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Catechesi proposta dai vescovi ai giovani italiani riuniti a Colonia

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  • Ricercare la verità, senso profondo dell'esistenza umana (17 agosto 2005)
    • Non soffocare l'anelito a Dio
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Non soffocare l'anelito a Dio

Salvatore De Giorgi, arcivescovo di Palermo

 

Un cordiale e affettuoso saluto a tutte e a tutti voi nel Signore Gesù.

1. Siete venuti da ogni parte d'Italia qui a Colonia, nella cui Cattedrale sono venerati le reliquie dei Magi, per ripercorrere idealmente il loro itinerario alla ricerca di Gesù, il Messia di tutte le nazioni: un viaggio lungo e faticoso intrapreso con coraggio e con perseveranza. Essi, - ha scritto l'amatissimo Papa defunto, il servo di Dio Giovanni Paolo II, nel suo messaggio per questa XX Giornata Mondiale della Gioventù – "non esitarono a lasciare tutto per seguire la stella che avevano visto sorgere in Oriente e, lasciandosi guidare da essa, arrivarono a Betlem. Qui, entrati prostratisi lo adorarono, offrendogli in dono oro, incenso e mirra". A noi ora non interessano molto le questioni esegetiche sul genere letterario dell'episodio evangelico narratoci da Matteo. E neppure chi fossero i Magi, la loro precisa provenienza, il loro numero, i loro nomi, la loro professione e la natura della stella, anche se questi particolari hanno destato grande interesse nel pensiero, nell'arte, nella letteratura e nelle tradizioni popolari sia dell'Oriente che dell'Occidente cristiano. A noi interessa, piuttosto, il significato di quell'evento, il comportamento dei Magi, non meno esaltante di quello dei pastori. Una lezione esemplare di itinerario di fede. Nella fatica della ricerca intraprendente e generosa. Nel superamento degli ostacoli, che non frenano ma rendono più ardimentosa la ricerca della verità.


2. I Magi, che lasciano tutto, il loro paese, la loro cultura, i loro punti di riferimento e con forte determinazione si mettono in cammino dietro il richiamo e le indicazioni della stella, sono l'icona affascinante e stimolante dell'uomo pellegrinante nella vita in cerca dell'Assoluto, in cerca di Dio. A ragione, Papa Benedetto XVI li ha definiti "singolari modelli di ricercatori di Gesù". La ricerca dell'Assoluto, la ricerca di Dio, è collegata con la ricerca del senso profondo dell'esistenza umana, con la ricerca della felicità: non è qualcosa che si sovrappone all'uomo, ma è costitutivo dell'uomo. L'uomo non può nascondere la sua sete di Dio, la sua fame di eterno e non può non gridare questa sete con l'anelito struggente del salmista: "O Dio, tu sei il mio Dio, all'aurora ti cerco. Di te ha sete l'anima mia, a te anela la mia carne, come terra deserta, arida, senz'acqua". Il rischio di soffocare questo anelito oggi è reale. È reale per tutti: per noi adulti, come per voi giovani. Crescono nella nostra società l'indifferentismo religioso, il relativismo morale, lo gnosticismo nichilista, e si dilata l'ateismo nelle sue diverse forme, in particolare nella forma oggi più diffusa, del secolarismo. "Inebriato dalle prodigiose conquiste di un inarrestabile sviluppo scientifico-tecnico e soprattutto affascinato dalla più antica e sempre nuova tentazione, quella di voler diventare come Dio mediante l'uso di una libertà senza limiti, l'uomo taglia le radici religiose che sono nel suo cuore: dimentica Dio, lo ritiene senza significato per la propria esistenza, lo rifiuta ponendosi in adorazione dei diversi idoli. Eppure l'aspirazione e il bisogno religioso non possono essere totalmente estinti. La coscienza di ogni uomo, quando ha il coraggio di affrontare gli interrogativi più gravi dell'esistenza umana, in particolare l'interrogativo sul senso del vivere, del soffrire e del morire non può non fare propria la verità gridata da Sant'Agostino: "Tu ci hai fatto per te, o Signore e il nostro cuore è inquieto finché non si riposa in Te". (Cf L, 4) Nello stesso tempo non possiamo ignorare che, anche oggi, il mondo testimonia in forme sempre più ampie e vive l'apertura a una visione spirituale e trascendente della vita, il risveglio della ricerca religiosa, il ritorno al senso del sacro e della preghiera. D'altra parte, è Dio stesso a porre nel cuore dell'uomo il desiderio di conoscere la verità, e in definitiva di conoscere Lui perché, conoscendolo e amandolo, possa giungere anche alla piena verità su se stesso, condizione fondamentale per raggiungere la felicità.

3. Voi carissime/i giovani, sentite più di noi adulti la sete di felicità, ma anche il tormento dei tanti "perché": Perché vivo? Donde vengo? Dove vado? Perché il dolore? Perché la morte? Perché il male nel mondo? Ebbene, questi "perché" conducono a un altro interrogativo: "per chi?". La risposta si trova nell'incontro con Dio Creatore, che si è reso visibile nella persona del suo figlio, Gesù, fattosi uomo come noi per la nostra salvezza. È Dio l'interlocutore che l'uomo cerca in fondo a tutti i suoi problemi, la risposta ai suoi interrogativi.
Sono interrogativi ad un tempo necessari, ineludibili, sensati e misteriosi. Sono interrogativi necessari, perché prima o poi essi affiorano in ciascuno di noi anche contro la nostra volontà, davanti alla scomparsa di una persona cara, a una grave malattia, a una solitudine,all'orrore delle guerre, al divampare dei terrorismi, a un disastro naturale, a tragedie, come quella più recente dell'ATR precipitato nel mare di Palermo, provocando morti, feriti e dispersi. Sono interrogativi ineludibili, nel senso che una mancata risposta ad essi avrebbe come fatale conseguenza il non capire più nulla. Sono interrogativi sensati, in quanto la ricerca sincera, costante e compromettente di una soluzione implica il lasciarci abbracciare dalla verità, anzi averla già in qualche modo trovata, mentre – al contrario – il non intraprendere tale ricerca, o interromperla, significherebbe ingannare se stessi. Sono interrogatici misteriosi, dal momento che il fatto stesso di cercare dice che io non so immediatamente chi sono.

4. Come rispondere a questi interrogativi? Si possono imboccare diversi sentieri, che tuttavia non approdano a risultati soddisfacenti. Sono sentieri per così dire interrotti, che non conducono alla meta. C'è il sentiero della scienza e della tecnica. Un sentiero nobile : ma il progresso da esse perseguito è ambiguo. Da un lato esso amplia, approfondisce, affina la conoscenza, libera da coercizioni immotivate, elimina differenze sociali ingiuste, riduce la fatica fisica, diffonde l'informazione ecc…Dall'altro lato, però, crea false sicurezze, ispirate alla potenza senza limite, al desiderio senza termine e all'enorme eccedenza dei mezzi sui fini. E questo, lungi dal formare risposte valide a quelle domande radicali, suscita problemi nuovi e di non facile soluzione. C'è il sentiero delle ideologie. Ma queste ci chiudono in noi stessi e degenerano nel dogmatismovero solo ciò che è vero per me) e nel fanatismo (quel che è vero per me deve esser vero per tutti). C'è il sentiero del vissuto esistenziale. Come ad esempio, quello dei valori affettivi. Potremmo inoltrarci in questo sentiero, procurandoci i beni specificamente umani che da essi derivano. Ma anche questa via non approda a risposte del tutto persuasive. Se amare ed essere amati è indubbiamente un valore importante e irrinunciabile, l'esperienza però attesta che l'amore è minacciato da varie parti: altro infatti è la realtà gratificante e struggente dell'innamoramento, altro la concreta vita quotidiana a due. C'è il sentiero della gloria umana, del successo, della notorietà che c'impone all'attenzione dei contemporanei e alla memoria dei posteri. Ma si può forse superare la barriera della morte continuando a vivere solo nel ricordo ammirato e grato delle generazioni future? E comunque, se questo fosse il vero senso della vita umana, sarebbe a disposizione di pochissimi e quindi non costituirebbe una risposta valida per tutti. Senza tener conto che anche quei pochissimi molto difficilmente resisterebbero all'usura del tempo. La fine ingloriosa di certe "star" del cinema, della canzone, dell'economia, della politica e dello sport sta a dire che non è quella della gloria umana la strada della vera felicità.

 

5. Se questi sono sentieri interrotti, del tutto devianti sono quelli dei falsi miraggi, degli idoli e dei miti che una società materialista, terrenista, edonista, consumista, permissiva e libertaria, costruisce e presenta come uniche o preminenti ragioni di vita. Il denaro, il piacere, il potere, come lo stesso benessere materiale, quando da semplici mezzi diventano fini, ci tolgono la libertà, ci rendono schiavi, e spesso portano alle peggiori scelte esistenziali. La stessa libertà, sganciatala ogni norma morale, degenera in libertinaggio. Si pensi a quanta distruzione e morte provoca l'uso della droga e l'alcolismo dilagante anche tra i più giovani, per non parlare del pansessualismo esasperato che corrode e spegne il vero amore, disgrega le famiglie e aggrava terribili mali sociali come la prostituzione e la pedofilia con i loro traffici disumani. Sono le strade perverse suggerite dai falsi maestri con la stessa ipocrisia con cui Erode tentò di ingannare i Magi. "Giovani – ha scritto il Papa nel Messaggio – non cedete a mendaci illusioni e mode effimere che lasciano non di rado un tragico vuoto spirituale. L'idolatria è tentazione costante dell'uomo" (n.6).


6. Qual è allora la via maestra? A prescindere dalle variegate configurazioni storiche delle diverse religioni, unico è il cartello che indica la direzione e il punto di partenza della via maestra. Vi si legge con chiarezza:
 - tu uomo, tu donna, sei una domanda alla quale non sei in grado di dare una  risposta da te solo;

 - per dire chi sei, devi sapere chi non sei;

 - tu non sei attacco del discorso, ma risposta a Uno che ti ha chiamato;

 - non sei l'Essere originario, ma un essere ricevuto;

 - non sei la Fonte di senso, ma fiume che ne sgorga;

 - non sei la Vita, ma commensale di essa;

 - non sei l'Assoluto, ma il suo relativo.

Percorrendo tale via e affidandoci a Dio, che è insieme traguardo e compagno di viaggio, possiamo fondatamente sperare di estinguere la nostra sete di un senso universale e definitivo. Wittgentein, nella seconda fase del suo pensiero, sintomaticamente scrive: "Credere in un Dio vuol dire comprendere il senso della vita umana, vedere che la vita ha un senso. Il senso della vita, cioè del mondo, possiamo chiamarlo Dio".

 

7. Con quali atteggiamenti interiori dobbiamo affrontare il viaggio della ricerca di Dio? Ce lo insegnano i Magi.

 - È anzitutto l'umiltà della ricerca, che esclude l'orgoglio delle certezze personali. "I Magi domandavano: dov'è il re dei Giudei che è nato".
 - Abbiamo visto sorgere la sua stella. È il senso del mistero che ci coinvolge.

 - È il fascino della meraviglia: prima di cercare il da farsi per entrare in rapporto con Dio, siamo presi, ci lasciamo prendere da lui. "Ecco, la stella che avevamo visto sorgere, li precedeva".

 - È la gioia della gratitudine: "Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia". "Quando si è consapevoli di essere guidati da Dio, il cuore esperimenta la gioia autentica e profonda, che si accompagna a un vivo desiderio di incontrarlo, a uno sforzo perseverante di seguirlo docilmente" (Messaggio, 5). È il bisogno della preghiera, della contemplazione, del silenzio che preparano all'adorazione: "Siamo venuti per adorarlo".

 - È il dono della disponibilità alla conversione. "Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese".


8. Qual è la stella che guida nel viaggio della ricerca di Dio? Quella della ragione è la pista, diciamo, in salita, ascendente, della ricerca di Dio, tanto cara a S. Tommaso d'Aquino. È Dio stesso, fonte della ragione e della rivelazione. "Dio, principio e fine di tutte le cose, può essere conosciuto con certezza mediante la luce dell'umana ragione in base alle cose create" (Dei Verbum, 6). Questa pista oggi spesso trascurata perché:
 - impegna con rigore a cercare la verità;

 - richiede di confrontarsi con altri con pazienza;

 - non si crede che ci sia una grande verità da raggiungere, ma tante opinioni personali;

 - non siamo più abituati a pensare in profondità;

 - non abbiamo più una ragione così limpida, perché il nostro cuore è inquinato dal male, appesantito, poco capace di meravigliarsi della bellezza e della grandezza del creato.

Ci siano d'esempio i Magi. Secondo la tradizione erano uomini di scienza, degli astronomi che scrutavano il cielo. La loro ricerca di verità era animata dal rigore e dalla probità intellettuale.

L'altra pista è quella discendente, la pista della Rivelazione. Soprattutto questa appare adombrata dalla stella che guidò i Magi : quasi mano invisibile della Provvidenza che li guidava. "Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelarsi in persona e manifestare il mistero della sua volontà, mediante il quale gli uomini per mezzo di Cristo, Verbo fatto carne, hanno accesso al Padre nello Spirito Santo e sono resi partecipi della divina natura. Con questa rivelazione, infatti, Dio invisibile nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con essi per invitarli e ammetterli alla comunione con sé " ( Dei Verbum, 2 ). In Gesù Dio ha detto tutto e si è donato tutto. Conseguentemente non potremo andare alla ricerca di Dio, non possiamo incontrarci con lui senza la mediazione unica e universale di Gesù. Gesù non è uno dei mediatori, ma il mediatore. Egli ha detto a scanso di equivoci : "Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me". (Gv 14,6 ). Solo lui conosce il Padre (Lc 10,21-22), è l'unico salvatore (At 4,12). Si è definito il buon Pastore (Gv18,12), la via, la verità, la vita (Gv 14,6), la risurrezione (Gv 11,25). È lui, come attesta l'apostolo Paolo, il mistero nascosto nei secoli (1Cor 2,6-9) e ora manifestato (Rm 16,25), nel quale si realizza il disegno divino di ricapitolare tutte le cose (Ef 1,10). In lui noi siamo conosciuti, predestinati, chiamati, giudicati e glorificati (Rm 8,29-30). È lui al centro della Rivelazione divina: in lui rivelazione divina e risposta umana hanno raggiunto l'apice. Deve essere anche al centro della nostra vita se vogliamo giungere al Padre e la nostra risposta è l'Amen della fede.

 

9. A Dio che si rivela è dovuta l'obbedienza della fede (Dei Verbum, 5). La fede è un atto interamente divino e interamente umano.È anzitutto grazia! All'origine della nostra fede sta non una nostra iniziativa particolarmente brillante o un nostro generale colpo di testa, ma un'attrazione esercitata su di noi da Gesù: il suo stile di vita ci appare dotato di senso e valore, ci risulta convincente, suscita fiducia e stimola all'affidamento. In tal modo la fede si configura come semplice risposta a lui che chiama, come affidamento a lui che costituisce la nostra totale e sovrabbondante realizzazione. Se Dio non si fosse fatto incontro a noi per primo (Mt 16,17), non si sarebbero neppure le condizioni per poter andare a lui. Il suo dono ci precede, ci supera, ci avvolge a tal punto che il riferimento a Cristo nel quale Dio si è rivelato diventa essenziale, assoluto, insuperabile, antecedente alla nostra stessa presa di posizione. Sotto questo profilo la fede appare per ciascuno di noi come la grazia, la fortuna di vivere con e come Gesù, invece che rimanere abbandonati a se stessi.


10. Tuttavia, anche se l'azione divina è primaria, la nostra risposta è essenziale. Affinché il rapporto con Dio si accenda, occorre che esercitiamo la nostra libertà, come accoglienza e adesione. Chi ci ha creati senza di noi, non può salvarci senza di noi, senza la nostra collaborazione. Ne consegue che nell'affidamento a Gesù resta coinvolta tutta la nostra persona: intelligenza, volontà, sensibilità. La fede è personale e approda a un essere personale, alla persona di Gesù e in lui alle persone del Padre e dello Spirito Santo. Dio Trinità non è solo l'oggetto della fede, ma anche il suo termine. Anche se personale, la fede è un atto eminentemente ecclesiale. Lungi dal preesistere alla Chiesa, la fede personale nasce e cresce con la fede della Chiesa, che si è chiamati ad annunziare con le parole e a testimoniare con i fatti, memori che non si può avere Dio per Padre se non si ha la Chiesa per madre, che non si può amare Cristo se non si ama la Chiesa, che è il suo corpo e la sua sposa. In essa voi, giovani, dovete sentirvi di casa, con ruoli da protagonisti come portatori di giovinezza e di novità. Siete voi il suo volto giovane e sempre nuovo.


11. Per questo deve essere una fede illuminata. Non è solo "credere in", è pure "credere che". Per vivere la vita di fede bisogna conoscere le verità della fede, così come ci sono garantite dal Magistero della Chiesa che Gesù ha lasciato come interprete autentico del suo Vangelo. "Io non crederei al Vangeloaffermava S. Agostino – se la Chiesa non me ne desse la garanzia". Siamo grati a Giovanni Paolo II per averci dato il Catechismo della Chiesa cattolica e a Benedetto XVI per avercene regalato il Compendio. Almeno questo, oltre la S. Bibbia, costituisca l'equipaggiamento essenziale nel vostro cammino verso di lui. Sarà così superato più facilmente l'analfabetismo religioso, causa non ultima dell'apostasia silenziosa, lamentata dal defunto Pontefice in Europa. La fede implica la sua ragionevolezza, il suo senso, il suo valore, che vanno dunque continuamente esplorati, puntualmente rivisitati, sempre più approfonditi. La fede è come l'organo recettore della rivelazione, ma non è alternativa alla ragione, ne è anzi il potenziamento: è la stessa ragione attuata in tutte le sue potenzialità (Ef 1,12). Fede e ragione non sono nemiche tra di loro, ma due grandi alleate che corrono verso lo stesso traguardo. Nella Lettera enciclica Fides ed ratio, Giovanni Paolo II afferma: "La fede e la ragione sono come le due ali con le quali lo spirito umano s'innalza verso la contemplazione della verità" (n.1). E nel messaggio di questa Giornata Mondiale ha proposto di ispirarvi all'esempio di due Santi di Colonia, S. Alberto Magno e Santa Teresa della Croce (Edith Stein), i quali "con lo stesso atteggiamento interiore dei Magi, hanno appassionatamente cercato la verità …non hanno esitato a mettere le loro capacità intellettuali al servizio della fede, testimoniando così che la fede e la ragione sono legate e si richiamano a vicenda" (n. 7). È così che la fede diventa capace di farsi cultura e di incidere nella storia.


12. Il ricordo di Santa Teresa Benedetta della Croce richiama un'altra caratteristica della fede: la disponibilità al martirio. Certamente non a tutti è richiesta la prova del martirio cruento, ma a tutti è richiesto quello incruento, ossia la testimonianza cristiana. (Ricordare i martiri di oggi e don Pino Puglisi). Se la testimonianza cristiana è stata sempre difficile, lo è particolarmente ai nostri giorni, in un contesto socio-culturale in cui la fede è tanto più fragile e demotivata quanto più è esposta alle sfide delle culture dominanti, alle istanze del dialogo interreligioso e alle erosioni delle sette.

13. Per questo è necessario da parte di noi cristiani una testimonianza di fede più robusta e matura, più visibile e incisiva, più illuminata e illuminante, più convinta e convincente, più coerente e fattiva. Giacché nella società, oramai definita postmoderna, non si è spento del tutto il bisogno di Dio e della trascendenza, che anzi si fa più vivo e angoscioso, anche se inconfessato e spesso incanalato verso le forme degradate della superstizione, della magia, dello spiritismo e perfino del satanismo. E anche questa è una sfida. Giovanni Paolo II vi ha esortati a non cercare "la soluzione dei problemi in pratiche religiose incompatibili con la fede cristiana" e non aderire "a concezioni evanescenti del sacro che presentano Dio sotto forma di energia cosmica (New Age) o in altre maniere non consone con la dottrina cattolica (n. 5). Testimoniare la fede cristiana significa, anzitutto, vivere la fede con coerenza senza fratture tra il credere e l'operare, sia nella vita privata come in quella pubblica, familiare e sociale, sempre e ovunque. Significa, inoltre, professare il proprio credo con coraggio, in casa, in ufficio, a scuola, sul posto di lavoro, senza vergognarsi del Vangelo e del nome di Cristo. Se i martiri hanno sacrificato la vita per non tradire la fede, noi dobbiamo essere capaci di sacrificare beni di molto inferiori, interessi effimeri e traguardi illusori, per non smentire il nostro battesimo. Gesù ha detto : " chi dunque mi riconoscera' davanti agli uomini, anch'io lo riconoscero' davanti al Padre mio che è nei cieli" ( Mt 16, 32–33 ). Testimoniare la fede significa, ancora, difendere e diffondere la verità che promana dal vangelo e dalla Croce di Cristo, senza lasciarsi blandire dalle ideologie, senza lasciarsi irretire dai compromessi, senza lasciarsi imbavagliare dalle minacce o bloccare dalla paura, sapendo andare decisamente, quando occorre, anche controcorrente. Testimoniare la fede, infine, significa renderla operosa nella carita', che cambia il volto della storia perché cambia il volto degli uomini con la forza dell'amore di Dio, che , riversato nei nostri cuori col dono dello Spirito Santo ( cf Rm 5, 5 ), si apre alle necessità dei fratelli, soprattutto degli ultimi e dei più bisognosi con i quali Gesù ha voluto identificarsi.

 

14. Madre e modello della nostra fede è Maria, la madre di Gesù, che offre continuamente alla nostra adorazione, come fece con i Magi, e ci dice che è bello essere cristiani, seguaci del suo Figlio e seguirlo come lei. Lei ha ascoltato la parola di Dio e l'ha messa in pratica, ha creduto all'adempimento della parola del Signore e si è affidata totalmente a Lui, soprattutto nelle prove, nelle sofferenze e nelle umiliazioni incontrate nel suo cammino di fede, da Betlem al Golgota. Il suo " si " a Dio si prolunghi nel nostro " si " generoso, costante, perseverante: daremo cosi il vero senso a tutta la nostra vita e potremo cantare, anche noi , il magnificat della felicità vera e della gioia senza fine.




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