I.
Prologo.
Se bene a molti rechi oramai gran tedio che si parli ancora nel
mondo del Manzoni, e tra i molti i più siano persuasi che sopra un tale
argomento, da essi chiamato giustamente eterno, non ci sia più nulla di
nuovo da dire, dovendo io tener discorso intorno ad un nostro moderno
scrittore, innanzi ad un'eletta d'Inglesi, presso i quali da Giuseppe Baretti
ad Ugo Foscolo, da Ugo Foscolo a Gabriele Rossetti, da Gabriele Rossetti a
Giuseppe Mazzini, per tacere degli onorati viventi che hanno insegnato od
insegnano tuttora la letteratura italiana in Inghilterra, le nostre lettere da
un secolo in qua furono sempre coltivate con amore, io non ho saputo trovare alcun
tèma non solo più nobile, ma più nuovo del Manzoni. Non sorridete, o
Signori. Io so bene che gli stranieri, i quali hanno fatto i loro primi, in
verità, non molto divertenti esercizii d'italiano sopra i Promessi Sposi
e sopra le Mie Prigioni, riguardano come stranamente idolatrico il
nostro culto manzoniano. Lo so, e se credessi che la loro opinione avesse buon
fondamento, me ne turberei; poichè, in verità, se il Manzoni fosse per noi un
idolo, innanzi ad un idolo lo vedrei solamente possibile una di queste due
altitudini: adorare tacendo con gli occhi chiusi, che non è il miglior modo per
veder bene; o passargli accanto sdegnosi, sprezzanti, correndo via, che non è,
di certo, un modo di veder meglio. Io ammiro grandemente il Manzoni, ma non
l'adoro, e però, quantunque pieno di riverenza a tanta umana grandezza, oserò
accostarmele e studiarla, anco perchè stimo che giovi il vedere come un uomo
non solo sia nato, ch'è merito di natura, ma come abbia saputo egli stesso
divenire e mantenersi grande. Ogni vanto di priorità in lavori simili al
presente mi parrebbe, o Signori, intieramente oziosa e puerile; e però, prima
d'accennare ad un fatto singolare che mi riguarda, debbo dichiararvi
candidamente che non solo io non me ne faccio merito alcuno, ma che mi vergognerei
se alcuno attribuisse a me un merito ch'è stato del caso. Ora sono più di sei
anni, quando il Manzoni era pur sempre vivo, avendo io la debolezza di credere
che la letteratura abbia alcuna virtù educatrice, tentai, come potei meglio,
rinfrescare nella mente de' giovani il ricordo, e nel cuore di essi la
riconoscenza per gli scrittori italiani, i quali avevano, a parer mio, più
efficacemente cooperato non solo a mantenere vivo il decoro delle nostre
lettere, ma a farle operative di virtù domestica e civile. Io m'era detto e
persuaso che la loro modestia avrebbe loro vietato di parlare prima di scendere
nel sepolcro; intanto i giovani che vengono su, poichè, ad uno ad uno, i nostri
buoni vecchi se ne vanno, poco o nulla ne potranno sapere, onde mancheranno ad
essi quei nobili esempi ed eccitamenti che in parte servirono, in parte
avrebbero dovuto servire a noi per animarci nel sentimento del nostro dovere e
per educarci alla virtù del sacrificio. Era dunque, o almeno parevami, che
fosse debito nostro servire d'anello ideale fra la generazione che passa e
quella che viene, portare virilmente ai giovani la parola de' vecchi; e, non
credendo di potere far meglio, incominciai da Alessandro Manzoni. Ma quale non
fu il mio stupore, quando, messomi intorno a cercare se esistessero biografie
italiane del nostro primo scrittore vivente, in un secolo pur così prodigo di
biografie, dovetti, con molta confusione, rinunciare alla speranza di trovarne
alcuna e provarmi a tentar da me solo con le notizie del Fauriel e del Loménie,
con gli sparsi articoli di critica letteraria, con le onorevoli disperse
testimonianze degli amici a ammiratori del Manzoni, e con una nuova lettura
delle sue opere, la prima biografia del grande Poeta milanese! La cosa parrebbe
incredibile, se non fosse vera.
Morto il Manzoni, il 22 maggio dell'anno 1873, in età di
ottantotto anni, quel primo saggio biografico ebbe naturalmente la buona
fortuna di servire come addentellato ad altri, che lo resero presto
insufficiente; seguirono! pertanto nuove spigolature e nuove biografie, tra le
quali convien ricordare quelle di Vittorio Bersezio, Giulio Carcano, B. Prina,
F. Galanti, Antonio Stoppani, A. Buccellati, Cario Magenta, Carlo Romussi,
Giovanni Sforza, Salvatore De Benedetti, Felice Venosta, Nunzio Rocca, Antonio
Vismara; Carlo Morbio e Cesare Cantù tutte diversamente pregevoli per la nuova
luce che recarono alla biografia manzoniana. Ma è cosa singolare che non sia
ancora comparso fin qui alcun discorso critico un po' largo sopra tanta novità
di materia biografica. Non ci si è pensato, pur troppo; onde è ancora veramente
un caso per me felice, ma non lieto per l'Italia, che, dopo oltre sei anni dal
mio primo saggio biografico, io abbia ancora, senza alcun merito e senz'alcuna
pretesa, ad essere per ordine cronologico, il primo che tenti una biografia
ragionata di Alessandro Manzoni. Chè, se io mi sono, ora volge il sest'anno,
messo nell'impegno difficile di lodare il Manzoni vivo, senza tradire la maestà
di quel santo vero che fu la sua prima e vorrebb'essere la mia
religione, ognuno intenderà facilmente come una parte delle indagini, le quali
son divenute possibili, sarebbero state sconvenienti, quando il grand'uomo era
vivo e potea provarne pena; ognuno si persuaderà dunque come un nuovo studio biografico
intrapreso in così diversa, e, per rispetto alla critica, migliorata
condizione, deve necessariamente riuscire alquanto più ricco e più dimostrativo
del primo.
Queste dichiarazioni scuseranno pure il tono alquanto dimesso del
mio presente Discorso. Non si tratta qui, invero, di giudicare dall'alto, che
sarebbe sempre una impertinenza, nè da lontano, che non si potrebbe senza molta
imprudenza, un Manzoni già ben cognito, o supposto tale, per farne, con pochi
vivaci tratti di penna, un nuovo e splendido ritratto ideale. Il mio ufficio
vuol essere, almeno per questa volta, assai più modesto. Si tratta, cioè,
semplicemente di ristudiare da capo il nostro Poeta, di seguirne passo passo la
vita, i pensieri, i sentimenti, prendendo per guida principalissima i suoi
proprii scritti. Questo esercizio minuto richiede naturalmente un po' di
pazienza, tanto in chi lo intraprende, quanto in chi conviene ad osservarlo;
ma, s'io non erro, poichè avremo, voi ed io, fatto prova insieme di questa
necessaria virtù, ci troveremo finalmente innanzi, quasi senz'accorgercene,
vivo ed in piedi, un nuovo Manzoni, che nè voi nè io ci eravamo, prima di
ristudiarlo, immaginato fosse per riescire così grande, per quanto lo
ingrandisse già la nostra ammirazione, nè così importante, per quanto fosse già
molto viva la nostra curiosità di conoscere tutto ciò che lo riguardava.
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