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Autori vari
Catechesi proposta dai vescovi ai giovani italiani riuniti a Colonia

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  • Ricercare la verità, senso profondo dell'esistenza umana (17 agosto 2005)
    • Pellegrini, mendicanti di verità
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Pellegrini, mendicanti di verità

Antonio Lanfranchi, vescovo di Cesena-Sarsina

 

E' con profonda commozione e trepidazione che mi accingo a proporvi questa catechesi, sentendomi pellegrino con voi, mendicante di quella verità che un senso di pienezza alla nostra vita.Vorrei riuscire ad entrare nel cuore di ognuno di voi, per intercettare le domande profonde, le aspettative, le convinzioni , che portate nel cuore in questa GMG, per comunicarvi le mie, per farle incontrare con il messaggio che ci viene proposto in questa giornata.

 

Introduzione: siamo pellegrini, mendicanti di verità
Siamo venuti con l'animo del pellegrino, superando quella condizione che caratterizza la condizione esistenziale di tanti nostri contemporanei e anche la nostra e che si traduce nell'essere come girovaghi o nomadi o turisti più che pellegrini, persone cioè che passano da un'esperienza all'altra senza una meta precisa, senza la capacità di dare un senso unitario alla nostra vita.

Girovaghi o vagabondi, anche se si passa da un luogo organizzato a un altro. Scrive Z. Bauman: "Per il vagabondo ogni posto è un luogo di sosta, ma egli non sa quanto a lungo rimarrà; dipenderà dalla generosità e dalla pazienza di chi vi abita, ma anche dalle notizie di altri posti che originano nuove speranze…Il vagabondo decide dove girare quando arriva all'incrocio; decide la prossima sosta leggendo i cartelli stradali…Il turista è un ricercatore di esperienza cosciente e sistematico, di un'esperienza nuova e diversa, di un'esperienza di differenza, e di novità - dal momento che le gioie di ciò che è familiare si logorano e cessano di attrarreI turisti vogliono immergersi nell'elemento strano e bizzarro ( una sensazione piacevole, una sensazione che sollecita e ringiovanisce, come il lasciarsi schiaffeggiare dalle onde marine) - alla condizione , però, che non si appiccichi alla pelle e possa essere scrollato via non appena lo si desidera" (Z. Bauman, La società dell'incertezza, il Mulino, p. 42-44). Vogliamo sentirci pellegrini. Il pellegrino è colui che va con lo spessore dell'essenziale , cercando la direzione giusta del cammino, guidato dal desiderio di una meta, di cui già assapora la gioia che in ogni passo che compie. Pensando al nostro essere pellegrini in cerca della verità, sono emersi nella mia memoria due episodi , che pongo ad introduzione del nostro tema e che indicherei con il titolo di una canzone di un famoso cantautore. " Il vecchio e il bambino". Il primo episodio , a cui ho assistito, riguarda un bambino di quattro anni, di nome Paolo. Immerso in una stupenda natura di montagna, in un vasto prato, che gli permetteva di sperimentare l'ebbrezza di muoversi in libertà, lo accostai mentre contemplava un cielo azzurro come mai e subito, con gli pieni di stupore e che riflettevano quel cielo, mi domandò: " Ma io , prima di essere qui sulla terra, ero lassù?". A questo bambino vorrei accostare un ottantenne che conoscete bene, Mosé. Leggiamo nel capitolo terzo dell'Esodo che Mosé, mentre stava nel deserto a pascolare il gregge del suocero Ietro, sacerdote di Madian, quando vide un po' lontano un roveto che bruciava senza consumarsi. Dice il testo: " Mosè pensò: ' Voglio avvicinarmi e vedere questo grande spettacolo, perché il roveto non brucia'" ( Es. 3,3 ). Un bambino capace di stupirsi e di porsi, a modo suo , una delle domande fondamentali della vita: " Da dove vengo? Qual' è la mia origine?". Mosè , un ottantenne, con la curiosità di un adolescente; capace di meravigliarsi di qualche cosa, di interessarsi a qualcosa di nuovo, di pensare che c'è ancora del nuovo. Mosè è un uomo che lascia emergere le domande in se stesso, che esigono un'attenta risposta. L'uomo è un essere che s'interroga, che cerca una risposta ai vari perché e soprattutto al " perché dei perché" che è il senso della vita. Martin Heidegger affermava che l'uomo è l'unico essere vivente che si chiede: " Perché ci sono anziché non esserci?". Giovanni Paolo II ci ricordava : " ricordati edi una verità molto semplice: non c'è che una vita sola".Come a dire: non buttarti via.

 

1. L'uomo, se vuole essere felice, non può accontentarsi di soddisfare i suoi bisogni fisici o psichici. Occorre porsi in ascolto dei desideri profondi.
L'amore alla propria vita esige anzitutto che non si censurino le domande profonde che sono iscritte nel cuore dell'uomo, che l'uomo non riduca la sua vita alla sfera dei bisogni trascurando quella del desiderio. L'evangelista Luca riporta una parabola di Gesù alquanto pertinente al discorso che stiamo facendo.Essa parla di un uomo ricco , la cui campagna aveva dato un buon raccolto. Egli pensava allora di demolire i suoi magazzini per costruirne dei più grandi per riporvi tutto il grano e poi riposarsi e godere di quei beni. ( Lc,12,16 - 21 ). Gesù chiama quest'uomo " stolto". Non dice che era egoista o scandaloso, ma stolto. " Stolto" si oppone a "saggio, sapiente". " Stolto" perché prende un particolare della vita, la ricchezza, e pensa di risolvere la vita,facendo diventare questo particolare l'assoluto per cui vivere." Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà? Così è di chi accumula tesori per sé e non arricchisce davanti a Dio" ( Lc 12, 20-21 ). L'uomo di tutti i tempi è stato tentato di dimenticare alcune domande fondamentali della vita, di ridurre la vita alla sfera dei beni materiali, ma oggi assistiamo ad una cultura della dimenticanza. Certe domande sembra che siano volutamente censurate, come sorpassate, come indegne dell'uomo moderno, concreto, efficiente. C'è un detto in tedesco che ritrae bene il rischio che oggi si corre: "Wunschlos gluecklich", cioè essere felici senza desideri,non avere bisogno di nulla, sentirsi appagati, soddisfatti, senza desideri. Ci si accontenta di appagare i propri bisogni fisici e psichici. Il passo dall'essere wunschlos gluecklich a essere wunschlos ungluecklich, cioè infelici senza desideri, è breve. Persone infelici perché ridotte ad essere senza desideri, appagate dall'avere tutto e subito. Chi non ha desideri, è privo della spinta a uscire da sé per tendere a qualcosa che lo arricchisca interiormente, smarrisce persino i sogni. Non è in pace con la sua esistenza.Si spegne. " I can't get no satisfaction, I can't get no satisfaction", così inizia un successo dei Rolling Stones. Era l'espressione di una sete indomabile e caparbia di vita, che non poteva essere esaurita né nel successo, né nel denaro, né nel sesso. Tutto ciò lo si può provare e si può goderne, ma non si può viverne perché non appaga il nostro struggimento interiore. Tutti noi abbiamo bisogno di qualcosa d'altro che può venire soltanto dal coltivare il proprio intimo. Se stolto è chi prende un particolare della propria vita e lo assolutizza, sapiente o saggio chi è? " Sapiente" deriva dal verbo latino " sàpere", che non vuol dire semplicemente sapere. Ma indica una forma di sapere, di conoscenza, che gusto, sapore alla vita. Nessuno può accontentarsi di vivere, vogliamo gustare la vita. E la vita prende gusto , sapore, dalle ragioni che riusciamo a mettere alla base,ragioni che riescano a illuminare i momenti belli, ma anche quelli più difficoltosi. Il discorso ci apre così alla ricerca della verità. Il viaggio dei Magi, che ci ha guidato nella preparazione, è l'emblema della nostra vita come ricerca della verità. Il viaggio esige distacco, coraggio, speranza, capacità di perseverare anche nei momenti di oscurità.Si mette in viaggio chi si sente povero di verità. Chi si è ben piazzato nella città non ha bisogno di Betlemme, anzi Betlemme gli appare come un insignificante villaggio di provincia. Ci siamo fatti pellegrini di verità: dove ci porta il nostro viaggio? Il nostro pellegrinaggio ci porta non ad un luogo semplicemente, ma ad una persona, a Gesù Cristo. Tutti i "perché?", che tormentano il nostro cuore conducono a un "per chi?", la cui risposta ultima si trova nell'incontro con Gesù Cristo.

 

2. Nel Figlio di Dio fatto uomo è riposta la verità dell'uomo
Nel prologo del Vangelo di Giovanni leggiamo: "In principio era il Verbo ( il Logos), il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio…E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" ( Gv 1, 1.14). Potremmo tradurre: " In principio era la Ragione...". La ragione della tua vita non sta in te, ma in Dio, è riposta nel Figlio di Dio. La verità della vita non è un principio astratto, freddo, insensibile, ma una realtà viva, palpitante, che scalda il cuore. È il Figlio di Dio fatto uomo. Ci ricorda il Concilio: " In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomocristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del padre e del suo amore svela anche pienamente l'uomo a se stesso e gli manifesta la sua altissima vocazione" (GS n.22). Come i Magi anche noi dobbiamo andare a Betlemme, perché è la culla della nuova umanità. Ci ricorda Giovanni Paolo II : "Bisogna andare a Betlemme per conoscere la verità. Occorre ritornare a Betlemme per poter comprendere qualcosa del significato autentico della nostra storia. Bisogna cioè interpretare la vicenda dell'uomo sulla terra in questo sconfinato ed ignoto universo alla luce dell'incarnazione del Verbo". Benedetto XVI, concludeva l'omelia della S. Messa per l'inizio del suo ministero citando Giovanni Paolo II: " Non abbiate paura, aprite anzi spalancatele porte a Cristo!" commentava: " Chi fa entrare Cristo , non perde nulla, nulla – assolutamente nulla di ciò che rende la vita libera, bella e grande.solo in questa amicizia si spalancano le porte della vita. Solo in questa amicizia si dischiudono realmente le grandi potenzialità della condizione umana. Solo in questa amicizia noi sperimentiamo ciò che è bello e ciò che libera….Vorrei dire, con grande forza e grande convinzione, a partire dall'esperienza di una lunga vita personale, dire a voi, cari giovani. Non abbiate paura di Cristo! Egli non toglie nulla, e dona tutto. Chi si dona a lui, riceve il centuplo. Sì, aprite, spalancate le porte a Cristo - e troverete la vera vita" ( Benedetto XVI,24.4 2005). Gesù è venuto a farci conoscere la verità con la quale fummo pensati e il perché del mondo. Egli è venuto perché comprendessimo che spazio abbiamo noi , che senso hanno le cose nel progetto di Dio, che ragione hanno il sole, le stelle, l'aria, il cibo, le forze sessuali, l'amore, la tenerezza, l'intelligenza, la volontà. Dire che Gesù è la verità vuol dire comprendere che l'uomo non si può definire in se stesso , ma per riferimento a Gesù. Dio non si può definire in se stesso, ma per riferimento a Gesù. Il rapporto dell'uomo con Dio non si può definire in se stesso, ma per riferimento a Gesù. Il bene e il male non si possono più definire in se stessi, ma per riferimento a Gesù. Il nostro centro e il nostro metro di giudizio sono fuori di noi, sono in Gesù Cristo. E' come un invito a uscire, a sradicarci.Il pellegrinaggio diventa simbolo di questo cammino che ci porta alla verità. Non possiamo sviluppare oltre.Lasciandoci guidare dal viaggio dei Magi , una domanda ci viene spontanea: " Come possiamo arrivare a Gesù, a incontrarlo per riconoscerlo, per adorarlo, per lasciare che sia Lui a indicarci la strada da percorrere?".

3. L'importanza di Gerusalemme, ossia della Chiesa, per arrivare a Gesù.
Ritorniamo al viaggio dei Magi, simbolo del nostro itinerario verso la verità e verso la fede. Essi si mettono in viaggio per un cammino ignoto. Cercano, domandano del bambino, non pretendono di scoprirlo da soli. Non si scoraggiano alle prime difficoltà, quando la stella scompare sul cielo di Gerusalemme. Si rimettono in cammino, Trovano il bambino e lo adorano. Fissiamo la nostra attenzione sul momento in cui i Magi, giunti a Gerusalemme, chiedono dove si può trovare il Messia. I sacerdoti rispondono: " a Betlemme"; così era infatti ed essi trovarono " il bambino con Maria sua Madre e, prostratisi, lo adorarono". Anche per oggi per trovare Gesù occorre andare a Gerusalemme: a quella Gerusalemme che è la Chiesa, luogo e segno di salvezza sul quale splende la luce del Signore. Oggi è convinzione che si possa trovare Gesù fuori della Chiesa. Ma è vero? Non si può trovare il capo staccato dal suo corpo, non si può trovare il Cristo fuori della sua comunità, della sua parola e dei suoi sacramenti che vivono appunto nella Chiesa. Come i Magi , anche noi troviamo il Bambino " con sua madre", con colei, cioè, che lo genera per noi alla fede: la Chiesa. So che a molti giovani la Chiesa fa difficoltà, che a tanti , in certi momenti, può capitare, nel proprio cammino di ricerca, quello che è capitato ai Magi, di essere delusi , perché si trovano persone che dannorisposte esatte, ma che danno l'impressione di non lasciarsi coinvolgere, non scendono a Betlemme, non affrontano i rischi di un viaggio fuori delle loro abitudini e delle loro tradizioni. Certo non possiamo generalizzare, ma neanche nascondere questa difficoltà. Vorrei tanto esortarvi a non avere paura ad accogliere la Chiesa anche in questa sua povertà, pensando al tesoro che, pur nella sua fragilità, vi permette di trovare, alla perla preziosa che vale la fatica di tutta una vita, cioè Gesù Cristo, alle tante persone " belle" che vi scaldano il cuore e vi affascinano e che tali non sarebbero se non ci fosse la Chiesa. Proprio perché povera, la Chiesa ha bisogno di voi, della vostra spinta alla radicalità, alla fedeltà al Vangelo, per ridurre lo spessore di opacità che si oppone alla manifestazione del Signore, Salvatore dell'uomo. Sì, dobbiamo riconoscere con umiltà le debolezze che troviamo nella Chiesa, ma anche la limpida testimonianza che in essa hanno dato o danno come Giovanni Paolo II, Madre Teresa di Calcutta, i Martiri di ieri e di oggi, i Santi come Sant'Alberto e Santa Teresa Benedetta della Croce ( Edith Stein) " che, con lo stesso atteggiamento interiore dei Magi, hanno appassionatamente cercato la verità. Essi non hanno esitato a mettere le loro capacità intellettuali al servizio della fede, testimoniando così che fede e ragione sono legate e si richiamano a vicenda" ( Giovanni Paolo II, Messaggio per la GMG2005, n.7 ).

Conclusione: il cammino al vero è dentro ad una esperienza
Prima di concludere vorrei richiamare un altro aspetto , che tante volte si per scontato,ma che è di capitale importanza, ed è il valore dell'esperienza nel cammino al vero. Proviamo a pensarci. Credo che ben difficilmente ci metteremmo su una strada per una meta da soli,; il cammino è sostenuto da presenze amiche, che condividono gioie e fatiche, che si compromettono insieme. Non sareste qui se non ci fossero vostri amici, vostri educatori, persone per voi significative; se non aveste avuto la certezza di incontrare altri giovani con cui condividere ideali, speranze, paure.E' l'esperienza bella dell'essere Chiesa ed è, ancora una volta l'importanza dell'essere Chiesa. La comunità della Chiesa è il volto che la realtà di Cristo assume nella nostra vita, una realtà obiettiva, fisicamente percepibile. Nella concretezza della comunità, che siamo noi anche la verità della nostra vita si farà più splendente. E' il mio augurio per queste giornate.




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