SCENA II
Ratcliff e Tom
Ratcliff
(sorride)
Che intendere voleste?
Tom
Ch'egli sia buono e cristiano intendo;
Intendo che non sia, com'è suo padre,
Un capestro da forca.
Ratcliff
(con ischerno)
Ancor non sei
Tanto birbo.
Tom
Or non son che un animale
Mansueto, un ostiere, un zaffabirra.
E perchè la mia piccola casetta
Ben tappata è nel bosco, ha l'uscio aperto
Solo a' grandi signori e pari vostri,
Che vogliono serbar gelosamente
L'incognito, dormir di giorno chiaro,
E di notte vegliar. Non do col bujo,
Quartier, lo do col sole. Anch'io, già tempo,
Godea di girellare al fioco lume
Della luna,
(fa un moto colle dita)
E frugar nelle altrui case,
Nelle altrui tasche; tuttavia non tanto
All'impazzata come fan coloro.
(addita gli addormentati)
Guardate un tratto quel capo di volpe;
Un genio è il mariuol! nata, incarnata
Per le pezzuole altrui gli s'è la frega.
Ladron quanto una gazza, e ...
Guarda, guarda
Come uncina le dita anche nel sonno!
Fin sognanado egli ruba ... oh ve'! sogghigna
Tutto felice ... Quel lungo figuro
Laggiù dai magri stinchi di locusta,
Sartor già fu: brandelli in pria raspava;
Presto dopo gheroni, e finalmente
Pezze intere di panno. Al laccio, un giorno,
Per prodigio scappò; sol che le gambe
Da quel di gli tentennano. Mirate
Come springa co' piedi! Io metto pegno
Che sognando egli va, pari a Giacobbe,
Una scala a piuoli. A quel paffuto
Vecchio Robin drizzate ora lo sguardo:
Dorme e russa quieto, ed, oh! già dieci
Omicidi sull'anima gli stanno;
E cattolico almen, qual siamo noi,
Fosse il vecchio Robin, sì che potesse
Venirne assolto; eretico è il ribaldo!
E, pur troppo, bruciar, dopo impiccato,
Nell'inferno dovrà.
Ratcliff
(inquieto, passeggia di su, di giù per la stanza, e non cessa di guarda
l'oriuolo)
No, Tom! quel vecchio
Robin non brucierà, te lo assicuro.
Ben diverso giurì che in Inghilterra
V'è nel mondo di là. Robino è un uomo,
E la bile s'appicca dall'uom che vede
Come le miserabili animelle
Di tanti perdigiorno in abbondanza
Stragrande si diguazzino: di seta,
Di velluto
Han le vesti, ostriche ghiotte
S'ingojano, ed affogano le gole
Nello Sciampagna, o bando al tedio loro
Dan fra le coltri del dottor Graàmo,
Stepitar fan le vie correndo in carri
Dorati, e burbanzosi abbassan gli occhi
Al povero affamato che si striscia
Lento fra quella furia e sospiroso
Al monte di pietà colla camcia
Ultima sotto il braccio.
(ride amaramente)
Oh li marate
Questi cauti pasciuti! li mirate
Come schermo si fan d'un baluardo
Di leggi per respingere gl'impronti,
A cui gli stazi del ventre digiuno
Strappano grida disperate! E guai,
Guai, se quel baluardo un ne travarca!
Pronti i giudici son, la scure, il laccio,
Il carnefice ... Or ben! si danno audaci,
Cui terror ciò non desta.
Tom
Un giorno anch'io
Pensava a modo vostro. In due gran classi,
Che si fan guerra con furor selvaggio,
Gli uomini tutti dividea: nell'una
I satolli, e nell'altra gli affamati;
E dacchè coi diguiuni io facea parte,
A volte di lottar con quei satolli
D'uopo mi fu; se non che impàri troppo
Questa lotta travai, per ciò bel bello
Dal mestier mi ritraggo, lo sono stanco
Dell'andar vagabondo e seza tetto,
Del fuggir gli occhi tutti e fin la luce,
Del volgermi tremando ad ogni forca
Che mi appaja per via, quasi io dovessi
Penzolarvi, e d'ergastoli e di bagni,
E del filar continüo la lana
Sognare ognor. Per Dio, che una tal vita,
Una vita è da cane. e poi vedersi
Come fiere per campi e per foreste
Cacciati, e in ogni pianta uno scherano
Temer; tremar, sebben chiusi, appiattati
Nelle proprie pareti, ognor che s'apra
L'uscio ...
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