CANZONE
DI M. GIOVANBATTISTA
AMALTHEO.
TRASSE il mio cor à sospirar sovente
L'altrui sventure, e i
dolorosi stridi
Il fiero stuol, che gia
cotanto ardio:
Che veggendo servil Barbara
gente
Tinger del nostro sangue i
nostri lidi,
E qual Tigre, o Leon digiuno
e rio
Cercar l'ovil di Dio,
E in Pafo, e in Cnido svelti i mirti, e i lauri,
E i suoi ricchi tesauri,
E le corone a Salamina
colte,
E 'n vil
giogo rivolte
E spenta la sua dolce libertate,
Arsi non men di duol, che di pietate.
Da l'Oriente più non venia il Sole
Né 'l pianeta d'amor, né i chiari
giorni,
Ma di turbati venti atra procella
Et havea
sgombre l'erbe, e le viole
Da i nostri dilettosi almi
soggiorni.
E tenea
fosco il Ciel, chiusa ogni Stella
Nebbia gravosa, e fella,
E s'alcuna talhor
pur m'apparea,
Era importuna e rea,
Et hor
di Sirio, hor d'Orione armato,
Et hor
di Marte irato,
Ne mai piaggia fioria
vicino, o fera,
E in verno
era cangiata primavera.
Hor, che l'ira del Ciel, e 'l valor vostro
Invitto Heroe ha domi, vinti, e
sparsi
Gli armati legni, e le nemiche schiere,
Scopre l'alba il crin d'or, le guancie d'ostro
E i bei lumi del Ciel, che pria celarsi
Mostran letizia nelle eterne
sfere.
Con nove luci altere
L'Hesperia ne gioisce in ogni
parte,
E 'l buon popol
di Marte,
Che vi ripon
tra gli altri semidei
Archi, palme, e trofei
V'erge, e consacra, e rinovella in
voi
L'antica gloria dei gran duci suoi.
Sotto le vincitrici insegne sante
Che spiegaste ver
l'Euro, e incontra 'l Drago
Che in Cipro, e in Creta havea già
stese l'ali,
La militia del Ciel tutta sembiante,
C'hoggi
in sua guardia ha 'l Tebro, e l'Adria, e 'l Tago
Folgorando aventava accesi strali,
Mentre, che gli empi, e frali
Navigi un'angiol
arde, un'altro affonda,
E 'l vostro ardir seconda,
Et qual intorno al nido suo
s'aggira
Augel, che spesso il mira
La celeste Falange ogn'hor
v'appressa
Facendovi corona di se stessa.
Sallo Acheloo,
che sgomentato, e mesto
Volse indrieto il suo corpo, e l'acque schive,
Quando foste al suo corno un nuovo Alcide,
Et sallo
Ambratia, e tutto il lito
infesto,
Che serba anchor
delle orme fuggitive,
Poi che la fuga, e 'l sangue, e i
tronchi vide
Delle sue genti infide,
E di lor vene far vermiglie l'onde,
E l'arenose sponde.
Foste allhor
Marte, et fu con voi Quirino
Ardito, e pellegrino:
Pur sempre con la forza, e co 'l consiglio
Aparte de la gloria, e del periglio.
Poi che di spoglie Orientali adorno
Quasi lucido sol ne riportaste
Le allegrezze interrotte, e i dì sereni,
Al disusato studio anco io
ritorno,
E canto con che ardir dianzi
n'andaste,
A domar fieri mostri, e d'ira pieni,
E por lor
duri freni,
E come poscia altier
Giason novello,
N'haveste l'aureo vello,
Come fondaste in mar, come hor s'indonna
Luminosa Colonna
Vostro bel fregio, a termine prescritto
Perche non varchi l'ampio stuolo
afflitto.
Ma 'l Ciel,
che a maggior gloria vi destina
Altra Argo, altri guerrieri, et
altre imprese
Altro mar v'apparecchia, et altri
regni,
Tosto ch'avrà ripreso Salamina
Il suo scettro, il suo seggio, e il bel paese,
Che gia gradì a Ciprigna,
hor par che sdegni
Torrete i pregi indegni
Al Tiranno dell'Asia, Argo, e Corinto,
E Rodi, e Delo,
e Cinto,
E rivedran le Muse
i sacri monti,
E i lor
cigni, e i lor fonti
Gli antri, le piaggie, i fior, l'ombre, e gli allori
Cantando le lor gioie, e i Vostri honori.
Da l'altra parte un glorioso ardire
Vi porta a soggiogar l'Eufrate, e 'l
Nilo
C'hor ne
paventa, ov'è la fama corsa,
Tempo è, che di sue frodi homai sospire
Babilonia d'errori eterno Asilo,
E 'l Ciel
vi chiami, e molta più s'inforsa,
Che v'è felice l'Orsa:
Si vedrem
poi rifar un secol d'auro,
E 'l sol mai sempre in Tauro
Qual era alhor, che senza nebbia
il Cielo
S'andava, e senza gelo,
Et havran
rena d'or l'onde Thirene
Et Anco al vostro mar le sue
Sirene.
Carca di spoglie, e d'armi
Vedrai l'alta Colonna, e 'l mio
gran duce,
C'hora
con la sua luce
Rischiara il Tebro, e Roma, e poi
se stesso
Digli Canzon d'appresso
Per finir le sue imprese, e l'aspra guerra,
Che come ha vinto il mar, vinca la terra.
IL
FINE.
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