Non soffocare
l'anelito a Dio
Salvatore
De Giorgi, arcivescovo di Palermo
Un cordiale e
affettuoso saluto a tutte e a tutti voi nel Signore Gesù.
1. Siete venuti
da ogni parte d'Italia qui a Colonia, nella cui Cattedrale sono venerati le
reliquie dei Magi, per ripercorrere idealmente il loro itinerario alla ricerca
di Gesù, il Messia di tutte le nazioni: un viaggio lungo e faticoso intrapreso
con coraggio e con perseveranza. Essi, - ha scritto l'amatissimo Papa defunto,
il servo di Dio Giovanni Paolo II, nel suo messaggio per questa XX Giornata
Mondiale della Gioventù – "non esitarono a lasciare tutto per seguire la
stella che avevano visto sorgere in Oriente e, lasciandosi guidare da essa,
arrivarono a Betlem. Qui, entrati prostratisi lo adorarono, offrendogli in dono
oro, incenso e mirra". A noi ora non interessano molto le questioni
esegetiche sul genere letterario dell'episodio evangelico narratoci da Matteo.
E neppure chi fossero i Magi, la loro precisa provenienza, il loro numero, i
loro nomi, la loro professione e la natura della stella, anche se questi
particolari hanno destato grande interesse nel pensiero, nell'arte, nella
letteratura e nelle tradizioni popolari sia dell'Oriente che dell'Occidente
cristiano. A noi interessa, piuttosto, il significato di quell'evento, il
comportamento dei Magi, non meno esaltante di quello dei pastori. Una lezione
esemplare di itinerario di fede. Nella fatica della ricerca intraprendente e
generosa. Nel superamento degli ostacoli, che non frenano ma rendono più
ardimentosa la ricerca della verità.
2. I Magi, che lasciano tutto, il loro paese, la loro cultura, i loro punti di
riferimento e con forte determinazione si mettono in cammino dietro il richiamo
e le indicazioni della stella, sono l'icona affascinante e stimolante dell'uomo
pellegrinante nella vita in cerca dell'Assoluto, in cerca di Dio. A ragione,
Papa Benedetto XVI li ha definiti "singolari modelli di ricercatori di
Gesù". La ricerca dell'Assoluto, la ricerca di Dio, è collegata con la
ricerca del senso profondo dell'esistenza umana, con la ricerca della felicità:
non è qualcosa che si sovrappone all'uomo, ma è costitutivo dell'uomo. L'uomo
non può nascondere la sua sete di Dio, la sua fame di eterno e non può non
gridare questa sete con l'anelito struggente del salmista: "O Dio, tu sei
il mio Dio, all'aurora ti cerco. Di te ha sete l'anima mia, a te anela la mia
carne, come terra deserta, arida, senz'acqua". Il rischio di soffocare
questo anelito oggi è reale. È reale per tutti: per noi adulti, come per voi
giovani. Crescono nella nostra società l'indifferentismo religioso, il relativismo
morale, lo gnosticismo nichilista, e si dilata l'ateismo nelle sue diverse
forme, in particolare nella forma oggi più diffusa, del secolarismo.
"Inebriato dalle prodigiose conquiste di un inarrestabile sviluppo
scientifico-tecnico e soprattutto affascinato dalla più antica e sempre nuova
tentazione, quella di voler diventare come Dio mediante l'uso di una libertà
senza limiti, l'uomo taglia le radici religiose che sono nel suo cuore:
dimentica Dio, lo ritiene senza significato per la propria esistenza, lo
rifiuta ponendosi in adorazione dei diversi idoli. Eppure l'aspirazione e il
bisogno religioso non possono essere totalmente estinti. La coscienza di ogni
uomo, quando ha il coraggio di affrontare gli interrogativi più gravi
dell'esistenza umana, in particolare l'interrogativo sul senso del vivere, del
soffrire e del morire non può non fare propria la verità gridata da
Sant'Agostino: "Tu ci hai fatto per te, o Signore e il nostro cuore è
inquieto finché non si riposa in Te". (Cf L, 4) Nello stesso tempo non
possiamo ignorare che, anche oggi, il mondo testimonia in forme sempre più
ampie e vive l'apertura a una visione spirituale e trascendente della vita, il
risveglio della ricerca religiosa, il ritorno al senso del sacro e della
preghiera. D'altra parte, è Dio stesso a porre nel cuore dell'uomo il desiderio
di conoscere la verità, e in definitiva di conoscere Lui perché, conoscendolo e
amandolo, possa giungere anche alla piena verità su se stesso, condizione
fondamentale per raggiungere la felicità.
3. Voi carissime/i giovani, sentite più di noi adulti la sete di felicità, ma
anche il tormento dei tanti "perché": Perché vivo? Donde vengo? Dove
vado? Perché il dolore? Perché la morte? Perché il male nel mondo? Ebbene,
questi "perché" conducono a un altro interrogativo: "per
chi?". La risposta si trova nell'incontro con Dio Creatore, che si è reso
visibile nella persona del suo figlio, Gesù, fattosi uomo come noi per la
nostra salvezza. È Dio l'interlocutore che l'uomo cerca in fondo a tutti i suoi
problemi, la risposta ai suoi interrogativi.
Sono interrogativi ad un tempo necessari, ineludibili, sensati e misteriosi.
Sono interrogativi necessari, perché prima o poi essi affiorano in ciascuno di
noi anche contro la nostra volontà, davanti alla scomparsa di una persona cara,
a una grave malattia, a una solitudine,all'orrore delle guerre, al divampare
dei terrorismi, a un disastro naturale, a tragedie, come quella più recente
dell'ATR precipitato nel mare di Palermo, provocando morti, feriti e dispersi.
Sono interrogativi ineludibili, nel senso che una mancata risposta ad essi
avrebbe come fatale conseguenza il non capire più nulla. Sono interrogativi
sensati, in quanto la ricerca sincera, costante e compromettente di una
soluzione implica il lasciarci abbracciare dalla verità, anzi averla già in
qualche modo trovata, mentre – al contrario – il non intraprendere tale
ricerca, o interromperla, significherebbe ingannare se stessi. Sono
interrogatici misteriosi, dal momento che il fatto stesso di cercare dice che io
non so immediatamente chi sono.
4. Come rispondere a questi interrogativi? Si possono imboccare diversi
sentieri, che tuttavia non approdano a risultati soddisfacenti. Sono sentieri
per così dire interrotti, che non conducono alla meta. C'è il sentiero della
scienza e della tecnica. Un sentiero nobile : ma il progresso da esse
perseguito è ambiguo. Da un lato esso amplia, approfondisce, affina la
conoscenza, libera da coercizioni immotivate, elimina differenze sociali
ingiuste, riduce la fatica fisica, diffonde l'informazione ecc…Dall'altro lato,
però, crea false sicurezze, ispirate alla potenza senza limite, al desiderio
senza termine e all'enorme eccedenza dei mezzi sui fini. E questo, lungi dal
formare risposte valide a quelle domande radicali, suscita problemi nuovi e di
non facile soluzione. C'è il sentiero delle ideologie. Ma queste ci chiudono in
noi stessi e degenerano nel dogmatismo (è vero solo ciò che è vero per me) e
nel fanatismo (quel che è vero per me deve esser vero per tutti). C'è il sentiero
del vissuto esistenziale. Come ad esempio, quello dei valori affettivi.
Potremmo inoltrarci in questo sentiero, procurandoci i beni specificamente
umani che da essi derivano. Ma anche questa via non approda a risposte del
tutto persuasive. Se amare ed essere amati è indubbiamente un valore importante
e irrinunciabile, l'esperienza però attesta che l'amore è minacciato da varie
parti: altro infatti è la realtà gratificante e struggente dell'innamoramento,
altro la concreta vita quotidiana a due. C'è il sentiero della gloria umana,
del successo, della notorietà che c'impone all'attenzione dei contemporanei e
alla memoria dei posteri. Ma si può forse superare la barriera della morte
continuando a vivere solo nel ricordo ammirato e grato delle generazioni future?
E comunque, se questo fosse il vero senso della vita umana, sarebbe a
disposizione di pochissimi e quindi non costituirebbe una risposta valida per
tutti. Senza tener conto che anche quei pochissimi molto difficilmente
resisterebbero all'usura del tempo. La fine ingloriosa di certe
"star" del cinema, della canzone, dell'economia, della politica e
dello sport sta a dire che non è quella della gloria umana la strada della vera
felicità.
5. Se questi
sono sentieri interrotti, del tutto devianti sono quelli dei falsi miraggi,
degli idoli e dei miti che una società materialista, terrenista, edonista,
consumista, permissiva e libertaria, costruisce e presenta come uniche o
preminenti ragioni di vita. Il denaro, il piacere, il potere, come lo stesso
benessere materiale, quando da semplici mezzi diventano fini, ci tolgono la
libertà, ci rendono schiavi, e spesso portano alle peggiori scelte
esistenziali. La stessa libertà, sganciatala ogni norma morale, degenera in
libertinaggio. Si pensi a quanta distruzione e morte provoca l'uso della droga
e l'alcolismo dilagante anche tra i più giovani, per non parlare del
pansessualismo esasperato che corrode e spegne il vero amore, disgrega le
famiglie e aggrava terribili mali sociali come la prostituzione e la pedofilia
con i loro traffici disumani. Sono le strade perverse suggerite dai falsi
maestri con la stessa ipocrisia con cui Erode tentò di ingannare i Magi.
"Giovani – ha scritto il Papa nel Messaggio – non cedete a mendaci
illusioni e mode effimere che lasciano non di rado un tragico vuoto spirituale.
L'idolatria è tentazione costante dell'uomo" (n.6).
6. Qual è allora la via maestra? A prescindere dalle variegate configurazioni
storiche delle diverse religioni, unico è il cartello che indica la direzione e
il punto di partenza della via maestra. Vi si legge con chiarezza:
- tu uomo, tu donna, sei una domanda alla quale non sei in grado di dare
una risposta da te solo;
- per dire
chi sei, devi sapere chi non sei;
- tu non
sei attacco del discorso, ma risposta a Uno che ti ha chiamato;
- non sei
l'Essere originario, ma un essere ricevuto;
- non sei
la Fonte di senso, ma fiume che ne sgorga;
- non sei
la Vita, ma commensale di essa;
- non sei
l'Assoluto, ma il suo relativo.
Percorrendo tale
via e affidandoci a Dio, che è insieme traguardo e compagno di viaggio,
possiamo fondatamente sperare di estinguere la nostra sete di un senso
universale e definitivo. Wittgentein, nella seconda fase del suo pensiero,
sintomaticamente scrive: "Credere in un Dio vuol dire comprendere il senso
della vita umana, vedere che la vita ha un senso. Il senso della vita, cioè del
mondo, possiamo chiamarlo Dio".
7. Con quali
atteggiamenti interiori dobbiamo affrontare il viaggio della ricerca di Dio? Ce
lo insegnano i Magi.
- È anzitutto
l'umiltà della ricerca, che esclude l'orgoglio delle certezze personali.
"I Magi domandavano: dov'è il re dei Giudei che è nato".
- Abbiamo visto sorgere la sua stella. È il senso del mistero che ci
coinvolge.
- È il
fascino della meraviglia: prima di cercare il da farsi per entrare in rapporto
con Dio, siamo presi, ci lasciamo prendere da lui. "Ecco, la stella che
avevamo visto sorgere, li precedeva".
- È la
gioia della gratitudine: "Al vedere la stella, essi provarono una
grandissima gioia". "Quando si è consapevoli di essere guidati da
Dio, il cuore esperimenta la gioia autentica e profonda, che si accompagna a un
vivo desiderio di incontrarlo, a uno sforzo perseverante di seguirlo
docilmente" (Messaggio, 5). È il bisogno della preghiera, della contemplazione,
del silenzio che preparano all'adorazione: "Siamo venuti per
adorarlo".
- È il
dono della disponibilità alla conversione. "Avvertiti poi in sogno di non
tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese".
8. Qual è la stella che guida nel viaggio della ricerca di Dio? Quella della
ragione è la pista, diciamo, in salita, ascendente, della ricerca di Dio, tanto
cara a S. Tommaso d'Aquino. È Dio stesso, fonte della ragione e della
rivelazione. "Dio, principio e fine di tutte le cose, può essere
conosciuto con certezza mediante la luce dell'umana ragione in base alle cose
create" (Dei Verbum, 6). Questa pista oggi spesso trascurata perché:
- impegna con rigore a cercare la verità;
- richiede
di confrontarsi con altri con pazienza;
- non si
crede che ci sia una grande verità da raggiungere, ma tante opinioni personali;
- non
siamo più abituati a pensare in profondità;
- non
abbiamo più una ragione così limpida, perché il nostro cuore è inquinato dal
male, appesantito, poco capace di meravigliarsi della bellezza e della
grandezza del creato.
Ci siano
d'esempio i Magi. Secondo la tradizione erano uomini di scienza, degli
astronomi che scrutavano il cielo. La loro ricerca di verità era animata dal
rigore e dalla probità intellettuale.
L'altra pista è
quella discendente, la pista della Rivelazione. Soprattutto questa appare
adombrata dalla stella che guidò i Magi : quasi mano invisibile della
Provvidenza che li guidava. "Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza
rivelarsi in persona e manifestare il mistero della sua volontà, mediante il
quale gli uomini per mezzo di Cristo, Verbo fatto carne, hanno accesso al Padre
nello Spirito Santo e sono resi partecipi della divina natura. Con questa rivelazione,
infatti, Dio invisibile nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici e
si intrattiene con essi per invitarli e ammetterli alla comunione con sé "
( Dei Verbum, 2 ). In Gesù Dio ha detto tutto e si è donato tutto.
Conseguentemente non potremo andare alla ricerca di Dio, non possiamo
incontrarci con lui senza la mediazione unica e universale di Gesù. Gesù non è
uno dei mediatori, ma il mediatore. Egli ha detto a scanso di equivoci :
"Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me". (Gv 14,6 ). Solo lui
conosce il Padre (Lc 10,21-22), è l'unico salvatore (At 4,12). Si è definito il
buon Pastore (Gv18,12), la via, la verità, la vita (Gv 14,6), la risurrezione
(Gv 11,25). È lui, come attesta l'apostolo Paolo, il mistero nascosto nei
secoli (1Cor 2,6-9) e ora manifestato (Rm 16,25), nel quale si realizza il
disegno divino di ricapitolare tutte le cose (Ef 1,10). In lui noi siamo
conosciuti, predestinati, chiamati, giudicati e glorificati (Rm 8,29-30). È lui
al centro della Rivelazione divina: in lui rivelazione divina e risposta umana
hanno raggiunto l'apice. Deve essere anche al centro della nostra vita se
vogliamo giungere al Padre e la nostra risposta è l'Amen della fede.
9. A Dio che si
rivela è dovuta l'obbedienza della fede (Dei Verbum, 5). La fede è un atto
interamente divino e interamente umano.È anzitutto grazia! All'origine della
nostra fede sta non una nostra iniziativa particolarmente brillante o un nostro
generale colpo di testa, ma un'attrazione esercitata su di noi da Gesù: il suo stile
di vita ci appare dotato di senso e valore, ci risulta convincente, suscita
fiducia e stimola all'affidamento. In tal modo la fede si configura come
semplice risposta a lui che chiama, come affidamento a lui che costituisce la
nostra totale e sovrabbondante realizzazione. Se Dio non si fosse fatto
incontro a noi per primo (Mt 16,17), non si sarebbero neppure le condizioni per
poter andare a lui. Il suo dono ci precede, ci supera, ci avvolge a tal punto
che il riferimento a Cristo nel quale Dio si è rivelato diventa essenziale,
assoluto, insuperabile, antecedente alla nostra stessa presa di posizione.
Sotto questo profilo la fede appare per ciascuno di noi come la grazia, la
fortuna di vivere con e come Gesù, invece che rimanere abbandonati a se stessi.
10. Tuttavia, anche se l'azione divina è primaria, la nostra risposta è
essenziale. Affinché il rapporto con Dio si accenda, occorre che esercitiamo la
nostra libertà, come accoglienza e adesione. Chi ci ha creati senza di noi, non
può salvarci senza di noi, senza la nostra collaborazione. Ne consegue che
nell'affidamento a Gesù resta coinvolta tutta la nostra persona: intelligenza,
volontà, sensibilità. La fede è personale e approda a un essere personale, alla
persona di Gesù e in lui alle persone del Padre e dello Spirito Santo. Dio
Trinità non è solo l'oggetto della fede, ma anche il suo termine. Anche se
personale, la fede è un atto eminentemente ecclesiale. Lungi dal preesistere
alla Chiesa, la fede personale nasce e cresce con la fede della Chiesa, che si
è chiamati ad annunziare con le parole e a testimoniare con i fatti, memori che
non si può avere Dio per Padre se non si ha la Chiesa per madre, che non si può
amare Cristo se non si ama la Chiesa, che è il suo corpo e la sua sposa. In
essa voi, giovani, dovete sentirvi di casa, con ruoli da protagonisti come
portatori di giovinezza e di novità. Siete voi il suo volto giovane e sempre
nuovo.
11. Per questo deve essere una fede illuminata. Non è solo "credere
in", è pure "credere che". Per vivere la vita di fede bisogna
conoscere le verità della fede, così come ci sono garantite dal Magistero della
Chiesa che Gesù ha lasciato come interprete autentico del suo Vangelo. "Io
non crederei al Vangelo – affermava S. Agostino – se la Chiesa non me ne desse
la garanzia". Siamo grati a Giovanni Paolo II per averci dato il
Catechismo della Chiesa cattolica e a Benedetto XVI per avercene regalato il
Compendio. Almeno questo, oltre la S. Bibbia, costituisca l'equipaggiamento
essenziale nel vostro cammino verso di lui. Sarà così superato più facilmente
l'analfabetismo religioso, causa non ultima dell'apostasia silenziosa,
lamentata dal defunto Pontefice in Europa. La fede implica la sua
ragionevolezza, il suo senso, il suo valore, che vanno dunque continuamente
esplorati, puntualmente rivisitati, sempre più approfonditi. La fede è come
l'organo recettore della rivelazione, ma non è alternativa alla ragione, ne è
anzi il potenziamento: è la stessa ragione attuata in tutte le sue potenzialità
(Ef 1,12). Fede e ragione non sono nemiche tra di loro, ma due grandi alleate
che corrono verso lo stesso traguardo. Nella Lettera enciclica Fides ed ratio,
Giovanni Paolo II afferma: "La fede e la ragione sono come le due ali con
le quali lo spirito umano s'innalza verso la contemplazione della verità"
(n.1). E nel messaggio di questa Giornata Mondiale ha proposto di ispirarvi
all'esempio di due Santi di Colonia, S. Alberto Magno e Santa Teresa della
Croce (Edith Stein), i quali "con lo stesso atteggiamento interiore dei Magi,
hanno appassionatamente cercato la verità …non hanno esitato a mettere le loro
capacità intellettuali al servizio della fede, testimoniando così che la fede e
la ragione sono legate e si richiamano a vicenda" (n. 7). È così che la
fede diventa capace di farsi cultura e di incidere nella storia.
12. Il ricordo di Santa Teresa Benedetta della Croce richiama un'altra
caratteristica della fede: la disponibilità al martirio. Certamente non a tutti
è richiesta la prova del martirio cruento, ma a tutti è richiesto quello
incruento, ossia la testimonianza cristiana. (Ricordare i martiri di oggi e don
Pino Puglisi). Se la testimonianza cristiana è stata sempre difficile, lo è
particolarmente ai nostri giorni, in un contesto socio-culturale in cui la fede
è tanto più fragile e demotivata quanto più è esposta alle sfide delle culture
dominanti, alle istanze del dialogo interreligioso e alle erosioni delle sette.
13. Per questo è necessario da parte di noi cristiani una testimonianza di fede
più robusta e matura, più visibile e incisiva, più illuminata e illuminante,
più convinta e convincente, più coerente e fattiva. Giacché nella società,
oramai definita postmoderna, non si è spento del tutto il bisogno di Dio e
della trascendenza, che anzi si fa più vivo e angoscioso, anche se inconfessato
e spesso incanalato verso le forme degradate della superstizione, della magia,
dello spiritismo e perfino del satanismo. E anche questa è una sfida. Giovanni
Paolo II vi ha esortati a non cercare "la soluzione dei problemi in
pratiche religiose incompatibili con la fede cristiana" e non aderire
"a concezioni evanescenti del sacro che presentano Dio sotto forma di
energia cosmica (New Age) o in altre maniere non consone con la dottrina cattolica
(n. 5). Testimoniare la fede cristiana significa, anzitutto, vivere la fede con
coerenza senza fratture tra il credere e l'operare, sia nella vita privata come
in quella pubblica, familiare e sociale, sempre e ovunque. Significa, inoltre,
professare il proprio credo con coraggio, in casa, in ufficio, a scuola, sul
posto di lavoro, senza vergognarsi del Vangelo e del nome di Cristo. Se i
martiri hanno sacrificato la vita per non tradire la fede, noi dobbiamo essere
capaci di sacrificare beni di molto inferiori, interessi effimeri e traguardi
illusori, per non smentire il nostro battesimo. Gesù ha detto : " chi
dunque mi riconoscera' davanti agli uomini, anch'io lo riconoscero' davanti al
Padre mio che è nei cieli" ( Mt 16, 32–33 ). Testimoniare la fede
significa, ancora, difendere e diffondere la verità che promana dal vangelo e
dalla Croce di Cristo, senza lasciarsi blandire dalle ideologie, senza
lasciarsi irretire dai compromessi, senza lasciarsi imbavagliare dalle minacce
o bloccare dalla paura, sapendo andare decisamente, quando occorre, anche
controcorrente. Testimoniare la fede, infine, significa renderla operosa nella
carita', che cambia il volto della storia perché cambia il volto degli uomini
con la forza dell'amore di Dio, che , riversato nei nostri cuori col dono dello
Spirito Santo ( cf Rm 5, 5 ), si apre alle necessità dei fratelli, soprattutto
degli ultimi e dei più bisognosi con i quali Gesù ha voluto identificarsi.
14. Madre e
modello della nostra fede è Maria, la madre di Gesù, che offre continuamente
alla nostra adorazione, come fece con i Magi, e ci dice che è bello essere
cristiani, seguaci del suo Figlio e seguirlo come lei. Lei ha ascoltato la
parola di Dio e l'ha messa in pratica, ha creduto all'adempimento della parola
del Signore e si è affidata totalmente a Lui, soprattutto nelle prove, nelle
sofferenze e nelle umiliazioni incontrate nel suo cammino di fede, da Betlem al
Golgota. Il suo " si " a Dio si prolunghi nel nostro " si "
generoso, costante, perseverante: daremo cosi il vero senso a tutta la nostra
vita e potremo cantare, anche noi , il magnificat della felicità vera e della
gioia senza fine.
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