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Andrea Maffei
Guglielmo Ratcliff

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  • QUADRO TERZO
    • SCENA PRIMA
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SCENA PRIMA

Ratcliff entra in scena

Ratcliff
(solo)
Oh, come il vento
Fischia! I suoi pifferai mandò l'inferno
Tutti qui; fan la musica costoro.
Nel suo vasto mantel la lana è chiusa,
Ed a pena ne scuote e giù ne invìa
Qualche morto baglior. Sì, sì, potrebbe;
Quanto a me, starne chiusa, annuvolarsi
Del tutto. Alcun mestiero alla valanga
Non è d'una lucerna, affinchè vegga
In qual parte scoscendere; la via,
per accostar la calamita, il ferro
Conoscere, e segno miliare al brando
Provato di Ratcliff non abbisogna
Perchè trovi il cammin che lo conduca
Dritto al petto di Dugla. --- E quel contino
Qui poi verranne? o il turbine e il timore
Di tossi, di corizze e infreddature
Terrallo indietro? O forse: "Io vo' l'andata
Differire -- egli pensa -- all'altra notte?"
Ah! ah! di questa notte appunto ha d'uopo.
Ben saprò, ben saprò nel castello
Di Mac-Gregorio.
(batte l'impugnatura della spada)
Accesso ad ogni stanza
Apre a me questa chiave; e queste amiche
Mi difendono il dorso.
(mette le mani sulle pistole della cintura, ne leva una e la contempla)
Oh, come onesta
Ella mi guarda! Volentier vorrei
Raccostar la mia bocca a questa sua,
Poi premere ... Qual ben non mi verrebbe
Dal suo bacio di foco! Al mio tormento
Darei fine così.
(pensa)
Ma forse il Dugla
In questo punto, in simil guisa, appressa
La bocca e quella di Maria ... sì certo! ...
No! non debbo morir, perchè costretto
A sorgere ogni notte allor sarei,
Ombra impossente, dalla fossa; e, pari
Ad un allocco, col muso lascivo
D'un bòtolo annusar, serrando i denti,
Le belle membra di Maria. Non debbo
Morir. N'andassi in cielo, e per gli strappi
Dello stellato padiglion, lo sguardo
Giì per caso, volgessi al maledetto
Talamo di color, vormiterei
Bestemmie orrende che farieno a' buoni
Angeli impallidir le rosse guancie,
E strozzar per angoscia in quelle gole
Le uggiose interminabili alleluje.
Ma poichè son dannato al foco eterno,
Un demone esser voglio, anzi che un frusto
Di miserando peccatore.




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