; il sangue gli tornava allora a ribollire, come si trovasse tuttavia in quell'istante medesimo; quando improvvisamente gli si generarono nella mente idee affatto opposte a quelle che gli erano sempre state abituali; l'idea ch'egli era posto al livello e più sotto ancora di tutti gli altri uomini; - che, miserabile, sarebbe stato spettatore dell'altrui grandezza; - che, avvezzo fino allora a farsi rispettare e temere da tutti, egli da quel momento avrebbe dovuto vivere in continua paura di sè. Allora gli si rinfuocava in petto d'una maniera terribile l'odio contro al cugino Galeazzo, e non pensava più ai mezzani partiti, ma alla decisa vendetta, alla morte dell'abborrito parente.... Così passò quasi tutta quella notte, finchè spuntò l'alba ad alleggerirgli il peso della sua condizione. Il Bronzino gli comparve innanzi, sentì rinnovarsi l'ordine di andare a far da esploratore dove trovavasi il duca Galeazzo, e senz'altro, detto addio al suo signore, si procurò una barca, e recossi ad Angera, che, durante il viaggio, aveva sentito dire che in quella rocca s'era ridotto il duca a villeggiare. Ora, lasciando ir libero costui per qualche tempo, torneremo un tratto a trovare Alberigo Fossano. In quella mattina medesima gli era stata annunciata una visita di un certo tale che aveva a consegnargli alcun che d'importanza; e quel tale era nientemeno che l'Apostolo Malumbra, il quale, viaggiato il più frettolosamente che potè, giunto a Milano, e sentito che la corte erasi recata alla rocca d'Angera, senza por tempo in mezzo, vi si era tosto trasferito. Il Malumbra, intromesso alla presenza del cavaliere, «Io sono,» gli disse, «un mercante di Venezia, assai conosciuto dall'illustrissimo ammiraglio Candiano, che mi degna della sua fede; ed è lui appunto che mi manda a voi per consegnarvi questa lettera.» Il Fossano, presa la lettera e rottine i suggelli, con segni di molta ansietà si poneva a leggerla.
«Diletto figlio! «Io vivo in una terribile incertezza; il portatore della presente, che è un onesto mercante di Venezia, mi ha raccontate certe storie che correvano in Milano, intorno a te e a tua moglie, e qualmente il figlio di Bernabò, che s'è intruso negli stati del duca, sia venuta a vessarla con ogni sorta d'astuzie ed atrocità. Io non comprendo come ciò siasi potuto far publico per tutta Milano, e conducendomi l'esperienza mia a dubitare che ciò sia al tutto una falsa diceria, ti prego a confidare al portatore della presente ciò che ti parrà meglio a scarico d'ogni mio timore. «Addio.»
Il Fossano, letta questa lettera, guardò per un pezzo in viso al Malumbra non comprendendo bene quanto gli scriveva Candiano, chè a nessuno di Milano egli aveva detto nè tampoco d'aver moglie, se non ad un suo buon servo, di cui si valeva per le sue più segrete bisogne; comprendeva molto meno quell'imbroglio del figlio di Bernabò, del quale, per fortuna, il dì prima aveva potuto capacitarsi non esserci nulla a temere, ed alla Valenzia non essere intervenuto danno di sorta; però così disse al Malumbra: «In questa lettera mi si parla di voi, e di certe istorie che avete udite in Milano, e che io ignoro affatto. Ma in prima mi piacerebbe udire da voi medesimo, come e quando avete sentite quelle strane dicerie delle quali in questa lettera mi vien parlato.» Il Malumbra non aveva pensato che il Candiano di ragione avrebbe scritto ad Alberigo ciò che aveva sentito da lui medesimo, per cui si rimase sconcertato un poco alle parole del Fossano, ricordandosi tutt'a un tratto di quanto aveva narrato all'ammiraglio, col fine di farlo tutto riscuotere alla presenza del senator Barbarigo; tuttavia, come assai abituato a simili incontri, con quattro parole a modo suo si cavò d'ogni imbroglio, e conchiuse dicendo: «Io dissi ciò che ho sentito dire, senza forse comprender bene; del resto non so nulla.» «Allora farete piacere a riportare all'illustre Candiano che riposi tranquillo stante che nessun danno mi è intervenuto in questi anni.» «E anch'io ne godo nell'animo, messere. Ma l'illustre ammiraglio mi diede un'altra incombenza.... forse ne sarà scritto alcun che in quella lettera medesima.» «Qui non c'è altro,» rispondeva il Fossano dando un'altra scorsa alla lettera. Il Malumbra stette dubbioso un momento, se mai dovesse far credere al Fossano di essere a parte d'ogni segreto, oppure fare infinta di nulla, e procurare di vedere la Valenzia all'insaputa di lui. Ma pensò prendere il primo partito. «L'illustre ammiraglio,» allora disse, «mi ha raccomandato procurassi io stesso di vedere la moglie vostra, perchè gli riporti con esattezza la condizione in cui si trova, lo stato di sua salute e tutto.» Il Fossano a queste parole seguitava a guardarlo con segni di gran maraviglia, onde il Malumbra, che benissimo s'accorgeva di quanto passava nell'interno dell'animo altrui, pensò tenere un discorso molto ambiguo e scaltro, il quale potesse condurre al suo intento, e senza dire egli stesso di saper tutto e di essere a parte di tutto, potesse far parlare il Fossano senza alcun riguardo a lui, come ad uomo che già fosse in cognizione d'ogni segreto. «Davvero che il signor Candiano,» continuò, «vi ha preso ad amare come non si potrebbe meglio un figlio, ma ciò è ben ragionevole.» E lo guardava intanto con una finezza sua propria, e senza aggiunger altro in proposito. «Una cosa poi mi raccomandò di dirvi, ed è che non vogliate affidare alcuna vostra cosa a nessuna lettera, e piuttosto vogliate incombenzar me di tutto.» Il Fossano tornò a leggere la lettera di Candiano, per vedere d'assicurarsi meglio, e quantunque in quella fosse detto assai poco sul conto del Malumbra, pure, pensato e ripensato un pezzo, concluse che alla fine la lettera era veramente di Candiano, e che a persona di cui non si potesse fidare interamente, non l'avrebbe nè tampoco consegnata, nè messolo nell'occasione di trovarsi a contatto di chi poteva farlo venire in cognizione di tutto. La conclusione era ragionevole, ned egli volle prendersi altre cautele. «Io me ne posso andare,» disse il Malumbra, «a fare una scorsa qui d'intorno per oggetto della mia professione. Tornerò a Venezia per doman dopo. Se non vi dispiace sarò qui stasera a ricevere i vostri ordini.» «Bene.... e adesso che ci penso, fate di venire un po' prima di vespro che ci recheremo ad Orta.» «Ad Orta?» «Sì....Valenzia è là,» soggiunse Alberigo a bassa voce. Il Malumbra non disse nulla, chinò la testa, e se ne usci. Allora il Fossano, chiamato quel suo servo che era a parte d'ogni segreto, lo prese ad interrogare con modi assai gravi, per sapere s'egli avesse mai palesato a qualcheduno ciò che tanto premeva tener nascosto. Ma quel buon servo che, molti mesi prima a Milano, era stato indotto a raccontar tante cose sul conto del suo padrone, dal troppo vino che gli aveva accresciuta la parlantina, e dalle astute domande del Malumbra; parte non si ricordava bene dell'avvenuto, parte non voleva farsi conoscere per da poco e peggio, e così con belle parole rassicurò il proprio padrone al tutto. Intanto il Malumbra, il quale non sapeva che fare in quel dì, erasi, a fuggir tempo, recato sulla piazza d'Angera; per esser giorno di mercato, v'era colà gran quantità di popolo, e così camminando tra gente e gente, attese a baloccarsi per qualche ora. Tra tutte le faccie però di que' montanari, dalle quali traspariva la sincerità, la rettitudine e quella buona fede che divien tanto più preziosa, perchè più rara tra le mura delle città, il Malumbra che, per le incombenze dell'arte sua, aveva dovuto fare, come si suol dire, l'occhio esperto, notò la faccia di un tale che faceva una decisa dissonanza con tutti gli altri che gli stavano intorno. Anche la foggia del vestire di colui si scostava qualche poco dalla comune, ma a questo non avrebbe osservato gran che, se quegli occhi fondi piccoli e muoventisi di continuo, e quella scialba pallidezza che non può accordarsi alla vita serena del montanaro e all'aria pura de' monti, non lo avessero messo in sull'avviso. E davvero che l'astuto Malumbra non erasi ingannato, in quanto che l'uomo che lo aveva tanto colpito, era nulla meno che il Bronzino, il compagno del Visconti. Il caso poi volle che in quel dì s'incontrassero molte volte, e d'aggiunta si dessero a vicenda molte occhiate, forse per quell'istinto medesimo che fa al gatto sentir l'odore del gatto. Dando però a questi scontri fortuiti il valore che si conveniva, il Malumbra verso le sedici ore si recò ad un'osteriaccia che dava sul lago. Ma quando entrò nel cortile, guardando ove si potesse collocare, vide che da un'altra parte era entrato l'uomo nel quale erasi scontrato tante volte. Dopo molte ore d'ozio e di noia voleva pure attendere a qualche cosa che appartenesse all'arte sua, ed essendogli entrato il desiderio di sapere chi fosse colui, gli si recò appresso per tentare di appiccar seco alcun discorso; il Bronzino dal canto suo, come si vide alle costole il Malumbra, lo guardò un tratto ridendo a mezzo, poi così gli disse: «Oggi, amico caro, ci siamo incontrati troppe volte, perche io possa credere che sia al tutto effetto del caso.» «È il mio pensiero questo che voi dite. E per la pura verità, è la quarta volta per lo meno che voi venite su miei passi.» «Avete voluto dire che voi vi trovate sui miei.» «Come vi piace, amico mio; ma se la cosa non è effetto del caso, è senza dubbio effetto del destino.» «Del resto io non trovo che noi abbiamo a fare alcuna cosa insieme.» «Chi lo può dire? a buoni conti siamo in sull'osteria, e se non c'è altro ci rimane a pranzare ad una tavola medesima.» Qui il Malumbra, chiamato l'oste, che gli si fece innanzi con mille inchini, «Si vorrebbe mangiare un boccone,» gli disse. E domandandogli l'oste se aveva a preparare per ambedue, allora il Malumbra, facendo le viste che molto non gl'importasse della compagnia dell'altro, soggiunse: «Per questo messere, col quale ci siamo incontrati, non so.» Ma il Bronzino avendo presto detto all'oste: «Prepara pure anche per me, chè pranzo coll'amico;» senza più altro, l'uno rimpetto dell'altro, si posero a desco. Preso un pane, spezzatolo, e ingollatine alcuni bocconi, come per passatempo, intanto che si aspettava si mettesse in tavola, il Malumbra con quel suo fare sbadato e freddo che gli era abituale, cominciò a mettere innanzi alcune parole. «Il tempo continua innanzi ch'è una maraviglia; ma in quest'anno non c'è qui molta affluenza dei signori del piano, ed alle mie merci non c'è modo di far prendere il volo.» «È la prima volta che capitate in queste parti?» «Qui la prima volta; ma in Milano ci venni assai spesso, e quest'anno essendovi capitato quando la corte se n'era già andata, e avendo sentito che il duca era venuto quassù a villeggiare, ho detto tra me: - Andiamo, che di ragione verranno colà tulli i gentiluomini della città, ed io troverò di far bene. - Ma, pur troppo, amico caro, mi sono ingannato. Sono però assai contento d'aver visto il duca; e in vero, ha un viso che mi va per la fantasia.» «Siete di buon gusto, amico caro,» rispose il Bronzino con un sorriso che appena gli si vedeva tra labbro e labbro. «Quella sua barba che finisce in punta, è tal cosa che certamente può dare nel genio a chicchessia.» «In quanto alla barba, avete ragione, non è la miglior cosa. Ma quel che mi piacque tanto in lui è quell'apparenza di bonarietà.» «Di che cose vi dilettate a far mercato, se è lecito?» «Come c'entra questa domanda?» «Volevo dire che se mai aveste l'occhio tanto acuto nel giudicare gli oggetti e le merci che togliete a comperare per rivendere, come nel giudicare gli uomini, vi consiglio a stare in guardia, che i fallimenti vengono via di fretta, e tra le cose meno difficili, c'è quella di sculacciar la pietra che sta sulla piazza del mercato.» «Capisco che mi siete amico, dal momento che mi date dei pareri; in quanto poi all'eccellentissimo duca....» «Cosa volete dire?» «Questo bel paesello è suo; e le picche che fanno la guardia alla porta del castello, servono a lui, e l'oste che ci dà a pranzare, paga i balzelli a lui....» «Certamente....» «Dunque, credete a me, che il duca è l'uomo più buono di questo mondo.» «Adesso capisco,» e sorridendo vuotava un altro bicchiere di vino. «Ma voi non siete già di Lombardia?» «No, son della terra di San Marco.» «Vi si capiva infatti al parlare.» «E voi?» «Io, a dir la verità, credo di esser nato a Chambery, che è un paesello della Savoja. Ma a dirvi tutto, ho viaggiato tanto, che ci vuole una bella memoria a ricordarsi della patria.» «Avete moglie?» «Credo bene d'averne, con cinque o sei figli salv'errore; ma è così gran tempo ch'io vo errando pel mondo, che oramai non saprei più riconoscerli se mi capitassero innanzi.» «Ma....» «A voi non par giusto, non è vero? eppure la cosa è appunto come vi dico.» «Ed io se avessi a disertar moglie e figliuoli, non saprei più trovare il che ed il perchè di questo nostro vivere.» «E a me in vece venne una gran voglia di gettarmi da un burrato, come mi vidi intorno quella nidiata di figli, tanto che un bel dì, avendo fatto molto cammino, nè piacendomi ritornare, tirai innanzi, e l'un passo dopo l'altro mi trovai a Milano.» E vuotava un altro bicchiere di vino che certo non sarà l'ultimo. «E avete potuto far bene colà?» «Benissimo.» «Intorno a che anno vi siete trovato a Milano?» «Nell'ottant'uno, quando....» «Quando il Bernabò fu preso....» «A tradimento.» «Zitto....» «Capisco che voi parlate per paura che qualcheduno ci possa udire, ma state pur certo che nessuno ci ascolta. Fatemi dunque piacere a confessare che quello fu un tradimento, e dei negri se ve n'ha.» «Come volete, alla buon'ora; ma voi siete molto amico del Bernabò.» «Io?... Non state a crederlo; non gli sono nè gli fui mai amico. Bensì vi dirò una cosa, già qui non è alcuno che ci ascolti, e di voi mi posso fidare. Mi fanno compassione i figli di lui.» «Viaggiando da Milano a questa parte, m'incontrai in un crocchio di persone che mi raccontarono una strana cosa.» «Ed è?» «Che Carlo Visconti trovasi celato in uno di questi paesi.» «Oh diavolo!» «Vi dico il vero, ch'ei mi piacerebbe a rivederlo quello sventurato giovane; a rivederlo, mi capite, perchè quand'egli capitò a Venezia, io lo vidi più d'una volta, E se avessi ad incontrarmi in lui, avrei a dirgli qualche cosa che gli farebbe inarcare le ciglia per lo stupore.» Bronzino facevasi attento, il Malumbra aguzzava gli occhi. «Egli doveva sposare una patrizia veneta.» «Lo so; ma la patrizia veneta morì, ed egli si sposò in vece alla sorella del conte d'Armagnac che morì anch'essa,» «Voi la sapete lunga; ma io la so lunga più. di voi.» «Come sarebbe a dire?» «Che la patrizia che morì, per un vero miracolo di Dio è risuscitata, e di presente è fresca e sana meglio di me e di voi.» Bronzino scrollò la testa, poi disse: «Fantasie, amico caro, fantasie. Queste cose io le posso sapere meglio di voi certo.» «Lo credete?» «Pensate un tratto se la Republica di Venezia, alla quale premeva assai di quel tempo l'amicizia di Bernabò Visconti, avrebbe voluto ingannarlo di tal maniera.» «E la Republica infatti non ingannò, ma fu ingannata: e se ora il figlio di Bernabò potesse mai per caso rifugiarsi alla laguna, la Republica lo accoglierebbe a braccia aperte, e lo rifarebbe dell'inganno e.... io sono veneziano, e queste cose le so molto bene.» Il Bronzino quando sentì dire che la Republica accoglierebbe il Visconti a braccia aperte, per quanta poca fede avesse nell'altro, pensò tuttavia che non era cosa da tacersi al suo padrone, e si rimase un pezzo senza parlare come consultando i propri pensieri. Il Malumbra al quale non isfuggivano queste mezze tinte, e sempre gli era ronzato in capo un certo sospetto intorno a quel galantuomo, e tanto più dopo aver sentito come gli stessero a cuore i figli di Bernabò, e come ne sapesse ogni loro vicenda, quantunque non potesse così di volo indovinare la verità interamente, pure le si accostò tanto da porla per ipotesi, e da costruire su di essa la tela del discorso che volle continuare. «Ora che abbiam mangiato questo boccone, dovremmo uscire di qui e passeggiare un buon tratto per una di queste stradicciuole che lambiscono la falda del monte.» «Benissimo, andiamo.» E dopo pochi momenti uscirono, continuarono un pezzo il loro cammino senza parlare, finalmente il Malumbra cominciò a dire: «Scusate la libertà, amico, ma voi non dovreste essere gran fatto ricco.» «Pur troppo non ho quest'onore, caro mio, e vi siete apposto.» «Voi, a quanto ho potuto sentire, siete assai pratico di questo lago.» «Anche in questo avete indovinato, ma non capisco come l'una delle vostre domande possa stare coll'altra.» «Lo capirete.» «Fin qui mi siete sembrato un uomo assai misterioso.» «Vedrete che vi siete ingannato.» «Allora parlate più chiaro.» «Ebbene, vi dirò: la Republica di Venezia vorrebbe che il Visconti avesse a rifugiarsi presso di lei. Ma questo suo desiderio non l'ha da saper nessuno, e molto meno questo Conte di Virtù. Se il Bernabò Visconti potesse però sapere questa volontà de' Veneziani, sto certo che vorrebbe approfittarne.» «E così?» «E così, voi che siete così pratico di questi siti, dovreste andare guardandovi attorno continuamente per vedere se mai vi venisse fatto scovarlo fuori.» Il Bronzino, quantunque per il molto vino bevuto fosse diventato più fidente di prima, pure, a quelle parole del Malumbra, gli alzò in volto due occhi penetrativi e pieni di sospetto. «Sì, scovarlo fuori, e fargli sapere il desiderio della Republica di Venezia; tutto sta che voi abbiate il coraggio di accostarvi a quell'uomo che, senza dubbio, vivrà in sospetto di tutto e di tutti, e però chi tenta avvicinarsegli non sarà certo il meglio arrivato. Ma perchè mi guardate con tanto stupore? Siete voi suddito del Conte? No, dunque le mie parole non vi devono riuscir strane per niente. D'altra parte si tratterebbe di guadagnare....» «Quanto?» «Non meno di cinquanta ducati, e forse di più.» «Ma quando si potrebbero contare?» «Quand'io potessi sapere di certo ch'egli, il Visconti. se n'è andato a Venezia.» Il Bronzino cominciava ed esser capace, perchè dalle ultime parole del Malumbra si vedeva non esservi nè tradimento nè inganno sotto, tuttavia rispose girando sempre largo: «Io son ben pratico di queste terre e di questo lago, però non mi costa gran che l'andarmene vagando per esso. Io ci andrò e subito, giacchè s'ha da fare, e se mai potessi scoprir qualche cosa (ma già, veggo che sarà tutto tempo gettato), volevo dire che vi saprò riportar alcuna notizia. Ditemi intanto: dove abbiamo a ritrovarci?» Qui il Malumbra alla sua volta diventava sospettoso e pauroso per sè, che in fine non sapeva bene chi fosse quell'altro, e l'apparenza inganna; tuttavia rispose: «Tutti i giorni verso quest'ora fate di trovarvi qui, solo, io vi vedrò e ci parleremo.» Cosi rimasti, il Bronzino pensò bene di affrettarsi, e visto che a riva era un battello con due rematori, fatta l'intesa, vi saltò dentro e via pel lago. E il Malumbra quel dì medesimo se ne tornò ad Angera, poichè, come aveva stabilito col Fossano, sarebbero andati insieme all'isola d'Orta.
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