Pellegrini,
mendicanti di verità
Antonio
Lanfranchi, vescovo di
Cesena-Sarsina
E' con profonda commozione e trepidazione che mi accingo a proporvi questa
catechesi, sentendomi pellegrino con voi, mendicante di quella verità che dà un
senso di pienezza alla nostra vita.Vorrei riuscire ad entrare nel cuore di
ognuno di voi, per intercettare le domande profonde, le aspettative, le
convinzioni , che portate nel cuore in questa GMG, per comunicarvi le mie, per
farle incontrare con il messaggio che ci viene proposto in questa giornata.
Introduzione:
siamo pellegrini, mendicanti di verità
Siamo
venuti con l'animo del pellegrino, superando quella condizione che caratterizza
la condizione esistenziale di tanti nostri contemporanei e anche la nostra e
che si traduce nell'essere come girovaghi o nomadi o turisti più che
pellegrini, persone cioè che passano da un'esperienza all'altra senza una meta
precisa, senza la capacità di dare un senso unitario alla nostra vita.
Girovaghi o
vagabondi, anche se si passa da un luogo organizzato a un altro. Scrive Z.
Bauman: "Per il vagabondo ogni posto è un luogo di sosta, ma egli non sa
quanto a lungo rimarrà; dipenderà dalla generosità e dalla pazienza di chi vi
abita, ma anche dalle notizie di altri posti che originano nuove speranze…Il
vagabondo decide dove girare quando arriva all'incrocio; decide la prossima
sosta leggendo i cartelli stradali…Il turista è un ricercatore di esperienza
cosciente e sistematico, di un'esperienza nuova e diversa, di un'esperienza di
differenza, e di novità - dal momento che le gioie di ciò che è familiare si
logorano e cessano di attrarreI turisti vogliono immergersi nell'elemento
strano e bizzarro ( una sensazione piacevole, una sensazione che sollecita e
ringiovanisce, come il lasciarsi schiaffeggiare dalle onde marine) - alla
condizione , però, che non si appiccichi alla pelle e possa essere scrollato
via non appena lo si desidera" (Z. Bauman, La società dell'incertezza, il
Mulino, p. 42-44). Vogliamo sentirci pellegrini. Il pellegrino è colui che va
con lo spessore dell'essenziale , cercando la direzione giusta del cammino,
guidato dal desiderio di una meta, di cui già assapora la gioia che dà in ogni
passo che compie. Pensando al nostro essere pellegrini in cerca della verità,
sono emersi nella mia memoria due episodi , che pongo ad introduzione del
nostro tema e che indicherei con il titolo di una canzone di un famoso
cantautore. " Il vecchio e il bambino". Il primo episodio , a cui ho
assistito, riguarda un bambino di quattro anni, di nome Paolo. Immerso in una
stupenda natura di montagna, in un vasto prato, che gli permetteva di
sperimentare l'ebbrezza di muoversi in libertà, lo accostai mentre contemplava
un cielo azzurro come mai e subito, con gli pieni di stupore e che riflettevano
quel cielo, mi domandò: " Ma io , prima di essere qui sulla terra, ero
lassù?". A questo bambino vorrei accostare un ottantenne che conoscete
bene, Mosé. Leggiamo nel capitolo terzo dell'Esodo che Mosé, mentre stava nel
deserto a pascolare il gregge del suocero Ietro, sacerdote di Madian, quando
vide un po' lontano un roveto che bruciava senza consumarsi. Dice il testo:
" Mosè pensò: ' Voglio avvicinarmi e vedere questo grande spettacolo,
perché il roveto non brucia'" ( Es. 3,3 ). Un bambino capace di stupirsi e
di porsi, a modo suo , una delle domande fondamentali della vita: " Da
dove vengo? Qual' è la mia origine?". Mosè , un ottantenne, con la
curiosità di un adolescente; capace di meravigliarsi di qualche cosa, di
interessarsi a qualcosa di nuovo, di pensare che c'è ancora del nuovo. Mosè è
un uomo che lascia emergere le domande in se stesso, che esigono un'attenta
risposta. L'uomo è un essere che s'interroga, che cerca una risposta ai vari
perché e soprattutto al " perché dei perché" che è il senso della vita.
Martin Heidegger affermava che l'uomo è l'unico essere vivente che si chiede:
" Perché ci sono anziché non esserci?". Giovanni Paolo II ci
ricordava : " ricordati edi una verità molto semplice: non c'è che una
vita sola".Come a dire: non buttarti via.
1.
L'uomo, se vuole essere felice, non può accontentarsi di soddisfare i suoi
bisogni fisici o psichici. Occorre porsi in ascolto dei desideri profondi.
L'amore
alla propria vita esige anzitutto che non si censurino le domande profonde che
sono iscritte nel cuore dell'uomo, che l'uomo non riduca la sua vita alla sfera
dei bisogni trascurando quella del desiderio. L'evangelista Luca riporta una
parabola di Gesù alquanto pertinente al discorso che stiamo facendo.Essa parla
di un uomo ricco , la cui campagna aveva dato un buon raccolto. Egli pensava
allora di demolire i suoi magazzini per costruirne dei più grandi per riporvi
tutto il grano e poi riposarsi e godere di quei beni. ( Lc,12,16 - 21 ). Gesù
chiama quest'uomo " stolto". Non dice che era egoista o scandaloso, ma
stolto. " Stolto" si oppone a "saggio, sapiente". "
Stolto" perché prende un particolare della vita, la ricchezza, e pensa di
risolvere la vita,facendo diventare questo particolare l'assoluto per cui
vivere." Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E
quello che hai preparato di chi sarà? Così è di chi accumula tesori per sé e
non arricchisce davanti a Dio" ( Lc 12, 20-21 ). L'uomo di tutti i tempi è
stato tentato di dimenticare alcune domande fondamentali della vita, di ridurre
la vita alla sfera dei beni materiali, ma oggi assistiamo ad una cultura della
dimenticanza. Certe domande sembra che siano volutamente censurate, come
sorpassate, come indegne dell'uomo moderno, concreto, efficiente. C'è un detto
in tedesco che ritrae bene il rischio che oggi si corre: "Wunschlos
gluecklich", cioè essere felici senza desideri,non avere bisogno di nulla,
sentirsi appagati, soddisfatti, senza desideri. Ci si accontenta di appagare i
propri bisogni fisici e psichici. Il passo dall'essere wunschlos gluecklich a
essere wunschlos ungluecklich, cioè infelici senza desideri, è breve. Persone
infelici perché ridotte ad essere senza desideri, appagate dall'avere tutto e
subito. Chi non ha desideri, è privo della spinta a uscire da sé per tendere a
qualcosa che lo arricchisca interiormente, smarrisce persino i sogni. Non è in
pace con la sua esistenza.Si spegne. " I can't get no satisfaction, I
can't get no satisfaction", così inizia un successo dei Rolling Stones.
Era l'espressione di una sete indomabile e caparbia di vita, che non poteva
essere esaurita né nel successo, né nel denaro, né nel sesso. Tutto ciò lo si
può provare e si può goderne, ma non si può viverne perché non appaga il nostro
struggimento interiore. Tutti noi abbiamo bisogno di qualcosa d'altro che può
venire soltanto dal coltivare il proprio intimo. Se stolto è chi prende un
particolare della propria vita e lo assolutizza, sapiente o saggio chi è?
" Sapiente" deriva dal verbo latino " sàpere", che non vuol
dire semplicemente sapere. Ma indica una forma di sapere, di conoscenza, che dà
gusto, sapore alla vita. Nessuno può accontentarsi di vivere, vogliamo gustare
la vita. E la vita prende gusto , sapore, dalle ragioni che riusciamo a mettere
alla base,ragioni che riescano a illuminare i momenti belli, ma anche quelli
più difficoltosi. Il discorso ci apre così alla ricerca della verità. Il
viaggio dei Magi, che ci ha guidato nella preparazione, è l'emblema della
nostra vita come ricerca della verità. Il viaggio esige distacco, coraggio,
speranza, capacità di perseverare anche nei momenti di oscurità.Si mette in
viaggio chi si sente povero di verità. Chi si è ben piazzato nella città non ha
bisogno di Betlemme, anzi Betlemme gli appare come un insignificante villaggio
di provincia. Ci siamo fatti pellegrini di verità: dove ci porta il nostro
viaggio? Il nostro pellegrinaggio ci porta non ad un luogo semplicemente, ma ad
una persona, a Gesù Cristo. Tutti i "perché?", che tormentano il
nostro cuore conducono a un "per chi?", la cui risposta ultima si trova
nell'incontro con Gesù Cristo.
2. Nel
Figlio di Dio fatto uomo è riposta la verità dell'uomo
Nel
prologo del Vangelo di Giovanni leggiamo: "In principio era il Verbo ( il
Logos), il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio…E il Verbo si fece carne e
venne ad abitare in mezzo a noi" ( Gv 1, 1.14). Potremmo tradurre: "
In principio era la Ragione...". La ragione della tua vita non sta in te,
ma in Dio, è riposta nel Figlio di Dio. La verità della vita non è un principio
astratto, freddo, insensibile, ma una realtà viva, palpitante, che scalda il
cuore. È il Figlio di Dio fatto uomo. Ci ricorda il Concilio: " In realtà
solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero
dell'uomo…cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del padre
e del suo amore svela anche pienamente l'uomo a se stesso e gli manifesta la
sua altissima vocazione" (GS n.22). Come i Magi anche noi dobbiamo andare
a Betlemme, perché là è la culla della nuova umanità. Ci ricorda Giovanni Paolo
II : "Bisogna andare a Betlemme per conoscere la verità. Occorre ritornare
a Betlemme per poter comprendere qualcosa del significato autentico della
nostra storia. Bisogna cioè interpretare la vicenda dell'uomo sulla terra in
questo sconfinato ed ignoto universo alla luce dell'incarnazione del
Verbo". Benedetto XVI, concludeva l'omelia della S. Messa per l'inizio del
suo ministero citando Giovanni Paolo II: " Non abbiate paura, aprite anzi
spalancatele porte a Cristo!" commentava: " Chi fa entrare Cristo ,
non perde nulla, nulla – assolutamente nulla di ciò che rende la vita libera,
bella e grande.solo in questa amicizia si spalancano le porte della vita. Solo
in questa amicizia si dischiudono realmente le grandi potenzialità della
condizione umana. Solo in questa amicizia noi sperimentiamo ciò che è bello e
ciò che libera….Vorrei dire, con grande forza e grande convinzione, a partire
dall'esperienza di una lunga vita personale, dire a voi, cari giovani. Non
abbiate paura di Cristo! Egli non toglie nulla, e dona tutto. Chi si dona a
lui, riceve il centuplo. Sì, aprite, spalancate le porte a Cristo - e troverete
la vera vita" ( Benedetto XVI,24.4 2005). Gesù è venuto a farci conoscere
la verità con la quale fummo pensati e il perché del mondo. Egli è venuto
perché comprendessimo che spazio abbiamo noi , che senso hanno le cose nel
progetto di Dio, che ragione hanno il sole, le stelle, l'aria, il cibo, le
forze sessuali, l'amore, la tenerezza, l'intelligenza, la volontà. Dire che
Gesù è la verità vuol dire comprendere che l'uomo non si può definire in se
stesso , ma per riferimento a Gesù. Dio non si può definire in se stesso, ma
per riferimento a Gesù. Il rapporto dell'uomo con Dio non si può definire in se
stesso, ma per riferimento a Gesù. Il bene e il male non si possono più
definire in se stessi, ma per riferimento a Gesù. Il nostro centro e il nostro
metro di giudizio sono fuori di noi, sono in Gesù Cristo. E' come un invito a
uscire, a sradicarci.Il pellegrinaggio diventa simbolo di questo cammino che ci
porta alla verità. Non possiamo sviluppare oltre.Lasciandoci guidare dal
viaggio dei Magi , una domanda ci viene spontanea: " Come possiamo
arrivare a Gesù, a incontrarlo per riconoscerlo, per adorarlo, per lasciare che
sia Lui a indicarci la strada da percorrere?".
3. L'importanza
di Gerusalemme, ossia della Chiesa, per arrivare a Gesù.
Ritorniamo
al viaggio dei Magi, simbolo del nostro itinerario verso la verità e verso la
fede. Essi si mettono in viaggio per un cammino ignoto. Cercano, domandano del
bambino, non pretendono di scoprirlo da soli. Non si scoraggiano alle prime
difficoltà, quando la stella scompare sul cielo di Gerusalemme. Si rimettono in
cammino, Trovano il bambino e lo adorano. Fissiamo la nostra attenzione sul
momento in cui i Magi, giunti a Gerusalemme, chiedono dove si può trovare il
Messia. I sacerdoti rispondono: " a Betlemme"; così era infatti ed
essi trovarono " il bambino con Maria sua Madre e, prostratisi, lo
adorarono". Anche per oggi per trovare Gesù occorre andare a Gerusalemme:
a quella Gerusalemme che è la Chiesa, luogo e segno di salvezza sul quale
splende la luce del Signore. Oggi è convinzione che si possa trovare Gesù fuori
della Chiesa. Ma è vero? Non si può trovare il capo staccato dal suo corpo, non
si può trovare il Cristo fuori della sua comunità, della sua parola e dei suoi
sacramenti che vivono appunto nella Chiesa. Come i Magi , anche noi troviamo il
Bambino " con sua madre", con colei, cioè, che lo genera per noi alla
fede: la Chiesa. So che a molti giovani la Chiesa fa difficoltà, che a tanti ,
in certi momenti, può capitare, nel proprio cammino di ricerca, quello che è
capitato ai Magi, di essere delusi , perché si trovano persone che danno sì
risposte esatte, ma che danno l'impressione di non lasciarsi coinvolgere, non
scendono a Betlemme, non affrontano i rischi di un viaggio fuori delle loro
abitudini e delle loro tradizioni. Certo non possiamo generalizzare, ma neanche
nascondere questa difficoltà. Vorrei tanto esortarvi a non avere paura ad
accogliere la Chiesa anche in questa sua povertà, pensando al tesoro che, pur
nella sua fragilità, vi permette di trovare, alla perla preziosa che vale la
fatica di tutta una vita, cioè Gesù Cristo, alle tante persone "
belle" che vi scaldano il cuore e vi affascinano e che tali non sarebbero
se non ci fosse la Chiesa. Proprio perché povera, la Chiesa ha bisogno di voi,
della vostra spinta alla radicalità, alla fedeltà al Vangelo, per ridurre lo
spessore di opacità che si oppone alla manifestazione del Signore, Salvatore
dell'uomo. Sì, dobbiamo riconoscere con umiltà le debolezze che troviamo nella
Chiesa, ma anche la limpida testimonianza che in essa hanno dato o danno come
Giovanni Paolo II, Madre Teresa di Calcutta, i Martiri di ieri e di oggi, i
Santi come Sant'Alberto e Santa Teresa Benedetta della Croce ( Edith Stein)
" che, con lo stesso atteggiamento interiore dei Magi, hanno
appassionatamente cercato la verità. Essi non hanno esitato a mettere le loro
capacità intellettuali al servizio della fede, testimoniando così che fede e ragione
sono legate e si richiamano a vicenda" ( Giovanni Paolo II, Messaggio per
la GMG2005, n.7 ).
Conclusione:
il cammino al vero è dentro ad una esperienza
Prima di
concludere vorrei richiamare un altro aspetto , che tante volte si dà per
scontato,ma che è di capitale importanza, ed è il valore dell'esperienza nel
cammino al vero. Proviamo a pensarci. Credo che ben difficilmente ci metteremmo
su una strada per una meta da soli,; il cammino è sostenuto da presenze amiche,
che condividono gioie e fatiche, che si compromettono insieme. Non sareste qui
se non ci fossero vostri amici, vostri educatori, persone per voi
significative; se non aveste avuto la certezza di incontrare altri giovani con
cui condividere ideali, speranze, paure.E' l'esperienza bella dell'essere
Chiesa ed è, ancora una volta l'importanza dell'essere Chiesa. La comunità
della Chiesa è il volto che la realtà di Cristo assume nella nostra vita, una
realtà obiettiva, fisicamente percepibile. Nella concretezza della comunità,
che siamo noi anche la verità della nostra vita si farà più splendente. E' il
mio augurio per queste giornate.
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