V.
Il Manzoni ed il Parini.
Nella sua prima maniera satirica il Manzoni parineggia; il Parini,
egli non avea conosciuto di persona, se bene lo potesse per le relazioni che il
poeta di Bosisio avea avute con la famiglia Beccarla. Quando il Parini morì, il
Manzoni, quattordicenne, incominciava già a sentire la poesia e ad ammirare
veramente i poeti; si narra anzi ch'egli leggesse per l'appunto la celebre Ode La
caduta, quando gli venne annunciato che il Parini era morto10. Il
Manzoni vecchio dolevasi con Giovanni Rizzi di non averlo cercato, e scusavasi
malamente col dire che allora egli era «un ragazzaccio che non sapeva nulla di
nulla.» Il vero è che non ci avrà pensato, che non avrà, come accade, creduto
il Parini già così vicino a morire, e che la vita di collegio gli avrà pure
diminuite le occasioni d'incontrarlo. Che se, al dire di Giulio Carcano,
quando, nel Collegio de' Nobili, il giovinetto Manzoni fu, la prima volta,
presentato al Monti come nipote di Cesare Beccarla, il Monti gli parve un Dio,
è probabile che il vecchio Parini, quantunque non bello, gli avrebbe lasciata
nell'animo una impressione più soave e più durevole. Ricordano gli amici del
Manzoni che egli sapeva a memoria tutto il Giorno e che, sul fine della
propria vita, quando sentiva affievolirsi la memoria, per assicurarsi di non
averla perduta tutta, soleva trascrivere a mente qualche verso del suo Parini11.
Quando, nel settembre dell'anno 1803, il diciottenne Manzoni
mandava al suo maestro Monti un Idillio allegorico intitolato: L'Adda,
egli lo accompagnava con una lettera, di cui, perchè si vegga quanta destrezza
e causticità d'ingegno era già nel giovine Poeta, riporterò qui le prime
parole: «Voi mi avete più volte ripreso di poltrone, e lodato di buon poeta.
Per farvi vedere che non sono nè l'uno nè l'altro, vi mando questi versi.»12
Il discepolo domanda al maestro un parere sopra i suoi nuovi versi, per
limarli, ed, intanto, invita il Monti alla propria villa. Nell'Idillio, il
fiume Adda personificato in una Dea si volge così al Monti:
Te, come piacque al ciel, nato a le grandi
De l'Eridano sponde, a questi ameni
Cheti recessi e a tacit'ombra invito.
L'Adda sa bene di non poter contendere col Po, presso il quale il
Monti è nato, e prima di lui Lodovico Ariosto ed il Guarini, ma pur si gloria
che presso le sue rive abbia cantato un giorno Giuseppe Parini, l'Orazio
lombardo. L'Adda dice:
Quivi sovente il buon cantor vid'io
Venir trattando con la man secura
Il plettro di Venosa e il suo flagello,
O traendo l'inerte fianco a stento,
Invocar la salute e la ritrosa
Erato bella, che di lui temea
L'irato ciglio e il satiresco ghigno;
Ma alfin seguïalo e su le tempie antiche
Fêa di sua mano rinverdire il mirto.
Qui spesso udillo rammentar piangendo,
Come si fa di cosa amata e tolta,
Il dolce tempo della prima etade,
O de' potenti maledir l'orgoglio,
Come il genio natìo movealo al canto
E l'indomata gioventù dell'alma.
Or tace il plettro arguto e ne' miei
boschi
È silenzio ed orror. Te dunque invito,
Canoro spirto, a risvegliar col canto
Novo rumor Cirreo. A te concesse
Euterpe il cinto, ove gli eletti sensi
E le imagini e l'estro e il furor sacro
E l'estasi soavi e l'auree voci
Già di sua man rinchiuse. A te venturo
Fiorisce il dorso brïanteo; le poma
Mostra Vertunno e con la man ti chiama,
Ed io, più ch'altri di tuo canto vaga,
Già mi preparo a salutar da lunge
L'alto Eridano tuo, che, al nuovo suono,
Trarrà meravigliando il capo algoso,
E tra gl'invidi plausi de le Ninfe,
Bella d'un inno tuo corrergli in seno.
Nonostante la grazia di questo voluttuoso invito, il Monti non può
muoversi, e se ne scusa con una lettera, la quale incomincia cerimoniosamente
col voi e prosegue affettuosamente col tu. Loda moltissimo i
versi, e conchiude: «Dopo tutto, sempre più mi confermo che in breve,
seguitando di questo passo, tu sarai grande in questa carriera; e se al bello e
vigoroso colorito che già possiedi, mischierai un po' più di virgiliana
mollezza, parmi che il tuo stile acquisterà tutti i caratteri originali.»
Nell'amore del Parini fu ancora confermato il Manzoni dall'affetto
che lo legò poco dopo alla memoria del più caro discepolo dell'Autore del Giorno,
l'Imbonati, dall'ombra del quale, nel noto Carme, ei si fa dire:
......Quei che sul plettro immacolato
Cantò per me: torna a fiorir la rosa,13
Cui, di maestro a me poi fatto amico,
Con reverente affetto ammirai sempre,
Scola e palestra di virtù.
E i consigli dell'Imbonati non sono altro, in somma, se non quelli
che si trovano già espressi nei versi sentenziosi del Parini. Il Manzoni sentì
che erano veri, e li fece suoi proprii, per seguirne i precetti. Scegliere il
vero per farne argomento e fondamento di alta poesia è virtù di pochi ingegni
potenti. Il Manzoni non solamente sceglie bene, ma quello ch'egli ha scelto,
perfeziona e migliora. Spoglia, a poco a poco, di una parte del loro apparato
classico e mitologico i nobili pensieri del Parini e li rifeconda col proprio
sentimento, per esprimerli con un linguaggio più caldo e più semplice.
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