SCENA III
Ratcliff giace immobile a' piedi del monumento.
Continua il vento a fischiare. Le due figure di nebbia si avvicinano con tese
braccia, poi si separano e spariscono.
Ratcliff
(lento e trasognato si leva)
Fu voce d'uom? fu sibillo di vento?
Mi ronzò negli orecchi una parola
Vuota, errante, fuggevole! ... Non altro
Che delirio? che sogno? ... Ove mi trovo?
E qual croce è mai questa? e che v'è scritto?
(legge l'inscrizione del monumento)
"Qui furo uccisi da perversa mano
Lord Macdonaldo e il conte di Duncano."
(si riscuote)
No! non è sogno! Io sono al Negro Sasso
Vinto, irriso, sprezzato! Infami venti
Mi ghignano agli orecchi:-- È qui l'uom forte,
L'animo invitto, gigantesco! è qui
Lo schernitor del popolo britanno,
Che di leggi si beffa! è qui l'audace
Che combatte col cielo ... e non ha possa
D'impedir che si giaccia in questa notte
Dugla colla sua cara, e le racconti
Sorridendo in che modo il verme vile
Di Guglielmo Ratcliff, prosteso a terra,
Si torse e si contorse al Negro Sasso
Miseramente; nè il piede di Dugla,
Per non bruttarsi, lo calcò. --
(irrompe con furore)
Malnate
Maliarde! smettete il vostro riso
Spaventoso, e coll'indice maligno
Non mi schernite; sul lurido capo
Vo' le rupi scagliarvi, i pini io voglio
Svellere dalla Scozia, e i vostri scialbi
Omeri flagellar; vo' col mio calcio
Spremer dagli scarnati aridi corpi,
Maledetti dal cielo, il negro tosco.
Borea, scatena le tue furie, e il mondo
Struggi, dissolvi! Squarciati e mi schiaccia,
Immensa eterea vòlta! e tu m'ingoja
Ne' tuoi baratri, o terra! ...
(tra feroce e commosso, cade in pensieri profondamente misteriosi)
Ombra esecrata,
Nebbia che mi persegui in forma d'uomo,
Non mi guardar con quegli occhi sbarrati!
Mi suggi il sangue con quegli occhi, in pietra
Rigida mi converti, onda gelata
Nelle bollenti viscere mi versi,
E trasformi me pure in un notturno
Spento fantasma ... Quel loco m'accenni? ...
Col tuo proteso vaporoso braccio
Tu mi accenni quel loco?
E debbo io dunque?
Maria? ... Maria, la candida colomba? ...
Sangue tu vuoi? ... Chi parla? Olà! ... Di vento
Soffio non fu. Rapirla io debbo? Inchini
La fronte tu? Sia! Sia! Ferrea è la tempra
Del mio volere, e, più di quel divino,
Più di quello infernale, onnipossente.
(parte precipitoso)
|